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Autore: time_wings    07/11/2018    1 recensioni
[High School!AU]
La scuola è appena ricominciata e, numerose e spiazzanti novità, non tardano a palesarsi. Il cammino di un adolescente, si sa, può essere tortuoso e pieno di pericoli. Un anno scolastico servirà a mettere a posto antichi conflitti? L’amore tanto atteso sboccerà per tutti? I sette della profezia che avete tanto amato trapiantati nell’impresa più difficile di sempre: la vita di tutti i giorni fino all’estate successiva. Mettetevi comodi e buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esperanza Valdez, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Sally Jackson, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SCOPERTA
 
Piper ne era certa. Le cose potevano andare meglio. Il suo meraviglioso piano era iniziato da un pezzo e le cose sembravano girare bene. Certo, era riuscita a portare a termine solo la fase più facile, ma era fiduciosa e sapeva che da qualche parte bisognava pur cominciare. Tre mesi. Marzo inoltrato ricordava alla ragazza che erano passati ben tre mesi e che era giunto il momento perfetto per agire. Dopo tre mesi la rabbia doveva aver lasciato il posto alla nostalgia, ai rimpianti, alla voglia di riavvicinarsi. Era passato troppo poco tempo per non avere più voglia di fare ammenda, ma troppo tempo perché gli spiriti fossero ancora bollenti. La prima fase del suo piano l’aveva spinta a riavvicinare la parte del gruppo che non aveva problemi. Il che lasciava fuori Percy, perso ormai tra amicizie sbagliate ed una nube di errori, Frank, dato che Hazel aveva parlato a Piper dell’incontro ravvicinato che aveva avuto con Leo, ed il messicano stesso, che da qualche tempo si era allontanato da Hazel inspiegabilmente. La ragazza, infatti, le aveva raccontato che quello che c’era stato tra loro non era stato del tutto piacevole, che era stato strano, che non c’era stata intesa e che Leo, appena concluso, si era alzato a sedere confuso, dandole spalle, con la testa riccia tra le mani ed i capelli più incasinati del solito. Aveva pensato a cosa dire, ci aveva ragionato per un tempo che gli era sembrato infinito e poi si era arreso, deciso ad andare a braccio e a cercare di farsi capire il più possibile. Si era voltato e aveva appena aperto bocca, quando Hazel lo aveva fermato con un gesto della mano: “Sì, è stato un errore. Lo penso anch’io.” Leo aveva sorriso, in imbarazzo: “Il fatto è che… Già, non so bene…”
“Leo, non devi sentirti in colpa. Io e Frank non stiamo insieme.”
“Mi sembra che…” Iniziò Leo abbassando gli occhi, ancora in imbarazzo, ma questa volta non c’era l’ombra di un sorriso ad illuminargli il volto.
“Che?” Lo incalzò Hazel, quando notò che non continuava.
“Nulla, davvero. Vado.” Annunciò, prima di raccogliere le sue cose, esitando con lo sguardo sull’oggetto che aveva mostrato a Hazel, prima che gli saltasse addosso, decidendo, infine, di lasciarlo lì. Quel progetto non lo allettava più di tanto, ormai. Da quel momento in poi, almeno a detta della ragazza, Leo si era allontanato dal gruppo e parlava solo saltuariamente con Jason. Al biondo, però, non pareva stesse male, anzi, lo trovava più pimpante del solito. Secondo Piper, però, c’era ancora da indagare. Dopo la serata in spiaggia, aveva iniziato a capire il messicano un po’ meglio e le sembrò che troppa felicità fosse tutt’altro che un buon segno, nel suo caso.
Il secondo passo era stato convincere Annabeth a parlare con Percy, a chiarire e a confrontarsi. Non era stato troppo difficile per una sola ragione. Dopo i primi “Non se ne parla” della bionda, Piper aveva iniziato a capire che la sua unica arma era fare leva sulla razionalità della ragazza. La parte facile? Piper era nel giusto e la logica avrebbe portato Annabeth a darle ragione una volta per tutte, in onore della verità. Idealmente non sembravano, dunque, esserci difficoltà; praticamente era stato complicato, aveva dovuto formulare bene le frasi e scegliere con cura le parole. Alla fine, però, l’aveva convinta. Ecco perché in quel momento si trovavano davanti la porta degli spogliatoi maschili di football. Annabeth era poggiata allo stipite di una porta con aria annoiata, ma Piper la conosceva abbastanza da sapere che ogni sospiro scocciato tradiva un certo nervosismo. Non restava che sperare che Percy non vedesse l’ora di parlare e che fosse ben disposto, cosa di cui Piper dubitava fortemente, ma com’è che si dice? La speranza è l’ultima a morire.
