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Autore: Snehvide    25/01/2019    4 recensioni
“Non mi sento molto bene-“ di questo se ne era accorto da solo, ma sentirlo da Sam fa un altro effetto.
È il suono della sconfitta, della disfatta più totale.
Sam non può ‘non stare bene’. Non è fatto per ‘non stare bene’. Non davanti ai suoi occhi.
Dean stira gli angoli delle labbra in una linea sbilenca, prende un respiro con entrambe le narici.
Il bizzarro ingranaggio che lo porta ad attribuirsi qualunque responsabilità dei ‘non stare bene’ di Sam è già attivo da un pezzo (e questa volta, ha anche ragione).
.
[Ambientata subito dopo la 2x11] [Sick!Sam/Caring!Dean]
WARNING: TRIPUDIO di Hurt/Comfort e Angst, Cure mediche IMBARAZZANTI.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Seconda stagione
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He swore by grass, he swore by corn
(that his true love had never been born)

-  QUARTO CAPITOLO –



Condividere i sedili anteriori con quella massa gigante accartocciata accanto a sè non è facile, ma riesce comunque a trovare un modo per farsi bastare lo spazio ricavato, e guidare.
La testa di Sam sul suo grembo è calda, e nel suo peso c’è qualcosa di stranamente confortante. È certo che quando arriverà a Storey si ritroverà un’imbarazzante chiazza di bava sui jeans, ma non sarà la cosa più disgustosa che vi sia finita durante la giornata, quindi non è il caso di crucciarsene. Di tanto in tanto, Dean lascia che la sua mano destra abbandoni il volante per sfiorare la carotide di Sam, o la sua fronte, o quei fili castani tornati ad appiccicarsi sulle tempie sudate, o qualsiasi altra cosa offra una scusa che confermi la presenza di suo fratello lì. Ancora lì.
Se non distogliesse di tanto in tanto lo sguardo dalla strada, potrebbe persino far finta di avere di nuovo dodici anni, di essere ancora quel ragazzino la cui unica missione era proteggere il suo fratellino, e nient’altro. Quello a cui suo padre non aveva ancora rivelato la seconda parte del suo lavoro, il piano B.

Vi è un’area di servizio (una vera, area di servizio) self-service a circa cento miglia da Storey, Dean decide di fare rifornimento.
I neon che trova lì sono impietosi: non nascondono nulla delle orrende occhiaie livide apparse sotto gli occhi di Sam, gli zigomi incavati e aguzzi, le labbra completamente andate.
Dean storce il naso, ricerca sulla figura di Sam un’alternativa, una ragione per poter guadagnare ancora del tempo, ma no, non c’è: deve riuscire a farlo bere, ed è imperativo.
Passa un braccio sotto le scapole di suo fratello, porta la testa sull’incavo del suo avambraccio, lo avvicina al suo torace.

“Hey-“ sussurra piano il suo nome, quasi colto da un’improvviso timore. “Sammy.” È poco più di un suono rauco, ma sembra riuscire dove i richiami di prima hanno fallito.
Anche la mano che passa tra i suoi capelli pare aver attivato qualcosa. Sam corruga le palpebre, schiude leggermente gli occhi, li batte più volte. Sono lucidi e fissi come quelli di una bambola, sembrano osservare un punto lontano disperso da qualche parte tra il volto preoccupato di Dean e l’etere.
Dean non sa dire se sia davvero sveglio o meno, e non crede sia il caso di rischiare. Bagna con dell’acqua una nuova bandana recuperata da una tasca, la stringe in un pugno. Le gocce d’acqua che colano sono della giusta grandezza, cadono al ritmo giusto tra le labbra di Sam, che in un primo momento sembra infastidito, ma non è dolore quello che contrae il suo volto, bensì lo stupore del suo cervello che sembra registrare la presenza di ciò di cui ha davvero bisogno. Ci mette un attimo a cambiare espressione; Sam vibra, sboccia come una pianta al sole, sembra come rianimarsi, riprendere vita. L’avidità con con cui comincia a deglutire è una sorpresa inaspettata.

“Eccolo il mio fratellino” mormora Dean con un ghigno soddisfatto, ripetendo il gesto ancora e ancora. Si riappropria del proprio buon senso quando delle gocce gli vanno di traverso e Sam comincia a tossire.
Non ha idea di quanto tempo impieghi la medicina per fare effetto e, nel dubbio, preferisce essere prudente. Riadagia Sam sui sedili quando la crisi si allevia; questo si lecca le labbra alla ricerca di qualche goccia d’acqua sfuggita, prima di tirare un profondo respiro contro il suo addome, e riaddormentarsi
La bandana è adesso sulla sua fronte insieme a quella precedente; Dean fa velocemente benzina per poi rimettersi in marcia.

 

“Cristo,”

Mettere a letto Sam si rivela più difficile del trascinarlo fuori dall’auto. Forse è stata la gioia di aver finalmente trovato un motel ad aver dato momentaneamente a Dean la spruzzata di adrenalina di cui ha bisogno per districare gli arti di quella sorta di enorme bestia ferita (la cui testa aveva ormai reso insensibile parte della sua coscia) e fargli compiere quella manciata di passi necessari per coprire la distanza dal parcheggio alla camera.

