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Autore: annies_rumor    01/02/2019    2 recensioni
Cosa c'è realmente dopo l'adolescenza?
Questo racconto è un piccolo viaggio introspettivo attraverso la mente di una ragazza semplice.
"Semplice", una parola comune, di cui tutti sanno il significato...
Ma cosa di cela realmente dietro una ragazza "semplice?"
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un certo Johnny Depp una volta in un'intervista affermò: 
"Ho iniziato a fumare a tredici anni, ho perso la verginità a tredici e a quattordici avevo già provato ogni tipo di droga.
Non dico di essere stato un cattivo ragazzo, ero soltanto curioso."

 
Non molto diverso da me, direi.
Tranne per il sesso, con quello ho iniziato molto più tardi.
A dieci anni, incredibile ma vero, ho fatto il mio primo tiro ad un sigaretta.
Una Marlboro rossa, di cui ricordo ancora il sapore: quello del timore.
Ero terrorizzata all'idea che mia madre potesse scoprirmi, ragion per cui subito dopo corsi in bagno a lavare i denti e mi mascherai dietro spruzzi di un profumo da quattro soldi. Inutile dire che filò tutto liscio come l'olio, ma dal quel momento in poi ero segnata.
Da quel momento in poi avevo qualcosa di cui vantarmi con i coetanei, avevo quel piccolo segreto che mi faceva sentire grande, ero in un certo senso soddisfatta e pronta al destino: sarei stata una fumatrice.
A 15 anni arrivò il primo tiro ad una canna, Marijuana.
A 17 le uscite fino a tarda notte, le droghe, lo sballo.
A 21 anni avevo già provato tutto ciò che il mercato illegale aveva da offrrmi: cocaina, MDMA, LSD, ketamina e chi più né ha, più né metta.
Nulla mi spaventava e quel lontano timore provato a dieci anni diventò solo un lontano ricordo.
Vedevo i miei coetanei svenire, finire male da qualche parte fuori dalla discoteca, vedevo gli occhi rivolti verso l'altro e la schiuma alla bocca,
ma nulla riusciva a fermarmi, ogni volta aspettavo con ansia il giorno in cui avrei assunto droga.
Voglia di libertà o semplicemente voglia di morire? Ad oggi non mi è ancora chiaro.
Al di fuori apparivo come una ragazza modello, con sani principi morali e una gran voglia di scoprire il mondo.
Dentro ero lacerata, mi rispecchiavo nel buio della notte, trovavo conforto solo nella perdita dei sensi.
Questa storia è andata avanti per tanto tempo, alternando fasi di piena coscienza ad altre di completa follia.
Il problema è sempre quello con la dipendenza: sai che ti uccide ma non puoi farne a meno.
Io ero dipendente da tutto: dalle droghe, dall'amore malato, dalla bulimia, dall'autolesionismo, dal bipolarismo e da tante altre diagnosi psicologiche,
una più, una meno, facevano tutte parte della mia vita. 
Le mie dipendenze erano i tatuaggi sulla mia pelle: 
i miei occhi soffrivano per le droghe, 
il mio cuore soffriva per l'amore,
il mio stomaco soffriva per la bulimia,
il mio corpo soffriva per l'autolesionismo,
la mia mente soffriva per il bipolarismo.
Tutte queste cose racchiuse in una sola persona, un mix letale.
Sono sempre stata una di quelle persone che trovava conforto nelle canzoni di Amy Winehouse, una di quelle che leggeva molto tutto il giorno viaggiando con la mente,
una di quelle che non usciva per un caffé, ma solo per lunghissime passeggiate in riva al mare.
Ero una persona semplice, forse, ma complessata fino all'inverosimile, tanto da odiare me stessa e lasciarmi morire lentamente.
Nel bene o nel male, il mio più grande pregio è sempre stato quello di saper fingere.
A scuola mai nessuno dei miei professori ha notato i miei problemi, poche amiche hanno guardato dentro la mia anima senza scappare a gambe levate subito dopo, 
nessun ragazzo ha mai accarezzato i miei polsi nudi, nessun genitore mi ha mai vietato quell'uscita di troppo per non andare a farmi del male.
Mai nessuno è la somma della gente nella mia vita.
Ho passato gran tempo della mia vita sola, senza pretendere nulla da nessuno, per me, erano tutti di passaggio.
Una volta terminata la loro parte nella mia vita, mi ritrovato a piangere come una ragazzina al quale è morto il gatto, ma ogni volta diventavo sempre più forte e rigida di quella precedente e così riuscivo a tirar avanti quel poco che bastava per non finire in giri più grandi di quelli che potessi gestire.
Ho sempre amato i tatuaggi, i piercing, i capelli colorati ma ammiravo le donne d'ufficio, sempre perfette ed impeccabili,
quelle capaci di gestire ruoli di grande importanza nel mondo lavorativo e tornare a casa pronte ad accudire marito e figli come se fosse una cosa naturale e spontanea.
Io vedevo come mi guardavano quando andavo in giro e non m'importava, in cuor mio desideravo solo diventare come loro un giorno, ma per il momento l'immagine nello specchio si addiceva alla mia persona e per questo continuavo: sono sempre stata così indecisa.
Mi piacevano sempre tante cose, se pur completamente opposte.
Mi piaceva il thè caldo e i libri d'amore e mi piacevano le serate in discoteca a sballarmi.
Mi piacevano i film d'azione quanto  quelli drammatici.
Mi piacevano gli abbracci ma anche il sesso sfrenato.
Mi piacevano tutti gli stili del mondo, cercandone uno tutto mio.
E poi, poi mi piaceva tanto passare del tempo con la mia buona e vecchia nonna.
Unica figura di riferimento. Unica valvola di sfogo. Unica persona  ad accertarsi se io avessi mangiato o meno.
Persino durante i tempi della bulimia andavo da lei, ci parlavo per ore e mi preparava pranzi stellari che, poco dopo, finivano in un lurido cesso di qualche locale nei dintorni. Se solo potessi tornare indietro, non butterei mai via quel cibo, perché sarebbe come buttar via un po' di lei e del suo amore nei miei confronti.
Amore che ad oggi pagheri oro per riavere indietro.
Amore che la vita stessa non ha potuto lasciare, cedendone il posto alla morte.
Mia nonna è morta senza che io l'abbia potuta ringraziare, senza potermi far perdonare.
E' scomparsa lasciandomi sola alle mie dipendenze che, poco a poco, aumetarono insieme alla disperazione per la perdita.
Mia nonna è entrata in quell'ospedale di cui non so nemmeno il colore delle pareti, e non è mai più uscita.
Lei che per me c'è sempre stata, è andata via sola da quel postaccio. Sola senza nessuno, senza di me.
La colpa mi ha divorata così tanto da ridurmi in cenere e non voler più rinascere. 
Probabilmente lei è la persona che ho amato di più nella mia vita e se solo potessi tornare indietro, sarei pronta a dar la mia vita per lei.
Il mondo è andato avanti poco dopo, il mio è rimasto fermo a quel giorno.
Cara nonna, ovunque tu sia, sappi che questo libro lo dedico a te.
Dalla prima all'ultima pagina.
Chissà, forse da lassù,
riuscirai a leggere tutto ciò che ti ho sempre nascosto e capirai i motivi per i quali non riuscivi a comprendermi.
Anche se non te l'ho mai detto: ti voglio bene nonna.
   
 
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