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Autore: ToscaSam    21/01/2019    1 recensioni
La solita storia di una ragazza che si iscrive all'università e incontra dei ragazzi.
Più o meno.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV
 
Il giorno dopo tutto cominciò com'era di consueto.
La lunghissima tiritera dalla stazione fino alla facoltà: gli spacciatori sotto le logge che invitavano ai loschi acquisti, i testimoni di Geova in piazza Vittorio Emanuele che sorridevano e volevano parlare della Bibbia, i ciondoloni in Corso Italia che già di prima mattina aspettavano l'apertura dei negozi, il mercatino di cianfrusaglie, Ponte di Mezzo, il lungarno pieno di pedoni e biciclette, il vicolo fino a Piazza Dante, le tende rosse del Bar Macchi, il parrucchiere, la fioraia, l'antiquario e infine via Paoli. Quattro rampe di scale e si arrivava al secondo piano, in Aula Liva. Buongiorno, diceva il custode. Gli studenti si ammassavano in cerca di posto.
Tullia non aveva fretta: la sua seggiolina era libera, occupata dalle giacche di Bruno, Angelo e Rocco.
Sorpassando una ragazza che stava per chiedere se l'ammasso di giacchetti fosse ornamentale o se poteva sedersi lì, Tullia reclamò il suo posto. Quella la guardò male e fu costretta a sistemarsi per terra.
« Buongiorno!» disse Tullia ai suoi amici.
I tre cantilenarono “buongiorno”. Bruno non la guardò nemmeno: era impegnato con un giochino stupido sul cellulare.
Dopo le lezioni della mattina andarono a mensa tutti e quattro insieme, poi fecero la solita pausa caffè dal Macchi.
« Che abbiamo oggi pomeriggio?» chiese Bruno sorseggiando il caffè corretto alla sambuca.
« Stasera abbiamo Laboratorio Schifo sulle Fonti. Però ora alle due e mezzo noi tre abbiamo Medievale I e Angelo ha … cos'è che hai?»
« Storia delle istituzioni politiche»
« Bleah»
« Ma sentila!»
Angelo si azzuffò per scherzo con Tullia, poi notò che né lei né Rocco avevano ordinato niente.
« Sei senza soldi, pal? Ti offro qualcosa?».
Tullia adorò quell'appellativo, pal; come amichetta, compagna di banco.
« No, grazie, prendo il caffè da Rocco dopo le lezioni».
Angelo contrasse impercettibilmente un muscolo della guancia. Rocco non disse nulla. Bruno continuò a fissare il cellulare, annoiato.
 
*
 
Anche il pomeriggio filò in fretta. Era un venerdì, quindi tutti percepivano il clima festaiolo e perdonarono addirittura il professore di Laboratorio sulle Fonti che li trattenne per cinque minuti in più.
Rocco e Tullia fecero la strada insieme agli altri due fino in Corso Italia. Tullia notò Angelo che fissava Rocco, mentre sceglieva le chiavi dal mazzo e le infilava nella toppa, facendo poi strada alla sua ospite.
Si salutarono in maniera impacciata, artificiosa. Allora ciao, a domani. A domani. Angelo si voltò più volte a fissare la scena di Tullia e Rocco che entravano nello stesso portone. Tullia gli fece un ultimo cenno con la punta delle dita, poi varcò la soglia.
Il palazzo che avrebbe conosciuto così bene, in seguito, le si mostrò per la prima volta come buio e pieno di scale. C'era un vago odore di stantio e le macchie di umidità si diffondevano cospicuamente sull'intonaco bianco.
A Tullia sembrò di salire, salire, salire e salire un numero infinito di gradini. Cominciava ad essere stanca, le facevano male le spalle per il peso dello zaino e cominciava a domandarsi “ma perché sono qui?”.
