Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Jordan Hemingway    05/01/2019    1 recensioni
Una città di cacciatori. Una faida secolare tra Gilde rivali. Una creatura che può essere avvicinata solo in sogno, due nemici giurati uniti da un incantesimo sbagliato e una coppia di impostori pronta a tutto pur di salvarsi la pelle.
Se i sogni si mischiano alla realtà tutto diventa possibile.
La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap.7 Explosive

 

 

“Ti avevo dato tre giorni.” Princeps Johannes, avvolto nel suo tabarro nero, somigliava in modo incredibile a una vecchia cornacchia, constatò Cecilia aprendo gli occhi.

“Sono passati tre giorni,” proseguì l’alchimista, “e ancora non vedo la mia Medusa.”

“Ah, beh, certo… Ci sono stati degli intoppi.” Cecilia si produsse in uno dei sorrisi migliori del proprio repertorio.

“Sono stanco dei tuoi intoppi: preparati a essere divorata dal Nero.”

“Non prima di avermi portato Corin e Valdemar” intervenne Rayla avvicinandosi al letto di fieno. Afferrata Cecilia per una spalla la fece alzare senza troppe cerimonie. “Dopodiché per quel che mi riguarda potete anche gettarla giù dal Picco, Princeps.”

La faerie sul cui destino si stava discutendo sbadigliò. “Questa è l’ospitalità delle Schiere?” Si lamentò stiracchiandosi. “Brodaglie disgustose e minacce di morte?”

“Ho fatto quel che potevo per aiutarti,” la maga scrollò le spalle, “se non sei riuscita a localizzare una Medusa è solo colpa tua.”

“Quindi pagherai con la vita” concluse Johannes.

Cecilia continuò a sbadigliare. “A dire il vero, un’idea di dove possa essere ce l’ho.”

La maga e l’alchimista si irrigidirono.

“E che cosa aspettavi a dircelo?” Proruppe quest’ultimo rosso in volto. “Dove si trova?”

“Qui a Colle Storto.”

“Impossibile.” Rayla scosse la testa. “Una Medusa in una città di cacciatori? Sarebbe finita a ornare il palazzo del Sindaco in meno di un’ora.”

Johannes divenne da scarlatto a livido. “È solo un altro dei tuoi trucchi per prendere tempo!”

“Siete liberi di non crederci. E di rischiare qualsiasi cosa rappresenti quella Medusa.” Cecilia guardò l’alchimista. “Perché deve esserci un motivo molto interessante se un Principe Alchimista decide di salire fin qui per accertarsi che una Medusa venga catturata in pochi giorni.”

“Tu…”

“Prima il dovere, Princeps, sono desolata,” sorrise la faerie indossando una voluminosa parrucca rossa, “il pubblico mi aspetta.”

“Tu non andrai da nessuna parte senza di me” la contraddisse il vecchio con stizza. Rayla strinse gli occhi: “Se pensate di rovinare il mio piano…”

“Questo non mi riguarda: io devo proteggere il mio interesse.”

“Calmatevi!” Cecilia si infilò tra i due contendenti. “Non vedo il problema: farà parte del mio corteo – peraltro inesistente – ed eviterà di parlare. Che ne dite Princeps?”

“Assurdo.” Fu la risposta dell’alchimista.

Rayla gli si avvicinò truce: “Provate solo a farci scoprire e la Medusa sarà l’ultimo dei vostri problemi.”

Avvolgendosi nel mantello voluminoso della contessa di Chiras Cecilia roteò su se stessa. “Si va in scena!” Esultò prima di essere colpita dal bastone di Johannes e da una provetta di Rayla.

 

 

Al quartier generale delle Luci Grigie i preparativi erano giunti al termine.

“Le balestre sono troppo piccole, i picchieri protestano per la mancanza di armi, i carri non bastano a portare tutto: dobbiamo rimandare la partenza” dichiarò il Guercio. “Senza contare le proteste dei reziari.”

“Che protestino.” Gerda Rei lo ignorò: Tales notò che sia lei che Petyr avevano lunghe ombre scure sotto gli occhi.

“Possiamo trovare altri carri lungo la strada,” Tales cercò di calmare le acque, “anche se preferirei farne a meno: meglio non farsi notare troppo.”

“Per cui partiremo a mezzogiorno come stabilito.” Gerda continuò a preparare la sacca che avrebbe costituito il suo bagaglio.

Il Guercio non replicò, limitandosi a scegliere una daga da una rastrelliera e iniziare ad affilarla come se ne andasse della vita.

Per Tales gli ultimi giorni non erano stati facili. La prospettiva della buona riuscita del piano – e della conseguente liberazione dal Nero – erano uno stimolo sempre più debole in confronto al tradimento, non c’era altro modo per definirlo, verso quelli che ormai erano diventati i suoi compagni.

