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Autore: Feisty Pants    19/01/2019    2 recensioni
Seguito di "High School Holmes".
Anna, Kristoff, Judy, Nick, Elsa, Jack e amici hanno ognuno la propria vita. Lavoro, amicizia, famiglia, felicità ma anche tante difficoltà quotidiane. Ora, come protagonisti, ci sono i loro figli immersi nella scuola e in tutte le sue avventure. La ribelle Emma, la dolce Ariel, la calma Aurora, il musicista Michele e tanti altri vivranno dei momenti significativi per ogni adolescente. Anna, Kristoff e company riusciranno ad affrontare la missione più difficile di tutte, ovvero essere dei buoni genitori?
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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CAPITOLO XV

FALSA SPERANZA



Il giorno dopo…


“Emma ci ha messi nei casini! Se ne è andata, ieri l’abbiamo cercata tutto il giorno ma non l’abbiamo trovata. Ora che cazzo facciamo?!” si arrabbiò uno dei ragazzi picchiando i pugni sul tavolo.

“Non lo so, ero ossessionato da quella stronza! Se la riprendo l’ammazzo…” aggiunse Biff nero di rabbia fumando la terza sigaretta della mattina.

“FERMI, POLIZIA!” urlarono degli agenti entrando nell’appartamento con le pistole bene in vista.

“Ecco lo sapevo, quella cretina ci ha fatti scoprire! Dovevamo tenercela stretta!” si alterò uno dei ragazzi cercando di liberarsi dalla presa dei poliziotti.

“In realtà non siete stati molto intelligenti. Scappare dalla scuola e rifugiarvi nella casa del vostro capo?! Non è stata un’ottima mossa” disse un poliziotto portando in macchina i piccoli delinquenti.

“Manca proprio Emma però!” precisò un altro agente dopo aver perlustrato la casa.

“Alessandro, tu probabilmente passerai guai molto seri. Hai portato dei minori sotto l’ala, avrai sicuramente delle ripercussioni! Ora dicci… dov’è Emma Bjorgman?” lo interrogò il responsabile dell’operazione ma Biff non rispose.

“E’ fuggita… Biff l’ha minacciata l’altra sera e lei deve essersi spaventata” disse l’altra ragazza del gruppo cercando di aiutare gli agenti. Magari avrebbero premiato la sua buona condotta.

“Come facciamo a trovarla adesso?! Potrebbe essere ovunque! Avvertiamo Judy subito”

Quella stessa mattina…


“Anna, sono Judy!” disse la donna telefonando alla madre della ragazza dispersa.

“Dimmi che hai buone notizie!” implorò Anna preoccupata incrociando le dita e strizzando gli occhi.

“Sono entrati nell’appartamento e hanno preso tutti i ragazzi, ma Emma non c’era. Dicono che sia stata maltrattata e minacciata e che l’altra notte se la sia data a gambe” rispose Judy dispiaciuta di dover dare una notizia del genere a una mamma.

Anna non rispose perché le gambe le crollarono di nuovo. Riagganciò la telefonata e si fece mangiare dai pensieri. Emma ormai era perduta! Aveva trascorso una notte intera chissà dove! Poteva essere stata presa da qualcun altro, rapita, aggredita, poteva essersi sentita male e ora non l’avrebbero mai più trovata. Anna si sentiva morire, si dava dell’incosciente, della pessima madre. Se solo non si fosse lasciata prendere dalla rabbia quella sera!
Stava per essere divorata dai sensi di colpa quando non si accorse di un bambino dell’asilo nido che stava picchiando un altro coetaneo.

“Anna! Che succede?! Non li hai notati?!” la rimproverò la coordinatrice comparendo in quell’esatto momento.

“Scusami, non so dove ho la testa” rispose Anna muovendo la testa e cercando di ricacciare indietro le lacrime.

“Hai saputo qualcosa per tua figlia?” le chiese l’altra premurosa.

“Non l’hanno trovata, e scusami ma io mi sento male. Sia fisicamente che psicologicamente. In più sono anche incinta e questa cosa mi sta mandando fuori di testa” si sfogò Anna tirando fuori tutti i segreti.

