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Autore: ludo22    28/11/2018    2 recensioni
Molly, la ragazzina –donna- che voleva lavorare con la gente morta, perché non era brava abbastanza per quella viva. La timida Molly, che abbassava la testa quando sorrideva. [...]
/o di quando Jim Moriarty rapisce la cosa più preziosa per Sherlock.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, Jim Moriarty, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note Autrice:
 
-Scena semi!porn (perché ci sta sempre bene, come il cacio sui maccheroni). Come al solito, se pensate sia troppo spinta, fatemi un segnale di fumo, che ad alzare il rating ci vuole un attimo (così come se volete che io continui).
 
-Ho davvero tentato di rendere Jim il più fedele possibile alla sua trasposizione originale.
Ho fallito miseramente, lo so, ne ho preso atto e continuerò la mia vita con la consapevolezza che il mio Moriarty non è il vero Moriarty!
 
-Ho dimenticato di scrivere, nel prologo, che penso di dedicare al massimo cinque, sei capitoli a questa fanfiction.
 
-No beta, as always. 
 
 
 
 

Women don't forget, women don't forgive

 
 

A svegliarla fu il sussurro concitato di un uomo.
La donna riprese i sensi lentamente.
 
-Quanta gliene hai data? Il capo non sarà contento quando…-
 
Si trovava nel suo letto, ne era più che certa.
 
Provò a stirare i muscoli delle braccia, inutilmente.
Aveva qualcosa all’altezza dei polsi che le impediva di muoverli.
Sembrava quasi fossero legati, costretti da qualcuno o qualcosa...
Aprì gli occhi, spaventata, prima di ricordare e, dunque, richiuderli immediatamente…
 
C’era una donna. Era entrata nel suo appartamento e le aveva detto di aver fatto una certa impressione su un certo capo e su Sherlock…
 
Irene Adler!
 
La Donna. L’Unica Donna.
 
E il suo capo era Jim Moriarty!
 
Un brivido freddo le scese lungo la spina dorsale.
Jim era morto.
 
-So che sei sveglia.- una voce femminile la fece sussultare e aprire di scatto gli occhi per la paura.
Ovviamente era lei, Irene.
Si era anche rivestita, notò con appena una punta di soddisfazione la patologa.
Adesso indossava un paio di pantaloni di pelle nera, un paio di stivali alti fino al ginocchio, una camicia bianca e un cappotto nero.
Gli occhi azzurri come due pozze di acqua cristallina (in tutto e per tutto uguali a quelli di Sherlock nelle chiare mattine di maggio, solo molto più freddi e vuoti. Molly si chiese distrattamente come avesse fatto l’uomo a innamorarsi della donna. Magari, quando era con lui, erano diversi. Più caldi. Più sinceri. Più morbidi…) delLa donna la squadravano.
 
Le faceva male la gola.
-A… acqua- mormorò.
 
La donna, evidentemente preparata, le portò subito un bicchiere e glielo avvicinò alle labbra.
 
 
(Dio solo sapeva gli uomini che ne avevano avuto bisogno dopo una seduta con la dominatrice, pensò la patologa, con solo un briciolo di irritazione.)
 
 
Molly beve avidamente, ma a piccoli sorsi, cercando di non farsi notare mentre osservava la stanza in cui era finita.

Sembrava un sotterraneo di una di quelle belle ville di campagna, con un basso soffitto in pietra e fiocamente illuminato. Non c'erano porte nei paraggi, o almeno, non ne vedeva nessuno dalla scomoda sedia dove l'avevano fatta sedere. 

-So quello che stai cercando di fare,- ridacchiò Irene. -e non funzionerà!-

-Aiutami.- implorò allora. La voce era rauca, ma la gola non le faceva più così male, una volta finito il bicchiere. -Ti prego. So che tenevi a Sherloc…-
 
La dominatrice indicò il soffitto e si mise un dito davanti alle labbra, chiaro sinonimo di fare silenzio.
 
Alzando lo sguardo, la prigioniera vide due telecamere, puntate sulla sedia dove era stata costretta ad accomodarsi.
 
