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Autore: Circe    23/11/2018    4 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Bellatrix: “Ti voglio parlare ”


“Tra poco raggiungimi, ti voglio parlare.”
Mi voltai di scatto, sorridendogli e annuendo, come sempre.
“Certo, mio Signore, tutto ciò che volete.”
Questa frase, rivoltami dal mio maestro, mi scaldò il cuore. Era stata una giornata lunga per tutti noi Mangiamorte: chi impegnato in azioni sconosciute, chi impegnato in addestramenti e io che mi dedicavo agli studi di incantesimi. Non era però avvenuto nulla di particolare, o nulla di piacevole, per cui fosse valsa la pena di ricordare quel giorno. 
Fra tutti i compagni Mangiamorte, ho sempre pensato di essere una dei pochi che si impegnasse seriamente nello studio degli incantesimi. 

A me piaceva farlo, soprattutto quando il mio maestro non era al Quartier Generale e dunque dovevo impiegare il tanto tempo senza di lui. Volevo sempre fare qualcosa di utile, che mi rendesse la migliore, che mi facesse spiccare ai suoi occhi più di quanto già non facessi.
Questo impegno continuo su incantesimi di svariate tipologie, mi fece presto diventare ancora più abile e potente di quanto non fossi quando mi ero unita al gruppo. Stavo colmando la distanza che si era creata con gli altri, sia per via della mia giovane età, sia per via del fatto che la maggior parte del mio impegno andava comunque sempre sulle arti oscure.
Quando però lui tornava al quartier generale, allora la monotonia finalmente finiva e con lei anche lo studio e l’impegno in quel campo. 

Era dunque di ritorno da una delle sue misteriose e solitarie spedizioni, quando mi chiamò per parlare.
Era una cosa che faceva sempre più di frequente: se prima preferiva condividere con altri certi suoi pensieri ed esperienze, in quell’ultimo periodo la prescelta ero sempre io.
Questo mi rendeva felice e ogni sua parola e frase mi riempiva di gioia e di interesse. Imparavo a conoscerlo ogni volta di più. Nessuno poteva più dire di capirlo e comprenderlo meglio di me.

Talvolta capitava anche che mi mostrasse in maniera spiccata la sua vulnerabilità.
Era sicuramente difficile pensare a lui in questo senso, con chiunque si mostrava potente e invincibile, senza la minima debolezza. Per questo motivo anche per me fu difficile capire cosa ci fosse dietro quella sua facciata, ma piano piano lo stavo comprendendo e questo mi piaceva.
Mi piaceva lui e lo amavo completamente, anche i suoi lati nascosti e deboli.
Chiusi i manuali di incantesimi che avevo davanti e li andai a riporre nella stanza dei libri, un grande salone dove vi erano giornali e tomi di ogni genere, ognuno di noi poteva attingere da lì.
Mentre mi recavo in quel posto incrociai di nuovo Dolohov e Nott, che mi avevano fermata a parlare alcune settimane prima. Mi guardarono e io ricambiai.
Avevo pensato molto alle loro parole, mi avevano colpito, anche se naturalmente avevo difeso il mio maestro da tutti i loro dubbi.
Però poi, in solitudine, avevo riflettuto tanto.
Non so cosa facesse esattamente durante le sue assenze, non me ne aveva ancora mai parlato, ma sicuramente usava e sperimentava molta della magia oscura conosciuta e sconosciuta. 

Come poteva evitarlo? Era il suo credo, erano le prime regole che aveva insegnato anche a me. Dunque non poteva che essere così e non ci trovavo nulla di strano.
Che tutto ciò portasse a delle conseguenze lo stavo invece solamente intuendo, non sapevo cosa potesse capitare in seguito, non mi ponevo il pensiero.
Notavo che il suo corpo ne era fortemente provato, si notava la magrezza, si notava il pallore, ma io non vedevo null’altro. La sua aura di oscurità mi sembrava diventare sempre più forte e facilmente percepibile, il suo potere sugli elementi era ogni giorno più visibile e forte.
Tutto questo ancora non riusciva a preoccuparmi come invece preoccupava quei due Mangiamorte, per il momento mi affascinava terribilmente e null’altro.

