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Autore: Giulia_Choppers    02/11/2018    1 recensioni
Gli anni passano, dei viaggi si concludono e altri iniziano.
Uno zoom nella vita di Emily e Zayn, pillole di vita che ricostruiscono le loro giornate dopo la conclusione della storia principale.
Dolce come incontrare dei vecchi amici e riscoprire le piccole cose della quotidianità.
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Direttamente collegato a "Your love is my drug"(http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1447358).
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10 anni dopo – Parte 1
 
Emily stava oscillando sulla sedia a dondolo che sua cognata le aveva regalato per la nuova casa a Londra, un’unghia pizzicata tra i denti mentre fissava la pagina delle sue note sull’iPad.
“Come fai a non avere idee? Insomma tu sai sempre cosa scrivere!” Mormorò Giulia dall’altra parte del telefono.
“Non è che non abbia idee. Semplicemente non so come incastrale così da avere un risultato sensato.” Rispose, sentendo poi i gemelli litigare nella stanza di fianco. “Zac, non far piangere tuo fratello!” Urlò quindi, massaggiandosi una tempia.
“Dovresti mettere in ordine le idee in un posto tranquillo e silenzioso.” Consigliò l’amica, rendendosi conto che il suo ‘non riuscire a lavorare fosse dovuto al caos che regnava in casa.
“Quindi dovrei scappare di casa.” Giulia rise.
“Potrebbe essere una soluzione, in effetti.”
“Sì, per poi rischiare che Zayn faccia andare a fuoco la cucina caricando la lavastoviglie.” Borbottò. “Ho speso troppo tempo e soldi in questa casa per farla esplodere, grazie tante.”
“Allora potresti iscrivere i gemelli a qualche corso extrascolastico.”
“Giulia, hanno cinque anni.” Le ricordò divertita.
“Era per dire! Ovviamente non intendo un vero corso extrascolastico, ma qualcosa come basket per pulcini.”
“Cioè quello che ha fatto Tommy da quando ha imparato a camminare?”
“Lo faccio per lui. Così quando sarà grande sarà già molto bravo in uno sport e bello muscoloso. Le ragazze impazziranno per il mio bambino.”
“Non usare quella scusa, madre degenere! L’hai fatto per mandarlo via di casa quando Harry torna dai tour e vuoi avere casa libera.” La prese in giro.
“Una vita sessuale attiva e funzionante è alla base di una relazione sana, lo sai anche tu.” Rispose a tono.
“Non che abbia avuto tempo di pensare alla mia vita sessuale nell’ultimo periodo. Tra il mio lavoro e il suo, il tempo del sesso è drasticamente sceso.” Sbuffò. “E comunque se iscrivessi i gemelli a basket, Zayn non mi parlerebbe più. Li chiamava calciatori da prima che nascessero.”
“Iscrivili dove ti pare, Emily, non era quello il punto del mio discorso!” Emily rise e poi fu distratta dall’entrata in stanza di Zayn, un borsone vuoto tenuto per il manico. Lei lo guardò con un sopracciglio alzato, chiedendosi cosa stesse facendo, mentre la sua amica ancora parlava al telefono. Lo vide prendere alcuni dei suoi vestiti e buttarli nel borsone di fretta, facendole capire ancora meno.
“Scusami Giuls, ti richiamo dopo, okay?” La liquidò, cercando di capire cosa stesse facendo l’altro con quel borsone. Non le lasciò quasi il tempo di rispondere che già aveva attaccato, volgendo la sua completa attenzione al marito. “Zayn?”
“Blu o nero?” Chiese lui, alzando due grucce con delle giacche sopra.
“Nero.” Rispose lei d’istinto, poi scosse la testa e tornò al punto principale. “Che cazzo stai facendo?” Domandò mentre lui stava ancora guardando le due giacche, per poi fare spallucce e mettere arrotolata nella valigia quella nera.
“Devo andare a Dublino per un paio di giorni.” Sospirò stanco.
“Cos– ma come! Sei appena tornato.” Disse lei, alzandosi dalla sedia. “Sei stato via tre settimane Zayn, e sei tornato da nemmeno dieci giorni.” Gli ricordò, facendolo sospirare ancora.
“Lo so, amore.” Mormorò, lasciando cadere il borsone a terra per stringerle il viso tra le mani. “Lo so. E ti giuro che vorrei non andare.” Lei fece per liberarsi della stretta, ma lui intensificò la presa. “Ti giuro che vorrei rimanere qui a fare la colazione alle pesti al mattino o abbracciarti mentre dormi. Ma Cowell ci ha richiamati perché c’è un progetto in ballo parecchio grosso questa volta.” Emily si esibì in un broncio che Zayn subito baciò via per quanto fosse adorabile. “Abbi ancora un po’ di pazienza, poi mi prendo una pausa e sarò tutto vostro.”
“Non è giusto.” Borbottò ancora. “Tra gli impegni di gruppo e quelli da solista, non sei mai a casa nell’ultimo periodo.” L’uomo sospirò nuovamente.
“Mi dispiace. Vedrai che questo periodo passerà.” La rassicurò. “E quando sarà passato andremo tutti e cinque in vacanza.” Le promise, baciandole di nuovo le labbra.
“Certo, sempre se a quel punto io sarò riuscita a finire il mio di lavoro.” Borbottò, mentre Zayn scendeva a baciarle la mandibola. “Sono parecchio indietro a causa tua.” Lui rise con le labbra sul suo collo, trovando il suo tono di voce particolarmente dolce. Emily alzò li occhi al cielo, piegando lievemente la testa per dargli un accesso migliore.
“Perché ti distraggo?” Chiese innocentemente.
“E perché non sei mai a casa e non ho tempo di lavorare per stare dietro ai tuoi figli.” Gli lanciò la frecciatina.
“Ma quando torno mi faccio sempre perdonare.”
“Ringrazia di avere un pene allora.” Rispose quindi, portando le mani tra i capelli della nuca di lui e tirandoli lievemente per fargli alzare il viso.
“Lo sapevo, mi hai sposato solo per usarmi a letto.” Zayn fece il labbruccio e lei trattenne un risolino, baciandolo subito dopo.
“Quello e perché sei ricco.”
“Contando che lavoro per l’agenzia di proprietà della tua famiglia, non credo tu abbia fatto un grande affare allora.” Lei rise e scosse la testa sconsolata: gli anni passavano ma lui rimaneva un gran deficiente. Lo amava così tanto. Lo baciò di nuovo, poi un’altra serie di urli li bloccarono con un sospiro: Zac e Terrie stavano continuando a litigare.
“Vado io. Tu finisci la tua telefonata con Giulia.”
“Grazie.” Rispose. “Quando parti?”
“Domani mattina presto. Torno mercoledì pomeriggio e andiamo a cena fuori. Noi due.” Le disse facendole un occhiolino. Lei annuì con un sorriso prima che Zayn scomparisse dalla porta per andare a calmare le guerre civili tra i due gemelli. Emily si lasciò quindi cadere sulla sedia e fece ripartire la chiamata con l’amica.
“Dicevamo a proposito dello scappare da questa casa?” Disse, sentendo l’altra gemere disperata.
“Fammi indovinare, li hanno richiamati al fronte.”  
“Bingo.” Sbuffò.
“Vediamo cosa mi dirà Harold appena tornerà dal parco con Thomas.” Borbottò. “Comunque io non capisco il senso di questa divisione tra attività del gruppo e attività da solisti. In contemporanea. Cowell è impazzito per caso?”
“Non posso nemmeno chiedere a mio fratello o mio padre se l’agenzia è impazzita, loro non si occupano di quella sezione di azienda.” Giulia sospirò ed Emily sbloccò l’iPad per portarsi un po’ più avanti, sicura che dalla partenza di Zayn non avrebbe più potuto mettersi al lavoro se non la sera tardi.
“Comunque questo periodo finirà e giuro che a quel punto trascinerò Harry in vacanza in un posto dove non prendano i telefoni.”
“Cowell vi raggiungerebbe comunque. Si è dato al paracadutismo di recente.”
“Che gioia! E’ come avere un piccolo parassita attaccato alla manica.” Emily rise per il tono di voce dell’amica, poi sentì del casino dall’altra parte della cornetta. “Oh, sono tornati a casa finalmente, pensavo ci avessero messo le radici al parco.”
“Va bene, allora ti lascio ai tuoi ragazzi, io vado a controllare cosa stanno facendo i miei.”
“Okay, ci sentiamo dopo allora.” Si salutarono, poi Emily si alzò e si scrocchiò la schiena, girandosi appena in tempo per vedere sua figlia zampettare in camera sua, di ritorno dalla cucina. “Nahla?” La chiamò e la bambina si fermò, guardando sua madre con un sorriso sdentato, la bocca sporca di cioccolato.
“Si mammina?” Emily trattenne un sorriso per quanto fosse manipolatrice e ruffiana quella piccoletta.
“Hai per caso mangiato qualcosa in cucina mentre io e tuo padre eravamo impegnati?”
“Io?” Chiese drammaticamente. “No, non sono nemmeno andata in cucina.” Emily incrociò le braccia davanti al petto.
“Ah no? Ne sei sicura?” Nahla sembrò pensarci un secondo – sicuramente chiedendosi se dovesse confessare o no – poi annuì. “No perché pare tu sia sporca di cioccolato, per la precisione della torta al cioccolato che tua zia ha fatto ieri.” Gli occhioni scuri della figlia si spalancarono e poi con nonchalance si pulì i lati della bocca, alzando le spalle come se non sapesse di cosa la madre stesse parlando. “Quindi se vado giù, troverò la torta ancora intera?” A quello Nahla non seppe più rispondere e si trovò ad abbracciare la vita della mamma con il broncio.
“Io non volevo mangiarla, giuro!” Emily alzò gli occhi al cielo e le accarezzò la testa.
“Chi ti ha obbligata stavolta? Era sempre una strega? Stavolta un  folletto?”
“La fata delle torte!” Esclamò convinta, alzando lo sguardo per guardare il viso della donna.
“Ah si? E la fata delle torte sa che vista questa bravata, la tua cena sarà servita dalla fata delle verdure?” Il sorrisetto di Nahla si spense e mise su il broncio, sperando di fare pena.
“Non esiste la fata delle verdure.” Rispose la bambina con tono lamentoso.
“Comunque sia le verdure sono ciò che mangerai stasera.”
“Ma–”
“Nessuna lamentala, principessa. Ora vai a lavarti il viso e i denti.” Le lasciò un bacio sulla testa, vedendola poi sbattere i piedi fino in bagno.
“Che ha combinato stavolta?” Domandò Zayn alle sue spalle, Zac in braccio e Terrie attaccato alla sua gamba.
“Ha mangiato qualcosa che non doveva.” Rimase vaga così da evitare i capricci dei gemelli che avrebbero voluto poi anche loro la torta. Si abbassò per prendere in braccio Terrie e baciò suo marito sulle labbra, facendo fare dei versi schifati ai bambini.
“Perché mamma?” Chiese Zac come se lei gli avesse fatto un torto.
“Perché io e vostro padre ci amiamo.”
“Non possono amarsi lontani da noi?”
Sussurrò un fratello all’altro, facendo ridere Zayn.
“Dai, lasciate in pace la mamma e tornatevene a giocare. Senza litigare.” Li ammonì, rimettendo a terra Zac. Terrie in braccio a lei oscillò per convincerla a metterlo a terra, poi corse dietro al gemello, rientrando in camera.
“Me la segno questa, lo rinfaccerò quando saranno loro a portarsi le fidanzate a casa e vorranno pomiciare in camera loro.” Borbottò Emily. “Famiglia di ingrati.”
“Sono bambini, che vuoi farci.” Le disse, baciandola di nuovo, questa volta più intensamente. Subito dopo Zayn sospirò e la guardò. “Vado a finire di fare il borsone.” La donna mise il broncio e lui la baciò ancora. “Saranno solo un paio di giorni.”
“Mi mancherai lo stesso.” Borbottò.
“Anche tu Emmie, ma tornerò prima che tu possa accorgertene. E poi saremo a cena fuori, possiamo chiedere a mia sorella di guardarci le pesti.” Lei annuì con un sospiro, portando le braccia intorno al suo collo per abbracciarlo e posare la testa sulla sua spalla. Lui le baciò una tempia e rimase fermo a coccolarla.
Questo finché i suoi figli non decisero di mettersi nuovamente a litigare.
“Pausa conclusa.”
“Andiamo a sedare la rivolta.”
 