 
(C’era stato un periodo di tempo in cui Molly aveva pensato… ma era passato troppo tempo e non erano stati fatti suoi.
Non lo erano ancora, per quello che valeva.
Non lo sarebbero mai stati, pensò tristemente.)
 
 
Molly non capì.
Voleva aiutarla a scappare o voleva evitare di far sapere al nuovo capo dell’organizzazione di Moriarty il legame che aveva condiviso con Sherlock?
Qualunque fosse il caso, era meglio non sfidare la sorte.
 
-Pensavamo fossi morta.- sussurrò Molly, terrorizzata.
 
Irene si limitò ad alzare un sopracciglio, ma non rispose.
 
-Io, Mycroft, John…- continuò a parlare la patologa.
 
-Immagino la tua sorpresa nel trovarmi nel tuo salotto, allora.- replicò in tono leggero la dominatrice, come se stessero parlando del tempo o di qualche frivolezza su un magazine.
 
Interrogarla su come avesse fatto a scappare alla morte sarebbe stato inutile, decise Molly.
Solo sentendola parlare riusciva a percepire la noia e la freddezza che permeavano la donna.
 
-Sai che Moriarty è morto, vero?- chiese Molly, con il massimo della pietà che le consentiva il dolore lancinante alla gola.
 
La donna non le rispose ancora una volta, ma si diresse verso un tavolo sul fondo del sotterraneo che Molly non aveva ancora notato.
Lì, ordinatamente riposti, vi erano una serie di oggetti dediti alla tortura.
 
 
(Fruste, frustini, tre gatti a nove code, un paio di coltelli, un bisturi, diverse pistole e un fucile da caccia, contò la prigioniera, cercando di non pensare al male che le avrebbe fatto.)
 
 
-Non ha mai avuto grandi possibilità di cavarsela nell’esatto momento in cui si è messo contro Sherlock.- qualcosa le diceva che continuare a parlare sarebbe stato meglio che l’alternativa. 
 
Irene afferrò un frustino di quelli che si usano per montare a cavallo e lo accarezzò con deferenza.
 
-E poi…-
 
-Sai, credevo di aver smesso con la mia vita da cattiva ragazza, ma la vita ha avuto altri piani per me.- la interruppe Irene
 
 
(E immagino che tra questi piani non ci sia un ricovero immediato per manie di grandezza, né per esibizionismo…, pensò la patologa.)
 
 
-Questo è il frustino con cui ho colpito Sherlock la prima volta che ci siamo incontrati. Eravamo a casa mia e stavo cercando di riprendere il mio telefono. Gli dissi qualcosa come ‘Così è come voglio che tu mi ricordi: la donna che ti ha battuto’. Non deve essergli piaciuto molto.- sorrise Irene, ricordando. Poi ne sfiorò un altro con la punta delle dita. –E questo è quello con cui gli ho portato via la verginità.-
 
Un impeto di rabbia, gelosia e… curiosità colpì Molly.
 
 
(Moriarty aveva avuto ragione: Sherlock era stato davvero vergine, prima di conoscere La donna!
La notizia, seppure l’avrebbe disgustata in qualunque altra circostanza, le diede il voltastomaco)
 
 
-Era così… desideroso di compiacermi… povera stella.- mormorò la dominatrice, come se stesse parlando da sola. Poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi spalancati della patologa, -Non è stato un granché, seppure ci abbia messo poco per imparare. Direi che hai scampato la pallottola, gattina!- commentò compiaciuta.
 
-Non chiamarmi gattina.- sibilò, con la gola che le protestava, Molly.
 
-Preferisci schiava?- chiese, fingendo sbalordimento La donna.
 
Quindi era questo quello che aveva in mente Irene?
Privarla della propria libertà? Privarla della propria indipendenza?
-Preferirei morire che essere la schiava di chicchesia!- disse coraggiosamente Molly.
 
