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Autore: _Bri_    30/12/2018    12 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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CAPITOLO II
Il Giardino

 
 
Alistair aveva passato buona parte di quelle che, probabilmente, erano le ore notturne con gli occhi sgranati, a fissare il soffitto della cella. Gli era impossibile credere a tutto ciò che quel Joshua gli aveva raccontato, ma una serie di dimostrazioni pratiche da parte della donna lo avevano pian piano convinto. Quindi esisteva un mondo fatto di maghi, o meglio esistevano dei maghi che vivevano fra di loro, che avevano bisogno di una bacchetta per fare le magie e che proteggevano i loro segreti da gente come lui, ovvero babbani, persone senza magia. Dopo un tempo molto lungo Alistair aveva cominciato a fare domande ed aveva capito che i babbani non potevano apprendere la magia: si poteva solo nascere dotati di potere.
Ma allora che diavolo ci faceva lui, così anonimo, in mezzo a quel gruppo? C’erano altri comuni esseri umani come lui, rinchiusi nelle celle di quel giardino? E poi cosa gli avrebbero fatto e lui come avrebbe potuto tutelarsi? Inizialmente era rimasto abbagliato dalle scie luminose emanate dalla punta della bacchetta di Roxanne Borgin, perdendosi nei movimenti sinuosi di quei fumi colorati e osservando con puro sgomento l’acqua sgorgare dal nulla, o dei fiori tramutarsi in uccellini vivaci. Ma si terrorizzò, Alistair, quando si rese conto che potevano esistere magie buone  e magie malvage, scatenate da gente altrettanto buona o malvagia. Allora, visto che lui era chiuso lì dentro, senza pistole o bacchette per difendersi, forse quelli che Joshua aveva definito Mangiamorte (anche se non era sicuro che quella fosse la denominazione corretta) avrebbero potuto scatenare su di lui magie cattive e questa idea lo preoccupava più di tutto il resto. Scoprire a 23 anni l’esistenza di streghe e stregoni era già abbastanza assurdo, figuriamoci venirci a che fare in quella maniera tanto traumatica
 
“Sono sicuro che non ti faranno niente, amico…devi solo non farli arrabbiare, va bene?”
 
Le parole di Joshua non erano state affatto rassicuranti, in realtà. Alistair tremava di paura al pensiero di fare qualche passo falso che lo avrebbe portato ad essere punito e più ci pensava, più l’ansia aumentava. Quando uno sferragliare metallico lo riscosse dai suoi pensieri, Alistair si rese conto di essersi rannicchiato nell’angolo più buio della cella. I suo occhi piccoli e impauriti seguirono il passo di tacchi eleganti che s’avvicinavano a lui
 
-Alzati ragazzo, il dottore vuole vederti-
 
-C-chi sarebbe questo d-dottore? Perché n-non m-mi lasciate stare?! Liberami, ti prego!-
 
Roxanne si chinò verso di lui. Alistair trovò la forza di guardare quegli occhi luminosi, che sembravano avere assunto una sfumatura di comprensione e tenerezza
 
-Il dottore non ti farà male, cucciolotto- sussurrò lei, sfiorando il mento di Alistair con le mani affilate –sempre se ti comporterai bene, siamo d’accordo?-
 
Alistair deglutì rumorosamente ed annuì, tremante, prima di seguire la scia profumata di Roxanne Borgin.
 
*
 
 
Appena vide la cella aprirsi, Mazelyn fu pronta a scattare. La sete oramai le aveva fatto perdere la ragione; l’unica cosa di cui era certa era che, se non avesse avuto la possibilità di nutrirsi, sarebbe morta. Già una volta era stata risparmiata dalla luce del sole, per questo Maze era convinta che non le sarebbe stata concessa una seconda possibilità. Corse fuori dalla cella, incurante di quella luce che ancora non aveva imparato ad accettare, ma che in quel momento risultava un problema minore. Mazelyn doveva trovare un essere umano, aveva bisogno di nutrirsi. Cominciò la sua corsa contro il tempo; come una fiera affamata, prese a percorrere i sinuosi cunicoli verdi fin quando non si bloccò di botto, percependo presenza umana. D’un tratto infatti i suoi sensi s’acuirono: le pupille si dilatarono, il naso cominciò a pizzicare, la salivazione nella bocca aumentò copiosamente. Lì vicino c’era qualcuno, un maschio umano, ne era più che certa. Riprese la sua corsa, fin quando non incontrò effettivamente la figura di un mago, che sembrava borbottare qualcosa fra sé e sé mentre ispezionava, con cautela, i margini di un’alta siepe. Maze sorrise d’istinto; non aveva mai accettato davvero la sua condizione di vampiro e l’idea di uccidere la disgustava, ma quando la sete prendeva il sopravvento lei non poteva che assecondarla. A grandi falcate raggiunse l’uomo che parve accorgersi di lei appena in tempo, perché con un colpo lesto la schivò, mandandola a sbattere contro la siepe
 

-Ehi! Ma che diavolo!- gridò il ragazzo dai ricci capelli scuri, prima di spostarsi una seconda volta per evitare che la furia di Maze lo colpisse in pieno; questa volta però non fu abbastanza rapido, in quanto la ragazza era riuscita ad afferrarlo con una forza innaturale per una spalla, spingendolo così al suolo.
 
