He swore by grass,
he swore by corn
(that his true love had never been born)
-QUINTO CAPITOLO -
Quando chiude il getto d’acqua bollente, Dean si sente come se mettesse piede
nel mondo per la prima volta.
Si sente resettato, ripulito, privato del sudore fisico così come da quello
mentale, e non sarà mai grato abbastanza all’acqua per quel magico potere di
restituire umanità e dignità a coloro che si riducono come lui.
Il vapore acqueo ha creato una fitta nebbiolina calda, come una seconda
dimensione e, al suo interno, Dean si sente in pace, in armonia con il creato,
profondamente rilassato. Indossa distrattamente la prima camicia di flanella e
i primi pantaloni che spuntano dal borsone – sono di Sam, ma anche questo ha
smesso di avere alcuna importanza. Alla sua mente intontita dal calore,
spiegare a suo fratello il perché non abbia più indumenti puliti non sembra più
una prospettiva così fastidiosa.
Così come non sembra più una prospettiva fastidiosa il dover mettere a
quest’ultimo una nuova supposta, o almeno questo è quello di cui cerca di
convincersi quando i suoi occhi ricadono sulla scatola-salvavita che fa
capolino dalla tasca della sua giacca.
Ciò che invece è fastidioso, ciò che è molto, molto, molto fastidioso, è il ritrovare Sam rannicchiato su se stesso come
un gambero, sofferente. Ha la testa rovesciata in avanti, il mento conficcato
al petto, la fronte corrugata – sembra avvolto in un dolore intenso, sordo;
qualcosa che le labbra ridotte a una linea sottile cercano in tutti i modi di
trattenere, ma di cui a volte scappa comunque qualcosa; uno sbuffo, un sibilo,
un lamento strozzato in gola, che non fa che aggiungere altro dolore.
Con due ampi passi, Dean si porta al suo capezzale.
“Hey—“ Toccare la sua testa adesso è un po’ come toccare paglia ardente. Sta
letteralmente bollendo. “Sam? Sammy...?”
Lo fa ruotare sulla schiena, esamina il suo volto, cerca di decifrare quei tratti sconvolti. “Che succede, Sam?”
Ma in risposta, ha solo lo sguardo di suo fratello che lo
fissa; lo fissa, e sembra rinfacciargli ogni cosa.
Ogni cosa che non è in grado di fare.
Una nuova fitta lo imprigiona, e Sam torna di scatto su un fianco, irrigidisce
gli arti, affonda i talloni contro il materasso.
Ha i crampi, realizza Dean. Probabilmente li avrebbe avuti anche prima, ma era
troppo disidratato perché il suo cervello potesse anche solo riconoscerli come
tali. Quel bicchiere d’acqua bevuto deve aver riattivato qualcosa, e quel
qualcosa, è adesso terribilmente incazzato, e chiede il conto.
“Shhhhh, va tutto bene, Sammy—“ sta spudoratamente mentendo, non sa dove
mettere le mani prima, ma ha fatto del fake
it until you make it la sua filosofia di vita, per cui non è nuovo alla
cosa.
Con il palmo della mano, Dean traccia cerchi sulla sua schiena, sulle braccia,
sul fianco tremante – non serve a niente, se non a sentire il respiro di Sam
frammentarsi in tanti piccoli tocchi, sentirlo soffiare e serrare la mandibola,
sentire qualcosa nella sua mente suggerirgli che, se Sam non smetterà di
stringere i denti in quel modo, probabilmente finirà per romperseli e cazzo.
Alza lo sguardo verso l’orologio alla parete: ancora mezz’ora.
Cazzo.
“Vieni qui,” raccoglie la testa di Sam, riempie velocemente un altro bicchiere
d’acqua, lo poggia tra le sue labbra. “Dai, bevi un altro po’ –“ è troppo
dolorante per pretendere che lo faccia davvero al primo invito; Sam volta il
viso verso la spalla. Dean ha preventivato anche questo. Ne rincorre le labbra
con il bicchiere, lascia che lo odi un po’.
“Sam, hai crampi perché sei disidratato. Coraggio, bevi un altro po’, ti
sentirai meglio,” – di questo non è sicuro, ma si affida alla logica e alla sua
voce calma e convincente; in passato ha sempre funzionato.
Può sentire i denti di Sam addentare il bordo di vetro del bicchiere, e il
timore che possa romperlo aleggia per un po’ nella sua mente, poi però, il
fondo del bicchiere si appanna, il pomo d’Adamo si solleva; Sam ingoia. Nel
giro di pochi istanti, il bicchiere è quasi vuoto.