Un'ansia crescente le salì in petto, così come lei saliva le interminabili scale: Rocco si aspettava qualcosa da lei? Angelo l'aveva guardata in modo così eloquente, come a dire “allora gli hai detto di si”? Pensava davvero che avrebbe bevuto il caffè e basta? Lei, dopotutto, proveniva da un bigotto e antipatico paesino di campagna, dove ogni azione veniva registrata dall'opinione pubblica. Da lei, prendere un caffè non aveva sfumature. O forse le sue cinguettanti compagne del liceo avrebbero inteso qualcos'altro? Era solo lei di mente ristretta? Era lei la bigotta?
Come poteva rifiutare gentilmente, a questo punto? Come poteva girare i tacchi e dire “scusa, Rocco, devo andare a casa, facciamo un'altra volta”.
Perché non se n'era tornata a casa, magari sperando di trovare Paolo che giocava a un gioco da tavola? Che sciocca era stata, ad impermalirsi per la storia del caffè. Era normale dimenticarsi una promessa fatta.
A questo punto un'altra morsa, più forte, le strinse lo stomaco: lei aveva promesso a Dio di amare Paolo per tutta la vita! Che diavolo stava facendo? Che aveva fatto?
E poi il terzo colpo venne da una sé più esterna, che guardava la sé interna con un sopracciglio alzato. Si disse: “ma che diavolo stai pensando? Rilassati, bella”.
Stordita dal buio delle scale e dai suoi pensieri folli, Tullia entrò nell'appartamento di Rocco con un'espressione spaventata.
Si sentì subito fuori luogo: era un ambiente molto pulito e molto in ordine. I pavimenti erano chiari e splendevano, la cucina era ampia e luminosa.
Rocco disse gentilmente a Tullia di accomodarsi: avevano un divano! Che posto ben curato ed accogliente!
Le prese la giacca e la appese vicino alla porta di ingresso.
Con apparente tranquillità si diresse ad un ripiano della cucina, dove teneva una macchinetta per il caffè. Con le sue dita, pallide e lunghe, frugò in una scatoletta di cartone, per estrarne una cialda.
« Ecco qui. Decaffeinato. Nessuno vuole che Tul impazzisca!»
Tullia rise e si sciolse un po'.
Un rumore di porte annunciò la presenza in casa di altri coinquilini. Erano della stirpe dei socievoli: arrivarono insieme in salotto e si presentarono.
Erano tre: due ragazzi e una ragazza.
Uno dei ragazzi aveva un taglio alla marines, era basso ma ben piazzato. Sul naso gli si contavano vaghe lentiggini e si era fatto crescere una barba molto folta e molto rossa. L'altro era smilzo e asciutto, ma con gli occhi molto intelligenti e un sorriso benevolo stampato in faccia. La ragazza era bassa, vagamente in carne, bionda e riccia. 
Tullia capì subito che il tipo rosso e la ragazza erano ciarloni e piuttosto rumorosi, mentre il ragazzo smilzo preferiva rimanere in silenzio.
Ciao, ciao. Sei l'amica di Rocco. Noi siamo i coinquilini. Sai che studiamo storia anche noi? Però contemporanea, ah, ah. Ci siamo accorti di frequentare lo stesso corso di laurea il primo giorno dell'anno. Ci siamo seguiti fino in facoltà e ci siamo detti “anche tu studi qui?”. Lui però no, lui studia ingegneria. È più grande. Anche noi siamo più grandi delle matricole, perché entrambi abbiamo lavorato un anno.
Sommersa dalle mille informazioni profuse dal rosso e dalla ragazza, Tullia acciuffò il suo decaffeinato e cominciò una serie di mugolii di blando assenso.
I ragazzi decisero di farsi un caffè anche loro e si misero ad armeggiare con la macchinetta.
La ragazza, che a Tullia parve di capire si chiamasse Qedim, cominciò una filippica sulle persone che bevono il caffè decaffeinato:
« Non mi è mai piaciuto, personalmente. Però mio nonno dice che mantiene concentrati. E lui possiede mezza Pisa, quindi figuriamoci se non ha ragione. Si, sai mio nonno è milionario, ma è comunque umile e non sperpera ai quattro venti. Una volta aprì un negozio di questi vegani e vendevano solo bevande analcoliche e caffè decaffeinati. Il negozio ora è chiuso, però secondo lui la clientela era tutta gente col cervello. Vedi? Probabilmente sei una intelligente. Fai bene!»