Yann fissò quegli occhi velati di un rosso rubino, che lo inchiodavano senza esitazione, mentre le sue mani lo placcavano con gran vigore. Il ragazzo tentò di divincolarsi, ma riscontrò l’azione impossibile; come poteva qualcuno avere una forza tale? Nemmeno un lottatore di pesi massimi avrebbe potuto immobilizzarlo in quel modo, visto che era come se fosse stato ingabbiato da quintali di piombo. Yann gridò di dolore, percependo la spalla incrinarsi sotto la pressa delle dita di Mazelyn, che lo fissava compiaciuta
 
-Mi dispiace, ma non posso fare altrimenti…mors tua vita mea!- sibilò Maze, prima di spalancare la bocca e mostrare dei lunghi canini decisamente troppo affilati. Yann capì all’istante come mai quella bella ragazza tanto affascinante lo avesse steso con quella facilità, anche se, realizzò, non aveva troppo tempo per riflettere. Fu automatico chiuderle i fianchi con le mani e scatenare su di lei il suo potere.
Maze urlò di dolore e rapidamente rotolò via da lui
 
-Bastardo!- ringhiò passando rapidamente le mani sui pantaloni bruciati
 
-Scusa, ma stavi per azzannarmi!- ribatté seriamente dispiaciuto Yann mentre, lesto, s’affrettò a mettersi in piedi. Benedetto fuoco, che scaturiva da lui nei momenti più opportuni, valutò Yann sfregandosi le mani e allungandole poi verso il vampiro
 
-Ne vuoi ancora?- chiese spavaldo, per poi pentirsene subito. Difatti la smorfia di dolore di lei, mascherata in parte dai lunghi capelli neri che, disordinati, ricadevano sul viso olivastro, lo destabilizzò.
Quella ragazza era affascinante, bellissima, incredibilmente sexy. Yann aveva sentito tante leggende sui vampiri, cantate e tramandate dai Sinti, il suo popolo d’origine; si narrava, tra le tante storie, che i vampiri fossero dotati di un fascino indiscreto, atto ad irretire le prede prima di poterle dissanguare. Yann non aveva mai creduto a quelle leggende fino a quel momento, eppure l’evidenza dei fatti l’aveva appena schiaffeggiato con vigore, mostrandogli quell’incantevole essere tra cui braccia si sarebbe gettato, se il suo spirito di auto conservazione non fosse intervenuto a soccorrerlo. Tra le tante leggende sui vampiri, che Baba Sceba narrava sempre ai piccoli della comunità Sinti, emergeva un dettaglio che l’anziana donna sottolineava premurandosi di guardare con cipiglio il piccolo Yann: i vampiri temevano il fuoco tanto quanto la luce del sole. Perché Baba Sceba guardasse proprio lui quando si parlava di fuoco, il piccolo non l’aveva capito, fin quando Yann non crebbe abbastanza per rendersi conto che lui fosse un padrone di questo elemento. Scosse la testa per allontanare quei ricordi, visto che non era proprio il momento di perdersi in essi, dato che un vampiro particolarmente avvenente stava per reclamare la sua gola. Ma Yann fu miracolosamente salvato da un ulteriore attacco grazie ad un fischio acuto e costante, che costrinse sia lui che Maze a tapparsi le orecchie ed accasciarsi a terra.
 
Maze fece giusto in tempo ad alzare lo sguardo in direzione di quel fischio assordante, prima di perdere i sensi ed essere trascinata via.
 
*
 

Martha aveva gli occhi chiari fissi sulla piccola strega, rannicchiata sulla sponda di un laghetto che non si chiese da dove fosse spuntato fuori. Quel giardino nascondeva segreti strabilianti e questo continuo scoprire nuovi elementi, non faceva che aumentare la curiosità di Martha. Persino un lago, ora!  Pensò mentre si avviava a passi incerti verso quel mucchietto luminoso di capelli biondi. Appena la ragazzina roteò il volto nella sua direzione, Martha sgranò gli occhi e rimase immobile, a far correre lo sguardo tra lei ed il lago. Nonostante inizialmente avesse pensato che quella creatura fosse parte di quel distopico luogo messo a punto per i detenuti (e di questo Martha ne era assolutamente certa, perché i suoi sensi s’erano attivati appena messo piede nel Giardino), subito si rese conto che, la strega, non fosse che una di loro, una reclusa. Questa consapevolezza la fece sprofondare nella tristezza. Chi poteva essere così crudele da pensare di rinchiudere una strega tanto giovane?
 
-Ciao…- bisbigliò Jules, appena Martha sembrò riprendersi dallo stato catatonico in cui si immergeva, ogni qualvolta la sua mente s’allontanava dal corpo per scovare l’illusione che le si poneva davanti. In quel caso, purtroppo, Martha non era riuscita a capire molto, se non che quel luogo in cui erano esisteva davvero, ma sicuramente era posto sotto una lunga serie di incanti potentissimi, per il momento impossibili da individuare ed intaccare
 
-Ehi…ciao piccola, io sono Martha, tu come ti chiami?-
 
-Martha…un nome da guerriera- sorrise dolce Jules, prima di alzarsi e sistemare il suo vestitino chiaro –Io sono Jules e non sono tanto piccola, sto per fare quattordici anni, sai?-
 
Martha sorrise davanti quegli occhioni che s’erano piegati con disappunto
 
-Non volevo offenderti, Jules-
 
La tassorosso scosse la testa e tornò a sorridere –Non mi sono offesa, non lo faccio quasi mai! Tu in quale cella sei? E come mai sei qui? Io stavo aspettando un amico-
 
Martha inarcò un sopracciglio –Un amico…? Hai un amico qui dentro?-
 
La piccola strega annuì –Sono sicura lo faranno arrivare qui…lui adora l’acqua! Oh!-

 
   
 
Nel percepire dei passi entrambe le streghe si voltarono, Jules con una luce di speranza negli occhi, Martha decisamente guardinga. D’istinto la più grande si affiancò a Jules, pronta a difenderla se ce ne fosse stato bisogno anche se, senza la sua bacchetta di betulla, sarebbe stato difficile fare alcunché. Non riuscì comunque a non sgranare gli occhi davanti alla figura di un altissimo ragazzo che s’avvicinava a loro, con lunghi capelli ondulati dorati, le cui ciocche superavano la metà della schiena. Vide quel ragazzo aprirsi in un gran sorriso alla vista di Jules, ma immediatamente lo sguardo si indurì quando si scontrò con Martha
 
-Alon!- gridò Jules correndo nella sua direzione. Solo in quel momento Martha si rese conto delle pesanti calzature che portava la strega ai piedi. Il ragazzo tornò a sorridere, così poggiò un ginocchio a terra e si preparò a stringere in un abbraccio Jules, che non esitò a gettargli le braccia al collo
 