Come aveva ipotizzato, in quei giorni senza Zayn era riuscita a lavorare ben poco. Emily aveva persino telefonato ad Ed Sheeran per capire come facesse a scrivere sempre dei testi magnifici e la risposta di lui era stata “Non ho figli”. Beh, grazie Eddie, passare troppo tempo con Harry lo stava facendo diventare inutile quanto il riccio.
Per di più, mercoledì mattina si era svegliata con un gran mal di testa, quindi non aveva potuto approfittare del fatto che i bambini li avesse portati a scuola Margaret, la sua salvatrice, oltre che domestica. La giornata era già iniziata di merda, l’unica nota positiva era il ritorno di Zayn nel pomeriggio e la loro cena in serata: aveva giusto prenotato in quel ristorante in cui volevano mangiare da secoli.
Ma ovviamente aveva fatto piani troppo i anticipo.
“Cosa significa che non torni oggi?” Mormorò al telefono, seriamente sull’orlo di una crisi di nervi.
“Mi dispiace, devo partecipare a un altro meeting, ma non ci vorrà molto. Massimo domani sono a casa.” Lei sentì la voglia di urlare, ma sapeva non sarebbe servito a nulla. Si massaggiò le tempie e sospirò, contando a ritroso da dieci per non iniziare ad insultarlo.
“Questa è già la terza volta che posticipi un rientro a casa, Zayn.”
“Lo so, e mi dispiace. Ma non posso dire no a queste riunioni, lo sai.”
“Io l’unica cosa che so al momento è che mi serve tempo per lavorare. Sono in ritardo con una consegna e non riesco a concentrarmi con i bambini che urlano per casa.”
Disse, sorvolando sul fatto che, con le sue frequenti partenze, lo sentisse lontano e gli mancasse avere una quotidianità con lui.
“Chiedi a una delle mie sorelle di tenerli per un paio d’ore! Sono sicuro che–”
“Zayn, nel caso non te ne fossi accorto, i figli sono nostri. Non possiamo sempre chiedere a qualcuno di tenerli.” Lo interruppe, sicura che se ce l’avesse avuto davanti l’avrebbe come minimo morso.
“Si, hai ragione, era un suggerimento troppo superficiale. Io–” Emily sentì qualcuno chiamarlo e sospirò, con la voglia di litigare sotto zero. “Arrivo, datemi solo un secondo così–”
“Vai alla riunione Zayn, non vorrei mai facessi aspettare qualcuno.”
“Mi dispiace, Emily.” Disse ancora. “Ci vediamo domani, okay? Ti amo.”
“Mh, a domani.” Rispose asciutta, pronta a tornarsene a letto per approfittare dell’assenza dei figli e dormire ancora un paio d’ore.
“Non riattaccare senza avermelo detto. Puoi essere arrabbiata, ma ‘nella gioia e nel dolore’, no?” Ovviamente per Zayn ogni momento era buono per tirare fuori le promesse del matrimonio.
“Sei un’incredibile ruffiano e uno stronzo.”
“Ma..?” E lei sentì tutta la rabbia evaporare, come al solito quando si trattava di suo marito.
“Ma ti amo.”
“Ecco, non era difficile, no?” Lei era pronta a replicare malamente ma lui la precedette. “Okay, vado prima che tu mi riempia di insulti. Ci vediamo domani, signora Malik.” E chiuse la chiamata in fretta e furia, facendole formare un sorrisetto sulle labbra.
Si era ammorbidita troppo con lui, non andava bene.
 
