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Autore: Luinloth    10/02/2019    4 recensioni
What If tra la terza e la quarta stagione.
Dopo aver salvato l’Uomo Giusto dall’Inferno, Castiel viene a conoscenza dei piani di Michael per scatenare l’Apocalisse e decide di ribellarsi. A causa della sua disobbedienza, privato per sempre delle sue ali e della sua grazia, viene scaraventato sulla terra dove, per sopravvivere, inizia a vendersi lungo la statale. I Winchester, ignari delle sorti decise per loro dal Paradiso e di come Dean sia stato riportato in vita, hanno abbandonato la vita da cacciatori e vivono in una palazzina anonima alla periferia di Lawrence. Una notte di pioggia Dean incrocia Castiel sulla sua strada e l’Inferno riemerge prepotentemente dai suoi ricordi sotto forma di due occhi blu.
Dal testo:
“Volevi parlare” – il moro lo interruppe, serafico – “Parla”
Ero all’Inferno e ho visto i tuoi occhi.
Non era decisamente un buon modo di intraprendere una conversazione.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Disclaimer: storia scritta senza scopo di lucro, nessuno dei personaggi mi appartiene




“Aspetta aspetta aspetta. Tu avresti fatto cosa?”
Le sopracciglia di Dean si erano alzate talmente tanto che arrivavano all’attaccatura dei capelli: era una situazione così assurda che gli veniva quasi da ridere.
“Senti io capisco che tu ora sia sotto shock per l’aggressione e la morfina e tutto il resto ma non credo che…”

“Avevi quindici anni e stavate cercando i resti di Anita Cooper in un cimitero a Macon, nel Missouri: da qualche mese Sam veniva a caccia con voi”

“Tu come fai a sapere che ho… ”

“Il fantasma vi ha attaccato, ha attaccato Sam, e lo ha trascinato sull’erba per un centinaio di metri: tu ti sei lanciato all’inseguimento mentre John cercava la lapide.”
Castiel parlava sommessamente, un tono basso e lugubre da mettere i brividi.
“Hai sparato tre colpi, l’ultimo ha preso il fantasma ma il secondo ha centrato tuo fratello in pieno petto: per fortuna il fucile era caricato a sale. John ti ha dato uno schiaffo così forte da farti sanguinare e poi ti ha chiesto scusa, anche se quella volta te lo eri meritato”

“Che cosa sei?”

Dean era arretrato fino alla porta, i nervi tesi, la mano già sul calcio della pistola. L’istinto del cacciatore gli martellava nella testa soltanto due parole: uccidere, o scappare (preferibilmente uccidere, il più rapidamente possibile).
Ma doveva capire che tipo di creatura gli si stesse parando davanti.

“Ero un angelo del Signore” – cinque parole che parvero costargli più fatica dell’intera conversazione avuta fino a quel momento.
Aveva squarciato il velo: ciò che sarebbe successo dopo, ormai, non sarebbe più dipeso da lui.
L’elettrocardiogramma segnalava un deciso aumento del battito cardiaco ma a quanto pareva non abbastanza da allarmare gli infermieri.

Dean rimase impietrito, le spalle contro il muro, incerto sul da farsi: i suoi occhi vagavano lungo le pareti, il letto, il tubicino trasparente della flebo. Uscì senza nemmeno chiudere la porta, dalle tapparelle semichiuse Castiel lo vide muoversi nervosamente su e giù per il corridoio.
Tornò dopo qualche minuto.

“Tutte le mie allucinazioni…” – la sua voce era diventata terribilmente stridula – “Non erano affatto allucinazioni! Erano ricordi. Di te, di quando mi hai tirato fuori! Lo sapevo, lo sapevo che eri tu!” – si massaggiò le tempie con le dita – “Cristo, eri terrificante”

Castiel piegò la testa da un lato, in un espressione di quello che percepiva come… compiacimento? Non ne era molto sicuro, ma la sensazione gli piaceva.

“Oh bene, ti sei svegliato!”
Rita entrò come se nulla fosse, una cartellina in una mano e il bicchierino delle pillole nell’altra.