 
Prima che Annabeth potesse ripensarci, la porta dello spogliatoio si spalancò e un’infinità di schiamazzi si riversò nel corridoio, come se quella porta avesse contenuto per troppo tempo tutto quel rumore e poi fosse esplosa. La risata di Percy risuonò cristallina ed il ragazzo spuntò dalla soglia, rivolto verso un suo compagno di quadra, Chris, che probabilmente gli stava raccontando qualcosa di parecchio divertente. Non vide subito la bionda di fronte a lui, ma quando si rigirò, la risata gli morì in gola e assestò una pacca sulla spalla al suo interlocutore, senza staccare gli occhi da Annabeth, intimandogli di andare avanti: “Vi raggiungo dopo.” Disse asettico. Annabeth si girò a guardare l’amica, ma non la vide. Era scomparsa tra la mandria di ragazzi che usciva dagli spogliatoi e, ora che questa si era diradata, c’era solo qualche ragazza che si affrettava ad uscire dagli spogliatoi della squadra di pallavolo.
“Volevo parlarti.” Iniziò Annabeth, fissando i suoi occhi grigi in quelli verdi del ragazzo. Percy aveva quasi dimenticato come ci sentisse ad essere studiati da quello sguardo gelido. Un’ondata di nostalgia gli attraversò lo stomaco, regalandogli una sensazione calda, ma al tempo stesso fredda e distaccata. Nonostante tutte le emozioni, però, il ragazzo non seppe decifrare il tono della bionda. Era arrabbiata? Era delusa? Era triste? Era stata costretta a parlargli?
“Dimmi.” Si limitò a dire lui, a metà tra l’intontito ed il curioso.
“Ecco, volevo dirti che forse avremmo dovuto parlarne. Tutti quanti. Le cose non sono andate bene, ma sono certa che ci sia stato uno stupido equivoco.” Percy annuì, quasi felice: “So che tu non sei così.” Aggiunse la bionda, che aveva captato le emozioni del moro e si stava lasciando trasportare dalla sua speranza. Percy, però, a queste parole, si irrigidì ed il sorriso involontario che non si era accorto gli fosse spuntato sul viso si dileguò, come se non ci fosse mai stato. Gli risuonarono in testa le parole di Rachel: ‘Vai bene così’ seguite dal bacio dolce che si erano scambiati, in cui lui aveva riversato tutta la sua disperazione. Vado bene così. Pensò il ragazzo, contraendo la mascella, mentre un flusso inarrestabile di rabbia si abbatteva su di lui: “Che cosa?” Domandò, il tono di voce basso.
“C’è… C’è qualche problema?” Domandò Annabeth. Non riusciva davvero a capire quale fosse il problema e gli sbalzi d’umore di Percy, nell’ultimo periodo, le facevano quasi salire il sangue al cervello.
“Il problema è che a te non va mai bene niente. Devi per forza cambiarmi, Annabeth?” Disse Percy, alzando la voce, con un sorriso amaro dipinto in volto.
“Non ho mai parlato di cambiarti.” Disse lei, tenendogli testa.
“Ah no?”
“No. Ho solo detto che so che non sei così.” Si difese la bionda.
“Il problema è che tu non sai niente di me. Come puoi dire che non sono così? Perché devi cambiarmi? Perché non posso andarti bene così come sono?”
“Sì, sai cosa? Hai ragione. Non posso saperlo e sai perché? Perché non so niente di te, so così poco che Ottaviano ha dovuto farmi il piacere di dirmi tutta la verità.” Buttò fuori Annabeth. Non lo pensava davvero. Ottaviano doveva aver manipolato le informazioni, doveva averle cambiate, Annabeth lo sapeva, doveva essere così, ma era arrabbiata e voleva ferirlo.