Vorrebbe insistere affinché beva ancora, ma l’ultimo sorso non è andato
esattamente bene (il tempismo di una fitta giunta in concomitanza è stato eccellente), e il modo in cui Sam sembra
adesso voler sputare i polmoni è decisamente un’ottima ragione per rivedere i
piani.
Poggia la testa di Sam sul cuscino quando smette di tossire; non ha di fronte a
sé alcuna prova obiettiva, ma si dice che Sam adesso stia soffrendo meno. Si dice.
Più che altro perché deve essere così. Più che altro perché non può non essere così.
Sistema un nuovo asciugamano ghiacciato sulla fronte di Sam, attende.
Lo sguardo di Dean è un misto tra un ping-pong e un flipper: guarda l’orologio,
poi le dita di Sam avvinghiate al lenzuolo, le nocche talmente strette che ha
l’impressione possano da un momento all’altro lacerarsi; poi di nuovo
l’orologio – quelle cazzo di lancette saranno sicuramente bloccate; no –
coincidono con il suo orologio da polso, no. Funzionano. Mancano davvero venti
minuti? Come fanno a mancare davvero venti minuti!? Guarda la scatola, che ha
già preso inavvertitamente in mano e tiene stretta a sé piano, come fosse un
uccellino caduto dal nido; ‘Analgesico,
antipiretico’. Sa fin troppo bene cosa significhi ‘analgesico, antipiretico’ per non contare i secondi. Poi arrivano
le labbra di Sam, che sfiatano d’improvviso tutto l’ossigeno che ha in corpo,
per poi, con un rumoroso fremito, risucchiarlo di nuovo di colpo.
Dean dondola nervosamente una gamba. Ancora l’orologio: diciannove minuti. Un
nuovo crampo, il letto scricchiola, Sam si contorce, geme.
Ed è troppo.
“D’accordo, basta così.”
Al diavolo.
Dean si solleva dalla sedia. Lo fa sotto lo sguardo inquisitore di Sam che,
immobile, lo osserva attraverso due fessure sottili, e non dice niente.
Ne segue i movimenti sino a quando non si porta su un angolo del letto; le sue
pupille acquose chiedono una spiegazione, e Dean è lì lì per assecondarlo, per
sfoggiare il più smagliante, patetico dei sorrisi, poggiare una mano sulla
spalla e partire con il ‘Sammy? Hey, Sam?
– hey...ascolta, so che ti senti di merda, ma ho qualcosa che può farti stare
bene, d’accordo? Ti farò una cosa – che, in realtà, ti ho fatto anche qualche
ora fa, o quando eri un mocciosetto capace di prendersi tutti i virus in
circolazione, ma probabilmente non ricordi, ad ogni modo, è un po’ strana, ma
non preoccuparti, va bene? Ti aiuterà a farti stare meglio, okay?’, ma il
solo eco di tal monologo nella mente è sufficiente per portare un ronzio alle
orecchie, un bruciore alle gote, e la forte, prorompente convinzione che no,
non funzionerebbe.
Dean rovescia la testa all’indietro, chiude gli occhi; esala, come un
posseduto, un demone chiamato ansia. Sam lo osserva ancora. Le palpebre gonfie, il volto paonazzo.
Sembra sul punto di dire qualcosa, quando l’avvento di un nuovo crampo
deforma i suoi lineamenti, e lo costringe ad abbandonare l’idea in favore a
qualcosa di più importante, tipo stringere i denti, cercare di non urlare.
Dean apre la scatola che ha in mano; libera dall’involucro
rosso la nuova supposta.
Il proiettile bianco è tale e quale quello precedente, ma per qualche ragione
inspiegabile (un mix letale tra privazione del sonno e qualcosa di più intimo e
primordiale, probabilmente), sul suo palmo, appare come qualcosa di
differente, qualcosa di più significativo e perverso: l’accanimento di un mondo
ostile e il prezzo della sua ostinazione. Un nuovo gemito di Sam pone fine ai
suoi deliri mentali.
Suo fratello non ha ancora smesso di digrignare i denti quando Dean si curva su
di lui.
È teso e rigido, mentre spegne il dolore con un suono rauco. Dean può sentire
sotto le sue dita i muscoli delle spalle contrarsi, spezzargli il respiro,
mettere a dura prova la sua resistenza psicofisica, e anche la propria. Deve davvero far un male del diavolo.
