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Autore: Vago    14/12/2018    1 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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L’armatura prendeva via via sempre più confidenza con l’arma che impugnava.
Ogni parata o colpo che la vedeva protagonista risvegliava in lei ricordi delle battaglie passate.
Il volto della donna di fronte a lei virava costantemente dall’autocompiacimento alla rabbia, dall’indignazione alla fiducia in sé.
La lama nera si muoveva rapida quanto la Spada degli Abissi mossa dalla mano della creatura bronzea, forse addirittura più velocemente, come se in quell’acciaio fosse rimasto ancora un rimasuglio della volontà del suo forgiatore e il Giudice Maggiore se ne inebriava, permettendo a quegli echi di una volontà passata di utilizzare il suo braccio come mezzo per raggiungere il suo scopo.
I capelli biondi ricadevano sporchi sul viso della donna, coprendo i suoi occhi alla vista del suo avversario, ma lei pareva non prestarci attenzione, né esserne disturbata.
Il mondo, per qualche istante, si accese di blu e delle sue gradazioni di colore, come se un vetro colorato fosse stato frapposto fra gli occhi di ciascuno e le figure che ad essi si mostravano.
All’interno della tenebra che albergava dentro l’elmo si andò ad intrufolare un acre odore di mana, disorientando per un attimo la creatura che animava quell’armatura.
La spada nera parve accorgersi di quell’incertezza, scivolò lungo tutta la lunghezza della lama eterea, stridendo, nel tentativo di superare la guardia di quell’arma e ferire il suo portatore.
L’armatura fu costretta per la prima volta dall’inizio di quello scontro ad allontanarsi di un balzo dalla sua avversaria, scuotendo l’elmo e ciò che vi albergava per dissipare quel capogiro che l’aveva colta.

Epica è davvero fuori allenamento.
Era riuscita a fare ben più danni, all’epoca, benché ci stesse cercando di proteggere.

Taci per un momento.
È sufficientemente fastidioso essere costretto ad ascoltare i deliri di questa donna, non affollare la Trama anche con i tuoi commenti fuori luogo.

L’armatura si riscosse, rinvigorendo i tizzoni che le illuminavano lo sguardo.
Nuovamente le spade cozzarono l’una contro l’altra, saggiando la reciproca tempra.
- Perché semplicemente non ti arrendi? Hai già perso una volta contro quest’arma, perché pensi di poter cambiare questo risultato? – un sorriso tra il sornione e il compiaciuto si fece largo sul volto in parte coperto dai capelli dorati.
Dall’interno dell’elmo si levò uno sbuffo di irritazione, mentre la lama azzurra calava nuovamente là dove sperava di trovare uno spiraglio attraverso il quale farsi strada.
- Tu non sai niente e, se solo fossi a conoscenza di ciò che è avvenuto in passato, mi temeresti. –
Johanne Fenter spinse con il proprio corpo contro la sua spada, vincendo lo scontro di forza e facendo nuovamente allontanare le due lame.
- Questa lama ti conosce, me lo ha detto. Conosce ogni tua mossa e non ti teme. Noi vinceremo. Avremo la meglio su di te e sul Viandante. –

Non è possibile che quella spada abbia una coscienza.
È solo un’arma.
Deve essere l’eco del suo padrone, come l’ha chiamato Commedia?
Follia.
Durante i nostri scontri deve avermi studiato e capito.
Devo superarmi. Devo essere meglio di quanto non fossi allora.

… Chissà che fine ha fatto l’altro pezzo. Sono quasi sicuro che ce lo fossimo portati dietro nella prima parte della caduta …

Commedia!

Si, si, certo. Ho capito.
Me ne sto qui a guardarti combattere.

Se non fosse che se quel drago …

L’armatura fu costretta a fare un passo indietro, non più perfettamente concentrata sull’avversaria che le stava di fronte.
- Hai capito di quale potere sono entrata in possesso? Io ti batterò, ti schiaccerò e non rimarrà nessuno che si possa levare al di sopra dei mortali di questa terra. –
- Fraintendi le mie azioni. Ti posso assicurare che il mio principale nemico, al momento, non sei tu … -
- Puoi rintanarti dietro le tue scuse per tutto il tempo che vorrai, ma questo non ti salverà dalla realtà che ti sta venendo incontro. –
La spada nera si mosse nuovamente con rapidità sovrumana, mietendo l’aria in attesa di qualcosa di materiale attraverso cui farsi strada.

Vedremo se sarà abbastanza bravo da sfruttare il mio aiuto.

Commedia, smetti di chiacchierare! Sei destabilizzante!

