Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: CalvinCoolest    02/01/2019    0 recensioni
Appena si furono allontanati, iniziarono a scendere gli hovercraft, uno per ogni cadavere.
Improvvisamente, Domitia pensò a come ognuno di quegli hovercraft conteneva un corpo che presto sarebbe tornato a casa in una cassa di legno. E uno di quelli era lì per causa sua.
Da qualche parte, a Panem, una famiglia era in lutto per colpa sua.

| 41esimi Hunger Games | Il rating potrebbe cambiare
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
▪ CAPITOLO PRIMO ▪
Yanantin

Gadge contò otto colpi di cannone, un bagno di sangue piuttosto misero.
La maggior parte dei Tributi, gli era parso, era immediatamente scappato il più lontano possibile dalla Cornucopia. Il suo mentore gli aveva dato come consiglio per sopravvivere proprio quello di stare il più lontano possibile dalla Cornucopia in ogni momento dei giochi, e immaginava che molti Tributi dei distretti meno ricchi avessero seguito la stessa tattica. Nonostante ciò, Gadge era riuscito ad aggiudicarsi uno zainetto, strappandolo dalle mani del ragazzo del Distretto 9. Il ragazzo del Distretto 9, poi, era stato ucciso dalla ragazza del Distretto 1.
Gadge, che non era mai stato particolarmente bravo nella corsa di resistenza, continuò a correre in direzione opposta alla Cornucopia fino a quando sentì che il respiro gli mancava. Poi, iniziò a camminare. Lo zainetto, che era piuttosto leggero, gli sembrava comunque fin troppo pesante da portare sulle spalle. Voleva fermarsi.
Continuò ad andare avanti.
Il suo mentore, Wyatt, gli aveva detto di sperare che i Favoriti si ammazzassero tra di loro, di trovare dell’acqua e di non allearsi con nessuno, neanche con la propria compagna di distretto. Gadge sapeva che Wyatt parlava per esperienza: lui aveva vinto proprio perché aveva pugnalato alle spalle la propria alleata, nonché compagna di distretto. Nel Distretto 3 non l’avevano ancora perdonato.
Anche per questo Gadge aveva tentato di tenersi lontano dalla propria compagna. Prima della Mietitura, non l’aveva mai vista, o se l’aveva vista non le aveva mai prestato attenzione. E l’avrebbe volentieri dimenticata come faceva con i Tributi di ogni anno se poi non fosse stato estratto anche il proprio nome.
Gadge continuava a camminare, e intanto si guardava intorno.
Non aveva mai prestato particolare attenzione alle lezioni di storia, a scuola, ma anche lui sapeva riconoscere delle rovine romane. Doveva ammettere che non era la propria arena ideale, ma a ben pensarci, nessun’arena era ideale per un tributo del Distretto 3.
Nel Distretto 3 sapevano solo scancherare con apparecchi elettronici, risolvere equazioni e lamentarsi del meteo. Ogni anno, i Tributi del Distretto 3 venivano uccisi da dei bruti muscolosi del Distretto 2 o infilzati dai tridenti di qualche pescatore assetato di sangue del Distretto 4.
Per quattro anni di fila, entrambi i Tributi del Distretto 3 erano morti nel bagno di sangue. Cinque anni prima aveva vinto Wyatt.
Gadge aveva diciotto anni, si ricordava bene circa dodici edizioni degli Hunger Games, e in una aveva vinto Wyatt. In tutte le altre faticava a ricordarsi di una volta in cui almeno un Tributo del Distretto 3 fosse arrivato almeno alla quinta giornata.
Meglio non pensarci.
Continuò a camminare, per quelle che gli sembrarono delle ore. Il terreno sabbioso gli sporcava le scarpe nere. Per un attimo valutò di spargersi i vestiti di terra per mimetizzarsi meglio, poi ricordò gli sguardi sconsolati dell’istruttore alla stazione di mimetizzazione durante l’addestramento e decise di evitare. Preferiva sembrare coraggioso e impavido, o forse stupido, e non mimetizzarsi affatto che mostrare a tutta Capitol City di non essere per niente capace di farlo e perdere ogni possibile sponsor. Aveva preso sette, un bel voto per un ragazzo di un distretto povero. Forse qualche capitolino a cui piacevano gli sfavoriti avrebbe scommesso su di lui.
Un’altra cosa che gli aveva detto Wyatt era di non contare sugli sponsor. Forse, Gadge si era detto, era perché Wyatt non aveva voglia di cercare di convincere le persone a scommettere su di lui. Forse era perché sapeva già che nessuno scommetteva sui Tributi del Distretto 3.
Meglio non pensarci.
Gadge si rendeva conto che, prima o poi, avrebbe dovuto fermarsi. Non c’era traccia di acqua da nessuna parte, e camminare sotto al sole cocente sicuramente non lo idratava. Si era promesso di non sperare nulla, perché la sorte non giocava a suo favore, ma sperò comunque di trovare almeno un goccio d’acqua nel suo minuscolo zaino.
Trovò riparo vicino a un muro, o almeno vi trovò ombra. Si sedette e appoggiò la schiena alla parete. Prese lo zaino e lo aprì.
Si era promesso di non sperare nulla ma comunque incrociò le dita.
Sbuffò. Nello zaino c’era solo una lattina, con sopra attaccata una corda sottile. Sull’etichetta c’era scritto che era una lattina di carne in scatola, ma non era possibile aprirla a causa della corda. Ricontrollò, ma nello zaino non trovò nient’altro.
Ottimo, si disse. Sarebbe stato davvero un peccato trovare qualcosa di utile.
Ripose la lattina nello zaino e lo richiuse. Sbuffò di nuovo.
Prese una pietra piuttosto grande dal terreno e si disse che, perlomeno, aguzzandola un po’ avrebbe potuto usarla come arma. O, addirittura, avrebbe potuto cercare di aprire il proprio barattolo e mangiare della carne.
Iniziò a sfregare la pietra contro l’orlo del muro, ma presto si fermò.
Gli sembrò di aver sentito dei passi.
La sua pietra non era ancora molto aguzza.
Sentì altri passi.
Era sicuro di non essere da solo. Scattò in piedi e si preparò a sbattere la pietra sulla testa di qualcuno — poteva fare del male anche se non era aguzza — e davanti a sé ritrovò il ragazzino del Distretto 5. Aveva tredici o quattordici anni ma ne dimostrava meno.
Gadge sentì la mano che gli tremava. Il ragazzino sembrava più spaventato di lui.
Per un po’, rimasero fermi così.
Gadge, senza il coraggio di uccidere un bambino a sassate.
Il ragazzino, senza il coraggio di scappare.
Alla fine Gadge abbassò il braccio.
Il ragazzino continuò a non muoversi.
Per un altro po’, rimasero immobili e in silenzio.
Alla fine, «mi chiamo Newton», parlò il ragazzino.
«Gadge».
«Sono del 5».
«Lo so».
«Forse… potremmo...» Il ragazzino era titubante, goffo e imbarazzato. Questo Gadge l’aveva visto anche nell’intervista, in cui si era mangiato le parole e probabilmente non aveva fatto una buona impressione. «Stare insieme, per un po?»
Wyatt gli aveva detto di non fare alleanze,  con nessuno, neanche con la propria compagna. Wyatt aveva ucciso la propria alleata di notte, mentre lei dormiva, mentre lei si fidava di lui.
Gadge non voleva uccidere Newton.
Gadge non voleva uccidere nessuno.
Gadge non voleva neanche morire.
«D’accordo» rispose, infine. «Per un po’».


