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Autore: Signorina Granger    07/02/2019    11 recensioni
INTERATTIVA ||
I Peccati Capitali erano un gruppo di maghi e streghe, considerati tra i più potenti della Gran Bretagna, ognuno dei quali rappresentava uno dei sette peccati capitali a causa di una grave colpa da loro commessa.
Il gruppo è stato sciolto e accusato di essere responsabile della morte del Ministro della Magia, ma quasi tutti riuscirono a fuggire, di loro si sono perse lle tracce e sulle loro teste venne messa una taglia.
Dopo tre anni il Ministero è ormai caduto nelle mani dei Cavalieri Sacri, un ordine che dovrebbe occuparsi della tutela dei maghi, e una dei Peccati decide di andare alla ricerca dei suoi vecchi amici con l'intento di trovarli e mettere fine, insieme, alla loro persecuzione, trovando il vero responsabile dell'omicidio che li fece condannare e alle tirannie messe in atto dai Cavalieri.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 11


In piedi davanti alla finestra della cucina, Mackenzie osservava le prime luci che stavano dipingendo il cielo di deliziose sfumature che andavano dall’arancio, al rosa e infine ad un tenue azzurro color carta da zucchero. Le nuvole sembravano i batuffoli di zucchero filato rosa con cui da bambina si impiastricciava sempre le mani.
Si prospettava una gran bella giornata, ma Mackenzie sapeva che non sarebbe stata solo quello: era un giorno importante, sopra ogni cosa. 

La strega abbassò lo sguardo sulla tazza che stringeva debolmente tra le mani pallide e dalle dita lunghe e sottili. Le avevano sempre detto di avere mani da pianista, ma non aveva mai avuto la costanza, la dedizione e la pazienza per imparare a suonare uno strumento, per quanto potesse piacerle il suo suono. 
Le labbra della strega si inclinarono in un debole sorriso mentre una voce, nella sua testa, le ricordava che infondo non importava, c’era già lui che sapeva suonarlo divinamente.  Il sorriso però svanì rapidamente insieme all’immagine che la sua mente aveva appena proiettato, e con un rapido gesto fece sparire la bustina di Earl Grey dall’acqua ormai perfettamente aromatizzata. 

La Gola guardò di nuovo fuori dalla finestra – non sapeva perché si fosse svegliata così presto, forse era la consapevolezza di cosa sarebbe successo quel giorno – prima di portarsi la tazza alle labbra e assaggiare un sorso di tè. 
Il gusto del suo aroma prediletto le scivolò piacevolmente in gola, caldo e familiare come un abbraccio, e Mac sorrise debolmente: era una vecchia smania inglese sostenere che una tazza di tè potesse risolvere qualsiasi problema… I suoi problemi erano grandi, ma all’improvviso non poteva negare di sentirsi un po’ più tranquilla. 

Era troppo presto per sperare che uno dei suoi amici si sveglissima, ma la Gola non era dispiaciuta dalla prospettiva di avere qualche momento solo per se stessa e i suoi pensieri, per pianificare il minimo dettaglio di quella giornata. 
Non poteva permettersi che qualcosa andasse storto.


*


Jezabel tirò le tende e lanciò una rapida occhiata fuori mentre Tristano, accanto a lei, la fissava con occhi languidi e in attesa della sua colazione.

“Oggi è un giorno importante, sai cucciolone?”  Jess abbozzò un sorriso mentre accarezzava il cane, che le leccò affettuosamente la mano, solleticandogliela. 
“Speriamo solo che vada tutto bene… Vieni, lo so che hai fame.”

Al cenno della padrona e vedendola uscire dalla stanza per dirigersi in cucina Tristano prese a scodinzolare, rallegrandosi mentre la seguiva. 
In verità Jezabel non era del tutto tranquilla, quel giorno, anche se di fatto lei non doveva fare assolutamente nulla.  Certamente perché recuperare i Tesori Sacri era fondamentale, indipendentemente da quali fossero e a chi appartenessero… anche se, doveva ammetterlo, qualcosa le diceva che a Fortressea celassero quello della Lussuria. 


*


“Ti mandano a Fortressea proprio oggi? Non pensi che sospettino qualcosa, vero? O è solo una coincidenza?”

Belle inarcò un sopracciglio, parlando in un sussurro mentre camminava accanto a Sam tra le scrivanie degli loro colleghi. Al contrario dell’amica però il più vecchio si strinse nelle spalle, non battendo ciglio mentre parlava con tono pacato:

“Hanno incrementato la sicurezza da quando la Lussuria ha lasciato Azkaban, molti hanno fatto dei turni lì… il fatto che mi mandino proprio oggi infondo può non essere un male.”
“Certo, perché potresti facilitare l’operazione, ma se qualcuno dei nostri colleghi se ne accorge?!”
“Farò in modo che ciò non accada, non preoccuparti. Non penso che sappiano, Belle, è impossibile che abbiano capito che i Peccati vogliono farlo proprio oggi… oltre a noi lo sanno solo le Virtù, e loro di certo non hanno parlato.”

