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Autore: _Bri_    22/12/2018    11 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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CAPITOLO I
Le celle
 
γ
 
Era chiusa in quella cella da cinque giorni. Cinque lunghissimi giorni, in cui non aveva fatto altro che gridare e chiedere aiuto; per Cora Dagenhart, quello non poteva essere che un incubo: il sole penetrava il primo metro della cella sempre, costante e non c’era un momento in cui calasse, per lasciare spazio alla notte; tra l’altro il clima sempre mite l’aveva colta totalmente alla sprovvista, visto che era fermamente convinta di essere stata trascinata lì in autunno. Non aveva idea del perché l’avessero portata lì, dato che non c’era stata mai una volta che una visione l’avesse “avvisata” di ciò che sarebbe accaduto. Le uniche interazioni che aveva avuto, erano state con un uomo e una donna che non conosceva e che si limitavano a portargli i pasti con regolarità. Aveva provato più di una volta a chiedere loro per quale motivo fosse lì, ma non aveva ricevuto alcuna risposta, rimandando tutto ad un certo “dottore” dal volto ed il nome indefiniti.
Cora si sentiva sprofondare, al punto che non le importava più di vedere il suo bel viso allo specchio, solitamente sempre truccato in maniera impeccabile, privo di colore.
Chissà se i genitori la stavano cercando, sempre che ai due fregasse davvero qualcosa, di lei.
 
θ
 
Lo specchio posto sopra il piccolo scrittoio di quella cella in cui era chiuso ormai da dieci giorni, rifletteva l’immagine di una lunga chioma liscia e bionda, che incorniciava un viso dai tratti spigolosi e femminili. Accennò un sorriso stanco, quando sentì una voce richiamarlo
 
-Smettila di giocare, Hollens, abbiamo un lavoro da farti fare-
 
Quasi all’istante i tratti ed i capelli mutarono: dei lunghi capelli biondi non rimase che un composto taglio corto e scuro ed i lineamenti tornarono alla loro natura
 
-Va bene- si limitò a sussurrare, per poi voltarsi verso la strega la quale, con un colpo di bacchetta, attivò il meccanismo delle sbarre che si alzarono per far uscire l’ospite chiuso nella cella della Chiave.
 
-Posso almeno sapere cosa dovrei fare?- chiese posato, così Roxanne roteò gli occhi al cielo
 
-Hai dimestichezza con i babbani più di chiunque altro qui: il dottore ha espresso la volontà che tu interagisca con uno di loro- Le labbra morbide della strega si piegarono in un sorriso –Mi sembra decisamente spaventato-
 
Joshua arrestò il passo per un momento; possibile avessero catturato anche un babbano? A quale scopo?
Roxanne guardò l’orologio da taschino, prima di tornare a rivolgersi a lui
 
-Datti una mossa, non abbiamo tutto il pomeriggio a disposizione-
 
ω
 
Alistair s’era appiattito contro una delle alte siepi che costituivano il labirinto, nel tentativo di regolarizzare il respiro. Si sentiva sopraffatto, incapace di comprendere dove fosse, perché fosse stato trascinato lì e come, questo, fosse potuto accadere. L’ultima cosa che ricordava, infatti, prima che tutto diventasse buio e che si ritrovasse su quell’assurdo set cinematografico, era che si stesse godendo la pausa pranzo sulla riva del Tamigi. Probabilmente poi aveva perso i sensi e, appena riaperti gli occhi, aveva dovuto subito richiuderli per il sole accecante. Era impossibile, pazzesco. Quella non poteva essere Londra, in quel momento ingrigita dalla lieve e costante pioggerellina ed il clima particolarmente rigido. Doveva mantenere la calma, ecco cosa doveva fare e presto avrebbe capito tutto.
Forse.
Dei passi leggeri posero fine al turbinio di pensieri e nell’imminente i piccoli occhi verdi corsero ad individuare la figura di una donna bellissima, ma conciata in maniera folle (probabilmente aveva avuto ragione a pensare che fosse su un set) ed un bel ragazzo dai tratti spigolosi che s’avvicinavano a lui
 
