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Autore: Teo5Astor    14/02/2019    25 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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3 – La Sindrome della Pubertà
 
 
 
«Ho cominciato a lavorare nel mondo dello spettacolo all’età di sei anni» comincia Lazuli, sospirando malinconicamente e distogliendo lo sguardo dal mio. «Ho ottenuto la parte della protagonista in un telefilm che trasmettevano al mattino, quello è stato il mio esordio».
«Me lo ricordo bene quel telefilm, da lì sono diventato un tuo fan» le sorrido.
«Da quel giorno e negli anni successivi i lavori si moltiplicarono: programmi tv, film, spot pubblicitari e servizi fotografici per le riviste. Ero costantemente al centro dell’attenzione».
«Non c’era giorno che non comparissi in televisione» le confermo. «Ricordo anche delle tue splendide gigantografie sui cartelloni pubblicitari un po’ dappertutto, oltre alle riviste che ti mettevano sempre in copertina».
«All’inizio lo trovavo divertente, ma col tempo è diventato sempre più stressante. Ovunque andassi c’era sempre qualcuno che mi riconosceva come Lazuli Eighteen, che mi additava, che si comportava in modo invadente» continua, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta del treno che si sta ormai per fermare. «Io scendo qui».
«Davvero?! È anche la mia fermata questa» le dico, scendendo dal treno al suo fianco e cominciando a camminare accanto a lei sulla banchina.
«A un certo punto ho cominciato a desiderare di ritrovarmi in un mondo dove nessuno sapesse chi fossi» sospira Lazuli. Volto la testa verso di lei leggermente, per vederla in faccia. Il suo sguardo è fiero, cammina a testa alta e sembra imperscrutabile. Ma io capisco che sta soffrendo dentro. Lo capisco e mi fa male. Sembra che stia cercando di farsi forza per andare avanti a parlare, anche se non vuole darlo a vedere. Si volta verso di me, forse in cerca di una reazione. Le sorrido, e lei torna a guardare davanti a sé. Fa un respiro forte.
«Tutto è cominciato poco più di una settimana fa, il primo giorno della Golden Week. Sei libero di non credermi, ma da quel momento ho iniziato a notare che alcune persone era come se non mi vedessero più».
«Io ti credo» le dico di getto. «Mi fido di te» aggiungo, e vedo che lei accenna un sorriso.
«Quel giorno, quando per strada la gente sembrava non vedermi e rischiava di travolgermi camminando sul marciapiede, ho deciso di andare all’Acquario di Enoshima per vedere se sarebbe cambiato qualcosa. Ma anche lì le persone mi urtavano e se gli dicevo qualcosa non mi rispondevano, come se non esistessi».
La osservo, mentre abbassa lo sguardo e stringe i pugni. Penso abbia paura per quello che le sta succedendo, anche se non mi sembra tipa da ammetterlo tanto facilmente.
«All’inizio ho pensato che fosse tutto frutto della mia immaginazione, che fosse tutto un caso. Che magari la gente era presa dal guardare i pesci e non badava a me. Ma poi, tornando a casa, sono entrata in un bar e il cameriere non mi vedeva, neanche chiamandolo più volte a un passo da lui. Non mi ha nemmeno guardata, continuava a fare quello che stava facendo prima. Finché, a un certo punto, è entrata un’altra persona nel bar e si è fermata accanto a me salutando il cameriere e lui è accorso subito per farla accomodare. Era come se fossi invisibile».
«Io l’avrei ribaltato quel cameriere se fossi stato lì» le dico, per tirarle su il morale. «Come si è permesso di non servire subito una come te? Come ha potuto non vedere una come Lazuli Eighteen davanti a lui?»
Le strappo un sorriso, almeno. Credo di capire quello che sta provando. «Devo prendere una borsa dalla cassetta di sicurezza della stazione, non potevo portarla a scuola» mi dice, tirando fuori una chiave e aprendo il piccolo armadietto numerato che nel frattempo abbiamo raggiunto. Mi fermo accanto a lei, e in quel momento mi schiaccia il piede. Non lo sposta, forse non se ne è nemmeno accorta dato che ci carica sopra tranquillamente il suo peso.
«Senpai, il piede…» le dico, mentre lei tira fuori un sacchetto di carta dalla cassetta di sicurezza e la richiude.