Belle non sembrò particolarmente convinta, ma l’amico le sorrise e le sfiorò la spalla con una mano – talmente grande in confronto al fisico minuto della ragazza che avrebbe potuto scaraventarla 10 metri più in là solo con una spintarella –:

“Non preoccuparti Belle, pensa solo a ciò che devi fare TU oggi… devi tenere Marshall e Phillip insieme, fossi in te mi preoccuperei più per me stesso.”
“Va bene, ma promettimi che terrai un profilo basso… anzi, tra la tua arma e il tuo fisico mi pare difficile, ma almeno non fare cretinate.”

Sam sorrise e asserì che lui non ne combinava mai prima di superare l’amica congedandosi con una pacca sulla schiena, scusandosi mentre si allontanava quando sentì la ragazza lamentarsi per il dolore.


*


Mentre Ebe e Alanis si contendevano l’ultimo pancake Loki, seduto di fronte alle due, osservava le amiche senza proferire parola, le braccia strette al petto e senza che particolari emozioni trasparissero da suo volto pallido. La sua mente era altrove, molto lontana da lì: si trovava già a Fortressea, e per quanto fosse sicuro delle capacità sue e del resto del gruppo – del resto non era certo la prima volta in cui affrontavano un lavoro insieme – si chiedeva quanto ci avrebbe messo il Ministero ad apprendere della loro “visita” e a mandare rinforzi di Cavalieri.
Avrebbe visto anche Luvienne? 
L’ultima volta in cui se l’era trovata davanti non aveva saputo agire e quel giorno non poteva permettersi di ripetere quel fatale errore. Ma erano passati anni, era cambiato molto da quel giorno, non si sarebbe fatto fregare una seconda volta.


“Loki, ci stai ascoltando?! Stiamo parlando di cose che riguardano anche te!”
Ebe sbuffò debolmente e Loki, senza battere ciglio, voltò il capo con un movimento appena percettibile verso di lei prima di parlare con tono neutro e rilassato:

“State discutendo su come entrare a Fortressea e in che ordine ognuno di noi dovrebbe agire. Ma immagino che sia presto per pianificare tutto, prima dobbiamo trovarci effettivamente davanti all’edificio. Rilassatevi fanciulle, anche se siamo solo in quattro sarà facile come bere un bicchiere d’acqua.”

Loki finì di parlare inclinando le labbra piene in un debole sorriso compiaciuto mentre guardava Ebe sbuffare piano e alzare gli occhi al cielo. Alanis, invece, imitò l’espressione dell’ex compagno di scuola nel trovarsi di fronte ad uno scenario che tanto conosceva bene: ogni volta in cui qualcuno riprendeva Loki pensando che non stesse ascoltando il mago replicava ricapitolando tutto ciò che era stato detto.


“Bene, visto che Loki prestava attenzione e io sono d’accordo con lui, partiamo appena possibile.”
“Vuoi farlo in pieno giorno?”
“Beh, non dobbiamo preoccuparci di non farci riconoscere, sanno benissimo che abbiamo più interesse di chiunque a prendere ciò che tengono rinchiuso lì… conoscono i nostri volti, l’unica cosa che conta è prendere Harlit o qualunque altro Tesoro Sacro troveremo e andarcene senza essere presi.”

“Beh, questo non sarà un problema.” Alanis si strinse nelle spalle mentre si ravvivava i capelli – tornati del loro castano naturale – con una mano, perfettamente rilassata. Ebe sorrise, dondolandosi sulla sedia quasi fosse emozionata:

“Finalmente ci divertiamo un po’, ho paura di arrugginirmi!”
“Ma se ieri tu e Loki vi facevate le maschere di bellezza e la manicure….”
“Ehy, quella l’ha fatta solo lei!”


Mac alzò gli occhi al cielo e pensò al defunto Ministro Finch, l’unico che aveva creduto in loro quando nessuno avrebbe scommesso un solo sellino su un gruppo di criminali. Era capitato spesso che l’uomo piombasse da loro all’improvviso e si fermasse addirittura a cena, e Mac ricordava lunghe serate passate intorno ad un tavolo a ridere e a pianificare missioni. 
Chissà cosa avrebbe detto, vedendo il suo piccolo, infallibile esercito personale a discutere di manicure e a dividersi i pancake…  
Mac ripensò a quando quell’uomo dai brillanti occhi cerulei, i capelli bianchi come neve e un sorriso incoraggiante l’aveva scortata fuori dalla sua cella ad Azkaban. All’improvviso sentì un piccolo nodo in gola. 

