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Autore: Vago    07/12/2018    1 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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Le dita di Razer si strinsero sull’aria che gli occupava il palmo sporco di terra.
Era davanti a lui il colpevole della morte della sua famiglia. Era finalmente giunto davanti a lui e non poteva finire ciò che aveva iniziato.
Tutti quegli anni a prepararsi, a studiare quei mostri, a tentare e ritentare di ucciderli, prima i cuccioli, poi gli adulti, a sperimentare le armi sui loro corpi, a sezionare i cadaveri dei loro defunti per capire cosa fosse quello che gli anziani chiamavano apparato del drago.
Nulla di tutto quello sarebbe servito a qualcosa e sua sorella sarebbe morta solamente per un capriccio del destino.
Ogni dubbio che fino ad allora era rimasto sopito sotto il guscio asettico della maschera che gli era stata donata da bambino, cominciò come un tarlo a scavargli il cervello, facendogli perdere parte  della sicurezza in cui aveva sempre riposto la sua forza.
Il suo pugnale brillava debolmente di un riflesso rossastro sotto il ventre del re dei draghi, quasi implorasse il suo padrone di portare a termine ciò che aveva cominciato.
Il duello a pochi passi da lui infuriava, ma ai suoi sensi pareva non essere altro che una scaramuccia lontana.
Con un rumore umido le mascelle del rettile si aprirono quel poco che bastava per permettere alla carne carbonizzata, che era rimasta intrappolata tra le lucenti zanne, di cadere a terra spargendo il suo odore nauseabondo tutto attorno.
Quei pochi stralci di carne e quei frammenti che dovevano essere state ossa erano tutto ciò che rimaneva dell’uomo con il potere più temibile che le Terre avessero mai visto.
- Razer! –
Una voce tuonò il suo nome, facendogli tremare le gambe al solo udirla.
Ebbe appena il tempo di voltare lo sguardo dalla scena macabra per vedere un’asta scintillante roteare nell’aria serale, andando a conficcare la sua punta nel terreno a pochi centimetri dai suoi piedi.
L’uomo dagli occhi profondi guardò la lama spezzata con un senso di turbamento, per poi raccoglierla con cura. La lama che gli era stata lanciata doveva essere appartenuta a una lunga spada, come tradiva il filo sbeccato in più punti, ma nascondeva la sua reale età dietro un acciaio che, nonostante i trattamenti che doveva aver subito ultimamente, continuava ostinatamente a scintillare.
Si voltò quindi verso il colosso squamoso, con una luce diversa nelle pupille. Avrebbe dimostrato a tutti quello che era realmente in grado di fare. Avrebbe vendicato tutti i morti che lo rincorrevano.
Strinse la lama, facendo attenzione a non far calare le proprie dita sul filo.
Non poteva pensare di uccidere il colosso che gli svettava davanti con quell’arma, non avrebbe mai potuto imprimere una forza sufficiente per perforare quelle squame lucenti con la presa incerta che poteva permettersi.
Fissò con una ritrovata fiducia il muso del drago.
Lo avrebbe ucciso, si disse.
I suoi piedi si mossero quasi da soli nella direzione del suo nemico e la sua mente si strinse in uno stato unicamente devoto al combattimento. Rimosse tutto intorno a lui, così come quando si posava la maschera sul viso.
In quel momento non c’erano altri che lui e la sua preda.
Una zampa arancione impattò sul suolo a poca distanza da lui e, benché il tremore della terra e la folata provocata lo fecero incespicare, le suole delle sue scarpe non abbandonarono il suolo al quale ritmicamente si ricongiungevano.
Doveva colpire là dove le zampe anteriori andavano a legarsi al torso, dove le squame si facevano meno spesse per non intralciare i movimenti della bestia.
Doveva essere veloce e preciso e lo avrebbe sicuramente azzoppato.
Il corpo del trentenne dal polpaccio ustionato risplendette violentemente, emanando un acre odore di mana consumato che riempì la percezione dell’armatura bronzea e quasi gli diede il capogiro.
La piana per qualche istante perse il colore autunnale di cui il sole morente l’aveva tinta, assumendo invece tonalità che ricordavano un paesaggio riflesso su uno specchio d’acqua limpida.