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Nonostante quella volta lui fosse tornato e si fosse fatto perdonare con – finalmente – del buon sesso e la colazione a letto, passò poco meno di un mese prima che gli stessi problemi si ripresentassero. Si era aspettata più tempo di tranquillità, ma apparentemente queste partenze stavano diventano sempre maggiori, complice quel gran progetto che lui le aveva accennato.
Quella mattina, lei era già vestita e pronta ad andare in ufficio per un meeting di aggiornamento dell’agenzia per cui lavorava come autrice, quando Zayn era piovuto in stanza, questa volta abbandonando il borsone in favore di una valigia.
“Non dirmelo.” Aveva solo detto, il malumore che già incombeva su di lei come una nuvola di pioggia. “Tu– Zayn avevi promesso–”
“Lo so, mi–”
“Non dire che ti dispiace. Non dirlo o potrei davvero lanciarti contro qualcosa.”
“Si tratta di un film sulla band: è urgente. Devo essere in aeroporto tra due ore.” Mormorò.
“E’ sempre urgente!” Ringhiò. “E poi tra due ore? Devo essere al lavoro tra mezz’ora ed è troppo tardi per chiamare qualcuno: i bambini sarebbero a casa da soli.”
“Non puoi partecipare all’incontro via Skype?” Emily spalancò gli occhi e si trattenne dal ringhiare. “Solo per questa volta, ti prego. Mi spiace lasciarti nella merda così, ma i manager stanno spingendo molto su questa opportunità: non posso non presentarmi.” Lei chiuse gli occhi e trattenne qualsiasi tipo di urlo, visto che i figli – data l’ora – dormivano ancora. Era talmente arrabbiata che semplicemente non rispose. Riaprì gli occhi e lo sorpassò, scendendo le scale e uscendo dalla porta, sedendosi sul dondolo di fronte a casa. Scavò nella borsa e tirò fuori il pacchetto delle emergenze con una sigaretta, sentendosi così nervosa da aver la necessità della nicotina. Nonostante non fumasse più quasi per nulla, quando lo stress toccava picchi imprevisti, una sigaretta era l’unica cosa che la calmava un po’. Ovviamente il tutto lontana anni luce dai suoi figli. La accese e aspirò con gusto, sentendo la brezza del mattino sul viso. Successivamente prese il telefono e compose il numero di quello che poteva considerare il suo capo, colui che le assegnava i clienti e i testi da comporre.
“Jeff, sono Emily. Buongiorno.”
“Oh buongiorno a te, come mai hai la voce di una condannata a morte?” Domandò l’uomo, mentre lei prendeva un altro tiro.
“Più che condannata a morte, mi sento il boia. Nel caso uccidessi mio marito, sarei l’unica sospettata?” Domandò.
“Avete un maggiordomo?”
“No, ma abbiamo una domestica.”
“Magari potresti dividerti le accuse con la domestica allora.” Poi tornò serio. “Che è successo?”
“Non posso partecipare fisicamente all’incontro di stamattina, sarò presente via Skype. Spero non ci siano problemi.”
“Lo sai che non c’è nessun problema, stai tranquilla. I bambini stanno bene?”
“Si, loro stanno bene.” Rispose, posando la testa sul bordo del dondolo mentre finiva di fumare. “Ma Zayn ha ricevuto una telefonata e deve partire tra poco, non posso lasciare le tre pesti a casa da sole.”
“No, infatti. Stai pure con loro, il meeting non è fondamentale, puoi metterti in contatto con Skype senza problemi.”
“Grazie Jeff mi stai salvando la vita.” Sospirò.
“Dovresti prenderti un paio di giorni di vacanza vera. Ogni tanto io e mia moglie lo facciamo, una vacanza senza figli.”
“Non avessi un marito sempre in tour lo farei anche io.” Spense la sigaretta nel posacenere sul davanzale e sospirò.
“Eh il suo lavoro è una bestia. Non prendertela troppo con lui, non è una decisione sua quella di partire così spesso.”
“Lo so, ma no dice mai no.” Si lamentò. “Sembro una bambina vero? Ho trent’anni e mi comporto come se non sapessi come funziona il mondo del lavoro.”
“Emily, vuoi semplicemente passare del tempo con tuo marito. E’ normale ed è giusto.” La rassicurò. “Ora respira e calma i nervi.” Lei seguì il suo consiglio e respirò profondamente, sentendosi un pochino meglio. “Ci vediamo al computer tra poco, okay?”
“Sì, grazie Jeff, a dopo.”
“Quando vuoi!” Staccò la chiamata giusto in tempo per vedere Zayn uscire dalla porta con la valigia e uno sguardo colpevole in viso.
“Quanto tempo.” Chiese, così duramente che non sembrò nemmeno una domanda.
“Sei giorni.” Sussurrò. Emily rimase in silenzio, cercando di appellarsi alla sua maturità e pensare che, come aveva detto Jeff, non fosse colpa sua. “Ma dopo abbiamo quasi tre settimane di tranquillità, togliendo dei piccoli incontri qui a Londra.” Lei sospirò e annuì, alzandosi dal dondolo e sistemandosi i pantaloni dal taglio elegante. “Emily guardami.” Lei perse ancora tempo ad aggiustarsi la borsa a tracolla e sistemare il cellulare dentro, così Zayn si avvicinò e le alzò il viso con una mano. “Sono un coglione, sì, e mi merito i tuoi mille insulti perché ti lascio sempre così e mi dispiace. Obbligherò i manager a darmi un preavviso di almeno un paio di giorni per qualsiasi evento da ora in poi, ma non posso prometterti che non ci saranno imprevisti.” Le spostò una ciocca di capelli da davanti il viso e con il pollice le accarezzò lo zigomo.
“Okay.” Disse solo, non sapendo esattamente come rispondere. “So che non è una tua scelta questa di partire così spesso, in questo periodo sono stressata e reagisco male.”
“Non reagisci così male.” La corresse. “Insomma i testicoli li ho ancora, quindi direi che sai ancora controllarti.” Lei rise lievemente e lui le passò un bracciò intorno alla vita per avvicinarla. “Quanto è bello il tuo sorriso.”
“Oh, adesso non fare il ruffiano come i tuoi figli!” Lei lo spintonò. “Vai o perderai l’aereo.” Zayn rise e le lasciò un baciò sulla guancia, al che Emily sollevò un sopracciglio e gli portò le mani a tirare i capelli della nuca così da spingerlo sulla sua bocca. Lo baciò con passione, complice anche la rabbia, e lo lasciò letteralmente senza fiato, staccandosi e pulendosi un lato della bocca con un pollice dopo. “Buon viaggio allora.”
“Non è mai un buon viaggio quando sono lontano da te.”
“Dio, vattene prima che mi vengano le carie.” Zayn rise e la baciò ancora per poi salutarla con la mano e salire in macchina.
Quando tornò in casa, Zac si era appena svegliato ed era sceso in cucina con ancora un occhio mezzo chiuso.
“Dov’è papà?” Domandò con voce sottile.
“E’ andato al lavoro, tesoro, starà via per un po’.”
“Di nuovo?” Emily si sentì il cuore chiuso in un pugno. “Mi aveva promesso di portarmi al luna park.” Si lamentò il piccolo, sull’orlo delle lacrime. Emily si abbassò e prese in braccio il suo calciatore, baciandogli ripetutamente una guancia.
“Andremo lo stesso al luna park, okay? Ci andiamo oggi pomeriggio se vuoi, con i tuoi fratelli.” Lo rassicurò. “E compreremo tantissimo zucchero filato da fare invidia a tutti. Ti piace come suona?” Il bambino tirò su con il naso e annuì, Emily non poté fare altro che stringerlo e baciarlo di nuovo. Il suo piccolo bambino.
“Andiamo a svegliare Terrie e Nahla così facciamo colazione con i pancake di Margaret, umh?” Zac si esibì in un mezzo sorriso e insieme andarono a svegliare gli altri due.
 