La risata della dominatrice riempì l’aria fredda del sotteraneo.
-Stai attenta a ciò che desideri, gattina. Oh e ti consiglio di morderti la lingua in più di un’occasione. Non a tutti piace parlare con una piccola impudente come te.-
 
 

 
****
 
 
 
 
-Era morto. È morto! Santo Dio, Sherlock...- imprecò Mycroft al cellulare.
 
Sherlock si trovava in Ungheria, quando il cellulare l’aveva avvertito dell’arrivo di un messaggio.
-Mettimi su un aereo per Londra, Mycroft.- disse freddamente il fratellino.
 
-Sherlock…-
 
-Niente ma, Mycroft!- sbottò l’uomo.
 
Nessuno avrebbe mai rapito Molly Hooper, la sua patologa preferita, e sarebbe sopravvissuto per raccontarlo, decise.  
 
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
 
 
-Jim…- Irene salutò qualcuno alle sue spalle.
 
-Mia adorata Irene,- una voce fredda come la morte e distaccata il doppio le fece venire i brividi. -chi mi hai portato?-
 
Molly aveva sentito parlare più volte Jim dell’IT, ma mai Jim Moriarty.
Ed era l’ultimo dei due con cui aveva a che fare adesso.
 
Irene sorrise condiscendentemente.
-Chi mi avevi richiesto, capo.-
 
Moriarty finalmente entrò nel suo campo visivo.
 
Il cervello di Molly si impegnò al massimo per osservarlo, esattamente come avrebbe fatto Sherlock .
 
Era vestito con un’elegante completo (-Il diavolo veste Westwood- aveva sentito dire da Sherlock più di una volta, mai capendolo appieno, fino a quel momento, almeno) e aveva un leggero accenno di barba.
Sembrava anche aver perso un chilo o due, ma lei non era Sherlock Holmes, per la miseria! 
Non era in grado di vedere cosa avesse mangiato l'uomo per colazione, o con chi si fosse incontrata Irene a pranzo il giorno prima!
Lei era come John. 
Vedeva tutto, ma non osservava niente!
 
-Tu!- ansimò Molly. Non poteva più nemmeno urlare. Lo shock di trovarselo lì davanti era troppo grande. Non poteva trovarsi fisicamente lì. Non poteva, punto. La bocca le funzionava, ma dalla gola non le usciva alcun suono.
 
Oh no! Oh no! Oh no, no, no, no, no, no! 
 
-Molly- la salutò ghignando, prima di dirigersi verso Irene e stamparle un bacio in bocca…
 
Il cuore di Molly batteva freneticamente. Nel sotteraneo non c’era abbastanza aria e le veniva da vomitare. No, no, no, no… come ci si poteva aspettare che sarebbe stata lei ad affrontare quella stramaledetta situazione?
 
 
 
 
La bocca di Jim era stata sulla sua nell’esatto momento in cui aveva aperto la porta di casa, e si era ritrovata con la schiena appoggiata al muro del suo ingresso; le dita dell’uomo si intrecciavano con quelle della donna, tenendogliele all’altezza delle spalle. La lingua di lui prese possesso della sua bocca, esplorandola con destrezza e affidabilità che mai si sarebbe aspettata dal timido tecnico informatico che l’aveva aiutata con il computer e le aveva portato del caffé.
 
Avevano condiviso una corsa in taxi, dopo essere stati al cinema. Si era aspettata un casto bacio sulla porta di casa; lui l’aveva sorpresa stringendola tra la porta e il suo corpo mentre stava infilando la chiave nella porta di casa, sussurrandole:
-Lascia che ti porti a letto, Molly.-, dentro l’orecchio, e quando gli aveva risposto con un flebile:
-Si.-, aveva sorriso come un lupo quando gli si presenta un tenero cerbiatto.
 