-Sapevo ti avrebbero portato qui! Hai visto? C’è dell’acqua! Puoi trasformarti!-
 
Agli occhi di Martha era evidente che quei due si conoscessero già, per questo non s’azzardò a correre nella loro direzione; quell’Alon la strinse con delicatezza e le chiome chiare si mischiarono, regalando a Martha uno spettacolo piacevolmente dolce, delicatissimo
 
-Ciao bambina, sono contento di rivederti- disse lui guardandola, mentre carezzava i suoi capelli e si gustava la smorfia di Jules
 
-Non sono una…-
 
-Bambina…si lo so, hai quasi quattordici anni- Alon rispose al posto di Jules, abbandonando poi l’abbraccio per rimettersi in piedi e fissare Martha, a debita distanza
 
-Chi sei?- chiese alla strega
 
-Tranquillo…siamo nella stessa situazione- L’esile figura della strega s’avvicinò ai due, mentre d’istinto Alon stese un braccio in protezione di Jules, la quale afferrò la sua mano per fargli abbassare il braccio
 
-Non ti devi preoccupare- cinguettò Jules
 
-Io sono Martha…Martha Zeller, chiusa nella cella omicron-
 
Solo in quel momento Alon abbassò le sue difese ed allungò la mano, per stringere quella decisamente più modesta di Martha –Io sono Alon…devi scusarmi, ma sono ormai quasi venti giorni che sono chiuso qui, questo giardino mi sta facendo impazzire-
 
-Ti capisco- annuì Martha –per caso hai mai incontrato il…-
 
Ma Alon alzò una mano per interromperla –Scusami, non voglio risultare scortese ma possiamo rimandare a dopo le chiacchiere? Non so quanto tempo abbiamo a disposizione e devo fare una cosa davvero importante-
 
Martha rimase interdetta, ma poi annuì. Guardando a lungo quel mago, aveva intuito che altro si nascondesse dietro a quell’ingombrante ragazzo, ma non fece ulteriori domande, limitandosi ad osservare Jules che, con passi leggeri nonostante quelle scarpe che sembravano pesanti come macigni, trascinava Alon fino alla riva del lago
 
-Vai…so che ci tieni tanto!- lo incitò la piccola Tassorosso, affiancata presto da Martha. Insieme le streghe osservarono Alon sorridere raggiante mentre sfilava le scarpe consumate che portava ai piedi, la maglia candida che scoprì un fisico tonico e muscoloso ed i pantaloni scuri
 
-Ma cosa…-
 
-Aspetta- Jules strattonò la camicia di Martha, la quale stava per gettarsi contro Alon per intimarlo di rivestirsi. Non seppe spiegarsi il motivo, ma la giovane donna si fidò di Jules e rimase a guardare quel ragazzo tuffarsi con agilità nell’acqua.
Attese con il fiato sospeso di vederlo riemergere, ma dopo un minuto buono cominciò ad agitarsi
 
-Sarà un tranello di questo posto! Dobbiamo aiutarlo, non sta riemergendo!-
 
Martha era già pronta a sfilarsi i vestiti per gettarsi nel lago, quando il mulinare dell’acqua la arrestò, lasciandola poi senza fiato: Una lunga coda sbucò dalla cresta lacustre, che schiaffò l’acqua, generando un vortice definito al centro del quale, poco dopo, emerse la figura del tritone, raggiante più che mai
 
-Alon! È magnifico!- Jules immerse i piedi nell’acqua e solo a quel punto slacciò le cinghie delle scarpe. Martha rimase per la seconda volta senza respiro, mentre guardava quella piccola strega librarsi in aria, con le braccia stese verso Alon che, ridendo, la tirò a sé, inglobandola nel vortice d’acqua che lo stava avvolgendo.
Incredibile, pensò Martha che non era affatto abituata a stupirsi di nulla, vista la peculiarità di cui era dotata; i suoi occhi chiari stavano assistendo ad uno spettacolo unico: idrogeno ed ossigeno, acqua ed aria erano incarnati davanti a lei e ridevano sinceramente felici, nonostante non fossero che prigionieri, in quel labirinto terribile.
 
*
 
 
Lucas aveva finalmente messo piede fuori dalla sua cella. La prima cosa che pensò di fare, appena gli avevano concesso la libertà fuori da quella prigione, fu cercare i propri aguzzini per riempire i loro polmoni di terra e foglie secche, così da sfogare tutta la sua frustrazione. Non gli importavano le conseguenze in quel momento, l’unica cosa che riempiva i suoi pensieri altro non era che una sana vendetta contro coloro che l’avevano rinchiuso lì e che, attualmente, non gli avevano fornito spiegazione alcuna. Se normalmente Lucas provava timore ad utilizzare la sua particolare facoltà, di contro era certo che quei maledetti Mangiamorte si meritassero un trattamento d’onore. Purtroppo la cella si era aperta come in automatico, ma nei paraggi non c’era nessuno; si limitò quindi a percorrere il percorso obbligato del giardino, che ispezionava per la seconda volta da quando era stato chiuso lì dentro. Il paesaggio si modificava ad ogni passo: là dove poco prima aveva visto un muro di siepe, d’improvviso apparve una porticina di legno intarsiato, che Lucas era costretto ad oltrepassare se non avesse voluto restare in un vicolo cieco. Afferrò il pomello d’argento e tirò la porta a sé con forza.
Trascinando dal suo lato qualcuno, che finì a terra. Ok, Lucas doveva imparare a dosare la sua forza
 
-Dannato Salazar!- una voce familiare uscì da quel corpo ancora steso. Lucas si irrigidì, prima di rendersi conto che forse avrebbe dovuto soccorrere la povera malcapitata
 
-Tutto bene?- Chiese lui allungando una mano per aiutare la strega a rimettersi in piedi; strega che, appena alzò il capo, riconobbe
 
-Odette…? Sei davvero tu?-

 

 
 
La ragazza accettò l’aiuto, mostrando una faccia di disappunto
 
-Lucas Heathcote, come è possibile che tu sia cresciuto ancora, da Hogwarts?! Sei un gigante!-
 