Sono gli unici ospiti dell’hotel. La donna alla reception, impegnata ad accendere quella che con molta probabilità era la centesima sigaretta della giornata guardando i Red Sox contro gli Yankees in differita, non gli chiede neanche i documenti: fa scivolare un registro sul bancone senza distogliere lo sguardo dalla televisione, porge una chiave a caso tra quelle appese ai quadri, e quando Dean avanza la domanda ‘C’è  una farmacia ancora aperta nei paraggi?’ questa lo guarda come fosse stupido o pazzo. O forse entrambe le cose.

Fatto sta che sì, mettere a letto Sam, si rivela un’impresa.
Probabilmente dovrebbe semplicemente abbandonarlo su di esso così com’è, ma qualcosa dentro di sé gli ricorda che è talmente sporco di vomito, sudore e quant’altro, che togliergli di dosso quel ricettacolo di batteri e schifezze, rientra sicuramente tra gli obblighi di legge espressi in qualche postilla del codice costituzionale, per cui no – ha già un curriculum recondito, non può permettersi di infrangere ancora la legge. Non per non aver adempiuto ai suoi doveri fraterni, per lo meno.

“Puzzi come un fottuto pastore del Montana, Sam,”

Le scarpe vengono via relativamente in fretta, i pantaloni un po’ meno – ci mette un po’ a convincere Sam a star dritto e soprattutto fermo mentre li fa scivolare via dalle sue cosce.
Sarà il letto, sarà il fatto che possa finalmente trovarsi in orizzontale su qualcosa di comodo (sarà il fatto che il suo inconscio rammenti fin troppo bene cosa è accaduto l’ultima volta che gli ha abbassato i pantaloni, ma no, no – non si parla di questo!), la mancata collaborazione di Sam tenta più volte di farlo desistere, ma non lo fa fino in fondo. Quindi insiste, Dean. A carponi sul letto, riesce a bloccargli finalmente un braccio e far scivolare via la manica della maglietta. L’altra, riesce in qualche modo a strapparla via dal pugno chiuso dopo un lungo tira e molla.

Il compenso di tanto disturbo, è un asciugamano umido e tiepido con cui Dean comincia a ripulire la sua schiena, il suo petto, il suo collo. Dall’espressione del suo volto, anche Sam sembra adesso apprezzare il gesto. Il non avere più addosso chiazze di vomito ribollite nel sudore, pelle irritata da quel mix disgustoso, quell’odore acre a cui entrambi sembravano essersi assuefatti, fa una bella differenza.

Quando gli rimbocca le lenzuola, Sam emana un vago aroma di fiori sintetici (gentile concessione del sapone offerto dal motel), e sembrerebbe quasi tornato in salute, visto il colorito porpora che gli colora le guance.
Gli basta toccargli la fronte, adesso limpida, per rompere qualsiasi illusione: la febbre continua a divorarlo come lo divorerebbe uno di quei demoni infernali a cui danno la caccia.
Dentro il suo stomaco, Dean sente un mostriciattolo mordicchiarlo e sogghignare divertito.
Tira un sospiro, guarda l’orologio: manca ancora un’ora.

Recupera un bicchiere dal cucinino, solleva lentamente la nuca di Sam.

“Sammy, devi bere un po’–” Sam, che ha di nuovo schiuso gli occhi in seguito a tutto lo smanacciamento, lo guarda con sguardo vacuo, e sembra implorargli pietà. Sembra implorarlo di smetterla.
Torna ad adagiarlo ancora al suo petto, gli avvicina il bicchiere tra le labbra, lo inclina un po’.
“Solo un bicchiere. Dopo ti lascerò dormire in pace,” almeno per un’ora, ma si interrompe prima di annunciarlo a Sam. Non è un dettaglio su cui deve soffermarsi.

La sensazione dell’acqua tra le labbra si rivela, ancora una volta, irresistibile. Sam beve, e lo fa con una foga preoccupante. “Piano,” gli rammenta Dean, frizionando la mano con cui lo sorregge per le spalle – cazzo, ha davvero preso ad accarezzare suo fratello?  “Non voglio raccogliere ancora il tuo vomito”, questo aggiusta decisamente il tiro.

Torna a riadagiargli la testa sul cuscino quando il bicchiere è vuoto; lo assicura con dei cuscini su un fianco, perché non si sa mai; perché Sam potrebbe non aver preso davvero in considerazione la sua richiesta, e vederlo soffocare nel suo vomito due volte in un giorno sarebbe quantomeno esagerato, dunque meglio evitare.
Ascolta nel silenzio il respiro di suo fratello risuonare come un piccolo motore difettoso, le palpebre tornare a calare sugli occhi lucidi, le membra abbandonarsi esauste al letto.
Poggia l’asciugamano bagnato sulla sua fronte, fa in modo che aderisca bene agli angoli e non scivoli giù, guarda ancora l’orologio: sì, ha giusto il tempo di farsi una doccia.

Fine quarto capitolo

 

 

-          Un grazie infinitissimo a Spoocky, per aver betato davvero AL VOLO questo capitolo! Grazie davvero tantissimissimo! <3

-          Se non vi siete ancora stancati di veder tormentare il povero Sammy, ci vediamo la prossima settimana ;) Grazie di cuore per aver letto! <3

   
 
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