«Ha qualcosa di strano il mio piede?» mi domanda, guardandomi di sottecchi con uno sguardo indecifrabile. «Guarda che lo so che te lo sto calpestando, è la tua punizione per essere così curioso».
«Infatti il tuo piede mi sta mandando al settimo cielo» ghigno, stando al suo gioco.
«Non chiamarmi “senpai”, mi fai sentire vecchia» ghigna leggermente a sua volta. I suoi occhi brillano un po’ di più. E il mio cuore batte un po’ più forte. «Hai il permesso di chiamarmi Lazuli, se vuoi. Anche Là, se ti fa piacere».
«Va bene, senpai! Grazie» esclamo, beccandomi un pestone molto più forte sul piede e guadagnando un sorriso un po’ più vero da parte sua, nonostante cerchi di guardarmi male.
«Comunque, una volta uscita da quel bar me ne sono tornata in fretta e furia a casa, a Fujisawa, e lì tutti sembravano vedermi normalmente» riprende Lazuli. «Da quel giorno ho iniziato a girovagare per vedere se era stato un caso oppure no quello che mi era successo».
«E quel costume da coniglietta così dannatamente sexy?» le chiedo, indicando con lo sguardo il contenuto della borsa, che ha appena tirato fuori dalla cassetta, da cui spuntano le due orecchie nere del cerchietto che le ho visto indossare ieri.
«Vestita così attiro sicuramente l’attenzione, no?» esclama soddisfatta, sorridendo. È incantevole quando sorride così. Quando sembra serena.
«Quindi anche oggi hai intenzione di calarti nei panni della coniglietta selvatica più sexy di tutto il Giappone?» le chiedo, riprendendo a camminare accanto a lei con le mani in tasca.
«Di tutto il Giappone?» mi domanda a sua volta.
«Di tutta l’Asia?»
«Uhmmm…»
«Ok, la coniglietta selvatica più sexy del mondo» le dico, stando al suo gioco. «Va bene così?»
«Forse… ma puoi fare di meglio» mi sorride. «E comunque vedi di non interferire, adesso» aggiunge, gelida e lapidaria, voltandosi e accelerando il passo verso l’uscita della stazione.
«Un panino alla crema, per favore» ordina in una piccola panetteria sul piazzale antistante. Uno di quei chioschi che danno direttamente sulla strada. Mi avvicino un po’ anch’io, e noto subito che la donna dietro al bancone non la guarda nemmeno e continua a sistemare dei dolci nella vetrina. «Mi scusi. Un panino alla crema, per favore» insiste Lazuli, alzando il tono della voce, senza tuttavia ottenere risposte.
La situazione è più grave di quanto credessi, cazzo. Mi avvicino al bancone, di fianco a lei. «Mi scusi, un panino alla crema, per favore» domando.
«Subito! Basta così?» mi domanda la donna, servendomi subito.
 
«Sei sicura di non essere preoccupata per tutto questo?» domando a Lazuli, mentre ci allontaniamo dalla stazione camminando uno accanto all’altra. Lei sta mangiando il dolce che le ho appena preso, la sua espressione è tornata malinconica.
«Non poter più mangiare questi panini che tanto mi piacciono mi preoccupa un po’, in effetti» prova a scherzare. «Devi dirmi la verità, adesso: credi davvero a tutte queste follie che ti ho raccontato?» mi domanda, fisandomi all’improvviso con quei suoi bellissimi occhi di ghiaccio in cerca di conferme. Di conforto, Di aiuto, forse.
«Certo che ti credo, te l’ho detto anche prima» le dico, serio. «E mi sarei fidato di te in ogni caso, anche senza la storia del panino alla crema» aggiungo, e noto che lei arrossisce leggermente, distogliendo lo sguardo dal mio. «So come vengono chiamati casi come questo, anche se alla maggior parte delle persone sembrano assurdi: “Sindrome della Pubertà”».
Lazuli mi fissa di nuovo negli occhi, come se stesse cercando di scavarci dentro. Il suo volto non tradisce emozioni, apparentemente.
«Si tratta di esperienze paranormali che possono capitare durante il periodo dell’adolescenza e della tardo-adolescenza» spiego, senza distogliere lo sguardo dal suo. «Possono essere causate da un’eccessiva sensibilità o instabilità emotiva. Dal dolore, dal disagio, dalla paura».