“Oh, quindi ci credi! Sei venuta qui con l’intenzione di ascoltarmi per poi andare dai tuoi amici e dire tristemente che è tutto vero? Che sono un essere orribile e che tu sei fantastica per aver sperato?” Okay, forse Annabeth aveva esagerato. Farlo arrabbiare non avrebbe portato a niente e non le avrebbe dato ragione: “Okay, senti, smettiamo di urlare. Sono venuta qui per parlare.”
“E mi pare non sia servito a nulla. Senti un po’, Annabeth, se io fossi davvero così? Se fossi terribile, viscido e sbagliato, cosa faresti? Ti andrebbe bene o cercheresti di migliorarmi?”
“Ma di che parli?”
“Rispondi.”
“Tu non sei così.” Percy si lasciò andare ad una sonora risata, che di gioioso non aveva nulla: “C’è chi crede che vada bene così.” Si limitò a dire lui, scrollando le spalle: “E io che ho passato tutto il tempo a farti capire che non eri una delle tante, che ci tenevo davvero.”
“E chi sarebbe, sentiamo? Rachel?” Domandò tagliente Annabeth, che aveva ignorato totalmente la confessione di Percy. Non poteva certo permettersi di passare il suo tempo facendogli cambiare idea e mostrandosi debole. Era fuori discussione.
“Rachel cosa?” Domandò Percy diffidente. Non aveva idea di quanto sapesse Annabeth, ma voleva davvero saperlo.
“Pensi che non lo sappia cosa avete fatto negli ultimi tre mesi? Neanche lei, immagino, sia una delle tante, vero?” Disse sarcastica Annabeth, con la voce spezzata. Prese un respiro tremante e Percy vide i suoi occhi smettere di essere lucidi e diventare freddi ed inespressivi: “Gliel’hai detto, Percy? O sei già passato al ‘ti amo’?” Continuò lei, la voce di tre toni più bassa.
“Lei, almeno, non tenta di cambiarmi. Sarai anche una delle studentesse più intelligenti della scuola, ma hai la mente chiusa nelle tue idee rigide.” Rispose lui, con la voce altrettanto bassa, superandola con una spallata leggera. Annabeth non si girò a guardarlo andare via, ma gli urlò dietro: “Sarai anche uno dei ragazzi più belli della scuola, ma sei un coglione.” Non arrivò nessuna risposta. Ripensò alla prima volta che l’aveva visto. Quella volta in cui lui non aveva ancora un nome ed una personalità da scoprire, per lei, in cui era solo il bel ragazzo che aveva visto per strada e che aveva scoperto frequentare la sua stessa scuola. Ripensò a quella volta in cui lui le aveva dato una spallata identica a questa e le aveva detto di stare attenta a dove metteva i piedi e non potè fare a meno di pensare che su una cosa lui avesse ragione. Forse doveva solo accettare la verità, accettare che Percy non era il ragazzo che credeva che fosse e che l’aveva delusa. D’altro canto se l’aspettava, no? Aveva basato la fiducia della loro intera quasi-relazione su questo. Si era difesa per tutto questo tempo da qualcosa che l’aveva sorpresa, nonostante l’avesse programmato. Che cosa le era successo?
 
“Assolutamente no. Lo vedi? L’universo intero si è mosso affinchè ciò non succedesse. Significa qualcosa, Hazel.” Urlò Nico dalla sua stanza. Davvero non sapeva come aveva fatto a farsi convincere. Quella maledetta aveva puntato sul senso di colpa, dannazione, come se non lo sapesse che era un suo punto debole. Nico non aveva davvero idea di come avesse fatto a trovarsi in quella situazione. Qualcuno, lassù, gli doveva volere sicuramente male.
“Che cosa ti ha detto Will?” Domandò quasi ridendo Hazel, mentre rovistava nei cassetti della sua scrivania.
“Dio, non avrei mai dovuto dirtelo.”
“Che cosa ti ha detto, Nico?” Hazel sentì una serie di parole sconnesse tra loro, provenire dall’altra stanza: “Non ti ho sentito.” Lo prese in giro la ragazza, che sapeva benissimo cosa Will gli avesse detto, qualche tempo prima.
“Anche solo il fatto che io te l’abbia detto è assurdo: urlarlo è fuori discussione!”
