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Autore: Urban BlackWolf    23/12/2018    3 recensioni
Spaccati di vita quotidiana in casa Kaiou/Tenou
Legato alla trilogia: "l'atto piu' grande-Il viaggio di una sirena-La vita che ho scelto"
1- Quattro ante per due
2- Apologia felis
3- Sliding doors
4- La prima di mille notti
5- Il cosplay di Haruka
6- Elona Gay
7- La dissacrante ironia della mia donna
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Apologia felis

 

Legato ai racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

La vita che ho scelto”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Bellinzona - Svizzera meridionale

Natale 2018

 

 

Il piede destro dolcemente appoggiato sul pedale dell’acceleratore, solo un po’, il giusto per far contenta la sua Mazda RX-9, la mano sinistra serrata alla pelle del volante, la destra mollemente adagiata sulla coscia, pronta ad inserire la marcia successiva. A quell’ora la strada che la stava riportando a casa era abbastanza scorrevole. Era tardi. L’ennesimo straordinario dell’ennesimo periodo frenetico che sotto le feste di fine anno costringeva i tecnici della Ducati ai salti mortali per soddisfare le richieste dei fornitori.

Haruka era stanca, ma tutto sommato soddisfatta. Il lavoro andava bene, in più, un paio di giorni ancora e sarebbe entrata in ferie. Fuori dall’abitacolo il sottile strato di neve accumulatosi durante il corso della giornata preannunciava un bel manto compatto in alta quota e di conseguenza, la strameritata sessione sciistica promessale dalla sua compagna più di due settimane prima e che l’avrebbe vista sfrecciare sulle piste in quell’ultimo weekend pre natalizio. Ingranando la terza tornò a distendere entrambe le braccia. Di fronte a lei la capitale del Canton Ticino scintillante nei suoi addobbi, le torri merlate dei suoi castelli sapientemente illuminate, l’accuratezza dei parchi, la quiete di una bella cittadina svizzera. Ai lati dell’auto lo scuro della sera con i picchi nascosti nell’ombra.

Respirando forte la bionda cambiò stazione radio cercando un qualcosa di più adatto a lei. “Che palle! Solo canzoni di Natale!” Borbottò muovendo convulsamente il pollice destro sul comando inserito al lato del volante.

Tenou era sufficientemente adulta per capire quanto la sua adorata, nonché subdola compagna, con quel contentino sciistico l’avesse intortata, ingannata, forzata a prendere la ferale decisione di passare il loro primo Natale con la famiglia Aulis. Complice il trasferimento in Svizzera che Giovanna aveva affrontato in estate, adesso non poteva più tirarsi indietro e avrebbe dovuto accompagnare la sorella in quel trittico di giorni che la bionda aveva magistralmente evitato l’anno precedente. Questo l’innervosiva in maniera pazzesca, innescando lotte casalinghe ogni tre per due. In più e cosa ben più grave, erano settimane che colpa un lavoro particolarmente rognoso, Michiru sembrava sul punto di esplodere e lei, capita la malaparata, non potendo tirar troppo la corda aveva dovuto spesso e volentieri abbassare la testa per non rischiare danni peggiori. Compromessi. La vita di coppia.

“Ho cose più pressanti alle quali pensare ora! Non lagnarti e ringrazia il cielo di avere quello che hai Tenou!” Le aveva detto il giorno precedente, indaffaratissima nel trasportare un secchio d’acqua bollente dal lavabo della cucina al suo bagno.

“Michi, per favore… non ho voglia di passare il Natale con loro. Non li conosco…”

“Accompagneremo tua sorella e passeremo tre giorni sereni. Questo è tutto Haruka. Ne abbiamo già parlato mille volte. E’ deciso! Fattene una ragione!” E giù nel secchio vagonate di antisettico dall’odore di bosco alpino.

A quel diktat, la bionda aveva sospirato. Non se la sentiva di scendere in Italia per fingere davanti a quei quattro sconosciuti, che l’essersi ritrovata tutto d’un tratto una famiglia fosse la cosa più normale del mondo. Era sinceramente stanca di vedere sua sorella gongolare nell’attesa del loro primo Natale insieme e nel costatare quanto la sua dolcissima metà non capisse il suo disagio, anzi investisse ogni stilla d’energia nel voler cambiare quella sua condizione di figliol prodiga.