Non ci pensava più tanto spesso, quasi non fosse mai accaduto, ma le dispiaceva che fosse morto.
E l’idea che avessero incolpato loro della sua morte la urtava parecchio.


“Bene, allora coraggio. Facciamo una gita sulla costa, oggi.”


*


“Sei strana oggi.”
“Non sono strana, sono nervosa, posso essere nervosa?”

Cristal sbuffò mentre si spazzolava energicamente i capelli biondo grano, in piedi davanti allo specchio. 
Barnabas stava sulla soglia, appoggiato allo stipite e con le braccia conserte. Il ragazzo studiava la sorella con occhio critico, ma da un lato anche divertito nel punzecchiarla mentre era visibilmente agitata:

“Non dirmi che non sai che borsa abbinare a quei vestiti.”
“Io so sempre cosa abbinare a cosa, Barney. Tu piuttosto, non hai nulla da fare?”
“Non oggi. Problemi dall’alto della tua posizione di prestigio, sorellina?”
“Ridi pure fratellino, ma il mio è un compito spinoso, oggi io e le ragazze dobbiamo presenziare una corte e io detesto farlo.”

“Nono fa parte del tuo lavoro esprimere sentenze sui casi più importanti?”
Barnabas aggrottò la fronte e la sorella annuì con un debole sbuffo mentre prendeva la borsa che aveva scelto per quella giornata – una birkin di Hermès nera – e ci infilava dentro di tutto alla rinfusa.

“Già, ma non è tra i compiti che preferisco. Come sto?”
“Perfetta come sempre.”
“Lo so, ti ringrazio fratellino. Ci vediamo stasera.”

Dopo essersi infilata gli occhiali da sole dalla spessa montatura a gatto la strega superò il fratello per uscire dalla stanza, non prima di avergli rifilato un bacio sulla guancia contro le proteste del ragazzo, che cercò invano di ricordarle che non era più un bambino.

“Lo so, ma mi piace vederti in imbarazzo.” Cristal sorrise, gli mandò un bacio e poi raggiunse il camino ridacchiando, ignorando i borbottii sconnessi del fratello prima di sparire, diretta al Ministero.


Naturalmente non era nervosa solo per l’udienza a cui doveva presenziare, ma questo Barney non doveva saperlo.


*


Rita si passò le mani sulle tempie, sospirando: odiava ammetterlo, ma era stanca. Era tornata a casa dal San Mungo e aveva dormito per due ore scarse – lasciandosi cadere sul letto completamente vestita – prima di dover uscire di nuovo per andare al Ministero. Ora sedeva insieme alle tre amiche e colleghe nell’aula 10, su delle panche poste alle spalle e al di sopra del Wizengamot. 
Il Ministro quel giorno non c’era, ma le quattro non se ne dispiacevano: detestavano dover collaborare con lui quanto lui detestava farlo con loro. Almeno così erano tutti più contenti.

Jezabel, seduta accanto a lei, le appoggiò silenziosamente un alto bicchiere di ceramica davanti, uno di quelli con il tappo da portarsi in giro come dei termos. L’ex Tassorosso lo aprì e sorrise nel sentire il profumo inconfondibile del caffè, ringraziando l’amica con un’occhiata mentre Jezabel, invece, continuava ad osservare l’imputato e i vari testimoni. 

“Io dico che è innocente…”
“Lo dici perché è carino o perché lo pensi davvero Cris?”
“Ma taci, tu stai guardando il Cavaliere dagli occhi lucenti da quando siamo entrare…”


Cristal sbuffò piano e Maysen, sgranando gli occhi azzurri, arrossì di colpo mentre Rita e Jezabel si voltavano sincronicamente verso di lei, parlando con dei sussurri concitati:

“May!”
“Ok che ti ho detto di entrarci in confidenza, ma ti devo ricordare che è uno dei Cavalieri che più odia i Peccati e più vicini al Ministro?!”
“Non guardatemi come se fossi una criminale e state zitte, ci sta guardando!”

Maysen sibilò quelle parole a denti stretti prima di abbassare lo sguardo, evitando di guardare Asher: il Cavaliere, in piedi accanto alla porta, le stava osservando con la fronte aggrottata, come se si stesse chiedendo di cosa stessero discutendo così animatamente.

Brian, in piedi accanto all’altro lato della porta, spostò annoiato lo sguardo dall’imputato seduto sulla sedia munita di catene al collega, scoprendolo a scrutare le Virtù. 
Ultimamente aveva visto spesso insieme il collega e la Prudenza, ma non si era ancora mai azzardato a fare domande a riguardo.  
Stava quasi per avvicinarglisi – giusto per smorzare un po’ la noia di dover fare da palo durante tutto il processo – ma qualcuno lo battè sul tempo: una delle ante della vecchia porta si aprì piano e un terzo Cavaliere entrò nell’aula, avvicinandosi ad un Asher confuso per dirgli qualcosa a bassa voce.