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Le cose andavano avanti così da un po’ di tempo, Emily si trovava a lavorare da casa, guardando i bambini e aspettando il ritorno del marito. “Un tipico comportamento da moglie trofeo”, pensava ogni tanto facendosi quasi paura. Aveva sviluppato una pazienza fuori dal comune: la sè stessa del liceo avrebbe mandato tutti a fanculo e si sarebbe andata ad ubriacare. Quasi le mancava quella Emily: crescere era una gran fregatura.
Tutti quei pensieri finivano poi nel dimenticatoio quando Zayn tornava a casa e loro semplicemente recuperavano il periodo lontani –periodo che sembrava essere il più duro tra i precedenti anni di notorietà della band –.
Quella volta non era un’eccezione.
Durante le tre settimane di pausa, Emily e Zayn avevano ripreso a fare i fidanzatini, come succedeva ad ogni ritorno ad Itaca del suo Ulisse. Approfittando del fatto che Margaret portasse i bambini a scuola e all’asilo, loro rimanevano a letto fino a tardi a coccolarsi, parlando e aggiornandosi sui rispettivi lavori.
“Ne ho scritta una per Demi Lovato recentemente: mi ha dato parecchi spunti lei stessa.” Mormorò fiera, sistemandosi meglio sul petto nudo del marito, beandosi del calore dei corpi attaccati.
“Mi è sempre piaciuta quella ragazza.” Rispose, accarezzandole i capelli. “Ha sempre avuto un modo di fare musica molto forte.”
“Tu invece?”
“Il tour ricomincerà tra qualche mese, intanto il progetto del film sta prendendo sempre più forma.” Rispose con un sorriso.
“Sono felicissima per voi, amore.” Si congratulò, puntando un gomito per baciarlo.
“E mi hanno chiesto di incontrare la nuova girl band formata dall’agenzia per dare loro qualche consiglio.” Aggiunse. Emily lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Una girl band?”
“Non sarai gelosa?” La stuzzicò e ribaltò le posizioni, schiacciandola dolcemente sotto di lui.
“Dovrei esserlo?” Ribatté a sua volta, un sorrisetto sulla bocca.
“Mmh, non saprei.” Lei le tirò uno schiaffo sul bicipite, facendolo ridere. “Non preoccuparti, nessuno mi farebbe mai impazzire come te.” La rassicurò, scendendo sul suo collo per baciarle ogni centimetro di pelle.
“Mio privilegio.” Annuì lei, artigliando la parte bassa della sua schiena. “Tutto questo è un mio privilegio.” Ribadì, facendo strisciare le unghie fino alle sue spalle, lasciando il tragitto lievemente arrossato.
“Ci puoi scommettere.” Continuarono a baciarsi ed Emily invertì i ruoli, mettendosi a cavalcioni per continuare ciò che stavano facendo. “So già le date in cui sarò via.” Disse lui dopo un po’.
“Oh dio, non adesso.” Si lamentò, staccandosi dalla sua mandibola con sguardo infastidito.
“Cosa? Perché?” Lei fece lo sguardo più ovvio del suo repertorio e indicò i loro corpi con un indice.
“Sto cercando di trarre piacere dal corpo ben allenato del mio marito trentenne. Pensi sia possibile farlo senza parlare della nostra prossima separazione?”
“Oh. Si. Certo. Ovviamente.” Rispose con gli occhi spalancati. “Scusa, ma volevo dirtelo prima di dimenticarlo.”
“Segna le date sul calendario, a quelle ci penseremo dopo.”
I pomeriggi invece li avevano passati con i figli sul grande divano del salotto a guardare i film Marvel. Zac e Nahla a fingersi Iron Man e Captain America con della spade di cartone in mano e Terrie a sonnecchiare con la testa sulle gambe del padre, mentre lui aveva il braccio dietro le spalle di Emily.
Avevano passato delle settimane tranquille in famiglia, ma presto Zayn sarebbe partito di nuovo. A quel pensiero Emily sospirò e poggiò la testa sulla spalla di Zayn. Cercava di pensarci il meno possibile e tenere duro, ma sapeva che prima o poi gli avrebbe chiesto di ridurre le partenze e di dire no ad alcuni progetti. A quel punto avrebbero litigato sicuramente, quindi preferiva sopportare un po’ di più.
Quel pensiero altruista venne messo a dura prova quando si trovò lei stessa a dover dire no ad alcuni progetti perché non sapeva come stare dietro ai bambini e lavorare decentemente. Zayn era partito da cinque giorni e si vedevano solo la sera tramite Skype: i loro figli iniziavano a sentire la mancanza della presenza costante del padre, ma lei si faceva in quattro per fare in modo che non fossero troppo tristi. In aggiunta stavano iniziando ad uscire delle paparazzate con una delle ragazze di quella girl band di cui lui le aveva parlato. Le foto erano durante eventi come quelli di MTV o prima di meeting in azienda; tutto legato al lavoro, ma Emily sentiva comunque il bruciore della gelosia corroderle dentro.
“Hai trent’anni Emily, non fare la ragazzina” continuava a ripetersi, per poi correre da Giulia e sfogarsi proprio come quando era ragazzina, sdraiate sul letto abbracciando i cuscini.
“Di nuovo?” Chiese Giulia, andando a controllare qualche giornale online. “E’ la seconda foto in meno di una settimana.”
“Lo so, Giuls.”
“Perché non lo chiami e gli chiedi perché passa così tanto tempo con quella tizia?” Suggerì ovvia, in viso un’espressione a metà tra l’infastidito e l’incredulo. Dov’era finita l’istintività dell’amica?
“Non ho voglia di fare casini e creare litigi. Lui mi ha parlato della band di questa ragazza, sono colleghi. E’ solo il suo lavoro.” Rispose cercando di mantenere una certa maturità. “Sono troppo grande per questa merda.”
“Non è che crescendo si smetta di provare sentimenti come la gelosia.” Cercò di convincerla.
“Lo so, ma non posso reagire a situazioni come queste come se fossi ancora la Emily di dieci anni fa.”
“Questo perché sei cresciuta, ma ricorda che il dialogo non è mai qualcosa di negativo.”
“Grazie psicologa, ci penserò.” Rispose.
“Non c’è di che, sei sempre la mia paziente preferita.”
“E l’unica per fortuna.” Rise, sentendo un suono oltraggiato arrivare dall’amica.
“Ingrata.” Le rispose lanciandole dietro uno dei cuscini che aveva sul grembo.
La questione era passata in secondo piano – come al solito – con il ritorno a casa di Zayn. Avevano passato un po’ di tempo insieme prima che lui dovesse partire di nuovo e quella volta lei aveva dovuto bloccare i pianti a dirotto dei gemelli, mentre Nahla era in un angolo del divano a tirare su con il naso.
“Voglio papà.” Si era impuntato Terrie e Zac gli dava corda piangendo al suo fianco.
“Papà deve lavorare, okay? Tornerà presto.”
“Non è vero. Non torna mai presto.” Borbottò la più grande, così i gemelli avevano iniziato a piangere più forte. Emily non sapeva più che fare per farli smettere di piangere così fece la prima cosa che le venne in mente: chiamare Zayn. Il telefono squillò a vuoto per un paio di secondi poi la voce roca del marito rispose.
“Ti rendi conto che sono le fottute tre di notte negli Stati Uniti?” Ringhiò, evidentemente stanco. “Spero sia importante, mi ero appena addormentato.” Emily rimase quasi attonita dalle sue parole, poi vide rosso e non riuscì a trattenersi.
“No, nulla di importante. Volevo solo ricordarti che sei un totale stronzo..” Disse abbassando il tono di voce così che i bambini non sentissero. “..e dirti che sono ormai dieci minuti che provo a fermare i pianti isterici dei gemelli perché vogliono loro padre e non una cazzo di immagine su Skype o vedere le interviste in tv.” Disse tutto d’un fiato. “Ma se questo non è importante, chiedo scusa e ti auguro buona notte.” Sibilò. “Ora riattacco.”
“No! Em, non riattaccare. Mi dispiace tantissimo, sto dormendo poco e sono facilmente irritabile. Ovviamente non ce l’avevo con te, né con i miei figli.” Si scusò in fretta. “Mi passeresti i bambini al telefono? Poi dopo parliamo io e te, uhm? Che ne dici?”
“Vedi di non peggiorare le cose.” Disse solo e passò il telefono a Zac per farlo parlare con il padre. Tutti e tre parlarono con Zayn e si calmarono abbastanza da poter prestare  attenzione al film che stavano dando in tv, a quel punto le tornò indietro il telefono e la chiamata in corso.
“Em?”
“Sono qui.” Disse solo, spostandosi in cucina.
“Mi spiace per quello che ho detto prima, davvero tantissimo. Vi amo e mi mancate tantissimo, ma sono giornate un po’ stressanti.”
“Non dirlo a me.” Ci furono dei momenti di silenzio, poi Zayn si decise a parlare.
“Come vanno le cose lì, a parte questo episodio? Sono due giorni che non parliamo solo io e te.”
“Tutto meravigliosamente, mi sembra di essere in una Spa da quanto sono tranquilla.” L’uomo provò a continuare la conversazione chiedendole se ci fossero novità al lavoro ma lei tagliò corto. “Nulla di importante, vai a dormire che sei stanco.”
“Non me la farai passare liscia, uh?” Mormorò, sospirando. “Tutto ciò che mi dici è importante. Quindi, è successo qualcosa di bello al lavoro?” Emily sospirò a sua volta e mise da parte l’arrabbiatura per potergli dire la sua recente gioia più grande.
“Ho avuto l’esclusiva per l’intero nuovo disco dei Maroon 5.” Zayn quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
“Scriverai canzoni per i– Cazzo, Emily congratulazioni!” Urlò. “Amore, scriverai per la tua band preferita!”
“Lo so, ancora non ci credo.” Mormorò.
“Credici invece, sei l’autrice migliore del mondo, tutti farebbero a botte per avere una tua canzone.” La lodò e lei si sentì finalmente meglio. Non aveva potuto gioire davvero per quella notizia perché non avrebbe potuto festeggiare con suo marito, ma in quel momento stava meglio. “Dobbiamo festeggiare! Cinque giorni e sarò a casa.” Le ricordò. “Prenotiamo una cena romantica in quell’hotel di lusso dove è andato Harry l’anno scorso e fermiamoci lì per la notte. Come ti suona?”
“Suona perfetto.” Sussurrò, rilasciando il nervosismo sotto forma di un enorme sospiro.
“Molto bene, abbiamo un piano allora.” Sbadigliò subito dopo.
“Vai a dormire, Zayn, ci sentiamo domani.”
“Mmh, ti amo.” Le disse subito. “E so che sei arrabbiata ma dimmelo anche tu, così posso fare bei sogni.”
“Ti amo anche io, razza di idiota.” Rispose dopo un po’ di esitazione.
“Amo la tua dolcezza, micetta.” La prese in giro. “Ora vado davvero a dormire o finirò per collassare una volta al lavoro.”
“Buonanotte Zayn.”
“Buonanotte Emmie.”
 