Lucas osservò la ragazza per capire se stesse bene, prima di rispondere
 
-Tu invece sei sempre la stessa, come è possibile?-
 
Odette sistemò i capelli e spolverò i vestiti con rapide manate –Un medimago deve mantenersi in forze, se vuole aiutare i propri pazienti…inoltre ho qualche amico nel reparto di magichirurgia estetica- scherzò lei, affrettandosi poi a guardarsi intorno –Quindi sei finito qui anche tu…aspetta non me lo dire…sei davvero diventato un auror?! Lucas il re dei festini?! Vorrei tanto sapere chi ti ha concesso il diploma!-
 
Lucas sbuffò e scosse il capo; Odette non aveva perso il vizio di leggere la mente delle persone evidentemente. Durante gli anni che avevano condiviso ad Hogwarts, nonostante fossero in case diverse e la strega fosse più grande di un anno, i due si erano ritrovati nello stesso gruppo di amici, condividendo il tempo libero dallo studio organizzando feste clandestine, facendo impazzire il povero Gazza. Inoltre si erano spesso spalleggiati a vicenda riguardo la loro omosessualità, cosa che intensificò il loro rapporto. Ma una volta diplomata, Odette aveva perso i contatti con Lucas ed il resto del gruppo, dato che lo studio per diventare medimago l’aveva totalizzata. Rivederla in quel contesto, dunque, aveva decisamente destabilizzato Lucas, che non riusciva a togliergli gli occhi di dosso
 
-Senti, mi piacerebbe molto parlare dei tempi passati- Odette interruppe il flusso dei suoi pensieri –ma ora abbiamo davvero bisogno di capire qualcosa di questa situazione, non ti pare?- Così la strega si avvicinò al mastodontico amico e bisbigliò –Tu hai conosciuto il dottore?-
 
Lucas non aveva idea di chi stesse parlando Odette, ma non gli fu necessario dire una sola parola dato che la strega sospirò, desolata
 
-Per piacere Dettie, puoi non leggermi continuamente la mente? È snervante-
 
-Dettie! Era una vita che nessuno mi chiamava così! Comunque hai ragione, scusami…mi viene spontaneo, non ci posso fare niente-

 

 
 
Entrambi si voltarono d’improvviso verso la porta, che si stava aprendo nuovamente: Evangeline fece capolino, lanciando un’occhiata alla strana coppia che sembrava persa in amabili chiacchiere. La ragazza strinse gli occhi chiari e non accennò ad oltrepassare totalmente la porta, scatenando la curiosità dei due
 
-Chi siete?- chiese senza mezzi termini né presentazioni. Le pupille correvano frenetiche dall’uno all’altra, in attesa di una risposta
 
-Potrei farti la stessa domanda, ragazzina- La rimbeccò Lucas, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni
 
-La mamma non ti ha insegnato che non si risponde alle domande con altre domande?- Un sorriso acido increspò il viso di Evangeline, scatenando una risata di cuore da parte di Odette
 
-Tagliente la ragazza, mi piace!-
 
-Come se fosse una novità- la canzonò Lucas; fra quei due c’era sicuramente una complicità che durava da tempo, pensò Evie mentre frugava nella mente alla ricerca di una soluzione per non finire fregata dalla coppia. Potevano tranquillamente essere altri reclusi, come quel William che aveva conosciuto tempo prima, oppure qualche altro maledetto Mangiamorte, dato la serenità con cui si trovavano lì. Insomma, Evangeline non avrebbe dovuto fidarsi facilmente; per questo trovò scontato ricorrere al proprio potere, per tastare il terreno: scavallò la porta su cui s’appoggiò e, dopo aver agganciato un indice al labbro inferiore, con sensuale delicatezza, soffermò l’attenzione su Lucas
 
-Ti andrebbe di avvicinarti?- chiese con voce melodiosa. Il ragazzo si sentì d’un tratto stordito, incapace di resistere alla richiesta di quella giovane strega che si era appena rivolta a lui.
Odette osservò, sconvolta, il vecchio compagno avvicinarsi alla ragazza senza esitare; tentò di penetrare la sua mente, per capire chi fosse e cosa le passasse per la testa, ma trovò impossibile leggerle i pensieri. Per questo seguì Lucas mentre, arrabbiata, cominciò a rivolgersi a lei in malo modo
 
-Come è possibile?! Non hai la bacchetta, lo vedo! Non puoi aver lanciato un Imperius a Lucas!-
 
Evie dedicò ad Odette un’espressione fintamente sorpresa
 
-Io? Non so di cosa tu stia parlando-
 
Fu in quel momento che Lucas si riscosse; sentiva un vago cerchio intorno alla testa, come quello che rimane la mattina dopo una sbronza. Ci mise poco a capire che quella ragazza lo aveva appena fregato, anche se non si spiegava come avesse potuto fare, visto per altro la sua giovane età. Questo fece tremare la terra sotto i piedi di Evangeline che, d’improvviso, si ritrovò irretita in un reticolo di liane. Spaventata, la giovane cominciò ad urlare, assottigliando così la barriera che aveva cautamente issato nella mente, per impedire a chiunque di oltrepassarla
 
-No…no! Che succede?! Lucas dobbiamo aiutarla! Si chiama Evangeline Montague ed è reclusa, proprio come noi!- Odette, inconsapevole che fosse proprio il mago ad aver scatenato la furia della terra, cominciò a strattonargli il braccio. Ma Lucas non voleva farlo, semplicemente quando si trovava in pericolo era la terra, a rispondere al posto suo. Fu così che le liane cominciarono a ritirarsi, lasciando Evangeline a terra, boccheggiante ed in ricerca d’ossigeno. Odette a quel punto corse verso di lei e la avvolse le spalle con un braccio
 
-Forza cara…respira! Non so da dove vengano, ma quelle cose se ne sono and…- La strega s’interruppe e, lentamente, alzò gli occhi scuri verso Lucas. Possibile che non si fosse mai accorta che il ragazzo possedesse un potere tanto letale?
 