Sembrava nervoso e concitato mentre parlava e Brian si chiese se non fosse il caso di allarmarsi mentre il Wizengamot si agitava leggermente, forse infastidito da quell’intrusione. Dalla faccia che fece Asher, tuttavia, l’ex Serpeverde intuì che ci fosse un valido motivo dietro quell’ingresso a sorpresa.

“Chiedo scusa signori, ma dobbiamo lasciarvi.”
“Non possiamo lasciare il processo!”
“Fidati, oggi possiamo.” Asher rivolse un cenno a Brian prima di congedarsi e lasciare l’aula a passo di marcia, seguito dal collega sempre più confuso e che lo raggiunse con un paio di falcate:

“Che diavolo succede?”
“Fortressea. Fortressea, cazzo.”



“Dite che…”
“Sì, direi che ci siamo ragazze.”



*



Quando si Materializzarono ad un paio di chilometri dalla fortezza, che svettava su un promontorio della Costa, Alanis ricordò l’unica volta in cui era già andata fin laggiù. Aveva accompagno, per non dire scortato, il Ministro durante una visita di controllo e sorrise nel ripensare alle parole dell’uomo, che aveva descritto l’edificio come una costruzione fortificata e difficile da espugnare.

Difficile, sì, ma non certo impossibile, specie per gente come loro. 


“Alanis, tu sei già stata qui, no? Cosa mi sai dire?”
“Se non ricordo male, si va dall’esterno verso l’interno, che è la parte più protetta e sicura… sicuramente terranno uno dei vostri Tesori al centro, dubito che ci sia qualcosa di più prezioso di quello lì dentro.”
“Bene. Non ci vorrà molto affinché venga dato l’allarme fino al Ministero, dobbiamo cercare di essere più rapidi possibile, prima che un’orda di Cavalieri circondi la fortezza… dubito che dentro ci si possa Smaterializzare.”
“E infatti non è possibile, ma tu puoi farlo Mac, no?”
“Certo, ma non voi tre. Perciò se si mette male dobbiamo fare in modo di poterci ritrovare in fretta…”

“Ci dividiamo a gruppi di due? O entriamo singolarmente?” Loki inarcò un sopracciglio e Mac si strinse nelle spalle, asserendo che bastava che nessuno si facesse prendere.

“Sentito, Loki?”
“Falla finita, Alanis.”


*



Nessuno di accorse che c’erano degli intrusi finché non trovarono il custode privo di sensi, all’ora venne dato l’allarme – sia all’interno della struttura che al Ministero – e tutti i Cavalieri presenti iniziarono a cercare i loro inattesi visitatori.

“Brr, che freddo che fa qui sotto! Secondo te a che piano siamo?”
“Non so, però potrebbero pulire ogni tanto, mi si stanno impolverando le scarpe italiane!”
“Nessuno ti ha detto di vestirti così per infiltrarti in una fortezza, sai?”



“Sento delle voci di là, andiamo!” 

Il Cavaliere, che teneva un sottile fioretto dall’elsa finemente decorata in mano, rivolse un cenno sbrigativo ai compagni prima di affrettarsi lungo il corridoio. Avevano appena svoltato l’angolo quando si trovarono davanti un paio di individui, un uomo e una donna disarmati e rilassati come se fossero in gita.

La donna, minuta ma di una bellezza che le impediva di passare inosservata, volse lo sguardo su di loro prima di sbuffare, scuotendo leggermente la lunga chioma di capelli corvini:

“Ecco, visto, ci hai fatti scoprire!”
Accanto a lei stava, in perfetta contrapposizione con la figura femminile dai grandi occhi scuri e la pelle ambrata, un uomo alto, pallido e da gelidi occhi chiarissimi.
L’uomo sbuffò appena, sibilando che era colpa sua che aveva insistito per fare il giro turistico:

“Ok, ora come ce ne liberiamo?”
“Ci pensi tu?”
“No, non mi va di sprecare energie per questi qui.”
“Uffa, devo sempre fare tutto io!”

Mentre i due battibeccavano i Cavalieri li guardavano straniti, chiedendosi con che razza di gente avessero a che fare prima che uno di loro li riconoscesse:

“Sono l’Invidia e la Lussuria, sono identici ai manifesti!”
“Ma non dire cretinate, la mia mascella non è affatto resa bene in quei disegni! Ebe, pensaci tu.”

“Va bene… ciao ragazzi, scusate ma andiamo di fretta!” 