”Michi...” Aveva lagnato mentre l’altra iniziava a borbottare frasi senza senso all’indirizzo del piccolo Tigre.

E li, afferrando al volo il guizzo, Tenou aveva allora cercato d’infilarsi li dove non avrebbe mai voluto, ovvero il pertugio di Giona e la sua sfiga cosmica. Facendo finta di pensarci su aveva iniziato con non scia lance ad elencare la miriade di possibili danni che il loro piccolo coinquilino avrebbe potuto fare se lasciato da solo. “E poi sono convinta che il piccoletto farà un gran casino senza di noi. Lo sai che non ama stare da solo.”

“Non gli serve compagnia, ma disciplina!” Aveva sentito ringhiare da dentro il bagno.

“Non farla così grave, Kaiou. E’ solo esuberante. E’ un maschio.” Le aveva risposto intimamente contrariata che la sua compagna non prestasse minimamente ascolto alle sue esigenze.

A quell’innocente frase gettata sul tavolo del compromesso famigliare, così, quasi senza rendersene conto, Kaiou aveva bloccato il suo da fare e riapparendo dietro lo stipite della porta l’aveva trafitta con uno degli sguardi più seriali che Haruka avesse subito negli ultimi tempi.

“E allora pulisci TU il porcaio che l’esuberanza del TUO gatto MASCHIO ha lasciato nel MIO bagno!”

Certo questa volta quel felide tigrato non l’aveva fatto apposta, ma il casino che era riuscito a creare aveva veramente qualcosa di disgustoso al pari di una vomitata di pelo.

Scalando la marcia Haruka sogghignò. Non aveva assistito a tutta la scena, ma quel che era accaduto aveva una vena epicamente spassosa. Scesa per andare a gettare la differenziata, la bionda aveva lasciato una casa calma e tranquillamente sonnacchiosa. La compagna a spalmarsi della crema idratante sulle gambe dopo una bella doccia ed il botolo peloso a scorrazzare dietro ogni cosa potesse anche solo lontanamente ricordare una preda. Nulla di più piacevole, intimo e famigliare. Sta di fatto che l’urlo agghiacciante che al ritorno Tenou aveva avvertito provenire dall’appartamento non appena le porte dell’ascensore si erano aperte sul pianerottolo, aveva drasticamente modificato l’atmosfera. Inserendo velocemente la chiave nel nottolino della porta si era vista una palla pelosa investita da una vagonata imdustriale di sassolini di lettiera, correre per tutto il salone mentre parole gettate a caso non proprio in stile Kaiou, riempivano l’ambiente.

“Tigre...?!” Aveva esclamato togliendosi di corsa le scarpe per fiondarsi verso il bagno principale.

“Cosa, cosa, cosa gli diamo da mangiare a quel micio!? COSA?!”

Affacciandosi alla porta, Haruka aveva toccato con mano, anzi piede, l’apocalisse.

“Ferma! Non entrare!”

“Ma che…” Guardandosi il calzino, la bionda aveva aggrottato la fronte non afferrando a pieno la complessità del dramma che si era appena consumato.

“Basterà una bacinella, quanta vuoi che ne faccia! Avevi detto… Ed io a darti retta! Stupida, sono una stupida!”

Il mattonato del pavimento disseminato di lettiera e non solo, la compagna nevrotica ed il cucciolo che impaurito, intanto schizzava verso l’universo Kaiou, ovvero la cucina.

“Prendilo Haruka, prima che s’infili sotto al frigo come al solito!”

Presto fatto, il piccoletto era stato recuperato, pulito alla bene e meglio con un paio di energiche carezze e riportato all’ordine.

“Ma si può sapere cosa…”

“Si è ribaltato! Stava per fare i suoi bisogni quando si è ribaltato. Te l’avevo detto che ormai è diventato troppo grande per quella bacinella. Ha bisogno di una lettiera più grande. Una da adulto. Da gatto vero!”