Le pupille di Sharadan si strinsero fino a diventare poco più che dei tagli nelle iridi brunite, mentre il suo ruggito si spandeva in aria.
La lama sbeccata si piegò appena di lato, in modo da assumere la stessa angolatura che possedeva quella spalla muscolosa.
Razer socchiuse gli occhi in modo da farli riabituare prima alla luce naturale che era tornata ad illuminargli il cammino. Respirava a fatica dopo lo sforzo che aveva appena compiuto, ma sapeva che ne era valsa la pena, poteva vedere il punto che avrebbe colpito proprio davanti a lui.
Qualcosa lo colpì al fianco, tanto forte da mozzargli il respiro e fargli avvertire distintamente qualcosa nella sua cassa toracica che perdeva la sua normale forma.
La massiccia coda del drago terminò la sua larga spazzata scaraventando l’uomo a terra.
Un secondo ruggito iracondo riempì le orecchie sibilanti del draghicida.
Razer cercò di alzarsi prontamente in piedi, ma una fitta al fianco destro lo costrinse a piegarsi su sé stesso, facendogli tossire il suo stesso sangue vermiglio.
La lama spezzata della spada era ancora in suo pugno, sporca della linfa vermiglia fluita fuori dai polpastrelli che, nello scontro, si erano appoggiati sul suo filo.
Una rabbia bruciante gli gonfiò il petto.
La punta di quell’arma rotta si piantò nel terreno, per aiutarlo nell’impresa di farlo rimettere ritto sulle sue gambe tremanti.
La mano libera corse alle sue labbra, pulendole dal sangue che era rimasto.
I larghi occhi del drago parevano schernirlo, mentre l’imponente bocca continuava ad aprirsi e chiudersi di pochi centimetri, come se si stesse ripulendo degli ultimi rimasugli rimasti dell’uomo che aveva incenerito.
La mente di Razer si chiuse ancor più in sé stessa, eliminando ogni urlo di dolore che il corpo martoriato potesse provare a gettare.
Lo avrebbe ucciso.
Il collo del drago ebbe uno spasmo, segno che l’Apparato del Drago stava per rilasciare l’inferno che covava al suo interno.
Nessuno di quei piccoli segnali era sconosciuto alla memoria muscolare dell’uomo. La sua mente, meccanicamente, riportò alla luce ogni informazione che aveva raccolto e imparato da quando i draghi lo avevano lasciato orfano.
La fiammata sarebbe cominciata come una striscia frontale e solo in un secondo momento si sarebbe allargata lateralmente, seguendo l’apertura di quelle fauci.
Aveva poco tempo per spostarsi.
I muscoli delle sue gambe si contrassero, pronti a scattare come una molla carica.
Le labbra del drago si scostarono appena e, da lì, si poté intravedere il bagliore delle fiamme risalire la gola.
Nell’esatto momento in cui le lingue di fuoco lasciarono l’antro dal quale erano nate, Razer si gettò a sinistra, cercando di non pesare sul fianco ferito.
La fiammata pareva allargarsi per inseguirlo nella sua corsa.
Il calore cominciò ad insinuarsi sotto la stoffa sgualcita degli abiti del trentenne, facendogli colare gocce di sudore lungo la schiena, che tracciarono lunghi solchi nello sporco che lo ricopriva.
La lama spezzata si mosse infine verso il terreno, conficcandosi nel piccolo spazio che separava le dita artigliate della creatura.
Sharadan emise un ruggito di dolore, spandendo ancor più la fiammata ovunque muovesse il capo, per poi estinguere l’inferno nato dalle sue viscere.
- Come hai osato ferire il re dei draghi, piccolo parassita? Io sono Sharadan, figlio di Vanenir II, discendente di uno dei draghi leggendari e della prima regina della mia gloriosa razza. Io sono il re e signore dei draghi, le mie fiamme ardono nella sala del trono dei signori, nelle viscere di El Terano, sulle ceneri lasciate da quelle dei miei avi. E tu, piccola mosca, pagherai per le tue offese. –  La voce del sovrano usciva ovattata dalle fauci di quella bestia.
Razer alzò lo sguardo in direzione del muso squamoso, sorreggendosi sulla lama che era riuscito a piantare nella carne di quella zampa.