Molly lottò per respirare mentre le labbra di lui scendevano dalla sua bocca al suo collo, la lingua che tracciava delicate spirali tra la mascella e l’orecchio.    
-Sherlock pensa che tu sia gay.- le era scappato. Oh mio Dio, così non era esattamente come aveva immaginato la conversazione. Non avrebbe dovuro bere la seconda pinta di birra; se non aveva filtri da sobria, figurarsi da brilla…
 
Jim spezzò il bacio e si mise a ridere, non sembrando per niente offeso.
-Davvero? Perché? Per il fatto che tengo alla cura di me stesso?-
 
Il tuo intimo, stava per rispondergli, ma si fermò appena in tempo. La camicia gli era salita mentre la stava baciando, rivelando la leggera depressione del bacino e un pezzettino di pelle candida.
-Gli hai veramente lasciato il tuo numero di telefono?-
 
-No.- lui continuò a sorridere, non sembrando per niente sorpreso o in colpa.
 
-Oh.- Molly si sentì a disagio e insicura su come procedere. Si era aspettata che si agitasse, se lo avesse davvero fatto, o che fosse confuso, se Sherlock avesse mentito.
 
Jim le si avvicinò, poggiando un braccio al muro e le sussurrò piano all’orecchio:
-Ma gli ho lasciato il tuo.-
 
Il sangue le fluì velocemente alle guance e fu lei quella a sentirsi in colpa, anche se non ne capiva bene il motivo. Fece un passo indietro e si allontanò dal corpo caldo dell’uomo; si sentiva opprimere e lui stava nel suo spazio personale e ciò la stava facendo sentire a disagio.
-Perché l’avresti fatto?- balbettò.
 
-Perché speravo ti chiamasse,- mormorò lui, chiudendola nuovamente tra il suo corpo e il muro. –e perché so che lo vuoi quanto lo voglio io.- Jim liberò la sua mano destra, che corse a sbottonare il suo cardigan ciliegia, per far scivolare la mano nel reggiseno. Lui tracciò con le dita la linea del reggiseno, vicino la pelle sensibile del braccio, e lei tremò.
 
-Se vuoi…-
 
Lui cercò di baciarla nuovamente, ma lei voltò la testa.
 
-… davvero Sherlock…-
 
Lui le morse con delicatezza il collo.
 
-… perché hai chiesto a me di uscire?-
 
Lui le lasciò andare entrambe le mani, afferrandole il volto tra i palmi, e la guardò con un’intensità che le fece venire un groppo allo stomaco.
 
-Perché sei perfetta, Molly Hooper.- Jim portò il polso di lei alle sue labbra e lo baciò, –Hai mani ferme e uno stomaco di ferro, ed entrambe sono caratteristiche che ammiro molto in una donna.- l’uomo prese a succhiarle l’anulare, e il mondo si fece bianco per un momento, fino a che lui non lo liberò e tornò ad afferrarle il polso. -Sei originale, intelligente e adorabile.- Le alzò entrambe le braccia sopra la testa, prendendole per i polsi e tenendogliele attacate al muro. -E solo perché Sherlock Holmes non ha mai notato tutte queste tue adorabili qualità, mai seriamente, comunque, mi sembrava giusto farle presenti a te e al mondo. Oh, e trovo divertente anche il fatto che, solo per questa volta, sono stato io quello che osservava meglio.-
 
-Stai cercando di distrarmi.- lo accusò Molly.
 
-Solo cercando?- lui ruotò il pollice in modo tale che arrivasse a toccarle il capezzolo. -Sto perdendo colpi.-
 
-Tutti quei complimenti.- ansimò Molly. -Sherlock pensava fosse il tuo numero. Ha notato il tuo intimo.-      
 
-Davvero?- ribatté Jim scherzando. -Speravo che lo colpissero.-
 
Lo scherzo premette una strana corda nella mente di Molly.
-Aspetta… Tu pensi che Sherlock sia gay. Gli hai dato il mio numero perché pensavi che chiamasse te.-
 
L’uomo nel frattempo aveva preso a disegnarle piccoli cerchi intorno all’areola del capezzolo, già inturgidito.
-Sei parecchio sveglia, Molly, tesoro. Si, ho pensato che fosse più incentivato a chiamare me, perché diciamoci la verità, la seduzione non è esattamente il tuo campo.-
 
-Dio, quando parli così sei uguale a lui.-
 
-E’ una maniera per eccitarti?-
 
I suoi slip erano fradici, e lei realizzò che lo era, lo era davvero.
 