Insorse l'altro ragazzo, che parlava a voce ancora più alta di Qedim:
« Il caffè decaffeinato è per le femmine! Cioè … le femmine possono berlo, però se lo beve un uomo, dai, vuol dire che è una femmina».
Tullia non sapeva davvero cosa dire e fu grata che il terzo coinquilino le offrisse un diversivo interessante: stava mettendo nella sua tazzina una cucchiaiata di crema di nocciole e non meno di due cucchiaini di zucchero.
« Wow» disse Tullia, indicandolo.
« Si non badare a lui» disse il ragazzo con la barba rossa: « gli ho visto trangugiare una barretta di cioccolata su cui aveva spalmato la crema di nocciole».
Tullia cominciò a rilassarsi un poco e a godersi la compagnia degli estranei. Cercò di dare un senso alle sciocchezze che i due coinquilini chiacchieroni stavano gridando e ogni tanto espresse una sua opinione personale. Conversò un poco col coinquilino silenzioso e decise di rivolgersi anche a Rocco.
Rocco era rimasto il più ammutolito di tutti, ma riacquistò la voce appena Tullia lo chiamò in causa. Da quel momento fu estremamente brillante e simpatico, più di tutti gli altri. Non perse occasione per lodare Tullia davanti a tutti, a dire che era molto colta e molto simpatica. Raccontò l'aneddoto di come si erano conosciuti e parlarono un po' degli esami che dovevano dare in questa prima spaventosa sessione:
« Laboratorio sulle Fonti è facilissimo. Non daranno nemmeno un voto, ma l'idoneità. Io e Rocco lo passeremo ad occhi chiusi»
« Cartografia è difficile però molto affascinante»
« Quando l'esame si avvicina, potremmo ripetere insieme»
« Certo!»
Era così facile parlare con Rocco, in fondo, pensò Tullia. Non avrebbe mai dato contro a una sua affermazione, non l'avrebbe mai fatta apparire ridicola agli altri, non aveva nessuna intenzione di prendersi gioco di lei.
E lei? Si domandò. Non voleva prenderlo in giro. Tullia si chiese se per caso lo stesse incoraggiando, se gli stesse dando false speranze. Forse si stava solo immaginando di piacergli, visto che le persone a Pisa erano molto più bendisposte verso di lei. Non per forza il comportamento servile di Rocco doveva significare che si fosse preso un abbaglio per lei. Decise così di continuare a dimostrare il suo affetto genuino per Rocco, sperando che lui non finisse per interpretarlo male.
La giornata finì con uno scambio di numeri di telefono, aggiunte a gruppi Whatsapp e la promessa di rivedersi ancora.
Quando Tullia disse che doveva andarsene, i coinquilini di Rocco le chiesero dove abitasse e lei glielo disse. Furono tutti – eccetto Qedim– scandalizzati all'idea di mandarla da sola a piedi, perciò si mobilitarono per accompagnarla.
Scesero le scale buie del condominio tutti insieme con le due voci altissime del rosso e della ragazza e cinque paia di scarpe che galoppavano verso l'uscita.
Evidentemente le persone, a Pisa, erano diverse.
Il ragazzo con la barba rossa fece a gara con Rocco per tutto il tragitto per reclamare le attenzioni di Tullia. Voleva che lei lo ascoltasse, che ridesse alle sue battute, che gli dicesse che aveva ragione.
Una volta arrivata al suo portone, Tullia abbracciò tutti e li salutò.
Era molto strano non avere a che fare con gente che pensa che tu sia ridicola, pensava Tullia. Sembrava addirittura che le persone la trovassero simpatica, così, al primo impatto. Non si era sentita strana, brutta o fuori luogo. Il sentimento di disagio che l'aveva accompagnata nel primo momento di quel pomeriggio insolito, adesso si era del tutto dissolto
  
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