Ebe sorrise e li salutò con la mano prima che la terra sotto ai loro piedi sparisse, facendoli precipitare per una decina di metri.

“Bene, per un po’ dovrebbero essere sistemati… allora vediamo di raggiungere il centro in fretta, siamo ancora nell’anello esterno dopotutto.” Ebe si avvicinò alla parete e, dopo averla sfiorata con le dita, sorrise soddisfatta, gli occhi luccicanti:

“Mac si è scordata di dirci una cosa.”
“Ossia?”
“Non sono mattoni… è fatta di pietra e roccia. Tutto qui è fatto di minerali. Beh… questo renderà tutto molto semplice, sta’ indietro Loki, non vorrei rovinarti le scarpe.”

Ebe sorrise e si portò le mani giunte davanti al petto mentre Loki faceva un paio di passi indietro, decidendo che per una volta era il caso di ascoltarla senza obbiettare. 
Quando le dita di Ebe s’intrecciarono tra di loro Loki sentì un forte tremore, ma sorrise quando parte della parete di fronte a loro iniziò a sgretolarsi, creando un varco circolare abbastanza grande da farli passare entrambi. Lo stesso accadde a tutte le pareti successive e Loki abbozzò un sorriso, annuendo:

“Brava piccola serpe.”
“Grazie elegantone… forza, andiamo. Ciao ragazzi!”


*


“Ah, eccovi qui… chiedo scusa, quella la prendo io.”   Alanis agito pigramente la mano mentre camminava, sfilando la spada dalle mani del Cavaliere che aveva fatto per lanciarsi su Ebe. La spada planò dritta tra le mani dell’Avarizia, che la osservò annoiata prima di rivolgersi al Cavaliere:

“Tu controlli i venti, eh? Proviamo…”

Bastò puntargliela contro e una folata di vento enorme sotto forma di turbine lo trascinò praticamente via, facendola sorridere divertita:

“Quasi mi dispiace divertimi così poco, ma non c’è tempo…. Siamo vicini alla stanza blindata centrale, credo che Harlit sia lì. Mac dov’è?”
“Emh… fuori.”
“Fuori? A fare cosa?!”


*


Mackenzie sedeva sulle mura, le gambe penzolanti nel vuoto. La brezza marina le scostava violentemente i lunghi capelli dal volto mentre la strega osserva le distese erbose della Costa dove, lo sapeva, presto sarebbero comparsi i Cavalieri mandati dal Ministero.

Eppure non pensava ai Cavalieri in quegli ultimi istanti di pace. Pensava a quella cosa che ancora non aveva detto a nessuno, nemmeno ai suoi più cari amici… ma presto avrebbe dovuto rivelarlo, lo sapeva, anche se non sarebbe stato facile.


Un debole sorriso le increspò le labbra quando cominciò a vederle, piccole figure che si Materializzavano davanti a lei, intorno alla struttura. Mackenzie si alzò, calma e rilassata, e li guardò: da quell’altezza non sembravano che insignificanti puntini in movimento e forse, per lei, non erano che quello.m

Udì un fruscio, dei passi affrettati, un movimento alle sue spalle, qualcosa sferzò l’aria. Il braccio di Mackenzie si sollevò all’istante, la mano destra dalle dita piegate, in tensione, quasi come stesse stringendo qualcosa d’invisibile. Non si voltò ma sentì un verso strozzato, di respiro mozzato, qualcosa di pesante e metallico cadere. 
Con un leggero movimento delle sue dita il corpo dell’avventato mago si spostò, galleggiando a mezz’aria, davanti a lei, permettendole di osservarlo stringersi il collo e boccheggiare. Le sue mani cercavano forse un cappio o una corda da strattonare, ma non c’era nulla che gli impediva di respirare, nulla di materiale almeno.

Mackenzie lo scrutò, gli occhi verdi da felino ne sfiorarono i lineamenti, chiedendosi se fosse lui. 
Ma no, non lo era.

“Dicono che attaccare alle spalle sia meschino, per me è solo indice di un forte senso di inferiorità.”

Con una smorfia di disapprovazione la strega lo spinse letteralmente alla larga da sè, scaraventandolo giù dalle mura. 
Abbassò il braccio e guardò, impassibile, la folla. Era da molto che non si trovava davanti a dei Cavalieri e aveva qualche conto in sospeso con loro. Forse quel giorno poteva iniziare a saldarli.


*




Belle aveva appena fatto in tempo ad evitare il suo “amico gigante” come lo chiamava Alistair, quando Mackenzie gettò il Cavaliere giù dalle mura. La strega si protese in avanti e l’enorme samurai fatto di luce prese il mago al volo, adagiandolo subito dopo sul manto erboso. 