“Cioè, fammi capire.”

Passandole accanto per andare a prendere una scopa, Michiru le aveva mimato la scena; lui che salta dentro la sabbietta per sporgersi poi sul bordo tutto impettito. Gli occhi chiusi, la concentrazione nelle vibrisse leggermente tremanti, lo sforzo della spinta e bang, il ribaltamento. La bacinella che gli avevano messo per farlo andare di corpo che s’inclina paurosamente, lui che ne viene travolto rimanendone sotto e colto dall’ovvio panico, l’inizio di una disperata corsa per tutto il bagno andando a sbattere contro ogni superficie. Un disco bianco impazzito che ad Haruka aveva fatto distorcere la bocca a tal punto che Michiru le aveva intimato di sparire.

“Scusami, ma è… comico.”

“Un accidente! Lavalo, perché così conciato a me non si avvicina ed il divano se lo scorda?!”

“Ecco vedi, a tal proposito vorrei sottolineare come non sia il caso di lasciarlo solo per tre giorni. Chissà cosa potrebbe combinare in nostra assenza e poi è troppo piccolo, non mi fido. L’albero…” Aveva provato disperatamente ad usare l’ennesimo mezzuccio, ma l’altra, più nera di una formica nera, su di una pietra nera, nella notte nera, le aveva caldamente consigliato di farla finita.

“Scenderemo dalla tua famiglia dovessimo portarlo con noi! Ed ora scusami, ma ho da fare.” E Tenou era stata liquidata rimanendo con il mostro fetido a penzolarle tra le mani.

Gonfiando le guance, Haruka decelerò in vista di un incrocio. Quei due proprio non andavano d’accordo. Troppo perfezionista lei e troppo cucciolo lui. Due cieli a confronto che se da una parte le facevano gonfiare il cuore d’amore, dall’altro la preoccupavano e non poco.

“Se Michiru continuerà a non voler capire che stiamo parlando di un animale con le sue esigenze di spazio e comportamento, finiremo col doverlo dare via.” Si disse scorata.

Voleva bene a quel micino trovato settimane prima tutto intirizzito nel loro box, ma non poteva certo costringere la sua compagna a vivere male. Fin dalla prima sera, Kaiou aveva cercato di metter su paletti su paletti, pretendendo che al piccolo fossero interdette alcune zone della casa, come ad esempio il suo studio, la cucina e la loro camera da letto e la prima cosa che il cucciolo aveva fatto come risposta, era stata quella di prendere il sotto del frigorifero come la sua personale Bat caverna.

“Amore abbiamo una penisola a vista. La vedo dura non lasciarlo scorrazzare tra i pensili.”

E Michiru si era convinta, ma la sacralità della loro camera da letto avrebbe dovuto rimanere tale. “Siamo intesi Ruka?!”

Come no! Due giorni di miagolii persistenti e trapanosi a scandire le ore della notte ed un piccolo cuscino era magicamente apparso sul finire del loro materasso.

“D’accordo, può salire, ma bada Tenou… non ce lo voglio a fissarci quando facciamo l’amore.”

“Non credo si scandalizzerebbe…”

“Ruka!”

“Va bene, va bene.” Alzando le mani la bionda aveva esultato e da li a qualche giorno il piccoletto aveva preso, non ad occupare un angolo anonimo del letto, no, bensì a dormire in pianta stabile tra i loro due cuscini.

Voltando a sinistra verso le colline che dominavano la valle cittadina, Haruka spense definitivamente la radio mettendo su un cd di metallo pesante. “Quello schizzo non soltanto ci dorme addosso, ma ci guarda di continuo ed alla mia dolce metà questo manda in bestia.”

Due occhietti verde acqua sempre attenti sia nell'intimità del loro talamo, che in bagno, durante i pasti o mentre guardavano la televisione o parlavano sedute sul divano con il fuoco a riscaldare l’ambiente.

“Ma i gatti non dovrebbero dormire sempre?” Le aveva chiesto Kaiou contraccambiando quello sguardo sfacciato e noncurante mentre lui se ne stava tranquillamente seduto accanto alla bocca del camino a formare la siluette di una grossa pera Abate.