-Hollens, questo è il babbano di cui ti ho parlato; ti pregherei di spiegargli un po’ di cose sul nostro mondo, grazie-
 
-Chi siete?! C-cosa volete da me?!- Alistair si spinse ancor più verso la siepe, appiattendo i palmi sulle piccole foglie a forma di cuore da cui era formata
 
-Calmati per piacere- il giovane parlò con tono placido e tranquillizzante, allungando con cautela il passo nella sua direzione –Siamo sulla stessa barca…ti chiami Alistair, giusto?-
 
Annuì frenetico, mentre percepiva il sudore imperlargli la fronte
 
-Bene…io mi chiamo Joshua- il ragazzo si indicò, per poi allungare la mano alla donna che li guardava annoiata –Ma questa signora ed io non siamo proprio come te, anche se preferirei di gran lunga essere un babbano anche io-
 
-B-babbano?- ripeté Alistair confuso
 
-Siediti, prendi un bel respiro ed ascoltami: noi siamo maghi, Alistair, sappiamo usare la magia- Aggiunse Joshua, sempre usando estrema cautela. Alistair capì che, probabilmente, era vittima di una candid camera: sicuramente qualche suo collega infermiere aveva deciso di prendersi gioco di lui.
 
 
η
 
Adrian estrasse il fazzoletto dalla tasca interna della giacca, con cui ripulì il viso; un rivolo trasparente colava, lento, sullo zigomo. Il mago strinse i denti e impiegò tutto il suo scarso autocontrollo per non schiantare la padrona di quella risata acuta, che lo guardava velenosa
 
-Dovrei sbatterti in isolamento per questo, lo sai, Elyon?-
 
La risata si smorzò lentamente e la bocca subito si contrasse, nascondendo i denti candidi
 
-Vai al diavolo! Dovresti solo tirarmi fuori di qui!- il tono setoso e cristallino si piegò in un ringhio. Elyon sentiva il cuore spingere forte, agitato e irrequieto; tirò dietro l’orecchio la ciocca rossa che, disordinata, le aveva oscurato un occhio azzurro. Non riusciva a credere di essere stata fregata in quel modo, non da loro. Osservò il viso contratto di Adrian, che con ogni evidenza stava tentando di reprimere la rabbia
 
-Non sono io a doverti delle spiegazioni-
 
-E allora fammi parlare con Steiner!- gridò lei, dall’altra parte della cella –Me lo deve, me lo dovete, Adrian!-
 
Il Mangiamorte la fissò e rimase in silenzio per qualche istante; poi con un colpo violento, s’aggrappò alle sbarre e appiattì il viso contro di esse, facendo sussultare Elyon
 
-Io non ti devo un cazzo, licantropo-
 
Elyon sgranò gli occhi, incapace di controbattere. Quindi Adrian era a conoscenza della sua condizione. Si fissarono a lungo, studiandosi con cautela; così Adrian si tirò indietro, percosse con violenza le sbarre con un colpo deciso delle mani e si voltò, allontanandosi funesto
 
-Adrian...Adrian!- Gridò Elyon, aggrappandosi alle sbarre, ma dal Mangiamorte non ricevette risposta
 
-Credo tu l’abbia fatto arrabbiare-
 
Una voce profonda arrivò dalla cella adiacente alla sua. Elyon lanciò un calcio sulle sbarre, prima di voltarsi verso la parete destra, al di là della quale si trovava rinchiuso il mago che si era appena rivolto a lei. Il lato esposto al giardino era protetto solo dalle travi di metallo, quindi non era difficile comunicare e la voce arrivava chiara e definita
 
-Che fai, spii le conversazioni?-
 
-Non c’è molto da fare qui, non ti pare? Datti una calmata comunque, volevo solo sapere come stessi-
 
-Come vuoi che stia? Siamo rinchiusi qui da giorni-
 
Elyon si gettò sul letto, estremamente turbata. Non era affatto di buon umore e non aveva alcuna intenzione di intrattenersi in chiacchiere con un semi sconosciuto, in quel momento. Lucas Heatcote dovette averlo compreso, perché non fece altre domande alla “vicina”. Si avvicinò allo scrittoio e prese a sfiorare lo strano congegno piramidale posto sopra di esso; se su una cosa quella Yaxley aveva ragione, era che meritavano delle spiegazioni, per quella prigionia forzata.
 