“Ah-ah” Esultò Hazel, mentre una montagna di cianfrusaglie troneggiava sulla sua scrivania. Si diresse a passo di marcia nella stanza buia di suo fratello, lanciandogli un paio di bretelle e scuotendo la testa per invogliarlo ad indossarle: “Il mio era un pettegolezzo in confidenza… tra fratelli.” Tentò l’italiano, con le bretelle ancora in mano: “Non dovevi usarlo contro di me.”
“E chi dice sia contro di te? Io lo faccio per te.”
“È imbarazzante.” Sentenziò Nico, rilanciandole le bretelle.
“È divertente, invece.” Ribatté la ragazza, alzandosi e prendendo le mani di suo fratello tra le sue, per poi lasciargli ancora una volta le bretelle. Per poco non scoppiò a ridere.
“Ahhhh, sei una vipera.” Disse Nico, uscendo dalla stanza e percorrendo il corridoio e le scale, per arrivare alla porta d’ingresso: “Come sto?” Domandò, con una mano sulla maniglia, mentre un paio di bretelle rosse spiccavano sul suo solito abbigliamento nero.
“Come uno che sta per avverare le fantasie sessuali del proprio ragazzo.” Commentò Hazel, questa volta scoppiando a ridere. Nico alzò gli occhi al cielo e uscì di casa. La ragazza si appoggiò allo stipite della porta e gli urlò dietro: “Divertiti!”, mentre Nico allargava le braccia esasperato, prima di girare l’angolo del vialetto sfuggendo alla vista della sorellastra.
Hazel tornò in casa sorridendo e si recò in camera sua per sistemare. Con un sospiro iniziò a smontare la montagna di cianfrusaglie e a disporre tutto nei cassetti nel modo più ordinato che le riuscì, finchè una piccola scatola non attirò la sua attenzione. Sgranò gli occhi incredula e l’aprì come se questa potesse morderla da un momento all’altro. Dentro ci trovò proprio ciò che temeva. Era la collanina che Frank le aveva regalato a Natale. La tirò fuori dal cofanetto, poggiando quest’ultimo sulla scrivania, mentre tutta la sua attenzione era rivolta al gioiello. Si andò a sedere sul letto mentre si rigirava il ciondolo a forma di fiocco di neve tra le mani, osservando il rubino che ricordava così bene. Fu girandolo, però, che scoprì qualcosa che non aveva mai notato prima. Sul retro del ciondolo, infatti, c’era un’incisione, che recitava: ‘F&R’. Hazel, la guardò perplessa, senza capire. Fu quando notò l’incredibile somiglianza tra la R e la H, che il cuore rischiò di scoppiarle di dolcezza. Frank l’aveva inciso da solo, probabilmente e quel risultato maldestro era la cosa più dolce che potesse immaginare. Quel ragazzo aveva fatto di tutto per lei, per conquistarla, per renderla felice ed erano i suoi gesti impacciati, ma venuti dal cuore che l’avevano fatta innamorare. Improvvisamente tutto le fu chiaro: Leo era carino, intelligente e simpatico, ma con Frank c’era qualcosa che non avrebbe mai saputo spiegare. Lo capiva e sapeva che lui le avrebbe affidato la sua vita, se avesse potuto. Si sentì improvvisamente in colpa per aver sempre dato per scontato l’immenso tesoro che aveva. Quanto tempo ancora le era rimasto, ora che la verità le si era parata davanti nella sua forma più chiara? Non voleva davvero che fosse troppo tardi. Non poteva credere di aver passato gli ultimi mesi essendo così cieca.
 
Percy aveva davvero poca voglia di stare con i suoi amici, quella sera. Era come se, parlando con Annabeth, avesse perso interesse in tutte quelle cose che fino a ieri lo intrattenevano alla perfezione. Luke era accanto a lui e non sembrava affatto condividere gli stessi pensieri. Stava ridendo ad una battuta di Chris e sembrava parecchio occupato. Percy, al contrario, sentiva di riuscire a mantenere l’attenzione su qualsiasi cosa per meno tempo del solito. Era come chiuso in una bolla e per quanto si concentrasse, qualunque informazione vagava sospesa senza riuscire a depositarsi nella sua memoria. Continuava a ripensare alla sua conversazione con Annabeth. Ora che si era calmato non faceva che chiedersi come sarebbe andata se avesse detto una frase al posto di un’altra. Ora che l’aveva rivista, che ci aveva parlato, gli occhi verdi di Rachel continuavano a ricordargli come non sentisse lo stomaco fare le capriole, quando incrociava il suo sguardo. Con Annabeth era diverso. Il suo stomaco si arrendeva, addirittura, e la sua pelle andava a fuoco se entrava in contatto con quella della ragazza.