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La vita di Emily Allen era da paragonarsi a delle montagne russe. Viveva costanti alti e bassi e si sentiva sul punto di vomitare. Nella sua piccola testa di adolescente, un matrimonio era sinonimo di stabilità e monotonia, ma la stabilità non era ancora venuta a bussare alla sua porta. In compenso si sentiva già sul punto di una crisi di mezza età. Stava trattenendo i suoi istinti omicidi e le esplosioni del suo caratteraccio per il bene della crescita dei suoi figli, ma nella sua testa aveva già preso il Nobel per le imprecazioni. Ovviamente un premio accettato con grande emozione e un discorso di ringraziamento lungo come la sceneggiatura di Beautiful.  La colpa di tutto quello era l’ennesimo ritardo del marito, il giorno del suo presunto ritorno. La sua pazienza era stata presa a botte da qualsiasi altra emozione nella sua testa, perché nonostante tutto era lì a cercare di dire “aspettiamo ancora un po’, che c’è di male”.
Mancavano due ore alla prenotazione al ristorante, ma di Zayn nemmeno l’ombra. Aveva aspettato a fare la mogliettina apprensiva, magari era semplicemente in ritardo l’aereo e lui inavvertitamente si era dimenticata di avvertirla. In qualsiasi caso, lo aveva poi chiamato al telefono almeno venti volte, non ricevendo uno straccio di risposta se non quello della segreteria.
Arrivata a un’ora dalla prenotazione si trovò a fare il numero del ristorante e disdire anche il soggiorno per la notte, scusandosi mortificata e inventando dei problemi di salute improvvisi. Era incazzata nera e delusa dall’ennesima promessa infranta del marito, in più aveva fatto una figura di merda con uno dei ristoranti più rinomati di Londra.
“Oh, quanto è vero che mi chiamo Emily, questa volta lo appendo al muro.” Ringhiò a sé stessa, il cellulare all’orecchio mentre provava a chiamarlo nuovamente, senza successo. Nel mentre si trovò ad afferrare le chiavi di casa e quelle della moto, uscendo di casa con una sigaretta già accesa in bocca: stava fumando decisamente troppe sigarette d’emergenza in quel periodo e non era un bene.
Guidò fino a casa di Doniya, dove aveva lasciato le tre pesti quel pomeriggio, e ad aprirle la porta fu Dylan, gli occhiali dalla montatura spessa sul naso e l’espressione di uno che non è abituato al casino provocato da tre bambini.
“Come fai a gestirli?” Mormorò, quasi sussurrando come per paura di farsi sentire dai bambini, o dalla compagna stessa che adorava i suoi nipoti.
“A volte me lo chiedo anche io.” Rispose, vedendo poi la cognata fare capolino oltre l’angolo con un mestolo in mano.
“Amore, chi era–” Si bloccò vedendola. “Tu cosa ci fai qui, dovevi essere a cena con..”
“Già.” Dissi soltanto, entrando in casa. “L’ho già chiamato, non risponde.” Le disse, vedendola con il telefono già attaccato all’orecchio.
“Quel coglione mi starà a sentire!” Ringhiò la donna, mentre Dylan le sussurrò che i suoi figli erano in salotto. Lei lasciò Doniya alle sue imprecazioni e cambiò stanza, venendo assalita dai suoi figli che non si aspettavano di vederla.
“Mamma!”
“Mamma cosa ci fai qui?”
“Dov’è papà?”
“Ha avuto un contrattempo.” Si limitò a rispondere accarezzando la testa di Nahla, sedendosi sul divano e venendo circondata. Si sistemò meglio e lasciò che sua figlia si accoccolasse sotto un suo braccio, mentre i gemelli si contendevano l’altro lato, finendo poi uno sopra all’altro come due gattini, le teste contro la sua gamba. “Vi siete comportati bene con gli zii?”
“Io mi comporto sempre bene, sono di classe.” Rispose subito la figlia, facendola ridere. Lei le baciò la testa e poi spostò l’attenzione sugli altri due, muovendo con un gesto delle dita i capelli davanti alla fronte di Terrie.
“E voi due terremoti?” I due fratelli si guardarono e annuirono in contemporanea, cercando di mantenersi seri.
“Hanno quasi fatto inciampare lo zio Dylan. Due volte.” Ribatté la sorella maggiore, facendo una linguaccia ai fratelli.
“Nahla! Sei una spia!” Si lamentarono i due, mentre Emily si girava a guardarli male. Ora capiva lo sguardo stralunato di quel poveretto di Dylan.
“Zachary e Walter Allen-Malik!” Li riprese con i nomi completi. “Smettetela di fare i dispetti a vostro zio, sono stata chiara?”
“Ci annoiavamo.” Borbottò Zac.
“Non è a una buona motivazione per far venire a Dylan la paura della paternità.” Borbottò, ricevendo gli sguardi confusi dei due.
“Cos’è la parentità, mamma?”
“E’ un mostro?” Emily sorrise intenerita e si abbassò per la lasciare un bacio ad entrambi. I suoi figli erano la sua gioia più grande e gli unici che riuscivano a distrarla in un momento del genere.
“Mmh, coccole.” Si intromise sua figlia, sentendosi esclusa, così la donna le fece qualche grattino sulla spalla. Fu distratta dall’entrata in stanza di Doniya ancora fumante di rabbia, dandole conferma del fatto che Zayn non avesse risposto al telefono. Lei la guardò come per volerle dire qualcosa, ma poi notò che fosse circondata e si rese conto non fosse una buona idea parlare davanti ai bambini.
“La cena è pronta.” Disse quindi. “Andatevi a lavare le mani e venite a tavola, umh?” Disse lei, cercando di rimanere sola con la cognata. I tre, ovviamente, iniziarono una gara per vedere chi fosse il più veloce ad arrivare al bagno, lasciando le due donne da sole. “Devi parlare con lui di questo Emily. Sta esagerando.”
“Lo so Doniya, ma ogni volta che torna a casa, complice i tanti giorni di distanza, non ho voglia di litigare e semplicemente lascio perdere.” Confessò con uno sbuffo. “La vecchia me rabbrividirebbe a sentirmi dire queste cose.”
“E la vecchia te avrebbe ragione! Lui deve capire che il suo lavoro non è una scusa per trascurare la sua famiglia.” Emily assorbì quelle parole e si disse che aveva ragione, non poteva più sopportare tutto quello.
“In realtà più che con lui, ce l’ho con me stessa.” Sbuffò. “Da una parte mi dico che sapevo che questo sarebbe successo, era preventivato fin da quando avevamo solo Nahla; dall’altra mi fa incazzare che lui abbia così tanto ascendente su di me da farmi passare l’incazzatura!”
“Non si tratta di ascendente, Emily. E’ amore, è solitudine ed è mancanza.” Mi corresse. “E’ normale che dopo tanti giorni separati tu abbia solo voglia di passare momenti tranquilli in famiglia, ma questo non giustifica il fatto che tu non l’abbia ancora appeso al muro!”
“Lo so! E’ questo che mi fa incazzare a morte con me stessa. Nella mia testa l’ho già appeso per le palle in dodici modi diversi, ma quando poi devo farlo..mi sgonfio come un palloncino.” Si alzò dal divano frustrata, e si passò una mano tra i capelli. “Che cazzo di donna sono diventata?” Doniya si fece avanti e la fermò dalle spalle abbracciandola.