Belle tirò un sospiro di sollievo e guardò Mackenzie: non poteva che essere lei, era troppo alta per essere Ebe, e di certo i Peccati avevano deciso di lasciare a “fare la guardia” alla più forte tra loro.

“Brava Belle… Questi schifosi non si fanno alcun problema ad eliminare un ostacolo che gli si pone davanti. Stai bene Ed?”

Asher si rivolse al Cavaliere a terra, che tossì, ancora paonazzo, ma annuì e ringraziò Belle con voce rotta mentre la strega, silenziosa, osservava la Gola.
Era troppo giovane per aver avuto a che fare con i Peccati prima del loro arresto, al tempo lei si stava ancora allenando. Aveva però sentito moltissime storie sul loro conto è sui loro crimini, tante da non avere idea su cosa fosse vero e cosa no.

Si diceva che Mackenzie – quale fosse il suo vero nome, lo ignoravano in molti – avesse ucciso 20 persone in un colpo solo, altre voci dicevano che avesse rapito la figlia del Ministro della Magia americano. Altre che avesse torturato decine di persone per appropriarsi di certe ricchezze.
Belle non sapeva cosa avesse fatto, ma si diceva che fosse dotata di poteri straordinari. Alcuni mormoravano che la donna discendesse da Merlino in persona. 

Belle non sapeva a cosa credere, ma non aveva mai visto la donna in azione. Da un lato era curiosa, dall’altro quasi spaventata: aveva visto solo il volto gentile e sorridente di Mackenzie, quello che accoglieva gli ospiti con montagne di cibo e che coccolava i suoi amici. 
Forse non era poi così impaziente di scorgere l’altra sua faccia, quella che le era costata la condanna.


“La Gola.”
“Già… che cosa si fa?”
Brian si voltò verso Asher, che studiava la strega con la mascella contratta, gli occhi chiari traboccanti di odio.

“Attacchiamo, mi pare ovvio.”


*


Rubare le chiavi fu uno scherzo per Alanis, che dopo aver armeggiato con le sei serrature e aver fatto qualche incantesimo riuscì ad aprire la pesantissima porta. 
L’anta cigolò in modo quasi fastidioso aprendosi e i tre rimasero immobili finché un grosso forziere blindato non entrò nel loro campo visivo.

“Beh, direi che ci siamo, avevo ragione.”  Alanis sorrise compiaciuta mentre Loki scrutava il forziere, che caldeggiava a mezz’aria, circondato da una perfetta bolle di luce azzurra poco rassicurante.

“Ci saranno chissà quanti Incantesimi…”
“Beh, allora dobbiamo spezzarli in fretta.” Ebe si strinse nelle spalle, e stava per entrare nella stanza quando dei passi pesanti la costrinsero a voltarsi. Lei, Loki e Alanis erano già pronti a liberarsi dell’incomodo quando davanti a loro comparve la massiccia figura di Sam, facendo tirare alla strega un sospiro di sollievo:

“Ah, ciao Sam, sei tu. Sai con quali Incantesimi proteggono il forziere?”
“No, mi spiace, ma dovreste sbrigarvi, fuori la situazione si sta… scaldando.”

“Allora diamoci una mossa. Comincio io.”

Alanis si voltò verso il foriere e prese il suo Tesoro Sacro mentre Ebe, prendendo Sam sottobraccio, gli sorrideva e gli consigliava di fare un bel passo indietro.


*



“Signore, quale Tesoro Sacro tengono all’interno? Non quello della Gola, presumo.”
“Che cosa vuoi sapere, Lynch?”

Asher sbuffò debolmente mentre guardava la Gola parare e rispedire al mittente tutti i loro attacchi, e senza scomporsi troppo.

La strega esitò, poi parlò con tono duro:

“C’è il Tesoro della Lussuria lì dentro?”
“Non ci sarà ancora per molto, se non ci sbrighiamo. Brian?”

Brian annuì con un cenno e, un attimo dopo, dal mare lì vicino si sollevarono decine di gocce d’acqua che presero la forma di sottili e appuntiti frammenti di ghiaccio prima di scagliarsi contro la strega.

Luvienne serrò la mascella, senza dire altro. Lui era lì dentro, senza ombra di dubbio. Doveva entrare.


Mackenzie sbuffò appena e allontanando le braccia l’una dall’altra davanti a sè creò una sottile barriera blu che trasformò in polvere il ghiaccio, senza crearsi nemmeno un graffio.
Stava parlando l’ennesima maledizione quando, all’improvviso, santi la familiare voce di Loki nella sua testa:

Mac?

Sbuffò, chiedendosi perché c8 stessero mettendo tanto.

Cosa c’è?
Abbiamo bisogno di te qui, c’è un incantesimo che non riusciamo a spezzare.
Ho da fare qui fuori
Al diavolo, Materializzati qui, per quando arriveranno al centro ce ne saremmo già andati.