“Domani mattina stacchiamo la flebo, vedrai che ti rimetterai subito in piedi. Non hai subito gravi traumi, gli organi interni stanno bene: sei stato molto fortunato”
“Già” – mugugnò Castiel – “Molto fortunato
“Il dottor Sewed passerà più tardi a controllare che sia tutto apposto. Nel frattempo, Castiel, giusto? Il signor Jones ha detto che ti chiami così”

Lui annuì, mentre Dean sprofondava sospirando nella vecchia poltrona di fronte al letto: gli sembrava di essere finito in un grottesco film horror.
“Abbiamo contattato la polizia. Sai, se vuoi sporgere denuncia”
Castiel non rispose. Non subito. Alla parola polizia gli era venuta la pelle d’oca.
“S-sì certo” – mormorò – “Non potremmo aspettare domani? Preferirei stare prima un po’ meglio”
Rita sorrise.
“Ma certo. Per qualsiasi cosa, il pulsante è quello lì in alto” – indicò un piccolo interruttore bianco una ventina di centimetri sopra la testa del letto, poi si rivolse a Dean – “Signor Jones, data l’eccezionalità del caso l’ho fatta rimanere qualche ora, ma adesso devo chiederle di andare, siamo ben oltre l’orario di visita. Inoltre, se mi permette, ha davvero una brutta cera, forse è il caso che si riposi un po’. Potrà tornare domani se vuole.”

“Mi lasci giusto un altro paio di minuti: troverò l’uscita senza problemi”

“D’accordo. Ma solo due minuti” – sorrise, e Dean pensò che quell’infermiera aveva sorriso più spesso negli ultimi dieci minuti che lui negli ultimi dieci anni.
Non appena si fu allontanata, Castiel iniziò ad agitarsi: le lenzuola si appallottolarono ai piedi del letto.

“Dobbiamo andare via. Subito”
Provò ad alzarsi ma l’unico risultato che ottenne fu di rischiare di precipitare sul pavimento insieme all’ammasso di lenzuola attorcigliatosi intorno alle sue gambe. Dean lo aiutò ad alzarsi e lo respinse sul letto con poca grazia.

“Senti… Louise. Tu non vai da nessuna parte se… ”

“Chi è Louise?”

“Louise di Thelma e Louise, il film con Susan Sarandon e… ”

Ma cosa sto dicendo?

“Oh, lascia stare” – era sul punto di strapparsi i capelli dall’esasperazione – “Tu non vai da nessuna parte se prima non mi dici cosa vuoi da me, perché mi hai salvato dalla perdizione, e soprattutto come mai un potente angelo del Signore è finito a battere sulla 201”

Il moro sospirò.

“E’ una storia lunga Dean, e te la racconterò presto. Ma ora devi portarmi via da qui”

“Non ci penso proprio!”

Buio.
Sentiva qualcosa pulsare contro la sua tempia come se avesse la testa premuta contro il petto di qualcuno, ma non gli sembrava di sentire il battito di un cuore: era più lento, non aveva l’intermittenza tra sistole e diastole e si propagava a ondate, come un respiro. Qualcosa gli sfiorò la coscienza ed ebbe la sensazione di trovarsi al cospetto di un grande potere, nonostante non riuscisse a vedere o percepire alcunché.
Poi il buio divenne rosso, il rosso divenne grida nella sua testa e sotto la sua schiena si materializzò un terreno decisamente troppo duro.
Le grida si spensero e lui spalancò gli occhi in una scura, puzzolente, minuscola bara.

“Per quanto ancora pensi di poter continuare così?” – le parole gli arrivavano smorzate alle orecchie.

Il pavimento era gelato e coperto da un sottile strato di polvere; gli faceva male il lato sinistro della testa, probabilmente aveva sbattuto da qualche parte quando aveva perso i sensi.

“Merda”
Si rimise in piedi, non senza una certa fatica.

“Quando un’anima viene reclamata dall’Inferno” – Castiel parlava senza guardarlo, gli occhi fissi e vitrei come due grosse biglie nere – “Su di essa viene apposto un marchio” – la mano di Dean corse istintivamente a cercare i contorni della cicatrice sulla sua spalla.
“Il marchio è il sigillo di un legame: se il legame si spezza, il sigillo si spezza, e l’anima torna all’Inferno”

Sospirò.

“Non si può prescindere da quel legame. Nessuno può”

Dean era sempre più confuso; tutta la luce della stanza sembrava essersi concentrata sulla faccia pesta di Castiel che ora lo guardava con inquietante solennità.

“E pensi che questo mi convinca a farti… evadere?”

“No. Ma io non voglio rimanere qui. E se adesso vai via probabilmente non saprai mai perché sei di nuovo vivo né come io sia finito sulla 201, o forse qualcuno te lo racconterà un giorno, ma sarà una bugia”

Quindici minuti dopo l’Impala sfrecciava verso l’uscita del parcheggio dell’ospedale.