“L’hai detto tu stessa: sei diventata donna.” Le sussurrò per rassicurarla. “Non sei più una ragazzina, Emy, non stai sbagliando nulla. Solo..non trattenere gli istinti omicidi quando arrivano.” Rise scrollando le spalle. Emily fece un sorriso e annuì, sentendosi un po’ meglio dopo le sue parole confortanti. “Dai, ora vieni a mangiare.” Le disse, massaggiandole le spalle e spingendola verso la cucina, trovando i suoi figli già seduti a tavola, mentre Dylan serviva la cena.
Nell’attesa tra una portata e l’altra, mentre tutti a tavola chiacchieravano rumorosamente, prese il telefono in mano per vedere se Zayn l’avesse richiamata, non trovando però messaggi o chiamate perse da parte sua. Sospirò e si ripromise che quella volta gliene avrebbe parlato per poi fare un paio di giri sui social per levare quelle fastidiose notifiche.
Fu quando fece accesso a Twitter che quasi si trovò a soffocare con la sua stessa saliva: il nome di Zayn era tra le tendenze. Rimase ferma a fissare la schermata per qualche secondo, poi, con il cuore in gola per l’incertezza, cliccò per saperne di più, venendo bombardata di foto del marito mentre usciva da un bar.
In compagnia della bionda.
Rimase sotto shock per poco, e solo dopo sentì una rabbia cieca montarle dentro. Lei era a casa ad aspettarlo e lui era in giro con la sua cazzo di collega. Vide rosso quando notò le prime speculazioni di giornali e fans su un possibile divorzio tra loro e il conseguente futuro litigio per la custodia dei loro figli.
“Stiamo fottutamente scherzando?!” Ringhiò, facendo sobbalzare i presenti.
“Non si dicono le parolacce.” Mormorò Terrie, ma non ricevette risposta, quindi Doniya, senza staccarle di occhi di dosso, disse:
“Bimbi, che ne dite se ora zio Dylan vi porta fuori a giocare sul dondolo?”
Lei continuò a scorrere i commenti, trovandone di increduli, alcuni in difesa della loro vita matrimoniale, altri disgustosi che mettevano i dubbio persino il suo ruolo come donna, moglie e madre adatta, neanche si stesse parlando di prestazioni di un cavallo.
“Emily, che succede?” Chiese cautamente l’altra donna. Lei le girò lo schermo del cellulare, lasciandole leggere tutto ciò che stava leggendo lei. Doniya lasciò andare un suono soffocato di sorpresa, mentre Emily iniziava a sentirsi un topo in trappola in quella casa: le sarebbe venuto un attacco di panico non fosse uscita a prendere una boccata d’aria.
“Devo uscire.” Disse solo, prima di muoversi in fretta per prendere la borsa e scattare fuori dalla porta senza dare spiegazioni, del tutto febbricitante. Lasciò persino la porta d’entrata aperta dietro di lei tanto era di fretta, salendo sulla moto e partendo a tutta velocità per darsi una calmata.
Aveva sentito il vento sferzarle il viso e muoverle i capelli tutto il viaggio – visto che da brava stupida non aveva preso il casco – e quella sensazione l’aveva fatta riprendere a respirare normalmente.
Alla fine, aveva guidato fino al loro buon vecchio giardino segreto. Non si era nemmeno resa conto di aver preso la strada per quel particolare posto, i suoi muscoli avevano fatto tutto per lei. Quando aveva fermato la moto e spento il motore, il rumore della cascata le aveva invaso i sensi. Prese un respiro profondo e semplicemente si lasciò cadere sull’erba, guardando in alto verso le stelle, provando a trattenere quel senso di malessere che le faceva stringere lo stomaco.
Quel giardino ne aveva viste di tutti i colori – lo sbocciare del loro amore, i loro primi baci, i dubbi di Zayn sul diventare padre, il loro ultimo giorno al liceo, le loro coccole sul prato – e tornare lì nel momento del bisogno, sembrava dar la sensazione di riabbracciare un vecchio amico. Sembrava giusto anche che vedesse la prima vera crisi della loro vita matrimoniale.
Emily era triste, nervosa e arrabbiata mentre pensava a quello che stava succedendo alla sua vita. Non sapeva più dove andare a sbattere la testa, avrebbe voluto telefonare a sua madre e chiederle consiglio su cosa fare, ma non voleva farla preoccupare. Così rimase semplicemente con il naso verso l’alto a contemplare il cielo, con il rumore della cascata e i grilli in sottofondo, mentre un’altra sigaretta finiva tra le sue labbra. Avrebbe ricominciato a fumare stabilmente di quel passo, poco ma sicuro. E la colpa era tutta di Zayn.
Zayn che non tornava a casa dalla sua famiglia. Zayn che alle dieci di sera usciva da un bar con un’altra donna. Zayn che la stava probabilmente tradendo con una più giovane di almeno dieci anni.
Ovviamente non era sicura di quest’ultima, sotto sotto era quasi certa che Zayn non potesse fare qualcosa di così meschino come tradirla, ma chissà quante donne credevano lo stesso e poi si trovavano in testa più corna di un’alce.
In qualsiasi caso, reputava Zayn abbastanza furbo da non portare l’amante in un bar in vista, sapendo che i paparazzi avessero occhi ovunque e sua moglie passasse abbastanza tempo sui social da venire a sapere anche le notizie più insignificanti. Almeno, lei avesse avuto un amante, di certo non l’avrebbe fatto. C’era anche da tenere in conto che lei fosse donna e quindi più furba di natura, senza un cazzo con cui ragionare ma un cervello fin troppo funzionante.
Emily scrollò le spalle ai suoi stessi pensieri, quasi stupendosi di come riuscisse senza problemi ad avere conversazioni da sola. Non le fosse venuto così tanto da piangere, avrebbe riso di sé stessa.
“Che vita del cazzo.” Sbottò, subito dopo aver espirato del fumo, una prima lacrima a bagnarle il tragitto dall’occhio al mento, subito cancellata con rabbia con una mano. Menomale che il trucco era waterproof. “Perché sto piangendo? Sono incazzata nera, non disperata.” Ringhiò versando altre lacrime, fumando con rabbia. Insultando Zayn, la sua vita e sé stessa, si sdraiò sull’erba, lasciandosi libera di calmare il proprio nervosismo con un sano piagnisteo, la sigaretta finita abbandonata e spenta a terra. Andò avanti così per qualche minuto, poi cercò di ritrovare lo spirito con respiri profondi e la speranza di aver sposato un uomo e non uno stronzo.
Il telefono, che non sapeva nemmeno di aver portato con sé, iniziò a suonare nella borsa buttata lì vicino, rovinando il suo tentativo di meditazione zen. Prese il cellulare in mano e quasi rise al nome sullo sfondo, decidendo di non rispondere subito per ripagarlo con la stessa moneta. Pensava giusto a lui. Come sempre del resto. Il telefono smise di suonare e riprese a vibrarle nella mano nemmeno tre secondi dopo. Emily decise ancora di ignorarlo. Alla terza chiamata, prese un respiro profondo per calmarsi e strisciò l’icona verde, portando l’apparecchio all’orecchio e rimanendo in silenzio.
