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Autore: ToscaSam    20/01/2019    1 recensioni
La solita storia di una ragazza che si iscrive all'università e incontra dei ragazzi.
Più o meno.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II
 
Ecco che la lezione di cartografia iniziava, lenta e noiosa. Ecco che Tullia si era seduta fra i suoi due amici, con un sorriso quasi d'abitudine sulle labbra.
« Ci prendiamo un caffè, dopo?» disse Bruno.
« Va bene» rispose Tullia, sapendo che non avrebbe mai ordinato un caffè.
« Se posso consigliarvi» disse d'un tratto un ragazzo bruno, con la barba folta, che era seduto davanti a loro tre: « andate al bar Macchi. In Piazza Dante. Fanno un ginseng buonissimo».
Tullia scoprì che Bruno e Rocco conoscevano il ragazzo barbuto. Gli chiesero se volesse unirsi a loro e quello accettò.
Quella fu la prima volta che Tullia si recò al bar Macchi, luogo che sarebbe diventato l'isola più felice di tutta Pisa.
Lo sconosciuto si chiamava Angelo ed era ligure. Parlava a voce bassa ma accattivante, sarebbe riuscito a zittire un'aula di venti persone per farsi ascoltare.
Tullia lo trovò molto simpatico.
« Che studi, Angelo?»
« Storia, ma curriculum contemporaneo»
« Bleah»
« Si, lo so. Tanta politica e poche spade, vero?»
« Più o meno»
« Non bevi caffè?»
« No, mi fa diventare pazza!»
« Dovresti provarlo come lo prendiamo io e Bruno. Non ti farà niente».
Tullia studiò la tazzina che il nuovo ragazzo le porgeva: emanava un odore pungente che lì per lì non seppe identificare.
« No, grazie» rispose.
Bruno e Angelo risero. Si trattava di caffè corretto alla sambuca; l'odore forte era quello di anice.
Tullia si beò molto della compagnia dei tre ragazzi. Non era mai stata amica di così tanti maschi, né aveva mai preso un caffè essendo l'unica donna al tavolo.
Si dedicò ad un'attenta analisi di ognuno di loro, decidendo se anche loro trovavano piacevole la sua compagnia.
Bruno era il più spavaldo. Tullia era sempre meno certa di piacergli. Come mai l'aveva giudicata “niente male” e poi la considerava come una conoscente con cui aveva poco a che fare? Era impossibile che gli fosse piaciuta fisicamente e non caratterialmente. Tullia puntava tutto sulla simpatia. Uno che l'avesse giudicata “niente male” di fisico non poteva trovarla antipatica. Era spiritosa, era colta, era fantasiosa. Tutte qualità lontane dall'aspetto fisico.
Rocco sembrava più bendisposto: ascoltava tutto quel che diceva e spesso era d'accordo con lei. Coglieva tutte le sue allusioni letterarie e le rispondeva con altrettanta prontezza culturale. Tullia si rese subito conto che Rocco era molto più intelligente di lei e, soprattutto, che conosceva la storia e la letteratura molto più a fondo di chiunque altro.
Il nuovo arrivato? Angelo era cordiale, piacevole e alla mano. Tullia capì che in lui non avrebbe mai trovato la servilità di Rocco, né la sbruffonaggine di Bruno. Lo sentiva affine, un carattere modesto ma pieno di lati nascosti. Non la metteva in condizione di decidere se fosse o no interessato a lei. Era un'altra cosa, un altro tipo di amicizia.
Il caffè andò benissimo. Si scoprirono affiatati in quattro come lo erano stati in tre.
Angelo aveva conosciuto Bruno ad un altro corso e si erano vagamente frequentati. Da quel momento in poi divennero inseparabili. Decisero di tenersi il posto in Aula Liva, di pranzare insieme alla Mensa Centrale, di prendere il caffè dal Macchi e, chissà, di studiare insieme per gli esami del futuro.
Quella giornata fu molto migliore della precedente.
Tullia aveva capito che, per qualche strano motivo, la gente di Pisa non la considerava strana e brutta. La prima impressione che dava era quella di una persona come le altre, con cui si poteva parlare e fare amicizia.
Pensò a sé stessa in compagnia di tre ragazzi in un bar del suo piccolo paese. Rabbrividì all'idea. Lei? Al bar? L'avrebbero subito adocchiata e tutti avrebbero riso di lei. E poi chi diamine si sarebbe seduto con lei?
Era una strana, una brutta, una che non è di comitiva e che non fa parte di nessun gruppo di amici divertenti.
Cosa cambiava a Pisa? Perché il paese la rigettava e Pisa la invitava? Eppure lei amava il piccolo paesino di campagna. Pisa era orribile, puzzolente e piovosa.
Quando annunciò che voleva ritornare a casa, i tre ragazzi fecero eroicamente a gara per offrirle il ginseng che aveva ordinato.
Tullia si compiacque moltissimo di quel gesto e rimase ancora più stupita quando tutti e tre si offrirono di accompagnarla. Bruno e Angelo dovevano andare alla stazione, dissero, mentre Rocco abitava in Corso Italia.
Fu un tragitto divertentissimo e quando Tullia dovette separarsi dagli amici, capì che non vedeva l'ora di ritrovarsi al giorno dopo.
Rientrò in casa e si turbò: era il giorno in cui la sua coinquilina Clarissa aveva invitato degli amici per giocare a un gioco da tavola. Non aveva voglia di conoscere altra gente. Voleva che la giornata finisse così.
Dagli schiamazzi e le risate acute, ancor prima di aprire la porta Tullia capì che gli ospiti erano già arrivati.
« Tul, stiamo ordinando la pizza su internet! La vuoi?»
Tullia brontolò “si” solo perché non aveva voglia di essere l'unica a mangiare un piatto di pasta, mentre gli altri la osservavano dall'alto della loro pizza fumante.
Doveva spendere altri soldi e non voleva prendere l'abitudine di viziarsi col cibo.
« Vieni a dirci come la vuoi»
strillava Clarissa dalla piccola cucina.
Tullia gettò velocemente borsa e giacca nella sua stanza, poi raggiunse gli altri.
Non avrebbe mai scommesso su quello che si parava davanti a lei: oltre a Clarissa, Rosanna e Ilaria c'erano solo un ragazzo e una ragazza. Lei era grassoccia, con un naso aquilino e il sorriso antipatico. Lui aveva le sopracciglia folte che quasi si toccavano, gli occhi sporgenti e le labbra carnose.
Era il ragazzo che distribuiva i volantini cattolici.
 