Aveva un ricordo sorprendentemente nitido – per quanto possano essere nitidi i ricordi delle tre del mattino – degli SMS che aveva inviato a Sam per spiegargli la situazione.
Non gli aveva raccontato i particolari, ovviamente, non c’era alcun bisogno di spiegargli che l’uomo che aveva trovato in fin di vita sul ciglio della strada e che aveva poi accompagnato in ospedale era lo stesso uomo che nemmeno un mese prima gli aveva procurato il secondo o terzo orgasmo più intenso della sua vita (perché beh, Lisa Braeden rimaneva sempre Lisa Braeden), né che dalle sue scapole fossero apparse come un miraggio due ali nere, né che per poco i paramedici non avessero caricato anche lui sull’ambulanza, privo di sensi.

“Sì Sammy, sto tornando” – era ormai l’alba e una luce chiarissima e fastidiosa illuminava la strada – “Ascoltami ci sono delle novità, non sto tornando da solo… no, non dobbiamo seppellire nessun mostro sta tranquillo… ti spiego dopo… sì ci vediamo tra poco… sì sto bene Sam”

“Si preoccupa per te”

Sul sedile del passeggero, Castiel aveva l’aspetto di uno spirito vendicativo.
Dean gli lanciò un’occhiata in tralice, pensieroso; gli avrebbe causato meno problemi tornare a casa con un paio di demoni incatenati nel portabagagli.

“Ha solo paura che da un momento all’altro mi si apra una voragine sotto i piedi e che io ritorni all’Inferno”

“Lo so”

“Tu sai tutto vero?” – sbottò – “E’ il vostro sport preferito frugare nella testa della persone?”

“Mi dispiace”
Non gli dispiaceva davvero: avrebbe dato tutto pur di poterli ascoltare ancora, i suoi pensieri.
Erano in viaggio da quasi un’ora e non gli aveva nemmeno chiesto dove fossero diretti, a dire il vero nessuno dei due aveva proferito parola fino alla telefonata di Sam.

“Sei nei guai con i poliziotti?”

“Cosa?”

Dean sorrise: le sue foto segnaletiche – ognuna associata ad un nome diverso – circolavano negli Stati Uniti da quando aveva dodici anni; se c’era qualcuno che sapeva cosa volesse dire trovarsi nei guai con la polizia, quello era lui.

“Senti, mio fratello è negli schedari della polizia da quando ha iniziato a gattonare e io sono stato arrestato tante di quelle volte che ho smesso di contarle… e immagino che tu già sappia anche questo” – concluse stizzito.

Castiel annuì senza nemmeno fingere di sentirsi in colpa.

“Questo per dirti che non ho intenzione di farti la paternale o di ammanettarti alla portiera e di chiamare i federali, ma se ti sei ficcato in qualche guaio mi piacerebbe saperlo” – sospirò – “Così, giusto per capire quanto tempo abbiamo prima che arrivino a sfondarci la porta.”

“Vedi, Dean, io per il vostro mondo non esisto”

Castiel aveva la gola secca; ogni parola gli graffiava dolorosamente la trachea.
“Non ho documenti, non ho un cognome e la mia data di nascita corrisponde ad un tempo che per voi nemmeno esiste. Pensi che il governo permetterebbe ad uno così di andarsene liberamente in giro per l’America?”

“Immagino di no”

“Mi hanno arrestato per furto, qualche mese fa, mentre rubavo in un minimarket”

Dean inarcò un sopracciglio.

“Mi hanno tenuto una notte in stato di fermo perché non avevo documenti e il nome che avevo inventato non trovava riscontro nei loro registri. La macchina fotografica era guasta e non sono riusciti a schedarmi, nel frattempo io aspettavo chiuso in una delle loro celle”

Si fermò per riprendere fiato, il suo respiro era sempre più affannato; probabilmente – immaginò Dean – l’effetto della morfina stava lentamente svanendo.