Poco serviva guardare il Nero che si ingrandiva sul palmo: più la partenza e l’attacco a sorpresa delle Schiere si avvicinavano e più Tales sentiva il peso del senso di colpa.

“In caso di attacco i carri sarebbero solo di intralcio” buttò lì.

“Chi mai potrebbe volerci attaccare?” Il Guercio lo fissò scettico. “Siamo cacciatori in partenza, non dei fottuti mercanti di schiavi.”

“Forse qualcuno che voglia cavarti anche l’altro occhio,” bofonchiò Gerda quasi impercettibilmente.

Quasi.

“Se devi dirmi qualcosa, Gerda Rei, parla chiaro.” Il Guercio posò entrambe le mani sul piano del tavolo.

“Non ho nulla da dirti.”

“Mi era parso il contrario l’altra sera alla locanda.”

Improvvisamente la discussione aveva preso una piega che fece rimpiangere a Tales le marce serrate dell’esercito.

“È tutto pronto per l’arrivo della contessa?” Si affrettò a chiedere prima che la situazione degenerasse. Gli altri due lo guardarono come se si fossero resi conto solo allora della sua presenza.

“Sua signoria sarà soddisfatta di come ha speso i suoi soldi.” Il Guercio tolse i pugni dal tavolo. “E se non lo fosse mi impegno a farle cambiare idea.”

“Immagino il modo,” commentò Gerda con acidità.

“Tu…”

“Le gallerie sono sicure?” Intervenne di nuovo Tales. “Se la scorta dovesse provare a entrare…”

“Si troverebbe a vagare per l’eternità assieme a Bill l’Idiota.” Gerda sogghignò. “Un destino che non auguro a nessuno – o quasi.”

“Le gallerie sono davvero pericolose.” Il Guercio non diede segno di aver colto le ultime parole della cacciatrice. “Se anche soltanto la metà delle leggende che girano su di esse fossero vere, preferirei farmi succhiare l’uccello dal fantasma di Bill piuttosto che mettere piede nella parte inesplorata di quel labirinto.”

Gerda sbuffò. “Scommetto che ti piacerebbe.”

“C’è una cosa che non capisco.” Tales si grattò con furia il moncherino. “Se le gallerie vi spaventano tanto perché continuate a utilizzarle?”

“Perché spaventano anche le altre Gilde.” La risposta del Guercio fu più secca del dovuto.

Gerda fissò la propria casacca di cuoio al torace. “Credo che ai tempi di mio nonno le Luci fossero più coraggiose” ammise. “Quando ero bambina si parlava di tracciare una mappa dettagliata esplorandole tutte, ma il progetto fu abbandonato.”

“L’intera squadra di esplorazione svanì nelle gallerie,” aggiunse il Guercio. “A differenza di Bill, di loro non ritrovammo neppure i corpi: inghiottiti dalla terra.”

Gerda sospirò. “Il comandante Lance – che all’epoca era ancora il capoccia dei cacciatori di draghi – si impegnò personalmente a evitare che incidenti del genere accadessero di nuovo. Eppure ogni tanto c’è sempre qualche Bill che ci riprova.”

“Perfino Mastro Valdemar ci andò pesante” ricordò Petyr.

La cacciatrice annuì: “Caddero parecchie teste calde: i soliti metodi del vecchio.”

“Nessuno può dire che Mastro Valdemar non sappia come si controlla una Gilda.”

“Quindi è da parecchio tempo che nessuno esplora le gallerie.” La domanda di Tales spezzò l’accordo che sembrava essersi ricreato tra i due cacciatori. Con grande sconforto del Minotauro Gerda riprese a ignorare il Guercio, il quale si avviò verso la porta. “Da quando Corin Lance è piombato qui fuggendo dalle Schiere a quindici anni, trovando per miracolo la strada per il quartiere generale.”

 

 

“Sono impressionata.” Catrina Miranda di Chiras, in tutto il suo splendore, stava ammirando la fila di cacciatori schierata davanti al balcone di Mastro Valdemar. Accanto a lei il suo accompagnatore, avvolto in un tabarro nero, aveva l’aria di non concordare con lei.

“Questo potrebbe convincervi in favore di un aumento della ricompensa?” Ridacchiò Mastro Valdemar aggrappato al proprio bastone.

“Temo non sia in mio potere,” confessò Catrina. “Tuttavia se il lavoro sarà svolto in fretta mia cugina sarà certamente lieta di aggiungere parte del suo tesoro personale al pagamento per la sua liberazione. Non è vero, zio Johannes?”

“Senza dubbio,” rispose costui, che pareva affetto dalla stessa forma di mal di denti di cui sembrava soffrire il comandante Lance.

