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Autore: Chiaroscura69    23/12/2018    1 recensioni
Riflessioni cupe, a volte affrante, altre volte apatiche, dettate dal mio malessere
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oggi ho deciso di condividere con voi la pagina di un diario che risale a quando avevo 15 anni, perchè ritengo che sia sempre molto rappresentativa della mia condizione di vita.
''Lei era un'osservatrice, nessuno la notava. Era lì sotto gli occhi di tutti ma in reltà non esisteva. Dunque a nessuno interessava neppure avvicinarsi alla sua anima, figuriamoci comprenderla.
Era come un vegetale piacevole alla vista, una pianta che quasi ti scoccia dover accudire. Nessuno si aspettava nulla da lei perchè è sempre stata statica e immobile.

Lei aspettava sempre, aspettava invano. Era questo il suo unico pensiero chiaro e assolutamente certo: il suo aspettare era vano. Tutto il resto dei suoi pensieri era una frana che si sbriciolava e si riformava ogni volta con un clinamen diverso.
Per chiunque era un oggetto, la consideravano alla stregua di un banco, di una penna, altri di un gioiello o un quadro, ma per quanto nobilitante fosse l'oggetto rimaneva comunque un oggetto. Un'entità senz'anima proiettata dagli occhi desiderosi del resto del mondo.
Ma se si fosse chiesto a lei, del resto, non avrebbe risposto nulla di differente; lei si sentiva una grù vecchia e arrugginita, molto più alta rispetto a tanti altri, in grado di superare molti uomini comuni, ma non in grado di superare sè stessa, tesa perennemente verso il cielo, irraggiungibile eppure
perfettamente contemplabile.
Questo rendeva il suo male ontologico, ma lei non poteva saperlo e credeva che non fare nulla e aspettare avrebbe fatto scemare tutto autonomamente e annegava il suo dolore nell'apateia, l'assenza di ogni passione.
Eppure talvolta non vi riusciva, era travolta da qualcosa, qualcosa di tanto elettrico da sconvolgerla e la sua lotta diveniva tutta tesa a nascondere la sua passione.
E chiudeva gli occhi, si nascondeva dietro una maschera variopinta, perchè sapeva quanto fosse traditrice il suo sguardo chiaro.
Pochi hanno mai capito cosa veramente l'agitasse, ancor meno le hanno dedicato un pensiero più lungo di qualche istante, nessuno glielo aveva mai chiesto, perchè tutti la preferivano spenta, immobile, accondiscendente.
Non si seppe mai cosa cambiò.
Proprio perchè la sua vita era sempre stata statica, nessuno si spiega come sia possibile che un giorno il vegetale avesse iniziato a vibrare mandando scossoni a tutto il vaso,
e avesse ricavato dalle sue ramificate radici delle esili gambe e strappato a morsi quelle che non volevano venir via. Nessuno capì mai come fosse possibile che si fosse scrollata di dosso la terra ancora attaccata e insieme ad essa tutti i funghi e i parassiti a lei ancorati.
Ansia e Terrore si chiesero come un essere così infimo e insignificante avesse potuto sfidarli e iniziarono, armati di forbici, a recidere tutte le radici che le permettevano di camminare, sbarrandole la strada.
La pianta incespicava, inciampava; le radici la impacciavano ma erano l'unica cosa che le permetteva di camminare.
Con il tempo cadde tante volte, imparò così a strisciare e poi a zoppicare ed infine capì come fabbricarsene altre''.
   
 
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