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Autore: DANI1993    19/11/2018    2 recensioni
Mi prese ansia. Io che di solito non avevo mai ansia prima di un esame. Era un qualcosa di nuovo. Avevo la brutta sensazione che quelle prove sarebbero state ben più terribili di quelle finora affrontate. Ero preparata… o almeno era quello che credevo.
“ Ecco qui” sentii sussurrare dal mio maestro, e il battito del mio cuore accelerò.
Alzò lo sguardo e io silenziosamente lo pregai di avere pietà.
“ La magia da contatto” chiese, enigmatico.
Riflettei un attimo, ma lui mi ordinò:” Veloce Bellatrix. Rispondimi all’instante quando ti faccio una domanda!”
“ Un attimo” avrei voluto rispondergli. Ma non osai farlo. Riflettei ancora un qualche secondo, poi mi arrivò alla mente la risposta. Ma lui non fu felice del mio tentennamento.
“ Allora” chiuse il libro e si alzò dalla poltrona. “ Hai studiato?” domandò. Non seppi se dargli la risposta o se l’avesse già saputa leggendomi nella mente. Forse no, poiché ripetè la domanda per la seconda volta: “ Hai studiato Bellatrix?”
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Horace Lumacorno, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Tom O. Riddle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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Dal grimorio di Alecto: “ Il centro dell’attenzione”


 
 
Quando avevo scelto di essere amica di Bellatrix pensavo che fosse più facile essere notata. Pensavo che tutti cominciassero ad adocchiarmi. E, invece, tutt’altro. Mi deridevano. I miei compagni di anno, di Serpeverde, mi chiedevano sempre più spesso perché mai avessi deciso di farmi amica la più bella ragazza della scuola, nonché la più terribile. E quando risposi loro dicendo che me l’ero fatta amica perché potessi essere notata, quelli risero ancora di più.

Dovette intervenire Amycus sul perché mi stessero prendendo in giro e quelli, tra una risata e l’altra, risposero dichiarando che la bellezza di Bellatrix offuscava la mia, perché ero più brutta di lei e perciò l’averla vicina a me, ne risaltava ulteriormente la differenza. Questo era il motivo per cui passavo inosservata agli occhi degli altri.

“ Invidiosi” brontolavo tra me e me, ogni volta.

Cominciavo a dubitare della riuscita del mio piano, cominciavo davvero a pensare che quella che io volevo che diventasse mia amica, in realtà non lo potesse mai diventare davvero, perché mi rivaleggiava in tutto. Eravamo troppo diverse, in ogni cosa: dal modo di vestire, dal portamento e dai modi di parlare, di ridere e di comportarsi.

Tuttavia feci finta di non vedere questa luce della verità che cominciava a lampeggiarmi chiara nella mente e decisi di non prendere quelle parole dei miei compagni come verità, ma solo come espressione di invidia nei miei confronti, perché io avevo come amica Bellatrix Black, la più intelligente e dotata tra le studentesse, mentre loro passavano inosservati ai suoi occhi.

Era ormai estate e io dovevo prepararmi per gli esami dei G.U.F.O sempre più imminenti. Mancava soltanto una settimana agli esami e ancora non mi ero esercitata nella pratica degli incantesimi, come al solito.

Ma di studiare, sinceramente, non ne avevo molta voglia. Complice anche le belle giornate soleggiate e calde, mi andava di uscire per andare ad Hogsmeade.

Così, dopo neanche un’ora da quando avevo aperto i libri, decisi di rimandare all’indomani e mi preparai per uscire.

Mentre lo facevo, un ragazzo alto e magro dalla carnagione estremamente pallida, quasi bianca, mi passò di fianco. Lo urtai involontariamente. Mi voltai subito per scusarmi, ma non riuscii a proferire parola. Ebbi un brivido di terrore nel sostenerne lo sguardo. In quegli occhi c’era qualcosa che mi incuteva timore.
 
Erano occhi neri, come i capelli che gli ricadevano su essi,  con qualcosa di veramente oscuro dentro. Non c’era luce in quello sguardo, era inespressivo. Vidi, però, le sue labbra contrarsi in una smorfia di sdegno e disgusto alla mia vista, come se la mia presenza non fosse a lui gradita,  e subito si allontanò senza dirmi nulla. Il tutto si era svolto in circa mezzo minuto.

Un po’ stordita dall’incontro silenzioso, mi sistemai per bene. Non sapevo minimamente chi fosse quel ragazzo o almeno, non l’avevo mai notato veramente prima di quel giorno. Non avrei mai immaginato quello che, da lì a cinque-sei anni , quello stesso ragazzo, avrebbe cominciato ad esercitare su di me.
 
Era estremamente bello anche. Però capii subito che per lui, io non avevo lo stesso effetto.

Lasciai, perciò, perdere.

Mentre mi cambiavo, stavolta nel dormitorio femminile, mi venne un’illuminazione: se mi fossi vestita come colei che avevo di fianco nelle nostre uscite, magari avrei avuto qualche chances in più.