“Senti, non riesco ad immaginare il dolore che stai provando, ma vivere così non ti fa bene. Lavorare al nido richiede energia e vitalità. Tu rischieresti di trascurarti e di rovinare la gravidanza…come sai i primi mesi sono fondamentali per una buona formazione del bambino. Per questo ti proporrei di congedarti dal lavoro per un po’, almeno finché non sarai più serena. Non è un licenziamento, non lo direi mai perché sei la migliore del team, ma se stai male te di conseguenza sta male anche tutto il servizio” concluse la coordinatrice mettendo una mano sulla spalla di Anna e invitandola a seguirla nell’ufficio per firmare le carte di congedo.

Anna tornò a casa completamente distrutta, con lo sguardo vuoto, il volto pallido e un senso di smarrimento e delusione dentro di sé.

“Ciao mamma” salutò Ariel sperando di ricevere buone notizie.

“Ariel, purtroppo tua sorella non è ancora saltata fuori. Non so più che cosa sperare…” riuscì a dire Anna dando una veloce carezza alla figlia per poi chiudersi nella stanza matrimoniale. Ariel rimase immersa nel silenzio. Anche lei avrebbe voluto parlare, raccontare il dolore che aveva dentro per essere stata tradita dal suo primo fidanzatino, per gli insulti che si accumulavano di giorno in giorno, per i quattro in matematica causati da una sua crisi interiore. La ragazzina finì per tornare nella sua stanza e, in preda alla confusione, cominciare a piangere. La verità era che anche Emma le mancava…e le mancava molto.

Nel frattempo, a casa di Luca…


I due nuovi amici avevano trascorso la mattinata in armonia raccontandosi del più e del meno. Emma si sentiva finalmente diversa! Un amico del genere le serviva. Luca l’affascinava veramente tanto e, da una parte, aveva paura di esserne innamorata. Sapeva bene della differenza d’età, ma non l’importava: più passava il tempo insieme a lui e più capiva di non aver mai amato nessuno, nemmeno Biff.

“Perché hai scelto di studiare psicologia?” domandò Emma sedendosi accanto a lui sul divano.

“Perché ho sempre voluto aiutare gli altri. Sono un ragazzo molto calmo come vedi e questo mi consente di pensare, ragionare e trovare sempre le soluzioni migliori. La mente umana poi mi ha sempre affascinato!”

“Allora potresti descrivere il periodo che sto vivendo attraverso la psicologia?” chiese Emma cominciando a ridere.

“E’ forse una delle età più complesse l’adolescenza. Come ti sarai resa conto il tuo corpo è cambiato, hai qualche brufolo sul viso, in piena pubertà, magari non ti piaci e vorresti cambiare qualcosa di te. Dal punto di vista dello sviluppo, la tua testa è un completo disastro. Vorresti una normale indipendenza dai genitori, non sai più chi sei, cosa ti piace e quindi è come se fossi immersa nel caos…poi a monte il fatto che tu abbia fatto una vera e propria cazzata scappando di casa e seguendo dei delinquenti” spiegò lui serio ammonendola con lo sguardo per la cattiva condotta.

“Che problemi hai con la tua famiglia?” domandò poi Emma incuriosita, senza sapere di aver toccato un tasto molto dolente.

“I miei genitori continuano a tradirsi a vicenda e la cosa mi ha scosso all’inizio. Io non sono d’accordo sul vivere la vita matrimoniale così. Loro facevano tutto, si scagliavano pietre e insulti addosso e si dimenticavano di me. O meglio…mi usavano come arma per ammazzarsi reciprocamente. Non ce l’ho più fatta e me ne sono andato” disse lui guardando un punto fisso nel vuoto.

Emma ripensò molto a quelle parole e, ancora una volta, si rese conto di aver sempre avuto tutto. Due genitori innamorati come Anna e Kristoff non li aveva nessuno.

“I tuoi genitori invece?” chiese lui interrompendo i suoi pensieri.