“E’ solo curioso, non farci caso.” Le aveva risposto distratta dal film che stavano guardando una domenica pomeriggio.

“E’ inquietante.”

Ed in effetti un po’ lo era e la cosa buffa era che più Michiru cercava di prendere le distanze e più lui le andava dietro, soprattutto quando era ai fornelli. Cercando di muoversi senza pestarlo, la compagna aveva spesso e volentieri rischiato l’osso del collo.

“Mettiti qui e rimanici…” Ordinava posandolo sul limite della cucina sperando così che obbedisse e puntualmente lui ed il suo fare ancora goffo rientravano nella zona rossa.

Questo per il primo mese. Successivamente al periodo della scoperta del territorio, Michiru era stata scambiata per una goduriosa parete per arrampicate con piccole unghiette acuminate a mo di ardite piccozze. Haruka aveva imparato a riconoscere i sintomi del climbing felino ad un primo sguardo. Era facile, bastava aspettare che Michiru iniziasse a spignattare ai fornelli e lui, che dormisse o giocasse, drizzava le orecchie abbandonando tutto per avvicinarsi, poi, dopo un paio di minuti acquattato nell’ombra della penisola con fare furtivo da grande predatore africano, prendeva a gattonare verso le pantofole della compagna con il sedere all'insù. Il tempo di un sospiro e la bionda vedeva le spalle di Kaiou contrarsi ed il fiato morirle nella gola, sintomo certo che qualcuno aveva preso ad arpionarle un polpaccio.

“Nooo! Giù, vai giù! Ruka toglimelo di dosso!”

Quasi ogni sera lo stesso copione. Una cadenza svizzera degna di ogni orologio che si rispetti, tanto che Tenou aveva iniziato a domandarsi se quei due non lo facessero apposta.

“Accidenti! Eppure ero più che convinta che a Michi piacessero i gatti.” Strofinandosi il mento imboccò la strada per il loro comprensorio.

“Forse è anche colpa mia, sono stata troppo indulgente con quel micio. Gli sto sempre addosso e tendo a viziarlo.”

Niente di più vero. Haruka adorava i felini e non era certo un segreto. Il loro modo di approcciarsi alla vita era per lei la forma più idilliaca e perfetta del vivere comune. Solitari quanto basta. Puliti quanto basta. Autosufficienti quanto basta. Ruffiani quanto basta. In altre parole… Haruka Tenou. Ma tutto l’affetto riversato per il cucciolo era inevitabilmente stato sottratto all’altra padrona di casa.

Una sera, di ritorno da Castelgrande dove stava seguendo il restauro di un affresco, vogliosa di un massaggio ai piedi ed un bicchiere di Prosecco, Michiru si era vista spodestata dal piccolo mostro entrato in modalità inseguimento puntatore laser.

Sedendosi sul divano mentre la bionda eccitatissima lo faceva correre a destra e a sinistra, aveva sospirato borbottato una frase del tipo – bisogna avere le unghie retrattili qui, per avere un po’ di coccole!

L’ennesima curva ed il trittico di palazzine del comprensorio dove vivevano apparve scintillante di lucette colorate quasi ad ogni piano. “Neanche sul nome siamo state d’accordo. Avrei dovuto scegliere quello che aveva proposto lei invece d’impuntarmi.” Un’ammissione di colpa o forse la semplice conseguenza del fatto che quando Michiru lo chiamava, lui sembrava non sentire, mentre quando lo chiamava lei, lui arrivava, ed anche di corsa.

“Prova con del cibo.”

“Non lo farò diventare un botolo solo per il gusto di vedermelo comparire davanti, Ruka.”

Armata di buona pazienza la bionda aveva allora cercato di far capire alla compagna che il nome Tigre era sicuramente più adatto di... Tigro.

“Non siamo orsetti alla Winnie the Pooh, Michi.”

“E’ molto più carino che il solito Tigre.”

“Non ha gli stessi colori e poi ci vuole un nome cazzuto.”

“Haruka… non deve diventare il boss del quartierino. E’ un gatto.”