La Spada degli Abissi deflesse maldestramente l’attacco, costringendo il polso del suo possessore a ruotare più di quanto questo avesse voluto.
Un secondo colpo della lama nera volle sfruttare quell’apertura, euforico dell’opportunità che gli era stata data.

Si, si. Ora penso a te.

Devo solo capire come.
Vediamo …

L’armatura fu costretta ad indietreggiare e la spada nera, ancora, non affondò in nulla.
La terra tremò lievemente quando una delle possenti zampe di Sharadan andò ad impattarci contro, permettendo ai due avversari di riposizionarsi e azzerare i passi che ciascuno aveva fatto in direzione della propria vittoria.

Smettila!
Stai solo un attimo zitto!

- La vedi la differenza tra di noi? Il signore dei draghi mi ha promesso la sua fedeltà, quasi la totalità delle razze sottostà alle mie regole e voi, che non siete né dei né mortali, cosa avete dalla vostra parte? Neppure quell’uomo che sembrava poter avere un’influenza sulla mia spada ha potuto fermarmi. –
Un ruggito tonante scosse l’aria, coprendo ogni altro suono udibile.

Se mi lasciassi un attimo tranquillo potrei anche pensare a come aiutarti con quell’ubriacona.

Ma cosa …?

- Crepa maledetta. Fai la fine che ti avrebbero dovuto riservare i miei predecessori. –
Lo scontro riprese, ma nessuna delle due parti parve voler perdere terreno sull’altra. Le due lame si muovevano come se stessero seguendo un balletto dai passi studiati e memorizzati, in cui entrambe si inseguivano in una spirale che non voleva chiudersi addosso a nessuno.

… In realtà potrei avere assi nascosti e dimenticati in tutto il corpo.

Sarà una lunga ricerca. Dovrei fare un po’ di pulizia.

Ti prego, stai zitto per un secondo e lasciami finire questo combattimento in santa pace.

L’armatura riuscì a fare un passo avanti, rompendo per un attimo la guardia del Giudice Maggiore, ma non bastò il fluido movimento che concatenò a quel primo colpo per ferire quel nemico, mosso dalle memorie della sua arma.
In quel momento, una lucente fiammata accese di rosso le placche metalliche che ricoprivano il corpo di quella creatura, gettando addirittura in ombra i tizzoni che ardevano nelle sue orbite oscure. Ne seguì un altro ruggito che i due avversari a stento udirono, concentrati l’uno sull’altra.

… Uhm.

Questo l’avrei dovuto buttare secoli fa.

Ah, ecco qualcosa che mi potrebbe essere utile.

L’armatura bronzea perse il passo di vantaggio che aveva con così tanta fatica conquistato, non riuscendo a fronteggiare completamente la forza con cui la lama nemica le era arrivata contro.

Ti scongiuro, mi sta scoppiando la testa.

Epica, ti ricordi come ho fatto a non farti uccidere, quella volta?

Le spade continuavano a cozzare l’una contro l’altra, instancabili, quasi non potessero far altro per il resto della loro esistenza.
- Quando capirai la tua inferiorità? Quando ti piegherai al mio volere? -

Cosa c’entra ora?

L’armatura dovette fare un passo indietro per colpa di una falla nella sua concentrazione sulla battaglia che la vedeva partecipe.

Pensa solo che stia per rifare una cosa del genere.
Adesso.
Reagisci di conseguenza.
E fidati.


Il cielo si tinse di rosso, centinaia di piccole gocce vermiglie cominciarono a cadere su quella terra priva di vita, sulle quali il sole morente che quasi aveva raggiunto il limitare del suo regno cercò di dipingere il suo arcobaleno.
Un urlo che conteneva in sé tracce di rabbia e dolore scaturì dalla bocca del Giudice Maggiore che, coperta dal sangue bollente del re dei draghi, perse la tranquillità che aveva segnato il suo viso, abbandonandosi a una furia che deformò i suoi lineamenti delicati in uno sguardo di odio.
- Io ho ben più di un popolo dalla mia parte. – disse piano l’armatura, incurante se la sua avversaria potesse sentire la sua voce attraverso lo scroscio della pioggia di sangue e il cozzare delle lame.
L’essere che teneva in pugno la Spada degli Abissi si abbassò all’improvviso, come per evitare la carica di un nemico invisibile che le si era avventato contro alle sue spalle.

Mi sono fidato.

La spada dalla lama nera concluse il suo arco, pronta a ricadere verso il basso, dove il suo avversario non avrebbe potuto evitare il suo tragitto.
Nella pioggia di sangue un coltello da lancio risplese, roteando su sé stesso tra le gocce fino a conficcarsi nella fronte di Johanne Fenter, facendola cadere a terra priva di vita.