Cominciai quindi a cambiare me stessa. A pettinarmi i capelli come li pettinava Bellatrix, a vestirmi come Bellatrix, segretamente le presi persino alcuni indumenti dal suo armadietto personale, con l’intenzione di indossarmeli, ma poi desistetti all’idea di farlo, col timore che si sarebbe arrabbiata.

Però mi promisi che quando sarei diventata maggiorenne, avrei davvero comprato gli indumenti che metteva lei e li avrei indossati a mie spese. I capelli, invece, decisi di mantenerli consueti: più chiari, più ondulati e più corti di quelli di Bellatrix.

“ Ma come ti vesti?” domandò Amycus quando gli mostrai l’effetto che facevo.

“ Non ti piace? “ domandai, piuttosto contrariata. Io invece, non mi ero mai sentita così bella.

“ No. Perché vuoi assomigliare a tutti i costi a quella ragazzina viziata?”

Inutile dire che Amycus non condivideva affatto la nostra amicizia o quello che era.

Il motivo per cui volevo assomigliarle lo sapevo solo io e neanche mio fratello doveva saperlo. Non volevo che lui pensasse che fossi una che non aveva alcuna stima di sé stessa, che fossi una sciocca. Volevo che mi vedesse come la sorella perfetta.

“ Quella ragazzina viziata è mia amica, Amycus. E, sebbene, tu sia mio fratello, non sei né mio padre né mia madre. Decido io cosa indossare”

“ Sorella, quella ragazza ti ferirà. Scoppierai dall’invidia quando vedrai che tutti questi patetici tentativi di sembrare lei, non funzioneranno. Ti prego, riprenditi la tua personalità Alecto, non cercare di essere quella che non sei”

Scossi la testa. Mio fratello non capiva come stavano le cose. Non capiva che non volevo essere come Bellatrix, ma volevo ricevere le attenzioni che aveva Bellatrix.

Entrarono di nuovo i miei compagni di corso e alla vista mia, scoppiarono a ridere ancora più fragorosamente rispetto a quanto fatto al mattino in Sala Grande.
 
“ Quanto sei brutta. Sembri una befana”

Come si capisce, non avevo fatto amicizie con gli altri. Sin dal primo anno, venivo sempre scartata in tutto: dal Quidditch, quando vi erano le selezioni, al lavoro di gruppo nelle aule di Pozioni e nelle Serre di Erbologia. Ero l’ultima risorsa e questo mi feriva quotidianamente. A volte mi domandavo se fossi proprio io, Alecto Carrow, il problema di tutto. Non capivo se fossi sbagliata io, oppure lo erano gli altri nel prendermi in giro in ogni singolo istante.

Amycus che di solito mi difendeva sempre dagli attacchi degli altri, quella volta però non lo fece. E, anzi, diede persino loro ragione.

La ferma convinzione che, nonostante tutto ciò che di cattivo potevano pensare gli altri, fossi nel giusto mi fece andare avanti.

L’appuntamento con Bellatrix era fissato per il calar del sole. Saremmo andati a farci il nostro giretto quotidiano per le vie di Hogsmeade, il quale ultimamente si concludeva sempre allo stesso modo: Bellatrix che finiva per ubriacarsi e io che dovevo accompagnarla al castello, quasi sorreggendola.

Non capivo perché diamine si ubriacasse ogni volta, diceva di voler essere amata. Ma da chi, se aveva tutto quello che voleva ai suoi piedi? Cosa mai poteva desiderare più di quello che aveva? A volte era davvero incomprensibile e anche terribilmente fastidiosa… Aveva tutto in lei, io non avevo niente.

“ Non è che ti ubriachi anche stavolta, spero…” osservai io piuttosto seccata, al che lei sentendo il mio tono insolitamente acido si voltò a fissarmi, quasi stupita.

“ Si può sapere perché lo fai? Perché ti ubriachi ogni volta? Hai preso questa brutta abitudine…”

“ Non sono affari tuoi” tagliò corto lei, ma la vidi arrossire lievemente.

“ Dici che vuoi essere amata. Ma da chi?”

“ Senti se siamo amiche solo perché vuoi indagare nella mia vita, possiamo anche chiuderla qui”

“ Non c’è bisogno che ti arrabbi. Le amiche si dicono tutto” protestai io. Ma capii subito di aver detto la cosa sbagliata. Lei si indignò, mi piantò in asso e si allontanò a rapidi passi, offesa.

E’ proprio una bambina viziata… Tanto abile con la bacchetta, ma altrettanto ingenua senza.

Devo comunque dire che neanche io ero dell’umore giusto per stare in compagnia quel giorno, sia per le prese in giro che avevo ricevuto al mattino dai miei compagni a causa del mio abito, sia perché la stessa Bellatrix, appena mi vide conciata in quel modo trattenne a fatica le risate. Segno che anche lei disapprovava totalmente.

Ma a me non interessava affatto: non m’importava cosa pensavano gli altri. Io avevo deciso che ovunque fossi andata, d’ora in avanti, avrei usato gli abiti di Bellatrix.

Perciò, sbuffando, la seguii verso il villaggio. No, non aveva ripreso la strada del castello. Non avrebbe potuto farlo, poiché il castello era vuoto al momento a parte quelli del primo e del secondo anno.