“E allora? Il nome è importante e segna tutta la nostra vita e poi non voglio che i vicini lo prendano per i fondelli ogni volta che in primavera uscirà sul terrazzo.”

“Farò finta di non aver sentito. Fai come vuoi, il gatto è il tuo.”

“Nostro! Tigre è nostro!”

“E allora io lo chiamerò Tigro.”

“E allora non aspettarti che risponda. Non gli piace, non l’hai ancora capito?!”

Guardando un punto indecifrato del salone, la compagna aveva scosso la testa tirandosene fuori. “Non innescherò l’ennesima discussione per una cosa tanto idiota!” E si era ritirata nel suo studio a dipingere lasciando la bionda con l’amaro in bocca.

Varcando finalmente il cancello condominiale, Haruka voltò a sinistra per imboccare la rampa che l’avrebbe portata ai box, non prima però di aver gettato un occhio alla terza palazzina, dove all’ultimo piano era andata a vivere la sorella.

Forse dovrei chiedere asilo. Chissà che guerra troverò a casa, pensò afferrando il telecomando della serranda elettrica.

Giovanna si era trasformata in mediatrice più di una volta per cercare di spiegare ad una Michiru che non aveva mai posseduto un animale, che la convivenza con un gatto, per giunta cucciolo e maschio, alle volte poteva essere un tantino faticosa, ma ricchissima di soddisfazioni ed amore.

“Per il primo anno e mezzo non potrete muovere le gambe sotto le coperte senza ricevere un attacco, perciò ricordalo quando sarete in… intimità. I vostri spazi non saranno più tali, ogni superficie pseudo morbida diventerà la sua, panni lavati inclusi, ed avrete il pavimento disseminato di giochini e più gliene comprerete e più questi spariranno. E’ vero che dovrai dire addio all’idea di casa ordinata, ma d'altronde lo hai fatto anche con Haruka e lei è molto più impegnativa.” Le aveva detto dopo la prima vera crisi nella quale Michiru aveva scoperto Tigre a farsi le unghie sul bracciolo del suo adorato divano.

La sorella l’aveva guardata sgranando gli occhi cercando di mimarle di darci un taglio. “Giò non farla tanto drammatica…” Aveva tirato fuori dai denti.

“Ma è la pura verità. E' tutta la vita che convivo con gatti e so di quel che parlo. Michiru deve essere preparata, ma - e li era tornata a parlare direttamente con Kaiou poggiandole una mano sulla spalla - l’avere un gatto per casa è una cosa bellissima. Finirai con l’apprezzare la loro incredibile dolcezza. Sono divertenti e possono diventare dei complici perfetti. Per adesso Kaiou… dissemina l’appartamento di tiragraffi e scatole di cartone.”

Spegnendo il motore la bionda uscì dall’abitacolo ricordando quella conversazione. “Dissemina l’appartamento di tiragraffi e scatole. Bel consiglio del cacchio Giovanna!”

Rabbrividendo al cambio climatico, si diresse a passo svelto verso una delle porte anti incendio che portava all’ascensore.

E se fosse riuscito a tirar giù l’albero? Dio non voglia. Le palline di Michiru… Ipotizzò premendo il pulsante di chiamata.

Quando avevano fatto l’albero, Haruka era stata scettica sull’addobbarlo con il servizio buono, come scherzosamente chiamava il set di palline di murano che Kaiou aveva comprato a Venezia, avendo sentito da più parti della famigerata nomea che i gatti di casa si erano fatti in decenni di pratica come boscaioli natalizi.

“A me capitò anni fa, ma era pur vero che stavamo a febbraio ed io non mi ero ancora decisa a togliere l’alberello dall’ingresso. - Aveva confessato Giovanna. - Allora il fatto che il mio Janek avesse falcidiato le ultime palline di vetro lo considerai un aiuto al decoro della casa.”

“Michiru non vuole assolutamente usare quelle di plastica, perciò dovrò incrociare le dita e sperare che il periodo passi in fretta.”

“L'avere un albero finto aiuta. I gatti sembrano attratti da quelli naturali.”