“Sono perfetti. Me ne sto rendendo conto ora che ho sentito la tua esperienza. Mamma è rimasta incinta di me a 18 anni, in quarta superiore. Lei e papà hanno deciso di non mollare e mi hanno cresciuta insieme arrivando a sposarsi a 20 anni… e poco dopo è nata mia sorella”

“Cavolo…sei fortunata Emma. E’ difficile amarsi per tanti anni, soprattutto quando le storie cominciano così presto. Hai una famiglia speciale e devi tenertela stretta”

 “Quali sono le tue materie preferite?” domandò poi lui incuriosito.

“Scienze, Chimica, Matematica…insomma tutte quelle scientifiche” rispose lei subito. Su quello non la schiodava nessuno: Emma amava ed era affascinata da quei contenuti.

“E che voti hai in quelle materie?” chiese lui.

“Nelle altre ho a malapena il 7, ma in queste ho il 10”

“Wow! Allora vuol dire che hai un dono…” constatò lui sbalordito.

“Non lo so, io veramente non ho mai dato troppo peso a questa cosa. Penso sia normale…” rispose lei dubbiosa.

“Non è normale. E’ un segno Emma…significa che sei portata per quegli argomenti e che devi approfondirli! C’è qualcos’altro che ti piace di quelle materie? Cosa facevi nel tempo libero prima di diventare una piccola teppista?” continuò a interrogarla lui puntando a un obbiettivo.

“Io…penso di amare la medicina. Ora che mi ci fai pensare, l’anno scorso passavo ore e ore di fronte ai documentari o quei film cruenti dove fanno vedere le operazioni dal vivo. Non mi hanno mai fatto paura, anzi…mi affascinavano. L’idea che un uomo possa, attraverso le medicine e la chirurgia, curarne un altro è una cosa molto bella” disse lei emozionata di fronte a quei ricordi. Quanto le mancavano quei momenti!

“Ti brillano gli occhi sai? Forse hai nascosto la parte più bella di te per troppo tempo… e sono contento perché più ragioni e più ti accorgi, da sola, di essere una brava persona. Io non sono nessuno ma davvero ti consiglio di approfondire questa tua passione e di tentare il test di medicina appena potrai farlo. Servono buoni medici al giorno d’oggi e devi darti più fiducia perché le capacità le hai”

Terminate quelle parole, i due finirono per essere avvolti da un silenzio imbarazzante. Luca si sentiva confuso ad avere vicino quella ragazzina. Anche lui provava una certa attrazione nei suoi confronti, soprattutto perché era convinto che con il tempo, Emma si sarebbe trasformata in una bellissima rosa. Il ragazzo stava per imbambolarsi su quei pensieri quando concluse il discorso dicendo:

“Bene, abbiamo scoperto cosa ti piace. C’è un bellissimo museo della scienza qui, che dici ci andiamo?”

Emma annuì con energia e i due si prepararono ad uscire.

A casa di Judy e Nick…


Michele si era chiuso nel silenzio dopo la morte di nonna Coco. La sua vita era radicalmente cambiata. Il bambino andava a scuola triste, non riusciva a concentrarsi, non giocava più come una volta e, soprattutto, non ascoltava più musica.

“Non sono mai stato capace di suonare, figuriamoci se suonerò a una stupida audizione” si irritò lui guardando il volantino del concorso a cui lo zio Oliver l’aveva iscritto. Più pensava alla musica e più si arrabbiava. Fu così che il bambino afferrò il foglio e, dopo averlo stracciato in mille pezzi, lo buttò nel cestino.

Le lacrime gli scorrevano silenziose lungo il volto. Michele sapeva dentro di sé che la musica lo chiamava, lo cercava, ma lui non aveva più voglia di suonare. Senza sua nonna non aveva ispirazione, non aveva gioia. Per questo motivo Michele, dopo averci pensato bene, afferrò il manico della sua speciale chitarra bianca e la rinchiuse dentro l’armadio.

Per una settimana niente musica: solo silenzio.
  
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