α
 
Mazelyn venne trascinata, a forza, fuori da quell’auto. Era stata imbavagliata, legata e trasportata chissà dove. L’unica nota positiva era che non percepisse il gelo di quella notte autunnale, anche se quella non era che una magra consolazione. Cominciava ad avvertire la sete che le seccava la gola e sicuramente le sue grida non l’aiutavano a migliorare la situazione. Ma i suoi rapitori non erano affatto intenzionati a proferire parola, nonostante le minacce di Maze di azzannare le gole di ognuno di loro, appena ne avrebbe avuto occasione. Uscita dall’auto venne spinta a camminare per un breve tratto. Maze sentì una porta aprirsi ed una corrente fortissima ed irruenta la percosse; poi, di botto, quella corrente si placò e poco dopo il cigolio di un’altra porta arrivò alle orecchie
 
-Forza, muoviti- Una voce di donna, algida e distaccata, la spinse a varcare la soglia. Mazelyn non poté che assecondare quello sprono, ma appena sceso il basso gradino sentì un innaturale calore avvolgerla
 
-Dove sono? Cosa volete da me?!-
 
Una mano afferrò il nodo della benda allacciato dietro la nuca, che venne sciolto con irruenza. Maze strinse d’istinto gli occhi ed un grido accompagnò il suo gesto; no, tutto quello non era possibile. L’avevano catturata di notte e non erano passate che due ore al massimo; l’alba doveva essere ancora lontana, eppure una luce accecante la colpì, una luce che non poteva e doveva vedere da molto tempo. Maze gridò, terrorizzata. Il sole, alto e caldo, la investì con i suoi raggi e la fece accasciare a terra: di lì a poco sarebbe morta
 
-Non fare queste scene, sbrigati, non abbiamo molto tempo-
 
Eppure la sua condanna a morte sembrò non arrivare.
Impossibile.
Maze venne fatta alzare a forza e fu trascinata all’interno di una cella; non aveva avuto il coraggio di aprire gli occhi, così non seppe chi l’aveva condotta lì e dove fosse quel posto. Si limitò ad accasciarsi sul freddo pavimento della cella della fenice; si rannicchiò, singhiozzando da un lato terrorizzata, dall’altro grata di aver ricevuto quel miracolo: era stata risparmiata dalla luce.
 
 
λ
 
Evangeline corse verso la figura accasciata a terra, nel bel mezzo di quello squarcio di giardino che s’era aperto a lei. Da quando era stata rinchiusa in quella prigione verdeggiante, non aveva incontrato nessuno, se non quella dannata Borgin. Nel pensare alla donna, Evie sentiva il sangue bollire di rabbia; era capitato che lei incontrasse di sfuggita Roxanne Borgin, ma mai era stata attratta positivamente da quella splendida strega, che non faceva che innervosirla con i suoi modi. La sorpresa di rivederla nei panni del proprio aguzzino, quindi, era durata ben poco, non avendo mai avuto un’alta considerazione di lei. Evie cacciò dalla mente l’immagine di Roxanne, per concentrate tutte le sue attenzioni su quell’uomo riverso a terra, dal quale provenivano versi di dolore. Si chinò e, con garbo, allungò una mano per scostare i lunghi capelli che coprivano il volto, ma inaspettatamente, la mano di quello sconosciuto strozzò il polso esile, mentre il viso s’alzò appena, inchiodandola con gli accigliati occhi chiari.
 