“Non ero mai stato rinchiuso da nessuna parte”

Dopo la caduta, era stata la sensazione peggiore che avesse mai provato; quando gli erano state strappate le ali, quando il dolore era diminuito quel tanto che bastava a restituirgli la cognizione di cosa fosse accaduto e di dove si trovasse – aperta campagna, oltre la periferia di Lawrence, la prima notte davvero invernale di novembre – la consapevolezza di non essere più in grado di volare lo aveva atterrito, si era raggomitolato su se stesso ed era rimasto come paralizzato finché uno dei contadini della zona non era arrivato a punzecchiarlo con un bastone, nel tentativo di capire se fosse morto oppure no.
Dopo che l’agente aveva fatto scattare la serratura della sua cella, Castiel aveva iniziato a camminare in tondo; la stanza in cui l’avevano chiuso misurava poco più di dieci passi per lato e su una delle panche era addormentato un barbone che russava sonoramente.
All’improvviso, dopo aver ripetuto lo stesso percorso una dozzina di volte, lo stesso panico che s’era impadronito di lui quella notte di novembre lo fece precipitare sul pavimento, accartocciandolo nella stessa identica posizione in cui l’aveva trovato il vecchio contadino. Si sentiva soffocare, chiuso in quella stanzetta angusta, senza finestre, sembrava che – dopo le ali – ora gli avessero strappato anche le gambe; rimase in quello stato di delirio fino al mattino seguente, quando lo fecero uscire per fotografarlo e per chiedergli, per l’ennesima volta, il suo vero cognome.
L’agente aveva dimenticato di ammanettarlo, erano le sei e la stazione di polizia era semideserta: Castiel aveva corso finché i polmoni non furono sul punto di scoppiargli e poi si era nascosto in un cassonetto della spazzatura semivuoto. Aveva aspettato che calasse la sera, era uscito dal suo nascondiglio e aveva continuato a correre, finché non era scivolato su una lattina di birra ed era caduto, sbucciandosi i palmi, di fronte ad un bar con le luci spente, all’angolo della 200.

L’ Impala imboccò rombando l’ingresso del vialetto condominiale.

Ad attenderli trovarono Sam Winchester in pigiama e scarpe da ginnastica, con la pistola che sporgeva in bella vista dall’elastico dei pantaloni.

Dean spense il motore.
“Ce la fai a scendere da solo?”
“Credo di sì”

Alla fine lo portarono quasi di peso su per le scale.

Per qualche minuto nessuno parlò. Dean portò a Castiel un bicchiere d’acqua e due pastiglie di antidolorifici che lui mandò giù come fossero state caramelle e gli si sistemò affianco sul divano, mentre suo fratello alternava lo sguardo tra loro due.

“Cosa è successo?”
Il maggiore si schiarì la voce.

“No” – Castiel gli mise una mano sul ginocchio, gelida come quella di un morto – “Sono io quello che deve dare spiegazioni – si passò la lingua sulle labbra spaccate e il sapore ferroso del sangue gli riempì la bocca – “Vi chiedo soltanto di non interrompermi”

“Samuel, il mio nome è Castiel: fino a qualche mese fa, prima della mia caduta, ero un angelo del Signore” – bevve un altro sorso d’acqua – “Ho salvato io tuo fratello dall’Inferno”

Il cacciatore sussultò.

“Nostro padre, colui che voi chiamate Dio, è scomparso da molto tempo e non ha ancora fatto ritorno. In sua assenza, sono gli Arcangeli a vegliare sul Paradiso e sul vostro mondo”

“Ottimo lavoro direi!” – sbottò Sam con una smorfia.

“Su questo possiamo discuterne dopo” – Castiel gli lanciò un’occhiataccia – “Nel frattempo, approfittando della scomparsa di colui che l’aveva sconfitto, Lucifero ha iniziato a pianificare la sua venuta sulla terra”

“Aspetta, aspetta” – Dean lo interruppe bruscamente – “Quando parli di Lucifero tu intendi… ”

“L’Arcangelo ribelle, Satana, il Diavolo, Belzebù o come preferite chiamarlo. Vi sarei grato se non mi interrompeste più, sono stanco e inizia a girarmi la testa”
Dean alzò le mani, ancora sbigottito da quel cocktail di rivelazioni, e non disse più nulla.

“Vi spiego: dopo la sua ribellione, Lucifero fu scagliato da Dio nelle viscere della terra e lì i suoi poteri furono confinati all’interno di una gabbia protetta da un gran numero di sigilli. Per l’esattezza, occorre che 66 di questi sigilli si rompano per liberare Lucifero dalla sua prigionia. All’inizio, quando ancora confidavamo nel ritorno di nostro Padre, Michael e Raphael, gli unici Arcangeli ancora rimasti in Paradiso, si ersero a difesa degli umani. Ma dopo la rottura del primo sigillo qualcosa è cambiato: Michael ha iniziato a credere che fossero stati proprio gli uomini la causa per cui Dio ci aveva abbandonati, e come lui molti altri nostri fratelli”

Si fermò per prendere un altro po’ d’acqua, Dean andò in cucina a riempirgli di nuovo il bicchiere e tornò con del whisky stravecchio che gli aveva regalato Bobby un po’ di tempo prima. Ne bevve una generosa sorsata direttamente dalla bottiglia e la passò al fratello il quale per poco non se la fece scivolare via dalle mani.