*
 
 
Un’altra notte quasi in bianco, anche se era abbastanza complicato, se non impossibile, distinguere le ore diurne da quelle notturne. William comunque era abituato all’insonnia e per questo non percepiva più della solita stanchezza che gli era propria. Abbandonato sul letto, prese a canticchiare una canzone scritta di proprio pugno, mentre lo sguardo vagava, distratto, sul soffitto chiaro; non si sentiva particolarmente spaventato: William si sentiva annoiato, ecco il punto. Da quando era stato portato in quel luogo infernale, le uniche persone che aveva avuto il dispiacere di incontrare erano state una ragazzina nella sua stessa condizione, un uomo dalla faccia burbera che non doveva avere che una manciata di anni in più di lui ed una sua vecchia conoscenza che, ironia della sorte, proprio in quel momento fece ticchettare le unghie sulle sbarre della cella
 
-Siamo allegri oggi, signor Lewis?- la voce di Roxanne  ruppe la cantilena svogliata ed il flusso rapido di pensieri che aveva affollato la mente di Wiliam. Il mago si tirò su con un colpo di reni e, flemmatico, trascinò il passo fino alle sbarre, trovandosi a fissare con placida serenità gli occhi chiari della Mangiamorte
 
-Non più del solito. Qual buon vento ti porta qui, Roxanne?-
 
La donna fece correre ancora le unghie contro le sbarre, dando vita ad una conta immaginaria. Quando s’arrestò, la mano avvolse il ferro ed un sorriso sornione risvegliò il suo viso
 
-Ordini del dottore, è l’ora della passeggiata…non vuoi prendere un po’ d’aria?-
 
-Sinceramente…no- commentò –ma sospetto di non avere altra scelta, non è vero?-
 
In una situazione “normale”, William non avrebbe sopportato di restare chiuso in uno spazio tanto limitato, ma considerava il giardino una gabbia ben peggiore e certamente più pericolosa di quella cella, ragion per cui non accettava con voglia l’idea di uscire di lì
 
-Come siamo perspicaci Will- Roxanne gettò un’occhiata all’orologio da taschino, prima di lanciare un incantesimo alla cella che, lentamente, cominciò ad aprirsi –oggi vogliamo metterti un po’ alla prova; pare che il dottore sia molto incuriosito dalla tua peculiarità, quindi credo sia giunto il momento di darne prova, non trovi?-
 
Una smorfia accigliò il viso di William. Di certo non si poteva dire che il suo particolare potere fosse piacevole da mettere in pratica; in realtà era faticoso e non era ancora in grado di gestirlo a dovere. Più di una volta si era ritrovato in fin di vita, dopo averlo utilizzato, ma convenne con se stesso che non avrebbe potuto comportarsi diversamente da così. Il suo intuito brillante, difatti, aveva fatto sorgere in lui il sospetto che qualsiasi movimento di insubordinazione, avrebbe comportato conseguenze ben più gravi di quelle mostrate loro in superficie. William non era uno che voleva guai, mai. Per questo seguì Roxanne senza aggiungere altro mentre, per distrarsi, riprese a canticchiare quella vecchia canzone.
 
*
 
 
 
Victor era stato trascinato nella sua cella, assieme ad una strega che non aveva mai visto prima. Se non fosse stato troppo preso a gestire gli effetti di una maledizione cruciatus troppo prolungata, si sarebbe forse soffermato a studiare quella ragazza molto bella, anche se decisamente provata. Adrian Reed lo aveva richiuso lì dentro assieme a lei e se n’era andato, affermando che avrebbe dovuto aspettare; ma come faceva? Era come se fiamme ardenti lo bruciassero dall’interno e non accennavano a diminuire. Ovviamente un’altra tacca si era aggiunta a quella maledetta piramide, visto che per l’ennesima volta, Vicky non si era comportato bene
 
-Come ti senti?- Chiese Cora, con le braccia incrociate, guardandolo contorcersi sul lettino
 
-Come vuoi che stia? Vorrei strappare…strappare la faccia di quel…pezzo di…aaah!-
 
Victor sapeva che l’unico modo per uscire da quello stato, o almeno per placare il dolore, era concentrarsi su altro. Con le mani sullo stomaco si mise faticosamente a sedere e puntò lo sguardo sulla ragazza in piedi davanti a lui
 
-Hai detto che ti chiami…Cora Dagenhart…non sarai mica…aaah…la sorella di Aisling, eh?-
 
Cora inarcò di molto un sopracciglio; certo, il suo cognome era famoso, quindi non doveva stupirsi che quel tipo strano conoscesse Ais
 
-Già, come conosci il mio adorabile fratello maggiore?-
 
Vicky fece una smorfia, che Cora tradusse come un sorriso, anche se intaccato dal dolore
 
-Signorina Daghenhart…ma tu sai chi sono io? Prima di tutto…s-sono il vice direttore de “La Gazzetta del Profeta”, sai…quante interviste….aaah merda!- Victor si piegò per una fitta particolarmente dolorosa, prima di ricominciare a parlare –Scusa, penso mi stiano attaccando lo stomaco…comunque sai quante interviste ho fatto…a quel ragazzone di Aisling? Devo ammettere che…non mi pare affatto abbia la stoffa per diventare Ministro…-
 
Victor ridacchiò sfrontato. Cora provò l’istinto di peggiorare la sua situazione, ma si limitò a guardarlo con sufficienza e non muoversi di un passo, anche se era difficile evitare lo sguardo del magigiornalista
 
-Secondo poi sono…per mia disgrazia, l’erede Selwyn…sicuramente i tuoi genitori…ti avranno offerta a mio padre in sposa almeno…almeno una volta-
 
Victor riprese a sghignazzare, scatenando un forte astio da parte di Cora; quel mago tanto insolente era insopportabile, presuntuoso ed arrogante, l’ultima persona che avrebbe mai accettato di sposare, non fosse stato per il suo cognome
 
-Per fortuna allora che non se n’è mai fatto niente…- Cora si piegò, mantenendo le braccia incrociate, per accostarsi a lui e mostrare uno dei suoi sorrisi più taglienti –O a quest’ora sarei quasi vedova, a quanto vedo-
 
Lo sferragliare della grata distrasse i due da quello scontro verbale. Cora si raddrizzò nell’immediato, per osservare Roxanne Borgin entrare nella cella in compagnia di uno sconosciuto
 
-Roxie! Come mai qui? Ti…ti serve lo zucchero?-
 
-Persino da moribondo non riesci a tenere la bocca chiusa, sei encomiabile, o pazzo…-
 