 
σ
 
William percepì centinaia di minuscoli spilli pizzicargli il corpo. Aveva tentato di scalare una siepe apparentemente bassa, ma aveva giusto fatto in tempo a lanciare uno sguardo oltre essa, che la scossa arrivò violenta ed immediata, percuotendolo dalla punta dei piedi fino all’ultimo dei suoi capelli lunghi e scomposti. Crollato a terra aveva cominciato a gemere, anche se aveva fatto di tutto per trattenersi; sperò con tutto se stesso di non aver inciso troppo sul suo fisico, dopo aver commesso quella bravata che, forse, gli avrebbe fatto guadagnare una punizione, visto che il dottore aveva parlato chiaro: ogni tipo di ribellione sarebbe stata contrastata con un’ammonizione. Proprio quando stava percependo il dolore diminuire, sentì dei passi avvicinarsi a lui: che fosse uno dei due Mangiamorte? D’istinto, percependo un movimento nella sua direzione, William allungò una mano per bloccare quella che s’era avvicinata pericolosamente a lui, ma quando alzò lo sguardo ancora contrito, fissò con sgomento il volto di una giovane strega, che ricambiava lo sguardo, crucciata. Si calmò all’istante, William ed accennò un sorriso, di cui subito si vergognò, perché non era certo da lui mostrarne uno a chiunque. Eppure quella ragazza lo aveva imbambolato per un momento
 
-S-stai bene?- Chiese lei, studiandolo con attenzione
 
-Sei una di loro?- chiese d’istinto William, rimettendosi in piedi a fatica, ma quando la strega scosse il capo si rasserenò
 
-E tu? Sei uno dei loro tranelli?-
 
-No…sono imprigionato…come te, suppongo-
 
I due si scambiarono un’ultima e fugace occhiata, prima di perdere rispettivamente lo sguardo: quel giardino si disperdeva immenso e diabolico tutt’intorno a loro, immerso in una quiete apparente che nascondeva pericoli e, probabilmente, altri sfortunati individui come loro.
 
μ
 
Cercava disperatamente una fonte d’acqua, nei meandri di quel giardino. Immergersi e riacquistare la sua forma marina gli mancava moltissimo e da giorni, ormai, non gli era stato più possibile. Nonostante il suo carattere fortemente ottimista, ormai Alon cominciava a perdere le speranza e stava lentamente scivolando in uno stato depressivo dal quale, probabilmente, avrebbe impiegato molto tempo ad uscire. Portò una mano a toccare il petto, dove solitamente pendeva il mochessino che portava sempre con sé, ma che da giorni gli era stato strappato via; la mano si strinse a pugno, come a voler racchiudere la disperazione dell’assenza di quell’oggetto prezioso, quando una voce melodiosa ed incantevole lo distrasse, costringendolo a girarsi
 
-Scusa, non volevo spaventarti-
 
Alon sgranò gli occhi, incapace di mantenere compostezza davanti a quella minuscola strega, specialmente rispetto al suo metro e novanta, in piedi, davanti a lui. Jules mosse un paio di passi nella direzione di Alon e percorse i suoi lineamenti con gli occhi scuri, caldi come il cioccolato fuso
 
-Sono giorni che non esco, così quando ti ho visto mi sono avvicinata…mi manca il contatto con le persone- Jules accennò un sorriso malinconico, allungando la mano che Alon chiuse con la propria, come a volerla divorare
 
-Io sono Jules, ospite della cella upsilon-
 
-Jules…uno strano nome per una ragazza- D’improvviso la tristezza apatica che l’aveva assalito, scivolò via dal suo corpo, così Alon riuscì a sorridere con sincerità –Io sono Alon Morgan, piacere di conoscerti…se possiamo considerare questo un piacevole contesto-
 
Jules trattene ancora un po’ la sua mano, prima di rilasciarla con lentezza; che cosa assurda, valutò Alon che s’era ritrovato a pensare che avrebbe voluto stringere quelle dita delicate ancora per un po’
 
-Anche Alon è un nome strano, non credi?- cinguettò lei
 
-Effettivamente hai ragione. Ma dimmi- Alon si guardò fugacemente intorno, prima di tornare a dedicare attenzioni alla piccola strega –Tu sai perché ci hanno rinchiusi qui, Jules?-
 
La speranza di ricevere informazioni sulla loro condizione di prigionia morì presto, con il segno di diniego di Jules
 
-Mi spiace, non lo so- pigolò Jules, tornando ad afferrargli la mano senza esitare –Vorrei tanto aiutarti-
 
Alon sentì un groppo salire alla gola, senza riuscire a darsi una spiegazione. Quella piccola strega era riuscita a trasmettergli un senso di pace davvero unico, con la sua sola presenza; sentì la sua innata positività tornare a possederlo. In qualche modo ce l’avrebbero fatta, ad uscire di lì.
 