“Nella sua mente ha iniziato a prendere forma l’idea di redimere e di riplasmare l’umanità in modo da renderla nuovamente gradita agli occhi di Dio, e Michael crede che esista soltanto un modo per poterlo fare: scendere sulla terra insieme al resto delle schiere angeliche e dare il via all’Apocalisse”

I due fratelli per poco non si strozzarono col whisky.

“Tutto questo è ridicolo!” – Sam saltò letteralmente dalla poltrona, estrasse la pistola e la rivolse contro Castiel; lo scatto della sicura rimbombò nella stanza come se fosse stato una cannonata.
“Che cosa vuoi da noi?”

“No Sam!”

Un istante dopo la canna della pistola era puntata contro il petto di Dean, che ora si frapponeva fra suo fratello e Castiel.

“Ascoltami”

Sam sgranò gli occhi, sbigottito.

“Andiamo! Lucifero, l’Apocalisse, un… angelo che ti avrebbe tirato fuori dall’Inferno? E da quando tu credi agli angeli? ”

“Ti prego Sammy, lo so che questa è la storia più assurda che tu abbia mai sentito ma… io credo sia vero”
Si morse le labbra.
“Ricordo Castiel, quando è venuto a portarmi via”

Il minore abbassò lentamente l’arma, impallidendo.

“Te lo ricordi?” – sibilò – “Te lo ricordi? Pensavi di dirmelo, prima o poi, che un essere celeste ti ha riportato dal regno dei morti, o volevi conservarlo come regalo di Natale?”

“Mi dispiace.”

“Ti dispiace?”

“Dean?” – Castiel, dopo essere stato sul punto di avere un collasso vedendosi una pistola puntata contro, era sempre più esausto: ormai parlava con un filo di voce.

“C’è un motivo per il quale ti ho riportato in vita” – i loro sguardi s’incrociarono e gli occhi di Castiel si riempirono di lacrime che lui ricacciò stoicamente indietro, stupendosi del suo stesso autocontrollo.

“Gli angeli non sono stati creati per camminare sulla terra; possono sostarvi per brevi periodi, ma i loro poteri sono limitati e il loro aspetto simile a quello d’un fantasma. Esattamente come i demoni hanno bisogno di un tramite ma, a differenza loro, il tramite deve accettare di essere posseduto e soprattutto deve essere in grado di contenerli senza… ” – rimase qualche istante in cerca della parola più adatta, ma non la trovò – “… deflagrare”

Sospirò. Aveva l’impressione che un peso insopportabile gli si fosse appena posato sulle spalle.
“Tu sei il tramite di Michael”

Lo sguardo di Dean si appannò.

Che stupido che era stato.
Aveva creduto davvero che fosse finita, che una volta uscito fuori dalla bara lui e Sam avrebbero potuto avere una vita normale, un lavoro, un cane, che magari si sarebbero anche sposati e avrebbero accompagnato i loro figli alle partite di football la domenica pomeriggio. Che quella volta tutto sarebbe andato per il meglio.
Almeno una volta, una volta sola in quello che rimaneva delle loro vite.

E invece adesso si ritrovavano anche il Paradiso, dopo l’Inferno, alle calcagna.

Suo fratello sprofondò nella poltrona, affranto, passandosi le mani tra i capelli; normalmente Dean avrebbe fatto qualche battuta stupida sulla loro lunghezza o sulla loro morbidezza o sul tipo di shampoo che Sam comprava tutte le settimane visto il quantitativo spropositato che ne usava, ma l’unico rumore che si sentiva era il respiro irregolare di Castiel.






Quel giorno Sam non andò a lavorare, né in biblioteca; Dean telefonò all’officina dicendo di avere un brutto raffreddore e persino la signora McAllister rinunciò alla sua uscita quotidiana in giardino per innaffiare le piante. Tutto sembrava essersi fatto improvvisamente silenzioso.

Castiel si era addormentato nel letto di Dean prima ancora di posare la testa sul cuscino; era qualcosa di così imprevedibile, il sonno, un attimo prima era seduto sulle lenzuola con un dolore lancinante alle costole, un attimo dopo la sua coscienza era precipitata in un pozzo nero dal quale non solo non riusciva a risalire, ma non aveva la minima intenzione di farlo. Era un modo molto comodo per sfuggire alla realtà.