“ Dove ti eri cacciata? Ti ho cercato dappertutto” le dissi, quando la trovai dopo una mezzora buona a vedere dove fosse. Avrei dovuto immaginarlo, poiché era finita al solito locale di sempre ma, essendo strapieno di gente, inizialmente, non l’avevo notata.

Aveva buttato giù già due bicchieri di acquaviola. A stomaco vuoto, per di più. Il fatto che  succhiasse con una cannuccia, mi diede ancora più fastidio rispetto a che li avesse bevuti normalmente.

Da ragazzina arrogante…

Chiusi gli occhi tentando di calmarmi, di evocare la pazienza. Perché con lei di pazienza ce ne voleva molta.

“ Che diavolo stai facendo?” le domandai esausta ad un tratto. La vedevo infatti, brilla senza alcun dubbio, che giocava con i ghiaccioli della sua bibita ormai prosciugata. Li passava da una mano all’altra e quelli come per magia, si scioglievano dopo pochissimi secondi.

Che strano... io non avevo quel potere. Sentii un moto d’invidia che tentai di reprimere.

E lei, nel frattempo, rideva mentre lo faceva. Oh se rideva… La sua risata sferzante ricopriva da sola, quasi, il trambusto creato dagli altri. La situazione stava nuovamente degenerando. Avrei dovuto portarla fuori, altrimenti avrebbe potuto spazientire qualcuno.

E poi al colmo della invasione alcolica nel suo corpo magro, disse qualcosa di cui non capii affatto il concetto. Qualcosa del tipo: “ Maestro, vogliatemi così come sono. Sono solo vostra, al vostro cospetto. Fatemi questo piacere, vi supplico…”

Era pazza. Maestro? E chi era questo maestro? Si era presa la cotta per un professore?

La presi per un braccio, ma lei si divincolò dicendo che voleva essere portata via solo dal suo maestro.

“ Io sono la tua maestra”

Mi guardai attorno e mi resi conto, sfortunatamente, che in quel pub c’erano solo studenti.

“ Dannazione, i prof li trovi ovunque quando non dovrebbero esserci e nel momento del bisogno non ci sono mai” sbottai rabbiosa tra me.

“ No. Voglio il mio maestro”

“ Va bene. Lo vado a cercare questo maestro. Aspetta qui”

Mi feci largo tra la folla, maledicendomi che avrei potuto passare un pomeriggio tranquillo, invece che uscire con una psicopatica in evidente bisogno di attenzioni.

Trovai per puro caso Lumacorno che stava bevendo una burrobirra ai Tre Manici di Scopa e nel frattempo, chiacchierava animatamente con il barista.

Bellatrix poteva anche non aver avuto la classica infatuazione adolescenziale nei riguardi di Lumacorno, in fondo chi mai si sarebbe innamorato di un tricheco? Però era l’unico professore con cui, in ormai cinque anni di vita quotidiana a  Hogwarts,  avevo stretto un legame, diciamo, amichevole? Di stima reciproca? Possiamo definirlo così…

“ Professore… signore?”

Lumacorno interruppe la conversazione e si voltò a guardarmi con la schiuma che gli copriva i baffi da tricheco.  Li pulì con un tovagliolino alla svelta e domandò, tra il curioso e il preoccupato: “ Wendy… a cosa devo il piacere?”

Tentai di non dare troppo peso al suo fraintendimento del nome. Lumacorno aveva la dannata capacità di dimenticare i nomi dei suoi allievi meno brillanti, tra cui c’ero anche io.

“ C’è un piccolo problema con una sua allieva signore. Bellatrix. La conosce?”

“ Per la barba di Merlino, si. Cosa le è successo?”

“ Vuole essere portata via da un professore, perché ci è andata dentro con l’alcol… sa… questi giovani…”

Lumacorno fece una faccia sofferente.

“ La signorina Bellatrix non è la prima volta che si ubriaca. Anche l’anno scorso ho dovuto portarla via. Fortuna è che quel giovane straordinario di Tom Riddle mi aiutò in quella circostanza. Lo vado a chiamare se vuoi…”

Io che non sapevo chi diamine fosse questo Tom Riddle, o almeno, all’epoca, non sapevo chi fosse, risposi: “ No, signore. E’ urgente. Bellatrix vuole solo lei”

Lumacorno un po’ contrariato dalla mia decisione, ma ugualmente convinto dalla mia foga e della gravità della situazione si alzò  e mi chiese dove si trovasse la mia amica.

Lo guidai al locale e dopo esserci nuovamente fatti larghi tra i presenti, aiutammo Bellatrix a rialzarsi in piedi e insieme, sorreggendola noi due, non che ce ne fosse bisogno data la sua corporatura piuttosto magra, la portammo via.

E dentro di me, di nuovo provai un senso di impotenza e invidia verso l’altra: ancora una volta sebbene avessi cercato di essere come lei, quella al centro dell’attenzione era sempre Bellatrix. Non so se farmela amica sia stata una buona scelta. 








 

 
   
 
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