Terminai di riporre i libri, con tutta calma, così da far passare il tempo. Mi sistemai per un momento davanti allo specchio, quindi bussai alla porta della stanza dove si trovava il mio maestro e attesi che mi dicesse di entrare.
La luce era fioca, come sempre, ma oltre alle solite candele vi erano anche due lampade che illuminavano più chiaramente la stanza. 
Lui mi aspettava in piedi, attento, vicino all’immancabile camino acceso.

La sua figura si stagliava alta, sempre magra, sempre oscura, come piaceva a me. Chiusi la porta alle mie spalle e rimasi per un attimo ferma, incantata a guardarlo.
Quanto amavo quella sua figura inconfondibile, enigmatica e misteriosa, ogni volta che lo vedevo accanto a me, o lo osservavo passarmi accanto, entrare in una stanza, o camminare per i corridoi con altri, mi faceva tremare lo stomaco e mi faceva battere il cuore proprio all’impazzata. 

Era sempre più magro e pallido, questo ormai era chiaro anche a me, solo i muscoli tendevano ad ingrossarsi nel tempo e mi piaceva da morire come si intravedevano sotto la maglia leggera, fin troppo leggera per il clima del momento. Aveva sempre quel modo di vestire particolare che lasciava scoperte parti del corpo come se nulla fosse, mentre tutti noi morivamo di freddo. Era qualcosa di suo personale, che non ho mai notato in nessun altro, non era da Purosangue. 
Ogni volta aspettavo di scorgergli le braccia nude, oppure il ventre, le ossa del bacino che si scorgevano tra la maglia e i pantaloni, il collo, le scapole.
Aveva un fascino che mi colpiva sempre, qualcosa di scomposto e sensuale, ma che non riuscii mai a definire bene.
“Mio Signore, ditemi, sono qui per voi.” 
Mi decisi a parlare, stava passando decisamente troppo tempo mentre ero incantata a guardarlo, fu strano che lui per primo non mi chiamasse all’ordine.
“Avvicinati, Bella, devo spiegarti delle cose.”
La voce era roca più del solito, aveva faticato a parlare e aveva gli occhi tremendamente sofferenti, mi avvicinai per osservarlo meglio, capire cosa fosse successo. 

Era proprio pallido, la pelle sudata, sembrava inquieto e non mi era mai capitato di vederlo così. 
Non si preoccupava della sua debolezza davanti a me, fui stupita di ciò, ma anche rassicurata.
“Mio Signore, avete qualcosa? Cosa avete bisogno che faccia per voi? Sono pronta.”
Lo dissi in tono preoccupato. Lui invece prese tempo, iniziò il discorso da lontano.
“Tu sei l’unica che conosce a fondo la magia oscura, l’unica che so essere all’altezza della magia oscura...”
Ovviamente queste parole mi riempirono di gioia e orgoglio e penso che fosse esattamente l’effetto che lui per primo voleva creare in me.
Non gli era facile seguire i suoi intenti, per via del suo stato.

Iniziò a tossire molto, mi avvicinai guardandolo senza parlare. Volevo essergli vicino.
“Come ti ho detto varie volte, questo tipo di magia deve essere utilizzata con cura e sapienza, ma anche in questo caso, anche se prendi tutte le precauzioni, non è mai priva di rischi. Lo vedi bene, ne sono un esempio, una lezione più pratica di questa non la potevo trovare per te.”
I muscoli erano contratti e dopo lo scoppio di tosse tremava: certo le teorie le conoscevo tutte, ma la realtà era un’altra cosa, il malessere mi sembrava tanto eclatante e me lo mostrava senza nasconderlo.