La strega esitò, ma poi capì che non ne sarebbero mai usciti se non fosse entrata. Disegnò con un dito un cerchio davanti a sè, nell’aria, con una sottile linea luminosa. Poi, mettendoci entrambe le mani davanti, lo spinse verso i Cavalieri, che vennero investiti da una forte onda d’urto che fece tremare anche il suolo.

Belle tossì a causa della polvere che si era sollevata, ma quando si guardò intorno si rese conto, sbalordita, di essere l’unica ancora in piedi: tutti erano a terra, privi di sensi.
La strega si voltò di scatto verso le mura, ma niente: Mackenzie era sparita.


E pensare che, si diceva, non era la Gola la più forte dei sette Peccati Capitali.


*


Mac li raggiunse poco dopo, camminando a passo di marcia e con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Scrutò il Cavaliere e i tre Peccato mentre si avvicinava alla stanza, parlando con tono neutro e sbrigativo:

“Salve Sam, felice di vederti. All’ora, qual è il problema? Non rimaranno privi di sensi a lungo.”
“Distruggi quella maledetta sfera di luce e ce ne andiamo, Mac.”

“Non siete riusciti a farlo da soli?”
“No, ci ha provato anche il ragazzone.”

Alanis accennò con stizza alla sfera, irritata per non essere riuscita a fare nulla, e Mac la scrutò per qualche istante prima di avvicinarlesi. La raggiunse e, dopo aver sollevato una mano, la immerse semplicemente nella sfera. 

Sam spalancò gli occhi e fece per fermarla, certo che l’Incantesimo le avrebbe carbonizzato la mano. Ebe però gli mise una mano sul braccio, fermandolo, e il Cavaliere guardò meravigliato la strega stringere il lucchetto della serratura, che dopo qualche istante iniziò a diventare di un intenso arancione e a tremare leggermente, quasi come se si stesse fondendo sotto il calore emanato dalla mano. 

Quando il lucchetto si spezzò, cadendo con un tonfo sul pavimento, delle crepe iniziarono a formarsi sulla superficie della sfera magica, che si ruppe andando in frantumi. Con un cenno della strega il forziere planò fino al pavimento e, aprendolo, Mac abbozzò un sorriso prima di rivolgersi a Loki:

“Loki, credo che questo sia tuo.”


*


Melissa e Alistair si aggiravano per i sobborghi di Prata, in una delle zone più esterne della città e praticamente abbandonate. 

“Pensi che riusciremo a riconoscerlo?”
“Non saprei, ma Cristal mi ha dato questo, dice che serve per rilevare grandi quantità di magia… dovrebbe roteare se ci trovassimo vicini al Capitano.”

Alistair gettò un’occhiata incerta al piccolo cono che teneva in mano, sperando che funzionasse mentre Melissa, accanto a lui, camminava guardando intorno con circospezione, quasi si aspettasse di essere aggredita da un momento all’altro. 

“Sì, sempre che LUI non attacchi NOI.”
“Ho la lettera di Loki, dovrebbe bastare… spero. Guarda.”

Alistair accennò ad un gruppo di senzatetto poco distanti e, gettando un’occhiata al cilindro, sorrise nel vederlo iniziare a muoversi leggermente.

“Forse ci siamo, Mel. Andiamo.”
Melissa lo seguì senza dire una parola, affatto tranquilla, e vide il cilindro muoversi sempre più in fretta man mano che procedevano in mezzo a quelle persone.
Molti di loro erano maghi, bastava una breve occhiata per rendersene conto, ma Alistair sembrava particolarmente interessato ad uno dei pochi uomini che se ne stava in disparte, isolato, seduto e a capo chino. 

Alistair gli si fermò davanti, il cilindro che vorticava nella sua mano senza fermarsi. Melissa guardò il mago alzare lo sguardo, puntando un paio di stanchi occhi blu sul suo amico, e una leggera somiglianza con il volto dei manifesti divenne innegabile. 

“Capitano?”
Al sussurro di Alistair Melissa vide il mago sgranare gli occhi, che vennero attraversati da un lampo prima che l’Ira facesse per alzarsi di scatto. Alistair però gli si avvicinò di un passo, affrettandosi ad allungare una mano per fermarlo mentre l’altra scivolava nella tasca per prendere la lettera di Loki:

“Aspetti, non vogliamo arrestarla… sono stati i suoi amici a mandarci qui. Vogliamo aiutarvi.”

Salem esitò, e i suoi occhi saettarono su Melissa prima di prendere la lettera. La lesse, riconoscendo la calligrafia di Loki, ed esitò prima di rivolgere un’occhiata torva ad Alistair:

“Spero per voi che non sia uno scherzo.”