L’uomo sputò a terra la saliva mista a sangue che gli riempiva la gola, boccheggiando in cerca di aria.
Non riusciva a trovare il fiato per parlare, ma non sarebbe caduto finché quella creatura non fosse stata divorata dal suo stesso fuoco.
Le fauci di Sharadan scattarono verso il suo aggressore serrandosi con uno schiocco secco.
Razer rotolò a terra, inebriato come un ubriaco dal dolore che ormai percorreva in lungo e in largo il suo corpo, coprendo ogni sensazione che questo potesse provare.
Sopra i suoi occhi, ora, l’immenso petto del drago gettava la sua ombra, contraendosi ed espandendosi come un mantice in una fornace divina.
La sue mani si mossero disperatamente attorno al suo corpo, trovando pace solo quando una di queste cadde sulla ruvida elsa del pugnale che aveva sostituito quello perso ad Aravan.
Poteva far sì che tutto finisse in quel momento.
Doveva solo alzarsi e conficcare quella lama d’acciaio là dove l’Apparato emanava il suo tepore.
Disperatamente ogni muscolo del suo corpo si impegnò nel sollevare il peso di quel corpo, avvicinando sempre più il pugnale a quelle squame lucenti.
Il drago sopra di lui, intanto, si muoveva goffamente, cercandolo mentre tentava di liberarsi da quel pungiglione metallico che si era fatto strada nel suo corpo.
Con un ultimo, esausto, sforzo, Razer riuscì ad appoggiare la punta di quella lama sotto il ventre della creatura che sopra di lui si muoveva, premendo contro la corazza naturale con quanta forza gli era rimasta.
La pelle coriacea si lasciò trapassare, permettendo all’arma di entrare in quel corpo e al sangue bollente di fuoriuscirne e colare sulle braccia dell’uomo dal polpaccio ustionato, che non demorse.
Bastavano pochi centimetri e tutto sarebbe finito in una fontana di fuoco.
Il coltello riuscì a penetrare ancora un poco in quella carne, per poi vedersela portar via, mentre le ali membranose portavano in alto il corpo di quella creatura.
Razer guardò il re dei draghi allontanarsi verso il cielo che gli era precluso, con lo spirito in frantumi e la pelle delle mani arrossata dal liquido bollente che le aveva ricoperte.
Il coltello cadde a terra quando le dita non riuscirono più a reggerlo, per poi venir raggiunto dal corpo del suo proprietario, a stento cosciente.
Sopra di lui Sharadan ruggiva vittorioso, preparandosi a liberare un’ultima volta l’inferno su di lui.
La vista di Razer si fece fumosa, permettendogli di riconoscere solamente un opale di fuoco che fendeva il cielo serale.
Nelle sue orecchie risuonavano lontani e riverberanti i colpi che le due spade si scambiavano, ma non fu in grado di capire da che parte questi provenissero.

Dannazione, non dovevo lasciare tutto a lui.
Non posso intervenire abbastanza velocemente.
Cioè, potrei, ma se lo agguantassi alla velocità necessaria per raggiungerlo di lui rimarrebbe una poltiglia.

Dannazione!

Sharadan ridiscese fiero verso il terreno, con il ventre gonfio.
Le sue ali batterono per riposizionarlo sulla traiettoria che gli avrebbe permesso di non interferire con lo scontro in cui era vista impegnata Johanne Fenter.
La sua coda guizzò tra le correnti, domandole in modo che non gli fossero d’intralcio nella discesa.
I muscoli del petto si tesero.
La gola fece largo alle fiamme che la risalirono.
Le fauci tremarono, cercando di trattenere per un ultimo secondo quel getto rosseggiante.
Una pioggia carminia si riversò sulla terra.
Razer sentì il suo corpo bruciare, mentre la sua vista si tingeva di rosso.
La terra tremò, sollevando un polverone che per decine di passi impedì a qualunque forma di stagliarsi nitida.
L’uomo dal polpaccio ustionato si rialzò a fatica in piedi, avvertendo distintamente il sangue bollente colargli lungo il corpo e scottargli la pelle.
Zoppicò in avanti, trascinandosi a tratti, mosso unicamente dal desiderio di vedere il suo nemico crollato a terra.