“Mio Signore, non scherzate, vi prego, non ora. Ditemi: cosa possiamo fare?”
Ero preoccupata solo io, lui sembrava davvero non avere la minima ansia, stava solo male e nient’altro. Non aveva nemmeno fretta di fare qualcosa.
“Non fare la bambina, Bella, stai calma. Non ti ho mai insegnato a farti prendere dal panico.”
Sospirai, poi annuii lentamente.
Presi aria ancora una volta.
“Avete ragione maestro, ma quando si tratta di voi è diverso, non voglio dobbiate soffrire.”
Mi guardò in modo strano, penetrante, con gli occhi cattivi.
“Sciocca, la sofferenza per me non è affatto una novità, credi ne abbia paura?”
Lo guardai fissamente, non capii pienamente a cosa si riferisse, ebbi l’impressione che pensasse ad altre sofferenze, ma forse mi sbagliai.
Mentre lo guardavo negli occhi notai le pupille dilatate, le occhiaie profonde attorno.
“Scusatemi, mio Signore, no non penso ne abbiate paura. Adesso sono calma, non mi faccio prendere dal panico. Ho imparato. Spiegatemi voi cosa fare.”
Ci guardammo, le mie spiegazioni gli bastano e io rimasi ferma, pronta ad ascoltarlo.
“I danni della magia oscura non sono questi che vedi, Bella, quasi ogni segreto di quel genere di magia lo conosco e lo padroneggio bene. Queste sono le conseguenze di ciò che mi serve per frenare il dolore fisico di alcuni incantesimi molto particolari di magia oscura.”
Lo guardai senza capire bene.
Lui forse se ne accorse, ebbe la pazienza di spiegare di più.
Andò prima a sedersi sul divano più lontano dalla finestra, capii che la luce gli dava fastidio agli occhi, spensi i due lampadari che illuminavano la stanza.
Mi fece un cenno di assenso, poi continuò a parlare.
“Capisci? Per frenare il dolore ho sempre preso qualcosa che lo bloccasse, ma questo ha delle conseguenze sul corpo che sono ciò che stai vedendo ora.”
Annuii: lui cercava di introdurmi lentamente a questo nuovo segreto, ma di calma non ne aveva più molta, più passava il tempo, più le sue condizioni peggioravano. Il sudore sulla sua pelle aumentava e anche alcuni lievi tremori erano arrivati di lì a qualche minuto. Tutto succedeva molto velocemente nella mia ingenua incredulità.
Ecco forse a cosa si riferiva Dolohov quando mi dava, appunto, dell’ingenua. Io tutto questo mondo sommerso non lo conoscevo, non ne avevo quasi idea.
Mi sentii una sciocca, lui si preoccupava di spiegarmi, di farmi vedere cosa succedeva, io mi prendevo del gran tempo inutile, mentre di tempo non ne avevamo.
L’importante in quel momento non ero io con la mia ingenuità, era lui. Non potevo fare la bambina ancora a lungo.
“Va bene, mio Signore, ho intuito tutto, non preoccupatevi di spiegarmi, ditemi cosa devo far e per voi.”
Congiunse le braccia davanti al petto, si notavano i brividi più intensi.
Non stette nemmeno a rispondermi, con un movimento del viso indicò una boccetta e una siringa. Ormai avevo capito, collegato le cose: senza pensarci afferrai la siringa sterilizzando l’ago sul fuoco, poi aprii la boccetta aspirandone il liquido.
Fu in un attimo che intuii che doveva essere quello il laudano di cui avevano parlato gli altri due Mangiamorte e che quindi ne aveva bisogno.
Mi porse il braccio senza dire una parola e si tirò su la manica stringendo poi il polso con le dita: immediatamente comparvero le vene ingrossate. 
Tremava abbastanza vistosamente per cui gli afferrai meglio il polso per non fare errori. Sentii subito il sudore freddo, la pelle liscia, i muscoli forti di uomo adulto, potente.
Mi eccitava la sua forza e la sua debolezza tutto mescolato insieme. 
Lo guardai per un attimo, eravamo vicinissimi. Sentivo tutto di lui, potevo percepire il freddo gelato del suo corpo e il battito veloce del suo cuore per l’agitazione.

Anche lui mi guardò fissamente.
“Hai paura di tutto questo?”

Fu una domanda a bruciapelo pelo, una prova, voleva una dimostrazione di fedeltà. Non ebbi problemi a dargliela, dovevo solo dire la verità.
“No, anzi, mi piacete, mio Signore.”

Sorrise amaro e strinse le dita sul polso.
“Fallo tu allora. Prendi un pochino di sangue per vedere se fai bene, poi spingi dentro il liquido, la dose che hai preso va bene.”
Ebbi paura di fargli male, non avevo mai fatto una cosa simile, mentre per lui sembrava la cosa più semplice del mondo. Probabilmente il laudano gli procurava astinenze di questo tipo molto spesso.
Quello che mi diceva lui, io facevo, sempre, al di là della paura.
Infilai l’ago nella vena, il più precisa possibile, tirai su il sangue e vedendolo iniettai il liquido trasparente.
Non avevo mai fatto nulla di simile e probabilmente gli feci male, ma non ci fece caso, almeno così sembrava.
Attesi qualche istante nella speranza di non aver fatto qualche danno, lui chiuse gli occhi sospirando e si appoggiò lentamente allo schienale.
Rimase zitto per ancora diversi minuti, attesi che tutto tornasse alla normalità, appoggiai la siringa, rimisi tutto a posto. Lo guardai di nuovo, avrei voluto che mi parlasse, non sapevo che fare. 