Jim fece una leggera pressione, spingendo una coscia tra le sue, e lei spinse a sua volta, alla ricerca di una maggiore frizione, prima di rendersi conto di cosa stava facendo.
 
-Lo prendo per un si.- ridacchiò Jim sul suo collo. Il fiato caldo dell’uomo, in quel punto preciso, la fece mugolare. Lui si ritrasse, un leggero ghigno ad adombrargli le labbra sottili, e fece scivolare le mani lungo i fianchi della donna, slacciandole i pantaloni.
 
Molly inarcò il bacino in avanti mentre lui li faceva cadere lungo i fianchi, facendoli poi sprofondare all’altezza delle sue ginocchia. La testa della donna colpì inavvertitamente il muro alle sue spalle con un leggero ‘thud’ mentre lui si chinava e premeva la sua bocca contro il punto che le faceva vedere le stelle, assaggiandola attraverso il leggero tessuto delle mutandine.
 
-Chiudi gli occhi e fa finta che sia Sherlock Holmes,- mormorò, -giuro che non mi dà fastidio.-…
 
 

E... non poteva avere le mutandine bagnate semplicemente guardando Jim e Irene baciarsi! 

Specialmente se non stava succedendo che nella sua mente!

Oh Dio no! Oh Dio no! No, no, no, no, no!
 
-Non puoi essere qui! Sei morto! Ti sei sparato in testa! Non puoi essere qui!- sussurrò istericamente la patologa, non appena avvertì gli occhi dell’uomo tornare su di sé.
 
Cercava di convincere sé stessa prima che lui. Gli occhi di Jim erano neri e tormentati, eppure le sue labbra si allargarono in un sorriso sardonico.
 
-Beh, ovviamente sono qui e, cosa ancora più ovvia, non sono morto.- disse l’uomo, con una leggera punta di noia nella voce. -Pensavo fossi più sveglia, Molly. Dopotutto sei stata proprio tu ad aiutarmi.- gli occhi della donna si fecero enormi. Sarebbe svenuta da un momento all’altro, se lo sentiva.
 
 
Respiri profondi. Fai dei lunghi e lenti respiri profondi, Hooper!
 
 
Chiuse anche gli occhi, nella speranza che, riaprendoli, lui sparisse.
 
Con gli occhi ancora chiusi, avvertì Jim avvicinarsi.
 
-Hey,- il suo tono di voce si era fatto improvvisamente gentile, una mano gli era salita a carezzarle il viso, -hey, guardami!- Molly aprì gli occhi e i suoi, nocciola, incontrarono quelli neri dell’uomo. Lui le sorrise, ancora gentile, ancora dolce.
 
(Molly si chiese quanto sarebbe durata quella facciata di amabilità e indulgenza. Non troppo, indovinò. Mai troppo con lui.)
 
-Sono solo io. Sono sempre Jim.- continuò a parlarle.
 
-Cosa vuoi?- chiese Molly e non riuscì a scacciare il leggero tremolio dalla sua voce. Aveva paura, tanta paura, ma perché? Non ne aveva mai avuta di Jim. Lei aveva mollato Jim, Cristo santissimo. Moriarty – il mostruoso ragno tessitore era terrificante, ma Jim… - Jim che guardava la televione con lei. Jim che sapeva accarezzare il pancino peloso di Toby nel modo giusto. Jim che rideva delle sue battute e che le portava il caffé, Jim che era venuto da lei, appena qualche ora prima di Sherlock, implorandola di prelevare una sacca del suo sangue, chiedendole qualche frammento osseo, supplicandola di insegnargli come fingere una ferita mortale alla testa, domandandole come fermare il polso. Il gioco si è fatto troppo pericoloso. Voglio solo scappare, Molly. Scappare. Non ce la faccio a continuare così. Aiutami a fuggire. Sarò più buono, lo prometto.
 