La mole del drago era scompostamente abbracciata al terreno sformato, circondata da un corteo funebre di polvere e detriti. Nel suo cranio diversi buchi quasi perfettamente circolari si erano aperti e, da questi, ne fuoriuscivano altrettanti spuntoni neri, coperti di sangue e materia organica.
Razer si piegò sul muso del cadavere, stringendo tra le mani la sua mandibola e costringendo il proprio corpo a un ultimo sforzo per separare le due chiostre di denti l’una dall’altra.
Dallo spiraglio che si creò nella gabbia d’avorio si fece largo un’ovale nero, seguito da un’indistinta forma a questo legata.
Solo quando la creatura informe si fu completamente trascinata sul terreno smosso la crisalide nera che l’avvolgeva si ritirò all’interno di quelle membra.
Noir tossì più volte, desideroso di respirare aria fresca.
I suoi vestiti erano stati completamente ridotti in stracci che solo in piccola parte riuscivano a rimanere attaccati a quel corpo provato per desiderio di pochi fili integri.
In più punti la pelle dell’uomo era stata spaccata dalla furia del suo potere, così come i muscoli sottostanti, permettendo a Razer di intravedere le ossa sottostanti. Non una singola goccia di sangue, però usciva da quelle ferite, dove la carne viva era ricoperta da uno spesso crosto di materia nera.
Non appena il discendente di Reis ebbe ripreso fiato a sufficienza, guardando il cielo con sguardo spiritato, urlò con quanta aria i suoi polmoni potessero permettersi di contenere, portandosi le mani al volto per scacciare la tensione.
Una sola delle due, però, raggiunse il suo viso.
In preda al terrore l’uomo dai capelli neri si cercò di mettere seduto, ma qualcosa mancò di fungergli da appoggio, facendolo cadere sul fianco sinistro.
Razer fu mosso da un senso di pietà per l’uomo seminudo che gli stava di fronte.
Buona parte del suo corpo era stato protetto dal suo potere, ma, ora, due moncherini anneriti dalle fiamme di Sharadan si muovevano convulsamente. Il primo poco sopra il gomito sinistro, l’altro all’altezza del femore di quello stesso lato del corpo.
Il draghicida si piegò su di lui, aiutandolo a mettersi seduto e compensando l’appoggio che quegli arti non potevano più offrirgli.
Con il dissiparsi dell’adrenalina che lo aveva mosso, il trentenne dal polpaccio ustionato cominciò a sentire sempre più distintamente le fitte lancinanti risalire dal fianco contro cui aveva impattato la coda del drago. Là, si rese conto abbassando lo sguardo, la sua camicia si era tinta di vermiglio.
La testa del draghicida perse di nuovo un attimo il contatto con la realtà, rimanendoci aggrappata labilmente. Persino la spalla dell’uomo che gli stava accanto perse di consistenza sotto le sue dita.





Angolo dell'autore:

Sono qui, sono di nuovo qui con buone nuove.
Ho smesso di scrivere da una settimana, non sto scherzando. Ho finito. Non ho più nulla da raccontare, a me stesso, quantomeno.
Per quanto riguarda voi ho ancora due capitoli di storia da regalarvi.
Per darvi una piccola preview di ciò che vi aspetta, posso dirvi che il prossimo tratterà di dubbi esistenziali, pinguini e collaborazioni. E forse ci sarà un piccolo extra nato in un mio momento di delirio, ovviamente dedicato ai pinguini.
L'ultimo capitolo sarà, come di consueto, un epilogo, o meglio, un'epilogo degli epiloghi.
Ma, soprattutto, ho voglia di finire questa maratona che porto avanti da tre anni. Voglio concludere questa trilogia, voglio arrivare ai ringuraziamenti finali, voglio potervi chiedere di lasciarmi una recensione riguardante TUTTA la mia trilogia, dagli albori ad ora.
Torno a pubblicare tutti i venerdì.
L'ho detto.
Ci sarà il capitolo la settimana prossima e quella ancora dopo e lì tutto si concluderà.
Ho tutto pronto, potrei accelerare ancora più i tempi, ma mi pare esagerato.
Per il momento, alla prossima.
Grazie a tutti voi.
Vago
   
 
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