Dopo un po’ di tempo mi disse di sedermi accanto a lui.
Ubbidii: sapevo che mi stava legando a sé più di quanto avesse mai fatto con chiunque altro. Non era stato comunque facile per me quel momento, non ero minimamente preparata.

Ero confusa.
“Mio Signore…”
Mi fece cenno con la mano di attendere, di aspettare e prima di tutto di ascoltare lui.
Così feci.
“Ti ho detto tante volte che tutto ciò che stai imparando ora da me, io l’ho capito, imparato e sperimentato direttamente, senza nessuno che mi aiutasse e soprattutto senza permettere a nessuno di capirne e saperne più di me, ricordi?”
Risposi che ricordavo perfettamente.
“Ho sempre ritenuto necessario e importante provare, sperimentare tutto su di me. Ogni esperienza doveva essere mia. Tutto quello che hai appena visto sono le ripercussioni di ciò che sono e ciò che ho fatto.”
Rimase zitto per un po’, ma io non feci domande, avevo imparato a non interrompere mai i suoi tanti e lunghi silenzi.
“Tu sei brava, molto più brava ed intelligente degli altri Mangiamorte, me ne sono reso conto subito. Sei tu ora la mia Mangiamorte più vicina e per questo ti sto mostrando tutto. Ti ho scelta, ti ho eletta, ti ho fatto questo onore e tu mi permetterai così di spingermi ancora più oltre, se sarai disposta a servirmi in ogni cosa.”

Non mi sarei mai immaginata parole simili, mi resero felice e orgogliosa, la mia vita era diventata improvvisamente piena di gioia.
Lo guardai negli occhi: era contento di me, si vedeva, lo percepivo chiaramente nonostante il suo sguardo particolare. Notavo come ora le pupille fossero strette, quasi invisibili, imparai a capire che era il laudano che faceva il suo effetto.

A quegli occhi e a quello sguardo io non sapevo mai dire di no. Che fosse normale, che fosse sotto l’effetto del laudano, che soffrisse l’astinenza, non mi importava nulla, lo amavo sempre di più. 
“Certamente, mio Signore, ogni cosa che farò sarà per voi. Non vi deluderò, statene certo.”
Lui mi guardò ancora, poi lentamente annuì e tornò ad appoggiarsi silenzioso sullo schienale.

Restammo zitti a lungo.
Il tempo passava lento, cercavo di riordinare le idee e gli eventi della giornata così strana, ogni tanto lo guardavo, non tremava, il freddo che sentiva sembrava scomparso, ugualmente riavviai le fiamme nel camino che erano ferme da tempo.
Lo feci con il semplice uso della mente, controllare il fuoco era per me bello come un gioco, mi rilassava.
Quando mi voltai di nuovo verso di lui, vidi che mi stava osservando in silenzio.
Sorrise.
“Ho percepito l’energia e il calore, sei molto brava col fuoco, ormai non ha più segreti per te.”
Fui contenta di quelle parole, annuii.
“Credo sia anche giunto il momento di smettere con la sola teoria, ormai sei pronta per la pratica. Devi dare prova che sei una strega oscura e che sei capace di usare quel tipo di magia in ogni occasione utile.”
Sorrisi annuendo ancora. 

Notò subito la mia soddisfazione. Rimase zitto anche lui, guardandomi attento, piegando il viso di lato e mostrando quello sguardo tipico del mio maestro, quella sua espressione da bambino riflessivo e provocatorio.
Sempre senza parlare si avvicinò a me, spingendomi sullo schienale del divano, avvinghiandosi con le sue braccia forti.
Sentivo la sua pelle sulla mia: non era freddo gelato come prima, ora era caldo, avvolgente. 

Le sue dita avevano perso ogni tremore, mi stringevano il collo e il viso in una stretta forte e prepotente. Le sue labbra mi sorridevano appena, con quel fare ironico, subito dopo iniziò a baciarmi con desiderio e languore.
  Quanto avevo atteso quel momento, lo desideravo dall’inizio e non feci che ricambiare tutto questo senza indugio e con passione sempre più sfrenata.
Quella volta, lo sentivo, sarebbe andato fino in fondo. Era da tanto che lo desideravo, che lo agognavo, ero pronta per lui, per accoglierlo e tenerlo dentro di me, sempre.