Si erano fatte ormai quasi le undici del mattino e dalla finestra semichiusa s’intravedeva uno spicchio di cielo troppo azzurro per l’inverno di Lawrence.

Dean sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato.

Suo fratello era seduto a gambe incrociate sul tappeto del soggiorno masticando svogliatamente dei cracker, gliene offrì uno ma lui aveva lo stomaco completamente chiuso e non sarebbe riuscito a mandar giù nemmeno un bicchiere d’acqua.

“Sam, io… ” – cominciò.

“Lascia stare. Non avevo il diritto di chiederti di raccontarmi quello che hai passato là sotto. Non l’ho mai avuto e non avrei mai dovuto pretenderlo” – alzò gli occhi verso di lui – “Soltanto… speravo che volessi parlarne… almeno con me.”

Dean si sedette di fronte a lui sul tappeto.
“La prima volta che ho incontrato Castiel è stato quasi un mese fa. Stavo guidando, all’improvviso lui è uscito dall’auto davanti a me e io mi sono ritrovato di nuovo all’Inferno per dieci secondi”

“È stata la notte del temporale vero?” – abbozzò un sorriso stanco – “Quando sei andato a prendere le pizze e sei tornato tre ore dopo con l’espressione di chi ha appena visto un fantasma?”

“Te n’eri accorto?”

“Del fatto che tu avessi l’aria più strana di sempre?” – sogghignò malinconicamente – “Sai, non ho più otto anni.”

“Già” – Dean si abbandonò con la schiena contro il divano – “A volte dimentico che non sei più un mocciosetto”






Il sole arrivò allo zenit e cominciò lentamente a tramontare. Dean parlava con gli occhi bassi e ogni tanto s’interrompeva, e quando s’interrompeva Sam aspettava in silenzio, disegnando figure invisibili sul tappeto con la punta delle dita, senza sapere bene dove guardare.
Raccontargli della ruota non fu nemmeno troppo difficile, là sopra era ancora se stesso dopotutto, il figlio di John Winchester, il più promettente cacciatore degli Stati Uniti che aveva venduto l’anima al diavolo in cambio della vita di suo fratello; era ancora salvabile, era ancora umano.

Dopo aver fatto a pezzi la sua prima anima non lo era stato più.

Non aveva mai pianto di fronte a Sam, neppure dopo la morte di John; di solito si stringeva nelle spalle, guardava da un’altra parte, e se proprio non riusciva a evitarlo si allontanava a grandi falcate per andare a prendere a pugni qualcosa. Ma quel giorno, se era davvero il giorno in cui aveva deciso di essere pienamente sincero, quando le lacrime scesero le lasciò scendere. Silenziose. Timide quasi.

Si versò altre due dita di whisky, non era neanche metà pomeriggio, ma cosa importava? Rimase in silenzio per un po’, mentre la luce che filtrava dalle persiane si faceva via via più radente e più arancione, e uno spiffero d’aria ghiacciata iniziava a insinuarsi nella stanza: l’inverno era proprio una stagione di merda.

Poi arrivò il momento di parlare di Castiel, dell’impronta che gli aveva lasciato sulla spalla e delle sue ali nere, che sembrava che un tempo avesse avuto ma che ora non aveva più: la sua radiografia probabilmente sarebbe finita su tutti i giornali specializzati e prima o poi anche negli archivi dei servizi segreti.
Non aveva detto proprio tutto – non era intenzionato a scendere in certi particolari del suo primo incontro con l’angelo – ma Sam si accorse che la sua voce tremava più di quanto avrebbe dovuto e che ogni tanto il suo sguardo altrimenti semi-vitreo si accendeva come in guizzo di elettricità.

“Perché Sammy?” – gli domandò alla fine – “Perché sempre a noi?”

Lui non seppe rispondere.

Quella notte, per la prima volta dopo mesi, gli incubi concessero a Dean una tregua. La stanchezza lo avvolse in un confortante torpore e lui si abbandonò ad un sonno profondo e privo di sogni, mentre il buio seppelliva ogni ricordo.





Buona sera e buona domenica!
So di aver scritto una roba un po’ pesante a questo giro, perdonatemi. E perdonatemi già anche per i prossimi capitoli, ma vi prometto solennemente che il fluff arriverà (tra qualche capitolo, ma arriverà).
Grazie a chiunque stia seguendo e (forse) apprezzando questa storia.

Alla prossima settimana!
   
 
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