«Sindrome della Pubertà, eh? Non ne ho mai sentito parlare…» ribatte Lazuli, mentre riprendiamo a camminare e ci inoltriamo nella zona residenziale del quartiere di Fujisawa in cui abito.
«Cose come vedere il futuro, leggere nel pensiero delle altre persone, scambiarsi di corpo con qualcun altro, sdoppiarsi, ritrovarsi addosso delle ferite senza aver fatto nulla… fenomeni come questi sono stati raggruppati sotto il nome di Sindrome della Pubertà, anche se non si sa chi abbia ideato questo nome e non esistono veri studi in materia».
«Non è solo una leggenda metropolitana?» chiede Lazuli, mentre mi fermo davanti all’ingresso della portineria del mio condominio. «Dove siamo?» aggiunge, osservando il palazzo giallo chiaro alle mie spalle.
«Casa mia» le spiego. «Vieni su un attimo, voglio farti vedere una cosa» le propongo, senza timore. Mi sento a mio agio con lei, mi sembra di conoscerla da sempre. «Prometto che non ti farò nulla, tranquilla!» esclamo, sorridendole. «Voglio solo farti capire perché ti credo e perché dico che capisco quello che ti sta succedendo».
«Mica ho paura di te, ti pare!» risponde irritata Lazuli, spintonandomi e dirigendosi per prima verso la portineria. Credo di adorarla già.
 
Le faccio strada lungo le scale del condominio e cominciamo a salire.
«Non prendi mai l’ascensore?» mi domanda.
«Tendo a far sempre le scale, è un modo come un altro per fare un po’ di allenamento senza accorgermene» le rispondo, sorridendo.
«Faccio sempre così anch’io» mi dice, accennando un sorriso.
Entriamo in casa, subito accolti dalla vista di Balzar, il nostro gatto bianco, che sta dormendo beatamente sul divano del salotto e non ci degna neanche di uno sguardo. Lazuli mi segue, entrando timidamente anche lei in salotto e guardandosi intorno incuriosita. La conduco nella mia stanza e chiudo la porta alle nostre spalle.
«Hai una casa e una camera davvero ordinate» si complimenta lei.
«Certo, per chi mi hai preso? E pensa che faccio tutto io, senpai!» rispondo, facendole l’occhiolino.
«Ti ho detto di smetterla con questo “senpai”!» esclama irritata, guardandomi male e avvicinandosi a me minacciosa.
«E va bene, Lazuli» sospiro, ghignando.
«Lazuli è fin troppo lungo, chiamami Là!» ribatte lei, afferrando la mia cravatta rossa e tirandomi verso di sé. «Dovresti aggiungere il “-san” in segno di rispetto, ma farò un’eccezione solo per te» aggiunge, accennando un sorrisetto quasi sadico. Mi perdo un istante nei suoi occhi così puri, così vicini ai miei. Nel suo profumo fresco, così buono. Nel suo respiro caldo che riesce ad accarezzarmi le labbra da questa distanza. Quanto vorrei colmarla, questa distanza. Quanto vorrei baciarla, adesso.
«Ok, Là» sospiro, posando lo sguardo sulle sue labbra, che mi sembrano sempre più vicine. Lei arrossisce leggermente e molla la presa sulla mia cravatta, girandosi di scatto e dandomi le spalle. È imbarazzata. Ed è dolcissima.
«Per quanto riguarda te, invece, non mi piace chiamarti Son, mentre Radish è troppo lungo. Quindi ho deciso che ti chiamerò Rad o Rad-kun» afferma, cercando di darsi un tono e di non mostrarmi il suo improvviso imbarazzo.
«Va bene Rad» le dico, mentre mi sono già tolto la giacca e la cravatta e sto finendo di sbottonarmi la camicia.
«P-perché ti stai spogliando?!» grida all’improvviso Lazuli, dopo essersi voltata di nuovo verso di me proprio mentre sto cominciando a sfilarmi la camicia. «Avevi detto che non mi avresti fatto nulla! Maiale, pervertito!» aggiunge, con una voce così stridula che mi fa troppo ridere, visto che lei appare sempre posata e impeccabile. «Esibizionista!» conclude, con un tono di voce più simile al suo abituale, forse distratta dai miei muscoli, che curo tanto nel poco tempo libero che ho. O dalle mia enormi cicatrici, che poi è il motivo per cui mi sono spogliato, in realtà.