Mastro Valdemar si avvicinò alla balconata.

Dritti davanti al resto dei cacciatori, Gerda e Tales alzarono gli occhi sul loro Mastro.

“Comportatevi come Grigi.” Fu la raccomandazione che ricevettero. “E abbattetele senza pietà.”

Gerda si portò una mano al petto mentre si inchinava. “Aye, Mastro Valdemar.”

“Mi raccomando Gerda Rei: nessuna distrazione.” Questa volta a parlare era stato Corin, in piedi come sempre accanto al Mastro.

“Ci puoi contare capo.”

“Sbalorditivo.” Anche la contessa di Chiras sembrava voler dire qualcosa. Tales dovette sforzarsi per non mugghiare esasperato. “Zio” Johannes li chiuse con una smorfia. “Sembrate un vero esercito, come i miei ragazzi a Chiras, sapete? Tutti quei bravi soldatini…” Ricordò con emozione malcelata. “Sono certa di potermi fidare di voi per togliere la duchessa dalle mani – dalle grinfie – di quelle bestiacce.”

“Avrà bevuto?” Mormorò qualcuno alle spalle del Minotauro, che in quel momento era incline a dare un parere positivo.

“Miei prodi cavalieri!” Catrina allargò le braccia e piume e nastri svolazzarono dal suo mantello fino a quello di Johannes, il quale iniziò a starnutire e si scostò con ribrezzo. “Che le mie modeste preghiere possano portare la misericordia degli dèi su di voi e sulla nostra impresa.”

Sotto di lei le Luci cercarono inutilmente di immaginare sua signoria con una balestra in mano.

“Andate!” Ordinò con un gesto teatrale.

Le Luci Grigie fissarono incerti Corin e Valdemar.

“Andate ragazzi miei e cercate di tornare interi.” Ricevuta la conferma del Mastro i Grigi iniziarono ad avviarsi fuori dal quartiere e dentro le gallerie, da dove sarebbero sbucati direttamente alle pendici di Colle Storto.

Catrina Miranda si voltò verso Mastro Valdemar. “Se non sbaglio si era parlato di vino la scorsa volta.”

“Avete un’eccellente memoria, mia cara.” Il vecchio agitò una mano respingendo sul nascere le proteste di Corin. “Vorreste degnarvi di cenare con questo rudere? Ovviamente l’invito è esteso anche al vostro caro zio.”

“Che esagerazione,” chiocciò la contessa, “siete ancora negli anni più interessanti della vita. Accettiamo con piacere” rispose ignorando il moto di esasperazione dello “zio” e afferrando il braccio che Valdemar le tendeva con galanteria – a dispetto della sua precaria capacità motoria.

“Spero che questo sia l’inizio di una proficua collaborazione.”

Tales, Gerda e il Guercio, i quali per monitorare la partenza erano rimasti tra gli ultimi, ebbero una fugace visione del loro Mastro che si allontanava a braccetto con la contessa in pompa magna e di Corin che, alle loro spalle, si metteva una mano davanti agli occhi con evidente sconforto.

“Hai capito il vecchio!” Fu il commento ammirato di Gerda prima di entrare nelle gallerie.

 

 

Impiegarono poco meno di un’ora per uscire alla luce del sole.

La boscaglia non nascondeva del tutto le ultime case di Colle Storto sopra di loro, edifici che parevano essere ancora in piedi solo per un intervento divino.

Carri e provviste li aspettavano alle pendici della collina assieme alla scorta di Chiras: peccato che Tales sapesse fin troppo bene che sotto le uniformi dei soldati si nascondevano le Schiere Rosse, protette da un incantesimo di dissimulazione di Rayla.

“Sei nervoso” osservò Petyr montando a cavallo.

“Ti sbagli.”

“Sei nervoso e cerchi di non mostrarlo.” Il Guercio alzò un sopracciglio. “L’esercito era composto da vitellini come te?”

“Non eri tu ad avere dubbi su questa spedizione?”

“Ormai è tardi per averne.” Petyr si strinse nel mantello. “Che mi piaccia o meno siamo a bordo. Tanto vale issare le vele.”

Tales rifletté che quel principio era valido pure per lui. Eppure non riusciva a reprimere il senso di colpa e il disagio per ciò che sapeva sarebbe successo di lì a poco. Poteva solo sperare che almeno il Guercio e Gerda riuscissero a scampare ai colpi dei Rossi.

“Puoi sempre tornare indietro, o scappare.” Il moncherino gli prudeva ma si trattenne dal passarci le unghie. “Ti capirei se lo facessi.”

“Sono un cacciatore.” L’occhio sano dell’altro esprimeva tutto il suo pensiero. “Scappare di fronte a una preda non è un’opzione.”

“Nemmeno se la preda fosse impossibile da catturare?”