“Emily?” Domandò la sua voce affannata. “Emmie, amore, mi senti?” Amore il cazzo, pensò lei con uno sbuffo irritato, ma rimase in silenzio. “So che sei lì e so perché non vuoi parlarmi. Ho ricevuto una valanga di insulti da mia sorella per questo..” Non abbastanza insulti comunque. “..e so che ne merito ancora di più da parte tua. Sono un totale coglione, mi dispiace tantissimo di non essere potuto venire a casa stasera, ma ti giuro che tra tutte le cose che sono successe oggi, non ho avuto tempo di pensare ad altro che non fosse il lavoro.”
“Ah quindi adesso la bionda è definita lavoro.” Non riuscì a mordersi la lingua sentendo quella sua frase, aveva sbottato prima di essersene resa conto.
“Chi? Perrie?” Sembrò domandare, quasi sorpreso che se la stessa prendendo per quello  e non del perché non fosse a casa.
“La collega con cui esci alle dieci di sera.” Quasi le salì il cuore in gola a sentire silenzio dall’altra parte del ricevitore. Doveva prenderla come un’ammissione di colpa? La stava davvero tradendo?
“Emily.” Esalò lui e la diretta interessata sentì il suo cuore battere più forte. “Non dirmi che– Tu pensi davvero che io ti abbia tradita con lei?” Dal suo tono di voce sembrava ferito, quella parola pronunciata con così tanto ribrezzo, come se fosse stata una bestemmia. “Non è successo nulla con lei.” La rassicurò allora, con un’onestà vibrante che le arrivò alle ossa. Gli credeva. O forse voleva credergli. Dio non sapeva cosa fare.Mai.” Sottolineò ancora, per farle recepire bene il concetto. “Siamo colleghi di lavoro e non la vedo in nessun altro modo, te lo giuro! Non penso a nessuno che non sia te.” Emily chiuse gli occhi, lasciando che le sue spalle si rilassassero, come se avesse avuto bisogno di quelle parole da mesi, da quando le cose avevano iniziato ad andare male. “Perrie è un’amica con cui mi piace passare il tempo dopo le riunioni, condivide molti dei miei interessi.” Nonostante fosse rassicurata per certi versi, queste non erano giustificazioni per la sua ennesima essenza, la sua ennesima promessa infranta. La sua famiglia era buona buona ad aspettarlo a Londra, mentre lui era a New York a divertirsi con una ragazza, senza sentire minimamente la mancanza dei figli, persino dimenticandosi di una serata con la moglie. Forse non l’aveva tradita, ma era come se l’avesse fatto. “Ehi, hai capito, micetta?”
“Sai cosa ho capito?” Riuscì a dire quindi, facendo appello a tutta la sua calma per non urlare e chiudergli il telefono in faccia. “Che passare del tempo con questa Perrie ti piace di più che passarlo con la tua famiglia. Stare con lei ti ricorda la spensieratezza di quando avevamo vent’anni? Ti fa dimenticare di avere dei doveri?” Ringhiò quasi. “Ma non puoi avere tutto dalla vita, perché io ho sacrificato molto per farci funzionare, anche se a te sembra non interessare.”
“Che cazzo vuol dire questo, Emily? Non ha senso!”
“Vuol dire che mi sono rotta i coglioni.” Si trovò a sbottare finalmente, sentendosi come se avesse stappato tutta quella pressione che sentiva annidarsi alla base della sua gola. “Ora ascolta bene quello che faremo: visto che una volta ti ho promesso che non ti avrei mai tolto i bambini – e io, a differenza tua, le promesse le mantengo – non li porterò con me, andrò via solo io per un po’..”
“Andare via..perchè! Maledizione Emily, cosa vuol dire?”
“Ho bisogno di tempo per me stessa, perché se tu sei confuso a causa dei tuoi impegni..io sono abbastanza lucida da capire che devi passare del tempo con i tuoi figli visto che sono mesi interi che non hai con loro un’interazione decente.” Continuò, cercando di non lasciar trasparire nessuna particolare emozione dalle sue parole.
“E perché in tutto questo hai bisogno di allontanarti?” Gracchiò lui, la voce improvvisamente più roca, come se avesse un groppone in gola. Emily rimase in silenzio nel sentire la disperazione che aveva messo in quell’unica frase e ricacciò indietro quella voglia che aveva di rassicurarlo e dirgli che lo amava immensamente.
“Domani vieni a prendere i bambini a casa di tua sorella–” Disse solo. “–mentre  io me ne vado dai miei a recuperare la sanità mentale e quella montagna di lavoro che ho posticipato a causa dei tuoi impegni.”
“Emily. Emmie. Amore.” La richiamò. Anche attraverso il telefono riuscì a sentire che Zayn stesse piangendo e si stupì perché non era sicura di aver mai visto suo marito piangere. Mai. “Non mi stai lasciando, vero?” Emily sentì il suo cuore spezzarsi e venire trascinato via dal vento. Rimase in silenzio per qualche secondo, talmente sorpresa che non sapeva che dire. “Non puoi, Emily, non puoi. Nella buona e cattiva sorte!”
“Non ti sto lasciando.” Mormorò alla fine, profondamente colpita dalle sue parole. “Non lo sto facendo.”
Oh, grazie a dio.
“Ma ho letto delle cose che mi hanno fatto male, Zayn.” Gli confessò, stringendo il telefono tra le dita. “Le tue – le vostre – foto spopolano online e i commenti sono..meschini. Ipotizzano un nostro divorzio, mettono in dubbio l’amore per i nostri figli, mi disprezzano come donna per averti spinto a tradirmi.”
“Non ti ho–” Obbiettò lui, ancora con la voce tremante.
“Loro non lo sanno questo.” E nemmeno io lo so per certo, voleva aggiungere, ma sarebbe stato davvero cattivo dirlo, soprattutto quando Zayn aveva pianto all’idea che lo stesse lasciando. “Le speculazioni ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ma le tue azioni infangano la mia dignità e quella dei nostri figli, e questo non mi sta bene.”
“Me me occuperò io di questo, te lo giuro Emily. Nessuno si permetterà più di mettere in dubbio nulla sulla nostra relazione.”
“Non voglio promesse, non sei bravo nel mantenerle. Voglio i fatti.” Concluse, sentendo tutta la rabbia e l’adrenalina scemare fino a farla sgonfiare come un palloncino. Rimasero in silenzio per un minuto buono, dopo quella frase, semplicemente ad ascoltare i rispettivi respiri. “Nahla, Zac e Terrie sono a casa di Doniya. Appena atterrerai, vienili a prendere lì.”
“Tu..” Sembrò insicuro. “Tu ci sarai?”
“Non lascerei mai i miei bambini prima del tuo arrivo.” Disse, cercando di essere il più sincera possibile, ma evitando di ferirlo troppo. Sarò lì, ma non per te.
“Okay, ho capito.” Mormorò. “Sarà comunque bello vederti.” Non sapendo cosa dire, rimase in silenzio, reprimendo uno sbadiglio e rendendosi conto che era meglio se si fosse avviata a casa.
“E’ meglio se vado, non posso guidare stando al telefono.”
“Sì, certo.” Concordò, sospirando poco dopo. “Io..so che non risponderai stavolta, e non ti costringerò di certo a farlo, ma ho bisogno comunque di ricordartelo.” Le disse. “Ti amo, Emmie, come non ho mai amato nessuna. ” Emily ingoiò la voglia di rispondergli e annuì tra sé e sé, facendogli capire con un mugugno che avesse sentito le sue parole.
“Buonanotte, Zayn.” Rispose lei.
“Buonanotte, amore mio. Ti amo.”
Ti amo anche io.
 