“Speriamo…”

Guardando apaticamente le porte della cabina aprirsi, la bionda tese l’orecchio cercando di captare suoni di guerriglia famigliare, poi facendosi coraggio, s’infilò la mano nella tasca del giubbotto afferrando le chiavi.

Aprendo lentamente la porta puntò istintivamente lo sguardo al pavimento, perché di solito Tigre le trotterellava incontro o era già fermo sull’uscio ad aspettarla.

“Credo riconosca il suono del motore della tua auto.” Ci scherzava su Michiru.

“Facile, è il gatto di una pilota.” Gongolava l’altra prendendolo in braccio ancor prima di essersi tolta le scarpe.

Ma questa volta nessuno in vista. La casa calda ed accogliente come sempre. I lampadari della sala da pranzo e della cucina accesi, un paio di pentole sui fornelli ad emanare un ottimo odore di cibo, la televisione accesa, ma bassa, sintonizzata sul telegiornale della sera.

Iniziando a spogliarsi della sciarpa e del giaccone, Haruka socchiuse gli occhi scannerizzando l’ambiente. La tavola non era ancora apparecchiata perché di norma toccava a lei. L’albero nell’angolo in fondo alla stanza era ancora in piedi e pulsava di luci bianche e gialle. Il fuoco nel camino era basso e costante, indice che la compagna era rientrata a casa da molto prima di lei.

Già, la compagna. Dov’era? “Michi?” Chiamò piano sfilandosi gli stivaletti per avanzare con circospezione verso il divano.

“Tigre?” E poi superata la spalliera li vide.

Bloccandosi senza quasi respirare ad Haruka apparve l’immagine dolcissima della sua dea distesa tra i cuscini, addormentata al tepore del plaid che usavano per coprirsi, vestita della sua tutona felpata. I capelli raccolti dietro la nuca e qualche ciuffo abbandonato sul collo e sul viso rilassato. Il braccio destro dimenticato accanto alla fronte mentre il sinistro stretto a qualcosa di grigio. Inclinando la testa da un lato la bionda sorrise notando Tigre placidamente adagiato sul petto della compagna.

“Si sta bene li sopra mmm?”

Anche se la frase le uscì sottile dalle labbra lui l’avvertì lo stesso iniziando a far fusa ciucciando la stoffa dilatando e comprimendo le zampette anteriori.

“In teoria quella pratica spetterebbe a me.” Ridacchiò alzando le spalle grata per la tregua natalizia avuta in sorte quella sera.

“Be, sarà il caso che mi lavi le mani ed inizi a dare il mio contributo.” Disse voltandosi per tornare alla consolle accanto alla porta d’ingresso dove l’aspettavano le sue pantofole.

Un passo, poi l’altro e qualcosa di freddo, freddissimo le si insinuò sotto la pianta del calzino destro e da li, tra le dita del piede. Un viscidume anomalo, sicuramente biologico, che la costrinse ad alzare immediatamente l’arto, a serrare occhi e pugni, a stringere labbra e denti e ad imprecare mentalmente chiamando a raccolta tutte o quasi le schiere celesti.

“TIGRE!!!”

 

 

 

NOTE: Salve. Avevo in testa questa storia da quando ho scritto la prima one-shot l’anno scorso, ma presa con “le gru della Manciuria” non sono riuscita a scriverla che tra ieri ed oggi. Veloce, veloce. Cotta e mangiata. Ho pensato che avrebbe potuto essere un pensierino natalizio per tutti coloro che mi seguono e credo strapperà più di un sorriso, soprattutto a chi ha un dittatore peloso tra le mura di casa.

La storia è autobiografica, ovvero tutte le situazioni che ho cercato di descrivere mi sono accadute sul serio, bacinella in testa ed albero abbattuto in coda.

Questa seconda storia andrà a far parte di una raccolta e visto che ho descritto Tigre come un cucciolo di pochi mesi, ho dovuto spostare di un anno avanti la one-shot precedente.

Vi auguro un buonissimo periodo natalizio e spero di avere presto qualche nuova idea.

Ciauuuuu

   
 
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