-Sono pazzo si, pazzo di te, o mia bella zitella!-
 
La Mangiamorte evitò di rispondere all’ennesima provocazione. Fortuna fosse una strega dotata di un autocontrollo invidiabile, altrimenti avrebbe mandato all’aria i piani del suo capo e avrebbe dato il colpo di grazia a quell’idiota di Victor Selwyn senza attendere un altro istante. Allungò una mano per fare le presentazioni
 
-Lui è…-
 
-E ci mancava il menestrello…ora si che siamo al…aaah….al completo!-
 
William non dette peso al sarcasmo di Victor Selwyn e tentò di mascherare la sorpresa di vederlo lì. Stessa cosa fece con quella giovane strega, della quale conosceva la famiglia, purtroppo. Cora di contro sembrò non riconoscere William, così si limitò a fare un cenno del capo nella sua direzione e tornò a chiudersi nella stretta delle braccia. Voleva solo uscire di lì il prima possibile, non le importava affatto di fare nuove amicizie
 
-Bene…William, il nostro simpatico Victor ha bisogno di una mano: purtroppo Adrian ha calcato un po’ troppo la mano con l’ultima maledizione e pare che…non passi definitivamente l’effetto- Roxanne mostrò un sorriso a William –Vuoi pensarci tu?-
 
Cora puntò gli occhi chiari su William; se fino a qualche istante prima non aveva il minimo interesse a conoscere quell’uomo, a seguito di ciò che aveva detto Roxanne una vivida curiosità si era instillata in lei. Quel mago tirò una cioccia di capelli neri dietro l’orecchio, prima di compiere qualche passo in direzione di Victor che lo fissava dubbioso. Era troppo debole per poter attivare il suo scudo che, fra l’altro, non aveva ancora la benché minima idea di come gestire. Di conseguenza non provò a ritrarsi quando William Lewis gli strinse il volto scavato con le mani. Lo lasciò fare, quando fece collimare le loro fronti.
Cora vide William socchiudere gli occhi. Fu istintivo, per la giovane strega, ritirarsi fino ad un angolo della cella, quando William spalancò gli occhi ed inspirò forte, generando un rantolo che sembrava provenire da un’oscura caverna. Gli occhi algidi di Cora seguirono una scia scura salire dallo stomaco di Victor Selwyn ed incanalarsi nella bocca spalancata di William, il quale inghiottì fino all’ultimo granello.
William si ritrasse barcollando, sotto gli occhi stupiti di Cora, quelli sbarrati di Roxanne e quelli scossi di Victor che, d’improvviso, sentiva di non avere più alcun dolore.
 
-Lewis…?- Roxanne lo richiamò con cautela, ma poi fu costretta a pararsi gli occhi, imitata da Cora e Victor, perché un fascio luminoso come il nucleo del sole di mezzogiorno si liberò dall’altezza dello stomaco, schizzando fuori dalla cella e disperdendosi nell’aria, lasciando infine William cadere a terra, svenuto.
 
*
 
 
Elyon si muoveva nella cella con irrequietezza. Aveva perso il conto dei giorni ormai, ma sapeva alla perfezione quando era stata l’ultima volta che aveva incontrato Adrian, o meglio, che si era scontrata con lui: dieci giorni, dieci lunghi e dolorosi giorni. Elyon si sentiva estremamente combattuta, perché da un lato si era sentita tradita da Adrian e da Robert Steiner, dall’altro, comunque, provava un enorme senso di disagio da quando aveva capito che il Mangiamorte fosse a conoscenza della sua condizione.
Elyon aveva sempre tentato di nascondere la propria licantropia al mago, convinta del fatto che lui l’avrebbe guardata con occhi diversi, certamente con disgusto; la cosa peggiore di quella situazione, era infatti che Elyon avesse scelto personalmente, di diventare un licantropo, non era stata morsa a tradimento. E no, Adrian Reed, questo, non l ‘avrebbe accettato, lo conosceva troppo bene. Non sapeva come muoversi con lui, perché se era vero che il loro rapporto si era spesso basato sullo scontro, era altrettanto vero che desiderava con tutta se stessa che l’uomo riversasse fiducia in lei. Fiducia che sentiva di aver tradito, come Adrian aveva tradito la sua.
Le pupille si fecero prepotentemente spazio nelle iridi chiare, quando sentì dei passi farsi vicini alla propria cella; poteva essere Lucas, di ritorno dal giro imposto, come poteva essere qualcun altro. Ma appena vide la sagoma in controluce di Adrian, il solito fare nervoso di Elyon s’accentuò: scalza, s’avvicinò con fretta alle sbarre a cui s’aggrappò, inchiodando lo sguardo dell’uomo, che ricambiava con estrema durezza
 
-Sei sparito…sparito per giorni…mi hai lasciata in balia di quella stronza della Borgin- sibilò lei, trattenendo comunque il moto d’ira
 
-Avevo bisogno di pensare, comunque non mi sembri nella posizione di poter recriminare nulla- Adrian passò una mano sui baffi, sistemandoli con cura, prima di accostare il viso alle sbarre. Si guardarono a lungo, in silenzio, perché Elyon non voleva commettere nessun passo falso, non in quel momento, non con lui
 
-Se prometti di fare la brava ti faccio uscire, anche se oggi non ti spetterebbe-
 
-Adrian…devo parlare con Steiner, per piacere- la voce si fece melensa e docile, nulla a che vedere con quella stridula che aveva assalito il Mangiamorte dieci giorni prima; ma Adrian scosse il capo –Oggi non è possibile, ha altro a cui pensare. No Elyon, non farmi perdere la pazienza ancora una volta, è già tanto che io sia venuto qui oggi- La voce profonda e ferma del mago mise subito a tacere le proteste della donna, la quale si staccò dalle sbarre
 