Era tornata a dormire a casa di Doniya, non volendo lasciare da soli i figli, ma allo stesso tempo non volendo restare sola nemmeno lei. La cognata l’aveva accolta senza fare domande, avvolgendola in una coperta appena entrata in casa, come se fosse appena passata attraverso un grande shock.
“I bambini stanno dormendo, erano tranquilli.” Le disse, facendole vedere i tre più piccoli dormire accoccolati nel letto matrimoniale della camera degli ospiti. Lei annuì ringraziandola con voce sottile e si andò a sdraiare sul divano letto che Doniya aveva preparato per lei. Emily la ringraziò ancora e si scusò per il suo mutismo, dicendole che per quella sera preferiva non parlare di cosa fosse successo o di cosa si fosse detta con il fratello, la stanchezza la stava mangiando viva. Doniya semplicemente le sorrise e le rimboccò le coperte come una bambina, augurandole  buonanotte e promettendole che l’avrebbe ascoltata la mattina dopo, se avesse voluto parlare. Emily ricambiò il sorriso e la guardò allontanarsi verso il piano superiore, per poi finire per piangere silenziosamente contro il cuscino per tutto il nervosismo accumulato.



 
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Dopo 27392819 anni sono qui, ho finalmente finito questo capitolo e (udite udite) anche la sua seconda parte che caricherò la prossima settimana! 
E' stato un parto, ma ci sono riuscita, facendo lo slalom tra le mie sessioni in uni ahah
Lasciatemi un appuntino su cosa pensate di questo capitolo e..niente, buona settimana ;)
Giulia xx

 
 


I Missing Moments della storia principale:
Non mettere il broncio, Zic! (sogno di Emily)
A perfect date, maybe? (appuntamento Giulia/Harry)
Un nuovo interessante inizio per Tracy. (Tracy e il prof Joe di filosofia)
Che stupidi sono stati a non farlo prima. (com'è nata la storia Liam/Meredith)
A love story like in books. (semplicemente Niall/Francy)
Miami for two. (Louis/Caroline a Miami)


OS rossa Larry
They don't know about us.


OS TeenWolf:
Like a Phoenix rising from the ashes.


OS The Avengers:
Accident at 3 A.M.





Vi lascio ancora i miei contatti e il link del trailer ;)
Ask dei personaggi: http://ask.fm/FanFiction_YLIMD



 
   
 
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