«Sono vere?» mi domanda in tono triste, fissando il mio petto sfregiato da tre grosse cicatrici parallele tra loro che lo attraversano in diagonale in tutta la sua ampiezza fino ai miei addominali. Sembra la zampata di un leone, di una tigre, magari di un grizzly. Non voglio vederla triste, però.
«Intendi se è vera la cicatrice o la mia muscolatura?» provo a scherzare. «Sai, faccio un po’ di esercizi in casa nel tempo libero».
«Scemo!» mi risponde, corrucciando lo sguardo. È dolcissima.
«Comunque queste cicatrici sono vere, sarei un pazzo a tatuarmi qualcosa del genere sul petto» le spiego, mentre lei si avvicina a me con lo sguardo fisso su quello che le sto mostrando.
«Posso toccarle?» mi domanda, a un passo da me.
«Certo, se non ti ecciti troppo» ghigno, mentre lei mi incenerisce con lo sguardo e allunga lentamente la sua mano verso di me.
«Ah…» sospiro in tono soffocato, come se stessi godendo, non appena sento la sua mano accarezzarmi il petto delicatamente.
«Niente versi strani» mi sgrida, senza guardarmi in faccia.
«Non è colpa mia, è un punto sensibile» provo a scherzare, anche se lo faccio solo perché il mio cuore sta battendo all’impazzata e il suo contatto sul mio corpo mi sta davvero facendo bollire il sangue nelle vene. Sento il suo profumo fresco a pochissimi centimetri da me, la luce che emanano i suoi capelli biondissimi così vicini alla mia faccia. Sento il suo respiro sul petto, un brivido caldo che parte dalla base del collo mi accarezza la schiena. «Fai piano…»
«Così va bene?» mi chiede, passando lentamente un dito sulla cicatrice centrale, quella più grossa.
«Così mi fai impazzire» sospiro, inarcando leggermente la schiena. Un po’ scherzo e un po’ no, ma questo non mi evita un improvviso pugno sferrato direttamente nello stomaco.
«Ahia! Mi fai male così!» protesto, piegandomi in avanti con entrambe le mani appoggiate sulla pancia. L’ho sentito davvero, picchia duro questa ragazza. E mi piace ancora di più. «Cazzo…» sbuffo, sollevandomi a fatica.
«Secondo me ti piace, invece» ghigna Lazuli, guardandomi soddisfatta e con le braccia incrociate sul petto. «Per me sei un masochista, ti piace essere frustato dalla tua padrona o cose simili».
Le sorrido sghembo a mia volta, ci scambiamo uno sguardo d’intesa. Mi sento complice con lei, mi sembra che ci capiamo senza nemmeno parlarci. E senza quasi conoscerci. Non ho davanti a me, nella mia camera, la celebrità che ho sempre ammirato. Ho semplicemente una ragazza come me, una mia senpai, e così è ancora più bello.
«Come ti sei fatto quelle cicatrici?» mi domanda, avvicinandosi di nuovo a me.
«In realtà non lo so, e forse questo ti sembrerà assurdo» le rispondo, serio. «Voglio farti vedere un’altra cosa» le dico, dirigendomi verso la mia scrivania e aprendo un cassetto. «E non mi riferisco a quello che ho tra le gambe, tranquilla!» rido, per alleggerire il momento.
«Sei un cretino, Rad!» esclama lei. «Più ti conosco e più me ne rendo conto».
«Lo so e ne vado fiero, ma secondo me ti piacciono i cretini» le butto lì, guardandola negli occhi, mentre tiro fuori dal cassetto una fotografia.
«Umpf!» sbuffa lei in tutta risposta, girando la testa di scatto e chiudendo gli occhi, con le braccia incrociate sul petto. È arrossita leggermente. Ma il sorriso sul mio volto si spegne quando osservo la foto che sto per mostrarle.
«Guarda» le dico, passandole l’immagine. «Questo è mio fratello Goku in una foto scattata due anni fa quando aveva dodici anni» aggiungo, mentre lei guarda mio fratello immortalato in divisa scolastica seduto su una sedia. Il suo corpo è ricoperto di lividi, bende leggermente arrossate a causa del sangue e cerotti. Il suo sguardo è spento, gli occhi bassi verso il pavimento.
«Cosa gli è successo?» mi domanda allarmata, guardandomi negli occhi.