 
(Come aveva potuto cadere nella sua trappola così facilmente?
Era evidente che glielo avesse detto solo per sfuggire a un eventuale circostanza in cui non sarebbe stato lui a vincere.)  
 
 
-Molly, Molly…,- la voce di Moriarty era una carezza sulle ferite ancora aperte del suo cuore.
 
 
(Suo padre che era morto troppo presto, sua madre che non l’aveva mai approvata, Sherlock che la prendeva in giro, Sherlock che la dava costantemente per scontata, Sherlock che non la amava…)
 
 
-Ho bisogno del tuo aiuto.- disse alla fine l’uomo.
 
No, non di nuovo. La ragazza scosse il capo con veemenza.
 
-No, Jim, non posso più farlo. Non posso. Per piacere, non…- protestò Molly.
 
-Non è niente di difficile, giuro. Mi sei mancata, Molly.- sorrise Moriarty. C’era una parte di follia nel suo sorriso, e due di derisione nei suoi occhi. –Ho pensato spesso che se ci fossimo incontrati un altro tempo, in un altro universo, magari, mi sarebbe piaciuto mettere dentro di te un paio di mocciosi che avrebbero avuto i miei stessi occhi e il tuo sorriso. Ti avrei fatta diventare la regina del mio castello. Barbecue domenicali. Saremmo andati al parco con i bambini. Sono pensieri parecchio ordinari, ma a un uomo come me non resta che sognare, no? Sarebbe una bella favola da raccontare, non trovi? Garantito che l’intera impresa richiederebbe una persona davvero straordinaria, ma…-      
 
-Bugiardo!- sputò Molly con rabbia.
 
Jim allargò gli occhi, sorpreso, prima di scoppiare a ridere sadicamente.
-Vedo che hai fatto progressi, Molly. Un tempo eri molto più… manipolabile.- sospirò, tornando a parlare con il suo tono di voce normale.
Non era mai stato Jim, nemmeno per un secondo.
C’era sempre l’ombra di Moriarty dietro i suoi occhi neri come l’inferno.
 
-Lo stai facendo per Sherlock?- chiese la patologa, ridendo disperatamente. -Certo che lo stai facendo per lui. Tutto il mondo ruota attorno a Sherlock, o sbaglio? Beh, mi spiace informarti che non si trova più a Londra. Non puoi più toccarlo.-
 
Moriarty rise maniacalmente di nuovo.
-Forse si, forse no, ma posso toccare te. E, oh, se ti piaceva quando lo facevo! Ti sono sempre piaciuti gli uomini intelligenti, forti e un pochino cattivi, no? Forse addirittura più che un pochino. Non rispettavi un granché Jim, il tecnico informatico,- il suo tono di voce si tramutò in quello dello specialista dei computer che l’aveva aiutata tante volte, -ma ti piace molto di più Jim Moriarty.- riprese a parlare con la stessa intonazione fredda che era propria di Moriarty.
Quando parlava aveva la stessa sinuosità di Irene Adler. Una sinuosità che lei e Sherlock non avrebbero mai avuto.
 
Le piaceva davvero di più Moriarty che Jim il tecnico?
 
(Parte di lei, quella che era legata a Sherlock, quella che amava Sherlock le disse di no. L’altra parte di sé, quella che amava il rischio e il pericolo, le disse di si. Lo sciocco Jim non era un granché attraente, ma Moriarty… Moriarty era un altro conto.
 
Moriarty con il sorriso pieno di malizia e lussuria, Moriarty che sapeva leggere tutti i suoi segreti solo con uno sguardo, Moriarty e il suo potere oscuro…)
 
Molly tremò.


(E la paura era un grande afrodisiaco! 
Lo aveva letto da qualche parte, ed era quello il motivo per cui aveva gli slip fradici dei suoi umori, non perché le piacesse Moriarty! 
Mai perché le piacesse Moriarty!)


-No, non è così.- babettò, troppo fiocamente perché qualcuno la sentisse.
 
-Ti va di sentire una storia, Molly, tesoro?- la interruppe Moriarty, battendo vivacemente le mani.
   
 
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