Non era il tipo che andava lento, infatti senza dolcezza e senza aggiungere parole mi spinse sul divano entrando dentro di me, facendomi male, un male che amai subito con tutta la passione e la violenza che conoscevo e mi eccitò da morire.
Lo assaporavo fino in fondo, mi piaceva oltre ogni limite e desideravo tanto vederlo godere con me. 
Lo afferrai forte sulle spalle, sentii la sua pelle i muscoli che mi spingevano continuamente e io ne volevo sempre di più: più forza, più violenza, più passione, più godimento.

Non pensai a nulla, se non al piacere più grande.
Si eccitò molto sentendomi così, gridammo insieme senza curarci del mondo, avanti e avanti, finché non lo sentii accasciarsi sopra di me. 
Rimasi così ad ascoltare il suo respiro concitato e stanco, che diventava sempre più regolare mano a mano che passavano quegli istanti stupendi. Sentivo il mio petto sotto al suo peso che aveva gli stessi ritmi, la stessa splendida fatica.

Non restò così a lungo, mentre io avrei voluto averlo accanto in quel modo ancora tanto tempo.
Tornò invece a sedersi sul divano, sospirando, senza guardarmi, mentre io lo guardavo sempre, ammirata, forte e potente com’era, rimasi ancora sdraiata ferma a bearmi di lui, di quanto mi faceva godere e di come ne ero felice.
Solo dopo poco, lentamente, mi misi seduta anche io, restando vicini, scomposti ed esausti entrambi.
Lo guardai di nuovo attenta, approfittai del fatto che teneva gli occhi chiusi, mentre si riposava un po’.

Era tremendamente bello: il suo viso era sciupato, ma perfetto.
Restai ferma, desiderando ardentemente di abbracciarlo e baciarlo, e ricominciare tutto da capo.
Improvvisamente però aprì gli occhi e guardò dritto nei miei, quasi sapesse che lo stavo osservando.

Mi parlò così, come se nulla fosse successo, come se tra noi non si fosse instaurato un patto segreto ed elettivo, unico. Con una frase fredda e tagliente detta a bruciapelo distrusse tutte le mie fantasie d’amore fiducia e reciprocità.
“Anche Rodolphus mi sta dando grandi soddisfazioni; pensavo che potrei mettere a conoscenza anche lui delle arti oscure, necessito di gente come voi.”
Sembrava guardarmi con sfida e rabbia. 
Sembrava che ogni vicinanza fosse stata cancellata dal distacco più totale.

Non capivo perché facesse così.
Mentre io sentivo ancora il suo calore dentro di me, sulla mia pelle e nella mia carne, lui era già lontano, si era di nuovo rifugiato nel suo mondo solitario e nei suoi progetti di potere.
Non riuscii a proferire parola, non potevo dire che ero d’accordo, ma nemmeno potevo dire a lui di non fare questa cosa.

Forse mi stava solamente e prendendo in giro.
Ci scambiammo uno sguardo indagatore, mi osservò con attenzione e probabilmente capì tutto: si mise a ridere forte.
Io lo adorai. 

Adorai la sua risata divertita, adorai quelle contraddizioni continue, adorai la sua dolce tortura, che infondo mi dava importanza.
Quella sua risata inoltre mi diede coraggio.

“Mi prendete in giro, vero mio Signore? Volete farmi credere che non sono io la vostra unica strega oscura, quella più potente e brava, volete mettermi alla prova?”
Allora lo vidi ridere di nuovo, avvicinarsi di nuovo. Si insinuò tra le mie gambe, iniziò a baciarmi la parte interna delle cosce, mi fece venire brividi di piacere in tutto il corpo. 
Salì sempre più in alto, sentii le sue labbra spostarsi continuamente fra una coscia e l’altra, fino ad arrivare vicinissimo alla mia vagina calda, già bagnata.
Si fermò per un attimo per strattonarmi e tirarmi per bene accanto a lui.
“Fammi vedere qui quanto sei oscura.”
Sentii la sua lingua calda sulla mia vulva calda, sui peli, nella carne. 
Sorrisi tra me: senza nemmeno bisogno di chiederlo, aveva già ricominciato tutto da capo.
 
 
 
   
 
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