Il maggiore dei Winchester rimuove il cuscino dalla schiena di Sam, spinge
piano la sua spalla e il suo fianco accompagnandone i movimenti sino a quando
non è completamente disteso sul suo addome.
Ha i gomiti piegati, i pugni stretti sotto al viso, ciocche di capelli castani
sparpagliate in ogni dove. Gli occhi semiaperti continuano a premere su di lui
chiedendo forse spiegazioni o forse semplicemente aiuto, e nel dubbio, Dean ha
arbitrariamente deciso che può benissimo lasciar cadere ogni richiesta nel
vuoto.
“Va tutto bene, Sammy–“ sussurra piano facendo scendere una mano sulla schiena
dolorante di questo, prima di fermarsi sui suoi fianchi e abbassare sino alle
ginocchia i suoi boxer, unico indumento concessogli dopo averlo messo a letto
(mai Dean è stato più soddisfatto di una sua decisione come adesso).
Per Dean, la cosa più esilarante è che Sam non protesti. Non dice una parola,
lo lascia fare. Affonda il viso sul cuscino, tra i pugni, si eclissa come può
da quel momento, e Dean non gliene sarà mai grato abbastanza. Vi è inoltre
qualcosa che rende tutto ancora più intimo e privato di quanto non lo fosse
prima. Dean non sa dire di preciso cosa sia; se la luce soffusa dell’unica
abat-jour funzionante, il respiro caldo di Sam che si estingue tra le trame del
cuscino, o le loro ombre che si allungano sul muro. Fatto sta che ha suo
fratello nudo su di un letto, sta per infilare per la seconda volta qualcosa
dentro di lui, eppure riesce a trovare in quel momento, una domesticità che non
sa dire da dove provenga.
Bagna la supposta con l’acqua rimasta nel bicchiere di prima, divarica piano le
natiche ossute. Il gesto è lo stesso di qualche ora prima (così come lo è il
tumulto interiore che divampa dentro di sé) ma, complice una certa esperienza e
l’ambiente meno avverso, tutto risulta più semplice e indolore.
In quel perfetto silenzio, può sentire Sam sussultare al momento della violazione. Reazione normale, si dice,
sudando. È ancora tutto sotto controllo. Il respiro di entrambi si spezza. Uno ‘sshhh’ giunto dal profondo del suo
inconscio e una mano a immobilizzarne il fianco, placano ogni cosa a
sufficienza perché il minore dei Winchester riesca a tollerare il leggero
incremento della pressione delle sue dita.
La supposta scivola dentro con facilità; sente Sam deglutire quando questa
sparisce completamente dalla sua vista. Memore di esperienze negative, Dean
rimane guardingo; attende in silenzio una manciata di lunghi, infiniti secondi,
prima di dichiarare l’operazione compiuta (gli stessi secondi in cui Sam si
sarà domandato più volte la ragione per cui suo fratello attardasse il dito nel
suo deretano, senza dubbio). Stringe i glutei di Sam, controlla ancora una
volta l’avvenuta dipartita – sì, è andata.
“Fatto.” riprende a respirare; riprendono
a respirare.
Questa volta è stato proprio bravo.
Riporta i boxer al suo posto, poggia una mano sulla nuca spettinata di Sam,
solleva il lenzuolo sin sotto le scapole. “Tieni strette quelle chiappe secche
e cerca di riposare come si deve, fratellino.”
L’operazione sembra aver offerto a Sam la distrazione di cui aveva bisogno per
sopportare i crampi (odiare suo fratello è pur sempre un ottimo diversivo,
dopotutto). Colmo di rancore, segue il ritorno di Dean alla poltrona poco
distante con lo sguardo di chi sta ardentemente cercando di trattenere una
serie di commenti che, di certo, fanno bene a restare dove sono, poi si volta
piano dall’altro lato del letto, le narici rilasciano tutta l’aria che aveva
trattenuto; smette di muoversi.
Si addormenta nel giro di pochi minuti (un sonno vero questa volta, a giudicare
dal ritmo regolare dei suoi respiri). Solo allora Dean sostituisce
l’asciugamano sulla sua fronte con uno più fresco, e anche lui, respira.
Fine quinto capitolo
Note:
-
Grazie infinite a Nattini1 per il betaggio <3
Gentilissima come sempre!
E grazie infinitamente a tutti voi
che avete letto sino ad ora! È stata una settimana parecchio intensa, cercherò
di rispondere subito alle recensioni.
Il sesto ed ultimo capitolo tra una settimana esatta! ;) Stay tuned!