Tu non sei così” Urlò Annabeth, nella sua testa. Lei non stava cercando di cambiarlo, cercava solo di riportarlo alla realtà. Il suo cuore si scaldò, ripensando al pizzico di gelosia che aveva tradito la sua voce, quando aveva nominato Rachel, finchè non ripensò alle frasi successive, prima che una nuova consapevolezza lo investisse.
“Luke.” Chiamò fissando il muro davanti a sé. Il biondo si girò con un sorrisetto e lo fissò, aspettando che parlasse: “Meglio se andiamo da un’altra parte, a parlare.” Considerò Percy, guardandosi attorno e, senza aspettare che il ragazzo acconsentisse, si alzò e si diresse nella stanza di Luke.
“Dimmi.” Lo incalzò il biondo, chiudendosi la porta alle spalle.
“Io... Insomma, ho detto solo a te che sono stato con Rachel.” Iniziò Percy, alzando lo sguardo su Luke, preoccupato.
“Sì, quindi?” Domandò questi, confuso. Percy si sentì uno stupido. Voleva forse rovinare tutte le sue amicizie? Eppure quel dubbio sarebbe solo cresciuto, col tempo. Tanto valeva scioglierlo subito: “Ecco… Come faceva Annabeth a sapere che sono stato a letto con Rachel?” Luke si lasciò andare ad una sonora risata.
“Ma cosa credi? Che tu l’abbia fatto da solo? Rachel l’ha detto a Ottaviano.”
“E perché Ottaviano l’ha detto a lei, scusa?” chiese ancora Percy.
“Perché gliel’ho chiesto io.” Rispose semplicemente il biondo, rilassato.
“Che cosa?”
“Beh, scusa, cosa hai creduto per tutto questo tempo? Che Ottaviano, che di certo non prova molta simpatia nei tuoi confronti, ti abbia fatto il favore di liberarti di quei falsi dei tuoi vecchi amici?” Percy, aprì la bocca un paio di volte, sconcertato, ma non riuscì ad emettere alcun suono: “Tu credevi che perdere i miei amici mi facesse bene?” Domandò, alla fine. Avrebbe voluto urlare e arrabbiarsi, ma tutto ciò che riusciva a fare non gli permetteva in nessun modo di sfogarsi a dovere.
“Certo che sì, guarda per cosa si sono rivelati...”
“Beh, se eri così convinto delle tue idee perché far fare a Ottaviano il lavoro sporco?” Ribatté Percy. Continuava a sembrare rilassato e tranquillo, forse solo un po’ sorpreso. Anche la sua stessa reazione gli parve frustrante.
“Perché non mi avresti capito. Non mi avresti lasciato fare.”
“Perché dirlo ora, allora?”
“Perché so benissimo che adesso hai capito, che ti si sono aperti gli occhi.” Quella frase riuscì a sbloccarlo: “Ma che cazzo hai fatto? Gli occhi mi si sono aperti, eccome, Luke. Mi si sono aperti adesso.”
“Che intendi, scusa?” Anche la calma del biondo, iniziava a vacillare.
“Che a te non importa nulla di me, della mia felicità, non è così? Io sono scappato dallo schifo che, in fondo, hai sempre odiato anche tu, no?”
“Ma di che parli?” Lo interruppe Luke, nervoso.
“Dico che hai visto un tuo amico uscire dalla merda e hai pensato bene di tirarlo di nuovo giù con te.”
“Cosa pensavi di fare? Di cambiare vita ed essere felice e di lasciarmi qui? E poi guarda tu che amici di merda che ti sei andato a pescare. Quello stronzo di Jason Grace vale meno di zero, ma, d’altro canto, sei caduto anche tu nella stessa trappola di Piper, non è così?”
“Che vuoi dire? Tutto questo non ha senso.”
“Sei diventato anche amico di quella stupida. Sei un ipocrita, Percy. Hai passato ore intere a parlarmi di quanto Grace ti irritasse e adesso vi vestite coordinati? Hai perso la tua strada, amico.” Concluse Luke, con un sorriso obliquo, a metà tra l’amaro ed il divertito.