Questo era il mio ultimo asso nella manica.
Almeno quei quattro mocciosi possono dire che non mi dovranno più un favore.

Questa non è un’arma creata da te, vero?

È un’altra lunga storia. Diciamo che gli dei non sono gli unici che mi dovevano dei favori.

Un artiglio nero nacque dal petto di Noir, collassato a terra e si avvinghiò sotto gli occhi allarmati dell’armatura alla lama della spada nera, trascinandola fino al suo proprietario. Lì quella propaggine perse parte della sua solidità, avvolgendo quell’arma antica con le sue spire e costringendola a fendere il corpo di Noir.
Al passaggio di quella lama, però, non seguì nessuna ferita, come se la melassa che gli riempiva le vene l’avesse resa parte di sé.

È finita?
Quella spada non tornerà più a minacciarci?

Non ne ho idea, ma credo che sia questo che mi spingerà a fare molte altre cose, in futuro, e, possibilmente, lontano da questo lembo di terra.
Devo ancora andare a controllare se i pinguini sono sopravvissuti al Cambiamento, me lo ero ripromesso.

I pinguini?

Lascia stare, è un discorso troppo complicato e dovrei tornare indietro di un secolo per spiegarti tutto.
Ora, piuttosto, dobbiamo pensare a recuperare l’armatura che quella codarda di Sarah Dan Rei si è portata via.









Angolo dell'Autore:

Piccola nota iniziale:
Questo angolo è diviso in due, la prima parte è un mio classico delirio e, se non avete voglia di leggere un approfondimento, se così vogliamo chiamarlo, sui pinguini citati in questo capitolo potete saltarla, la seconda avrà dei toni leggermente più seri.


Pinguini.
A volte la mia mente funziona in maniera strana. Non illogica, solo strana. Con il tempo ho imparato a convivere con questa sua caratteristica, testualmente "fidandomi del me del passato", perchè so che, bene o male, nella stessa condizione ho le stesse idee, per quanto tempo possa essere passato.
Molto spesso faccio atti di fede, sperando di aver, di nuovo, avuto la stessa idea che mi era arrivata in passato.
Lo stesso vale per i pinguini.
Voglio rendervi partecipi di una delle conversazioni medie che ho con la Beta-reader che permette a questi capitoli di giungere a voi in maniera leggibile. In questa in particolare spiego, anzi narro, come si sia svolta la stesura di questo capitolo, lascio la parafrasi in coda.

Era una sera tendente alla notte buia e tempestosa, per quanto per dirso tempestosa ci sarebbe dovuto essere un forte vento, mentre quella sera la pioggia cadeva perpendicolarmente al terreno. Dunque, quindi, sarebbe più corretto dire che era una sera tendente alla notte buia e piovosa e il nostro eroe dai capelli quanto più possibilmente in disordine potessero essere sedeva chino su una sedia dell'Ikea scomoda e neanche lontanamente ergonomica ma, per quanto potesse detestarla, non aveva altra seggiola rimasta per lui nella stanza della casa paterna.
Il computer acceso sulla scrivania gettava una fredda luce lattiginosa, pur screziata dai riflessi vermigli gettati dalla retroilluminazione della tastiera del suddetto portatile.
I suoi occhi continuavano a saltare tra le righe del capitolo ormai quasi ultimato che gli stava di fronte, mentre la mano dominante gli grattava il capo, scompigliando, se possibile, ancor di più la sua capigliatura nera.
I suoi pensieri erano rivolti al trovare una chiusura d'effetto alla narrazione su cui si era cimentato, cercando di dipingere davanti ai suoi occhi cosa il personaggio in questione avrebbe potuto pensare in un momento simile.
Si ricordava, in un anfratto della sua mente contorta, che quel personaggio bramava il poter esplorare quel nuovo mondo in cui si trovava. Ed ecco che da quel pensiero ne nacque un altro come se una lontana parte del suo essere gli stesse suggerendo che in un lontano passato aveva discusso della fredda e desolata Antartide.
Può una persona cambiare così tanto da modificare anche i processi mentali che contraddistinguono i suoi deliri?
Si fidò dunque di quel pensiero errante, legandolo a un terzo anello di quella catena che andava a formarsi. Perché mai avrebbe voluto andare in un posto simile, vista l'indole con la quale lo aveva dipinto? Cosa mai poteva averlo spinto a scrivere di quel luogo in passato?
Un'altro pensiero errante, disperso tra i meandri del tempo e delle sinapsi, vagante per quei luoghi probabilmente preposti alla glorificazione di quella bevibile creazione umana detta alcol, gli suggerì un'idea, un concetto metafisico e concreto racchiudibile in nessun modo se non con una singola, semplice parola. Pinguini.
L'eroe dalla barba che cresceva scompostamente sul mento corrugò la fronte, cercando di capire cosa quella parola volesse significare e per quale aulica ragione un volere superiore gliel'avesse donata.
Pinguini.
Quale oscura verità si poteva celare sotto quelle lettere, di quale dimenticato dio erano esse messaggere e profeta?
Seppur questo eroe non potesse fregiarsi divina memoria ferrea, gli parve di aver già sentito quella parola e che le sue dita già altrove avessero osato digitare quei sacri caratteri. Egli, allora, osò affidarsi a quell'istinto atavico che lo aveva sfiorato per rivelargli la verità, osando narrare nel suo lavoro del desiderio di incontrare codeste creature coltivato nel cuore del suo personaggio.
Seppur è vero che per pochi minuti la bestia fatta di istinti che in lui si celava aveva preso il sopravvento, la ragione ebbe da dire la sua, prima di concedergli il lusso del riposo al termine del lavoro. Così, con una conclusione di capitolo che narrava di Pinguini già pronta, andò a cercare la siddetta parola nelle sue precedenti opere, meravigliandosi di come la tecnologia gli avesse reso così facile individuare dove, effettivamente, aveva osato incidere quella parola.