-E va bene…fammi uscire-
 
*
 
 
Joshua non era stato liberato come le altre volte. Ancora una volta, pare che il dottore avesse bisogno della sua figura, così il professore fu scortato oltre il giardino, fino ad una porta che non riconobbe e che, ne era quasi certo, non aveva mai visto prima. Stranamente quel cammino lo riportò con la mente ad Hogwarts, quando veniva spedito dalla vicepreside perché qualche suo compagno di casa lo aveva messo in mezzo. Joshua provò una fitta allo stomaco al pensiero degli anni passati alla scuola. Mentre camminava ripensava a quanto fosse stato bullizzato dai suoi stessi compagni, che lo avevano sempre accusato di essere un serpeverde mancato, piuttosto che un grifondoro come loro. Forse anche da quello era stato scatenato lo spirito dissidente nei confronti della propria famiglia.
Il metamorfo si ritrovò ad oltrepassare quella porta combattendo contro una corrente fortissima e tiepida ma, superata quella, un’altra porta lo attendeva, questa volta aprendosi in un’anticamera decisamente ampia, semibuia a causa del maltempo che sembrava imperversare fuori dalle ampie finestre. Si fece vivo l’istinto di gettarsi contro uno dei vetri e scappare, ma sapeva che non avrebbe avuto alcuna possibilità, in quanto probabilmente ogni angolo di quel posto era sorvegliato. Allontanarsi dal perenne bel tempo del giardino lo aveva destabilizzato, obbligandolo a mantenere l’attenzione sulle gocce che picchiettavano contro le finestre; solo ad un secondo richiamo, Joshua si ridestò e salì la larga scalinata di legno scuro che si apriva nell’anticamera.
Attraversò un corridoio superando una, due, tre porte, fin quando non gli fu ordinato di arrestarsi ed attendere. Non conosceva la persona che lo aveva condotto fino a lì, essendo nascosta dal mantello e la maschera tipica dei Mangiamorte, ma non osò chiedere alcun tipo di dettaglio sulla sua identità.
Quando la mano guantata del Mangiamorte aprì la porta dello studio, Joshua dovette attendere di essere richiamato, prima di entrare; rimase abbagliato dall’enorme libreria a parete che non lasciava quasi spazio libero, impeccabilmente in ordine, così come l’ampio scrittoio dietro il quale, con le mani allacciate dietro la schiena, un uomo gli dava le spalle. Probabilmente stava osservando il paesaggio oltre l’ampia finestra doppia, unico punto di respiro dello studio. Solo quando sentì un rumore alla sua sinistra, si rese conto che quel babbano che aveva conosciuto, Alistair, fosse imbavagliato e costretto seduto su una piccola poltrona dall’aria comoda
 
-Grazie, Evan- la voce arrivò sicura, così il Mangiamorte annuì e si pose di fronte la porta dello studio, con le braccia incrociate.
Joshua si irrigidì ma ancora una volta attese paziente in silenzio, fin quando quell’uomo che gli dava le spalle non si voltò lentamente, mostrando un sorriso piacevolmente disteso ed un paio di occhi chiari, che lo osservavano placidi
 
-Joshua Hollens…ti ringrazio per essere venuto qui. Ti ricorderai di me, suppongo-
 
E come, se lo aveva riconosciuto
 
-Robert? Vorresti dirmi che dietro a questa storia ci sei tu?- il ragazzo strinse i pugni nel tentativo di mantenere il controllo. Certo non era semplice, difatti nonostante si sforzasse di mantenere disteso il viso, i suoi capelli virarono repentinamente ad un rosso brillante, cosa che fece sorridere ancor più il dottore
 
-Immagino non debba essere piacevole la tua condizione, caro ragazzo…ma possiamo affermare che io abbia fatto di tutto, per tirarti fuori dai guai o sbaglio? Ma non hai voluto sentire ragioni…-
 
-Non immaginavo che mio padre sarebbe arrivato a tanto…-
 
-Oh, ma tuo padre non c’entra nulla- Robert circumnavigò la scrivania, mantenendo le mani allacciate dietro la schiena –Ma tempo al tempo ragazzo mio, ora abbiamo una questione più importante di cui occuparci- Steiner si posizionò davanti ad Alistair che lo guardava tremante di paura, tentando di dimenarsi per quanto gli era possibile
 
-So che hai aiutato la mia adorata Roxanne a spiegare a questo babbano chi siamo e di questo te ne sono estremamente grato. Ma ora ho bisogno che mi aiuti a calmarlo, perché sono certo che il nostro…amico, non riuscirebbe a scatenare il suo potere, in questo stato d’agitazione-
 
Joshua era decisamente scosso, aveva appena scoperto che era stato un amico di suo padre a rinchiuderlo in quel terribile luogo ed ora, quello stesso uomo, pretendeva aiuto da lui. Prima che Joshua potesse ribattere, Steiner fece un cenno col capo al Mangiamorte sulla porta, che subito scomparve oltre essa
 
-Sai Joshua, questo giovane babbano non è come tutti gli altri, lui può fare una cosa che nessuno, nemmeno noi maghi, siamo in grado di fare. Mi spiego? Tu che ami tanto i babbani, non ritieni questa una cosa strabiliante? Non ti nego che ne sono…incantato-
 
Joshua puntò lo sguardo su Alistair, che lo ricercava con agitazione. Osservò la sua fronte spaziosa, imperlata di sudore ed i suoi piccoli occhi chiari, che urlavano silenziosamente aiuto. Joshua lo avrebbe anche fornito se avesse saputo come fare, ma non ebbe nemmeno il tempo di formulare un’idea, in quanto il Mangiamorte rientrò nello studio tenendo un cane di media taglia al guinzaglio ed una gabbia nell’altra mano, con dentro un altro piccolo cane che sembrava…morto. Robert Steiner slacciò le mani e le congiunse davanti al viso
 
-Ottimo! Adoro gli esperimenti- aggiunse scherzosamente, tornando a dedicare attenzione a Joshua
 
-Forza ragazzo, dai una mano a questo babbano a darsi una calmata, abbiamo del lavoro da fare- concluse, prima di allungare una mano a carezzare la testa del cane ancora in vita.
 