ο
 
-Martha?!-
 
La strega era seduta a terra, persa ad osservare un roseto particolarmente rigoglioso. Gli occhi pizzicarono di lacrime, appena scesero sul discreto anellino che le fasciava l’anulare; la mente era inondata dalle immagini di suo marito che, in quel momento, la stava sicuramente cercando con disperazione. Di Philip gli mancava ogni cosa ed era certa che il mago fosse distrutto dalla sua scomparsa improvvisa; quei pensieri negativi vennero fortunatamente interrotti da una voce conosciuta, per questo Martha scacciò via quelle lacrime impertinenti ed alzò i luminosi occhi chiari verso il ragazzo in piedi davanti a lei
 
-Victor…? Victor Selwyn?!-
 
Vicky passò una mano sui capelli lunghi e disordinati, prima di tornare a fissarla
 
-Chi non muore si rivede, Zeller, anche se non sono proprio convinto che questo non sia un maledetto limbo- Ciò detto, il mago allungò una mano nella sua direzione, per aiutarla ad alzarsi. Martha inizialmente esitò, ma alla fine decise di accogliere quel gesto
 
-Per piacere, dimmi che non c’entri tu in questa storia- Martha assottigliò gli occhi per studiare la reazione di Victor, ma si rese subito contro che l’amico di suo marito non era che una vittima della situazione, tanto quanto lei
 
-Figuriamoci, mi consideri idiota fino a questo punto?- Victor scosse ancora i capelli –Non abbiamo molto tempo a disposizione prima che torni il cane da guardia con quel suo cazzo di orologio. Da quanto tempo ti trovi qui?-
 
Martha ci pensò su; la mente prese a svolgere velocissimi calcoli –Se non erro, cinque giorni e sei ore circa-
 
Victor roteò gli occhi –Sei la solita, certe volte mi domando come Philip riesca a starti dietro-
 
Il mago si morse la lingua; accadeva troppo spesso che desse fiato alla bocca senza pensare realmente alle conseguenze delle sue parole. Difatti Martha si rabbuiò all’istante, tornando a distrarsi con il paesaggio che li circondava
 
-Beh…scusami, devi essere preoccupata per lui-
 
-Lo sono, per questo ho bisogno di capire il prima possibile perché ci troviamo qui e come fare ad uscire- Tornò ad inchiodarlo con lo sguardo –Allora Selwyn, dimmi quello che sai-
 
I due cominciarono a scambiarsi velocemente le poche informazioni che avevano, prima di essere richiamati da un lieve colpo di tosse che segnò la presenza di Roxanne Borgin, in piedi alle loro spalle, che li guardava sorridendo
 
-Tempo scaduto- sentenziò.
 
 
π
 
-Fuori di qui, è ora della passeggiata-
 
Una volta aperta la cella, Adrian afferrò Yann per una spalla, che subito si divincolò dalla presa per poi seguirlo con remissività. Era la seconda volta che lo facevano uscire, da quando era stato rinchiuso lì dentro. Non era abituato alla cattività, Yann. Aveva passato la sua vita a fuggire dalle costrizioni e dai pericoli e per questo non riusciva ad accettare di essere stato fregato in quella maniera. Adrian lo abbandonò in una stretta via incorniciata da alte siepi prima di sparire improvvisamente, lasciandolo solo. Ancora una volta il primo istinto fu quello di scavallare la siepe e tentare di scappare, ma ci aveva già provato una volta e non era andata bene. Per questo pensò velocemente ad una soluzione alternativa e ricorrere alla sua dote speciale fu automatico: Yann allungò una mano  e sfiorò le foglie che, poco dopo, presero fuoco. Gli occhi del mago s’illuminarono insieme alle fiamme, ma la delusione si sostituì alla speranza non appena quelle si spensero, trasformandosi in rivoli di fumo candido
 
-Non funzionerà-
 
Yann saltò sul posto e girò su se stesso, scontrandosi con un paio di occhi castani che lo guardavano curiosi
 