Bene o male, seppur con la predominanza del male, ho detto qui sopra che è successo.
Con una catena di ragionamenti dettati probabilmente dalla stanchezza mi è tornato alla mente il desiderio di Commedia di vedere che fine avessero fatto i pinguini (capitolo 15 della mia prima storia, "Messi ai voti", se vi interessa andare a controllare. Quale meravigliosa funzione il "trova" di word) e mi sono fidato di quell'istinto, per poi andare a verificare di non essermi confuso con qualcos'altro.
Pinguini, quindi.




Tornando seri e cercando di essere breve, per lo meno ora.
La prossima settimana uscirà l'ultimo capitolo, l'epilogo di questa storia e di questa trilogia. Come vi ho detto la settimana scorsa, è già pronto per essere pubblicato.
Nel mentre sto perdendo tempo, publlicando assolutamente in maniera casuale e non studiata, una volta ogni tanto, una raccolta di oneshot in cui mi sgranchisco le dita. Queste, per lo meno, ho la certezza che non diventeranno una "Corsa contro la Fine 2.0", una storia che prospettavo breve e che è finita per essere composta da 38 capitoli e vantare più recensioni di quante ne abbia viste la prima parte di questa trilogia che si sta per chiudere.
Voglio lascaire lo sguardo al passato per il prossimo capitolo, così come i ringraziamenti.
Oggi voglio parlare un po' dei miei programmi per il futuro.
Sicuramente ho intenzione di chiudere questa storia, terminare la microraccolta di oneshot e, nel mentre, magari, passare qualche esame universitario. Tutto questo ci porterebbe circa a marzo 2019.
Ho due nuove storie in mente, totalmente diverse da tutto quello che ho fatto finora.
Una la vedrei veramente bene immortalata sulle tavole che compongono un fumetto ma, ahimè, se son poco bravo a scrivere, lo sono ancor meno a disegnare. Quella storia starà a prendere polvere ancora per un po'.
L'altra ha l'intenzione di essere molto più simile a una serie tv, divisa in episodi che ancora devo capire se sono da racchiudere in un'unico grande tomo o se fare una storia a "saga" potremmo dire. I temi principali saranno l'investigazione e il paranormale macchiato di fantasy. Voglio poter parlare di licantropi e spettri, di fantasmi, fate e banshee e di poter ambientare il tutto tra le strade fumose e grigie di una metropoli.
Voglio una squadra, da gestire, voglio un cattivo con, perdonatemi il termine, i controcoglioni e voglio scostarmi da quello che ho fatto finora.
L'unica certezza che ho, e la cosa non so se mi piaccia o mi faccia dispiacere, è che lo spirito del Viandante aleggerà ancora, perchè e difficile, quando si scrive, eliminare completamente parte della propria personalità.
Vedremo.
Non mi dispiacerebbe, infine, allargare i miei orizzonti. Devo solo decidermi a creare una copertina sotto cui pubblicare queste storie su Wattpad. Mi sono lamentato tanto di questo sito e, comunque, non mi sono mai deciso a provare altro. Certo è che non abbandonerò questa piattaforma, che mi ha svezzato come autore.
Di nuovo, vedremo.


Io vi ringrazio tutti per essere arrivati fin qui.
Alla settimana prossima, con l'epilogo degli epiloghi.
Vago
   
 
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