La sua voce risuonò bassa e roca, come di chi è ormai abituato a parlare molto poco, ma Alistair sorrise prima di porgergli la mano, aiutandolo ad alzarsi:

“Non lo è. Bentornato, Capitano.”


*


Quando entrò nella stanza Asher imprecò, livido, colpendo la parete con un pugno senza curarsi del dolore alle nocche. 

Brian, accanto a lui, sospirò e si passò le mani sugli occhi, chiedendosi chi e come l’avrebbe detto al Ministro e al Gran Cavaliere Sacro. Sam, che si era fatto colpire apposta da Ebe per non destare sospetti, si sfiorò in silenzio lo zigomo gonfio mentre sentiva Luvienne imprecare a bassa voce, il capo chino.

Asher entrò nella stanza a passo di marcia, fermandosi davanti ai tre manifesti che erano stati lasciati affissi sullo sportello del forziere vuoto e aperto: i tre familiari manifesti dell’Invidia, l’Avarizia e la Gola, tre donne che li studiavano dalla carta facendosi quasi beffe di loro. 

Asher li prese e li stracciò, tremando di rabbia. 
Non contava niente, prima o poi li avrebbe presi, poteva giurarlo.


*


Quando aveva sentito dei rumori al piano di sotto Salem si era alzato, mettendosi sull’attenti. Aveva gettato un’occhiata a Loki – che dormiva nella branda accanto alla sua – e poi si era alzato, uscendo silenziosamente dalla stanza per scendere le scale di legno.

Era sui gradini quando si bloccò, una mano sul corrimano e gli occhi blu fissi sulla figura che era appena entrata in casa e che si stava dirigendo con un sospiro stanco verso la cucina, senza fare caso a lui.

Salem la guardò per qualche istante, immobile, quasi chiedendosi se non stesse sognando. Poi riprese a scendere i pochi gradini che gli restavano e le si avvicinò, sentendola mormorare qualcosa sulla pigrizia di Loki mentre metteva i piatti sporchi nel lavello affinché si lavassero da soli. 

Salem allungò una mano tremante, stentando a credere che fosse reale e non frutto di un’allucinazione. Gli era capitato così tante volte di sognarla, dopotutto, da aver perso il conto.
Quando la sua mano toccò la spalla della strega, Mackenzie si voltò di scatto, spaventata.

La sua espressione mutò, tuttavia, quando nella penombra si trovò davanti quel volto familiare ma che non vedeva da tre lunghi anni.

“Sal…” Sorpresa, sgomento, incredulità. Mackenzie parlò in un sussurro, gli occhi verdi fissi in quelli blu del mago, che accennò un sorriso e annuì, sfiorandole la mascella con il pollice.
“Ciao Mac.”  

Mac fece per dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola. Così, decise semplicemente di abbracciarlo, stringendolo più forte che poteva mentre tremava da capo a piedi. Assurdo, aveva immaginato di rivederlo milioni di volte e ora non sapeva cosa dire.

“Cominciavo a credere… che fossi morto.” 

Mackenzie venne scossa da un singhiozzo e Salem scosse il capo, assicurandole a bassa voce che niente li avrebbe più divisi prima di baciarla, sentendo la strega piangere silenziosamente mentre ricambiava, stringendosi a lui il più possibile. 
Salem per tutta risposta la strinse con tanta forza da chiedersi se non le stesse facendo male, ma era più forte di lui: tre anni erano stati troppi e il suo stesso corpo sembrava voler urlare che non avrebbe permesso che gliela portassero via un’altra volta, mai.

Mackenzie si sentì sollevare ma non ci fece caso, allacciandogli le gambe intorno alla vita mentre Salem si muoveva, incamminandosi di nuovo verso le scale. Allontanò le labbra dalle sue e la guardò, quasi stentando a credere che stesse succedendo veramente, e mormorò in un soffio che l’amava mentre le dita di Mac gli sfioravano il viso e le proprie gambe si muovevano quasi da sole, salendo le scale. 

“Anche io ti amo.” Mac sorrise, gli occhi ancora lucidi, e poi lo abbracciò, portandogli una mano sulla nuca, tra i capelli scuri del mago, il viso nascosto nell’incavo del suo collo.

Mackenzie chiuse gli occhi, sfiorandogli i capelli dolcemente finché non si sentì depositare con delicatezza sul suo letto. All’ora li riaprì, incontrando di nuovo quelli di Salem. 
Non seppe per quanto restarono così, a guardarsi e basta, ma ad entrambi sembrò un’eternità.

Mackenzie pensò a tutto quello che doveva aver passato in quei tre anni di separazione e una voce nella sua testa le ricordo che c’era qualcosa che avrebbe dovuto dirgli.
Poi però Salem la baciò di nuovo, e all’ora Mac smise di pensare.



   
 
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