*
 
« Allora, lei è Tullia, la nostra nuova coinquilina. È una matricola e studia storia. Tullia, loro sono Giulia e Paolo. Studiano lingue».
Tullia rimase pietrificata. Adorava le coincidenze così romanzesche.
Anche Paolo si era illuminato: l'aveva di sicuro riconosciuta.
« Ah! La ragazza che non beve caffè» disse mostrando il bel sorriso, l'unico dettaglio che rendesse la sua faccia piacevole.
Clarissa guardò l'uno e l'altra più volte, prima di capire:
« Voi due vi conoscete?»
« L'ho intravista fuori dalla facoltà, le ho dato un volantino per la messa di inizio anno accademico».
Clarissa non dette segno di giudicare in alcun modo l'affermazione di Paolo. Tullia si sarebbe vergognata da morire a pronunciare la parola “messa” in quel contesto. Paolo le sembrò molto sicuro di sé e delle sue scelte.
Giulia invece non riuscì a togliersi di dosso l'aria antipatica e per tutta la sera se ne stette con un sorrisetto stampato sulle labbra.
Prima che arrivassero le pizze, la comitiva si scambiò convenevoli piuttosto neutrali. Paolo non la smetteva di sorridere a Tullia e di chiedere il suo parere su questo e quello.
Dopo una buona quarantina di minuti si sentì suonare al campanello. Andarono Tullia e Rosanna ad aprire.
Quando la porta fu richiusa, sentendosi particolarmente spigliata e adulta, Tullia fece un commento sul fattorino delle pizze:
« Era proprio discreto!»
Sapeva che fino ad ora non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare una frase del genere. Non aveva mai posato troppo gli occhi sui ragazzi, si era sempre definita una che giudica il carattere e non l'aspetto. Decise di ricacciare il sentimento di vergogna per aver espresso un parere così sciocco, soprattutto perché Giulia rispose:
« A me non piacciono gli sconosciuti. Mi piacciono solo quelli che conosco».
Lanciò un'occhiata ardente a Paolo, che la ignorava.
Tullia si sentì bruciare di un odio fuori luogo, che la divorò tutta.
Giulia la fissava, ridendo di lei, con sufficienza. Lisciava il braccio di Paolo e sembrava sfidarla a una qualche gara.
Va bene, si disse Tullia. Pisa la faceva sentire tutta un'altra persona e così decise che, quella sera, avrebbe gareggiato contro Giulia per le attenzioni di Paolo.
Mangiarono la pizza in allegria, Clarissa raccontava delle sue difficoltà nel passare l'esame di anatomia e Rosanna e Ilaria dicevano che loro lo avrebbero affrontato l'anno successivo.
« Cosa hai detto che studi?» chiese Paolo a Tullia.
« Storia, curriculum medievale» rispose lei, fiera.
« Ah. Esiste?» chiese Giulia sprezzante.
Tullia si sentì crepitare di elettricità. Possibile che si potesse decidere di essere così odiosi?
« Si. Esiste» rispose gelida.
« Io non posso pensare di studiare qualcosa che non mi dia un lavoro. Voglio dire, a che ti serve? Bella cultura, ma fine a sé stessa» continuò.
Più parlava e più la sua faccia era brutta. Tullia si chiese come si potesse rispondere in maniera cortese a queste affermazioni.
« In effetti storia fa un po' schifo, si» aggiunse Paolo.
Tullia si sentì ferita. Paolo, non puoi stare dalla sua parte, pensò.
« E allora voi? Studiate lingue. Cos'ha in più di storia?»
« Di certo avremo molte più possibilità lavorative di quante ne avrai tu» continuò Giulia con un sorriso sempre più orribile sulle guance abbondanti.
Si strusciò palesemente contro il braccio di Paolo. Tullia si chiese se lui fosse stupido o cosa, visto che sembrava non accorgersi di niente.
« Comunque io sono dell'opinione che ognuno debba studiare quel che vuole. Mio babbo voleva che studiassi giurisprudenza e ho sprecato il primo anno di università a seguire il suo consiglio. Da quando studio lingue sono un'altra persona» disse Paolo, facendo spallucce.
Giulia fu costretta ad assentire: « Vero, certo. È proprio così».
Tullia si congedò dalla combriccola che si accingeva a giocare a Taboo. Disse che voleva riposare. Anche Rosanna si ritirò per studiare.
Rimasero solo Ilaria e Clarissa con i due ospiti.
« Non rimani?» chiese Paolo a Tullia.
Ottimo, pensò lei. Devo giocare bene le mie carte. Se voglio che sia mio, devo dare la corda e poi tenderla. Uno zuccherino e una mazzata.
Si ritirò in camera, salutandoli e dichiarando che non vedeva l'ora di rivederli.

 

  
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