«Dobbiamo allontanarci un po’ perché passino gli hovercraft a prendere...» Topaz gesticolò a indicare i cadaveri intorno a loro. «Tutto questo».
Domitia annuì. “Tutto questo” erano otto cadaveri — non molti — di cui solo uno, una ragazzina che aveva a malapena cercato di scappare era opera sua. Hadrian aveva ucciso due Tributi, di questo era sicura. Un ragazzo, inoltre, si era suicidato. Quindi, se non si sbagliava, anche gli altri Favoriti avevano ucciso solo un Tributo, a meno che qualcuno non  ne avesse uccisi zero.
Sono calcoli stupidi, si disse. Però sapeva che fin dal bagno di sangue si vedevano i favoriti tra i Favoriti, quelli che uccidevano di più e che alla fine vincevano. Si promise di uccidere il primo Tributo in cui si sarebbero imbattuti, per arrivare pari a Hadrian.
Alla fine, sperava di non dover uccidere lei stessa Hadrian. Non era un suo grande amico, lo conosceva poco, però non voleva essere ricordata come quella che aveva ucciso il proprio compagno di distretto.
«Credo che la maggior parte sia andata di là». Ridley indicò in direzione Nord, dove il terreno si faceva più roccioso e, indubbiamente, più zeppo di nascondigli. «Quindi io e Misty stavamo pensando di andare lì».
“Io e Misty” era una cosa che era andata avanti per tutto l’addestramento. Domitia era sicura di non aver mai sentito parlare Misty da sola. Anche durante l’intervista, si era data un’aria da taciturna misteriosa, rispondendo a monosillabi. Ogni tanto vedeva Misty e Ridley che bisbigliavano, e poi, prontamente, Ridley se ne usciva con un “io e Misty”.
Domitia non sopportava né lui, né Misty. Si fidava di loro meno di quanto si fidasse degli altri Favoriti ed era certa che, alla prima occasione, si sarebbero organizzati per pugnalare gli altri alle spalle.
Quelli del Distretto 1, invece, erano meno affiatati. Il ragazzo se ne stava perlopiù in silenzio. La ragazza sembrava simpatica.
«Mi sembra una buona idea» disse Hadrian. «Cerchiamo di fare il più in fretta possibile, no?»
Tutti annuirono e si diressero verso Nord. Domitia sperava di non dover camminare troppo prima di trovare qualcuno. Se c’era una cosa che detestava fare era camminare, o correre, a lungo. Avrebbe preferito di gran lunga un bagno di sangue più esteso, ma la maggior parte dei Tributi preferiva scappare, intimorito dai Favoriti.
Non poteva biasimarli, quando la maggior parte dei Tributi era malnutrita, debole e spesso troppo giovane.
Appena si furono allontanati, iniziarono a scendere gli hovercraft, uno per ogni cadavere.
Improvvisamente, Domitia pensò a come ognuno di quegli hovercraft conteneva un corpo che presto sarebbe tornato a casa in una cassa di legno. E uno di quelli era lì per causa sua.
Da qualche parte, a Panem, una famiglia era in lutto per colpa sua.