*
 
Adrian accese una sigaretta e anticipò il passo nervoso di Elyon. Per buona misura la strega tentò di affiancarlo, lanciando occhiate al movimento scattoso con cui Adrian accostava la sigaretta alla bocca
 
-Dove stiamo andando?- chiese d’impulso
 
-Voglio mostrarti una cosa- rispose laconico Adrian che trattenendo la sigaretta fra le labbra rigide, estrasse la bacchetta e con un incantesimo fece aprire un piccolo squarcio in una siepe. La oltrepassarono, così Adrian allungò il braccio davanti ad Elyon, obbligandola ad arrestarsi.
La donna ebbe l’impulso di afferrare la bacchetta del Mangiamorte, ma l’uomo fu più veloce di lei, riponendola all’interno della giacca
 
-Invece di pensare a come attaccarmi, guarda laggiù-
 
-Ma io…-
 
-Ho detto: guarda-
 
Adrian indicò un lago, da cui provenivano risate melodiose. Lo sguardo di Elyon si incastrò sull’immagine di una piccola nuvola di capelli chiari, che si librava sul lago trattenuta per una mano, da un ragazzo immerso nell’acqua. Fu inevitabile sussultare appena vide la pinna di una lunga coda fuoriuscire dallo specchio cristallino
 
-Ma quello è un tritone? E quella ragazzina…sta volando?-
 
Adrian accennò un sorriso, spezzato dalla sigaretta che, poco dopo, gettò a terra, meritandosi un’occhiataccia da parte di Elyon
 
-Hai appena inquinato questo luogo!- Elyon si chinò per scostare il mozzicone e sfiorare l’erba annerita da esso; Adrian la osservò concentrarsi e subito lo sguardo ricadde sulla mano imposta di Elyon, che magicamente fece tornare l’erba alla sua condizione naturale, mentre una lieve smorfia di dolore si formava sul suo viso tagliente
 
-Non sei cambiata…tieni più a un ciuffo d’erba che al tuo fisico. Sai che ti fa male, no?-
 
-Non fare finta di tenerci a me ora…se fosse così mi avresti liberata!-
 
-Abbassa la voce- la rimbrottò Adrian, prima di tornare a guardare la scena sul lago –Come puoi ben vedere non sei la sola ad essere strana, qui-
 
Strana. Ecco come la vedeva, Adrian. Elyon maledisse quella parte di sé che teneva all’opinione che il mago aveva di lei, al punto di sentirsi sbagliata, in sua presenza, ma ingoiò il sentimento per indossare la sua solita maschera algida
 
-Vuoi dirmi che siamo stati rinchiusi qui perché siamo fenomeni da baraccone?-
 
-Quel che voglio dire, Ellie, lo dovrai capire da sola. Se Steiner sapesse di questa nostra chiacchierata mi estrometterebbe immediatamente dal progetto. Fortuna che ora è troppo occupato, per fare caso a me-
 
-Quale progetto?! Di cosa diavolo stai parlando?! Ti prego Adrian! Farò di tutto pur di uscire di qui, ma tu devi dirmi qualcosa, ti prego!-
 
Adrian socchiuse gli occhi mentre le mani della strega strattonavano il suo braccio. Non poteva dirle nulla, specialmente non poteva fare nulla più di quanto stesse già facendo, perché sapeva perfettamente che Elyon occupasse un posto speciale, per lui. Ma il progetto era più importante
 
-Basta così, torniamo indietro, altrimenti ci scopriranno. Come sospettavo sei solo una ragazzina iraconda e viziata, che non è in grado a starsene buona per cinque fottuti minuti!-
 
Nonostante la ribellione da parte della strega, Adrian la trascinò nuovamente oltre la siepe che immediatamente si richiuse alle loro spalle. Probabilmente aveva fatto un altro errore di valutazione con lei. Non era ancora pronta ad affrontare la situazione.
 
*
 
Martha aveva passato il proprio tempo a tenere d’occhio la situazione del lago. Quei due l’avevano così tanto rapita, che non si accorse che, poco distante, due persone erano apparse e poco dopo scomparse. Ma quando la siepe si richiuse, il suo sesto senso s’attivò. Rapida, piroettò su se stessa, fissando il punto in cui la siepe si era appena richiusa. Nessun movimento indicava il passaggio della magia, ma Martha Zeller era più che certa che qualcuno avesse compiuto un incantesimo.

Li stavano osservando?

 

Buon pomeriggio a tutti e colgo l’occasione per augurarvi Buon Natale, buon quasi anno nuovo e chi più ne ha più ne metta. Spero che le vostre vacanze stiano andando per il meglio. Per quanto mi riguarda ci tenevo a pubblicare il capitolo prima di capodanno, anche perché sarò all’estero dal due al sei di Gennaio e non avrei avuto altro momento per pubblicare. Ma bando alle ciance!
Cominciate ad inquadrare un po’ di più questi personaggi? Vi assicuro che di dettagli da svelare sui vostri oc ce ne sono moltissimi, ma ci tenevo a farveli inquadrare fin da subito (motivo per cui ho inserito ora delle gif anche se, come ha notato Em, non è che io le ami particolarmente. Ah, la gif di Vicky lo ritrae da giovincello, ma è l’unica che ho trovato!); spero di esserci riuscita e spero che voi autrici siate soddisfatte di come ho reso il vostro oc. Se qualcosa non vi dovesse suonare, ovviamente, scrivetemi in privato senza problemi, ogni consiglio è bene accetto!
Allora che cosa abbiamo capito? I poveri reclusi vengono fatti uscire, apparentemente casualmente, talvolta incontrandosi con altri reclusi altrettanto casualmente. Beh, sappiate che Robert Steiner (che rincontriamo con sommo gaudio dei poveri Joshua ed Alistair in questo capitolo) non lascia nulla al caso. A tutto c’è una spiegazione, ma se vi svelassi tutto ora penso non ci sarebbe gusto. Volete avanzare delle ipotesi? Condividere con me le vostre prime supposizioni?
Poi poi poi…chiedo di farmi due nomi di due oc che vi hanno particolarmente incuriositi, mi servirà più avanti, quando comincerò a dedicare dei capitoli ad ogni oc (ma non temete, in ogni capitolo appariranno tutti i vostri personaggi).
Direi che ora è tutto, spero di avervi soddisfatti.
 
Auguri a tutti :)
 
Bri
   
 
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