ρ
 
Odette camminava, rassegnata, nel Giardino. Aveva coscientemente deciso di esplorare il più possibile quel giorno, visto che aveva ben poco altro da fare e non era di certo intenzionata a darsi per vinta tanto facilmente. Ma appena percepì con distinzione un’ondata di pensieri provenire dalla sua destra, virò rapidamente i propri passi in quella direzione. Inizialmente rimase distante, incuriosita da quel personaggio che la sorprese non poco, quando lo vide generare fuoco dalle mani. Odette non ebbe alcuna difficoltà a capire le sue intenzioni, avendo letto i suoi pensieri senza alcuno sforzo, eppure sospirò rassegnata comprendendo che non sarebbe riuscito nel proprio intento. Così si fece avanti, svelando la propria presenza che, ovviamente, fece sobbalzare il ragazzo
 
-Chi sei?!- Chiese allarmato l’altro
 
-Sono Odette e stai tranquillo, non sono una Mangiamorte, dato che è quello che ti stai chiedendo. Ah, ti ringrazio per i complimenti, sono sempre ben graditi-
 
-Ma cosa…? Come hai fatto?- un’espressione di stupore piegò il viso di Yann, così Odette picchiettò un dito sulla testa
 
-Ti ho letto nel pensiero, semplice. Allora Yann Reinhardt, che ne dici se ci mettiamo all’opera? Magari con i tuoi trucchetti da piromane riusciremmo davvero, ad uscire di qui!-
 
Yann deglutì e non si risparmiò un’occhiata sospetta a quella ragazza che, di contro, sorrideva allegra. Avrebbe dovuto allenarsi in fretta con l’occlumanzia, se non avesse voluto concedere altre impertinenti letture del pensiero. Già aveva difficoltà ad approcciarsi alle persone, figuriamoci ad una strega in grado di leggergli scrupolosamente la mente.

 

Ed eccoci qui, alla pubblicazione del primo capitolo (che, in realtà, è solo una prima e veloce presentazione degli oc). Prima di tutto ringrazio tutti coloro che hanno partecipato e che si sono impegnati a mandarmi le schede; le ho apprezzate molto, ma non ho potuto prendere tutti i personaggi e mi sono trovata costretta a scegliere. Chiedo a chi non è stato scelto di non prendersela; io non sono brava a gestire molti personaggi e non voglio combinare un pastrocchio! Per qualsiasi spiegazione chiedetemi in privato senza problemi.
No non ci vedete doppio: ho preso due oc per la cella della Torre (che a questo punto sono diventate “le celle”) perché non ho saputo proprio rinunciare né all’uno né all’altra!
Venendo a noi: ecco qui i nostri reclusi. Voglio rassicurare chi partecipa a “Di Necessità…Virtù!” che non ho abbandonato l’interattiva, ma questo è un periodo molto difficile ed io non ho troppa voglia di scherzare. Ma confido nelle ferie che mi tireranno su il morale e mi porteranno a scrivere un nuovo capitolo della Stanza.  Detto questo sono davvero curiosa di ricevere una vostra prima impressione! A presto
 
Bri

 
 
 
 
Cora Dagenhart – 21 anni – cella “La Voce Divina” – Eterosessuale
 

Joshua Hollens – 20 anni – cella “La chiave” – Omosessuale
 

Alistair Gordon – 23 anni – cella “L’Equilibrio” – Eterosessuale
 

Elyon Olivia Yaxley – 35 anni – cella “La Torre” - Eterosessuale
 

Lucas Heathcote – 25 anni – cella “La Torre” – Omosessuale
 

  Mazelyn Athena Zabini – 22 anni – cella “La Fenice” – Eterosessuale
 

Evangeline Annabel Montague – 17 anni – cella “L’Incanto” – Bisessuale
 

William Herman Lewis – 33 anni – cella “Il Fuoco Spirituale” -  Eterosessuale
 

Alon Morgan – 22 anni – cella “La Madre” – Eterosessuale
 

Martha Sophie Zeller – 27 anni – cella “L’Occhio” – Eterosessuale
 

Yann Reinhardt – 31 anni – cella “Il Padre” – Eterosessuale
 

Odette Cassandra McCall – 26 anni – cella “La Verità” – Omosessuale
   
 
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