“Tu hai passato ore intere a ideare un piano per separarmi dai miei amici, usando le mie debolezze, per giunta. Loro avrebbero appoggiato qualunque mia decisione, a patto che mi rendesse felice.”
“Oh, adesso sei diventato romantico?” Quel commento stupido lasciò Percy interdetto. Perché continuare a discutere con una persona che era deciso ad abbandonare lì per sempre? Con un sorrisetto, quindi, scrollò le spalle e si diresse verso la porta, aprendola.
“Se te ne vai adesso dico loro tutto.”
Percy si fermò, con una mano sulla maniglia della porta aperta, un piede sulla soglia. Quel pomeriggio aveva capito chi erano le persone che gli volevano davvero bene e per quanto avesse paura di rivelarsi per quello che era, di mostrare a tutti che Percy Jackson non era il ragazzo sfrontato che aveva sempre detto di essere e che aveva delle fragilità, sapeva bene che se doveva confidarsi con qualcuno, se doveva mettersi a nudo allora be’, che fossero le persone giuste e al diavolo le apparenze. Si girò sorridendo, per guardare in faccia quello che era stato per molto tempo il suo compagno di scorribande: “Fa’ pure. Nulla che non avranno già sentito.” Disse uscendo e richiudendo la porta della stanza, lasciandosi un Luke sconvolto e impotente alle spalle.
 
Piper era stanchissima e anche un po’ delusa. Annabeth le aveva raccontato tutto e non poteva credere che il suo piano fosse andato in fumo così. Ormai non sapeva più dove mettere le mani. Doveva solo accettare la verità: non tutte le cose belle durano. I ricordi felici di una serata in spiaggia sarebbero diventati nostalgici e pieni di amarezza. Avrebbe davvero voluto avere un asso nella manica per cambiare le cose, per sorprendere tutti all’ultimo, ma non aveva nulla. Non poteva fare nulla. Le cose erano rotolate e lei era impotente. Fissare il soffitto non la stava certo aiutando, ma cos’altro poteva fare?
Il suo cellulare vibrò, illuminando il soffitto della stanza in penombra, prima che ripiombasse nel buio. Piper si decise ad ignorarlo. Chi poteva davvero aiutare? Dopo qualche secondo, però, il telefono vibrò e si illuminò ancora e la ragazza si spazientì. Con un colpo di reni si alzò a sedere, sbuffando, per recuperare l’oggetto dal comodino. Sgranò gli occhi nel leggere l’emittente dei due messaggi che le erano appena arrivati: “Annabeth è arrabbiata con me.”, “Com’è giusto che sia. Sono stato uno stronzo.”. Prima che Piper potesse replicare, però, un nuovo messaggio aggiunse stupore allo stupore: “Vorrei parlare. Con tutti voi, se non è troppo tardi.”
Piper sorrise al telefono, soddisfatta, prima di digitare velocemente una risposta.
 
Note di El: Fiùùùù, un parto. UN PARTO, SIGNORI. Piper sembra una trafficante di droga, Jason, Frank e Leo non si vedono neanche col binocolo e solo per Leo ho una scusa. Il litigio tra Percy e Annabeth non mi convince, ma rendere IC due personaggi, fuori dal loro habitat, che non hanno mai, nei libri, litigi veri non era impresa da poco. Spero che il risultato non sia troppo brutto. Le cose si stanno lentamente mettendo a posto e spero che non troviate troppo banale il modo in cui si stanno evolvendo i fatti. La parte di Luke e Percy è stato un altro problema. Poi Percy che fa la cosa giusta è gia poco OOC di suo. Nah, è un bravo ragazzo. Per quanto riguarda la parte di Nico e Hazel mi sono divertita troppo a pensare ad un modo simpatico per arrivare alla rivelazione della ragazza. Spero vi sia piaciuto. Sarò sincera, ho tante idee e questa storia, adesso, mi pare solo una catena che mi porto dietro, quindi ho tagliato alcune cose. Tra qualche capitolo sarà tutto finito. Ringrazio ancora tutti quelli che continuano a leggere questa follia (e niente, io ci provo a fare le note corte, ma proprio non ce la faccio).
Adieu,
 
El.
   
 
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