“Sarebbe la prima volta.” Gerda si affiancò al Minotauro. “Se stai pensando di disertare, Monco…”

“Per nulla!” Si affrettò a negare Tales. La cacciatrice gli scoccò un’occhiata dubbiosa.

“In marcia allora.” Il Guercio sfiorò il ventre del cavallo con gli arcioni e partì al galoppo.

 

 

“Davvero un vino eccellente,” si complimentò Catrina Miranda servendosene un altro bicchiere. “Degno dell’attesa.”

“Mi fa piacere che sia di vostro gradimento.” Mastro Valdemar era stato particolarmente allegro per tutta la durata del pranzo. “Non capita spesso a un vecchio come me di ricevere ospiti della vostra portata.”

La – finta – contessa arricciò le labbra. “Siete troppo modesto, Mastro Valdemar.”

“Zio” Johannes, che per tutta la durata del pasto aveva aperto bocca sì e no tre volte, sbuffò irritato.

“Qualche problema, zio?”

“A parte il tempo che sto perdendo?”

“Il tempo.” Mastro Valdemar sospirò. “Come passa velocemente: giorni che diventano mesi, mesi che diventano anni… Alla mia età si finisce per non farci più caso.”

“Non tutti sono nella vostra posizione” replicò Johannes secco. “Per alcuni il tempo è ancora fondamentale, fossero anche pochi minuti.”

“Vi capisco, vi capisco,” annuì il vecchio Mastro, “e mi scuso per essermi dilungato.”

“Niente affatto!” Catrina Miranda sorrise. “Potrei rimanere ad ascoltarvi per ore gustando questo nettare delizioso.”

“Peccato che tutto debba giungere a una fine, mia cara.”

Il calice che la contessa stava portando alla bocca si bloccò in aria. “Che cosa intendete?”

“La contessa di Chiras.” Mastro Valdemar si passò le dita sottili sul mento. “Un travestimento notevole: perfino le referenze erano ineccepibili. Le Schiere Rosse sono sempre più abili nelle loro messe in scena, devo concederlo.”

Con un sospiro Cecilia posò il calice. “Lo avete sempre saputo.”

“Ovviamente, mia cara.” Il vecchio le sorrise condiscendente. “Ho apprezzato comunque la tua interpretazione.”

 

 

“Stiamo per uscire dai confini di Colle Storto” annunciò il Guercio.

Secondo il piano stabilito con Rayla le Schiere li avrebbero attaccati non appena raggiunta la strada maestra, abbastanza lontani dalla città per impedire che le guardie del Sindaco intervenissero e abbastanza vicini da permettere al Minotauro di ritornare indietro per aiutare Cecilia.

“Io starò nelle retrovie.” Tales espirò profondamente. “Voglio controllare che a nessuno venga voglia di seguirci.”

“Posso farlo io” ribatté Petyr. “Tu sei il vice di Gerda in questa spedizione: dovresti stare con lei alla testa delle Luci.”

“Gerda è in grado di cavarsela da sola, come sai bene anche tu” tagliò corto Tales. L’attacco poteva iniziare da un momento all’altro: si trattenne dallo scrutare i boschi attorno a loro alla ricerca di sagome nascoste tra il fogliame.

“Ti ringrazio, Monco.” La cacciatrice era comparsa alle loro spalle. “Sembra che Petyr abbia sempre qualche problema a ricordarsene.”

“Ho mai detto il contrario?” Esplose il Guercio.

“No, ma ti comporti come se dovessi salvarmi da un drago” commentò lei.

“Sono i draghi che dovrebbero fuggire da te.”

Il battibecco sembrava sul punto di trasformarsi in un litigio: il Minotauro decise di approfittarne e di retrocedere alla coda del gruppo.

“Come mai hai così tanta voglia di stare in fondo, Monco?” Gli chiese Gerda a bruciapelo. “Forse c’è qualcosa che non vuoi dirci?”

Tales si bloccò.

“Non ci volevo credere.” Con un unico movimento di briglie il Guercio portò il suo cavallo dietro Tales impedendogli la ritirata. “Tuttavia il comandante aveva ragione.”

“Eri uno di noi.”

Eri.

A un cenno di Gerda le Luci estrassero le armi e si gettarono sui componenti della finta scorta di Chiras mentre il Guercio teneva Tales sotto tiro con una balestra.

“Avrei davvero voluto cacciare le Sfingi con te” sospirò la cacciatrice.

“Invece ti toccherà perdere l’altro braccio e la vita assieme alla tua finta contessa” concluse il Guercio. “E io che mi ero pure affezionato a un traditore.”


N.d.A: Soundtrack qui: https://www.youtube.com/watch?v=Qk7UE65iGwk

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Jordan Hemingway