«Ci sono degli insetti».
«Sì».
«E dove ci sono degli insetti c’è anche dell’acqua, no?»
Rudry aggrottò le sopracciglia. I loro mentori erano troppo storditi dalla morfamina per dare consigli veri e propri, quindi lui e Caprice avevano cercato di sviluppare una tattica da soli. La loro tattica consisteva nel trovare del cibo, dell’acqua e sperare di non morire.
All’addestramento, avevano passato i primi due giorni a studiare metodi di sopravvivenza, e a Rudry non era entrato in testa niente.
«Sì, credo di sì» disse. Anche lui ricordava di aver imparato qualcosa riguardo all’acqua e agli insetti, ma cosa di preciso non se lo ricordava.
Vide Caprice sorridere. «Ottimo» disse la ragazza. «Non sento niente quindi se è un fiume o un ruscello non sarà molto vicino, ma siamo sulla buona strada».
«Sono stanco morto». Rudry sbuffò. In mano aveva una lancia, che era riuscito ad ottenere perché un Favorito aveva cercato di tirargliela nella schiena mentre scappava dalla Cornucopia. Per sua fortuna, lo aveva mancato. Quindi era vivo e armato, ossia stava andando oltre ogni aspettativa sua, della propria famiglia e di tutta Panem.
«Si sta facendo buio» disse Caprice «ma dobbiamo trovare comunque l’acqua, no?»
«Tullius mi ha detto di non camminare mai quando sono stanco».
Caprice ridacchiò. «Seriamente?»
«Beh, lui i giochi li ha vinti».
Caprice non rispose.
Entrambi sapevano che una volta Tullius doveva essere stato un giovanotto piuttosto forte e in salute. Loro, però, l’avevano sempre visto come uno dei tanti involucri spinti dalla morfamina che abitavano il Distretto 6. Rudry sapeva che era meglio non parlare del problema di dipendenza da morfamina lì, in diretta nazionale. Sapeva che sarebbe potuto apparire come una critica alla capitale.
Continuarono a camminare in silenzio.
Rudry pensava a Tullius, e alla morfamina. Tutti i vincitori che conosceva o di cui aveva sentito parlare sembravano avere dei problemi o delle dipendenze. Si chiese se valesse la pena vincere, se poi bisognava diventare come Tullius.
Forse aveva fatto bene quel ragazzo a buttarsi dalla pedana.
Nel Distretto 6, poi, tutti conoscevano almeno una persona con un problema di morfamina. Rudry ne conosceva bene tre, e sapeva di altri cento. Ogni tanto, qualcuno moriva.
A distrarlo dai suoi problemi arrivò l’inno nazionale.
«Forse è davvero tardi» sussurrò Caprice.
Si fermarono entrambi e guardarono il cielo. Cielo, poi, che sapevano essere finto. Forse era meglio dire “soffitto”. Guardarono in alto e aspettarono i volti dei morti. Il primo fu quello della ragazza del Distretto 3. In totale, si arrivò a otto, di cui uno era il ragazzo del Distretto 10, morto suicida. Nel Distretto 12, erano morti entrambi i Tributi.
Rudry strinse i pugni, tenne la lancia ben salda nella mano destra.
«Fermiamoci qua» disse Caprice.
«E l’acqua?»
«Domani».
«Domani» ripeté Rudry, più per se stesso che per Caprice.
Un giorno, pensò, sarebbero brillati i loro due volti nel cielo.
 


Nota: Il termine "Yanantin" è di origine Quechua e indica un "dualismo complementare", ossia l'unione di energie opposte ma interdipendenti. 
 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: CalvinCoolest