«Non è stato aggredito da nessuno, è stato vittima di cyberbullismo».
«E gli ematomi? Le ferite? Non capisco…».
«Una sera ha visualizzato senza rispondere un messaggio del rappresentante della sua classe, che da allora ha iniziato a prenderlo di mira coinvolgendo anche molti altri suoi compagni. Hanno cominciato a bersagliarlo con insulti e minacce sui vari social e mandandogli messaggi anonimi» le spiego. «Goku ha iniziato a soffrirne sempre di più, anche perché a scuola si è ritrovato improvvisamente isolato, finché un giorno, davanti a me, in casa, ha cominciato improvvisamente a riempirsi di tagli e lividi nonostante fosse immobile e non stesse facendo nulla».
Guardo Lazuli. Ha gli occhi sgranati e tristi, si sofferma di nuovo sulla foto di Goku che stringe tra le mani e poi si rivolge di nuovo a me. «È per questo che credo nella Sindrome della Pubertà. L’ho scoperta così… Goku anche adesso è come se avesse due anni in meno di quelli che ha, sia a livello emotivo, mentale, che per la sua voce e le cose che dice. È cresciuto solo fisicamente» le spiego. «Anzi, è regredito ancora di più nella sua infanzia in quel momento, sotto certi punti di vista, come a volervi cercare riparo».
«Risalgono ad allora anche le tue cicatrici?» mi domanda, con voce piena di preoccupazione.
Annuisco lentamente, mentre mi porto la mano destra sul petto. «Non so cosa sia successo, so solo che un giorno mi sono svegliato in un lago di sangue e sono stato portato d’urgenza in ospedale».
«Quindi è questa la verità sull’incidente dell’ospedale di cui tutti parlano e che ti ha rovinato la reputazione!» esclama Lazuli, che nel frattempo si è seduta sul mio letto.
«Già… sono io ad essere stato ricoverato quella volta, non certo tre miei ex compagni di classe immaginari» le sorrido, mentre sento la porta alle mie spalle aprirsi lentamente.
«Ehi, fratellone! Sei qui?!» domanda Goku con voce squillante, facendo per entrare in camera. Indossa la sua solita felpa arancione del tirannosauro, con tanto di cappuccio calcato sulla testa. Si blocca all’improvviso e si irrigidisce quando vede Lazuli. Sgrana gli occhi e indietreggia, intimorito dalla sua presenza. «Mi devi avvertire se hai intenzione di portare in casa una ragazza per fare certe cose!» mi dice sottovoce, impaurito.
«Goku, sei fuori strada…» gli dico sbuffando, mentre Lazuli ci osserva perplessa, sempre seduta sul letto.
«Allora è una venditrice porta a porta?»
«No».
«È una ladra?»
«È solo una mia senpai, stai tranquillo!» gli dico ridendo, mentre lui la scruta sospettoso, stringendo con entrambe le mani la porta della mia camera. Diffidente e spaventato. È buffo.
«Mi chiamo Lazuli Eighteen, piacere di conoscerti» interviene Lazuli, sorridendo dolcemente.
«Urca!» sussurra Goku, staccandosi lentamente dalla porta e cercando di guardare in faccia la ragazza. «G-goku Son, piacere» aggiunge, con un tono di voce bassissimo. Ha paura, non è abituato a vedere nessuno al di fuori di me da due anni, ormai. «E lui è Balzar» spiega, indicando il nostro gatto che nel frattempo si è svegliato ed è entrato anche lui nella stanza.
«Grazie per avermelo presentato, Goku-kun!» esclama Lazuli, alzandosi in piedi e sorridendo radiosa verso Goku. Sembra fredda, ma in realtà è una che ci sa fare. È una bella persona. Una di quelle persone che meriterebbero di essere sempre felici.
Goku accenna un sorriso forzato e corre via.
«Perdonalo, non è abituato ad avere a che fare con persone che non conosce, non si sente a suo agio. Da quando ha avuto quel problema non ha più voluto nemmeno uscire di casa, non va neanche a scuola. Cerco di seguirlo io per non farlo restare indietro con gli studi» le spiego, accennando un sorriso.
«Sembra che non mi abbia riconosciuto» dice Lazuli.
«Ha ripreso solo negli ultimi mesi e gradualmente a guardare la televisione, proprio nel periodo in cui ti sei fermata col lavoro» le rispondo. «Da quando si è allontanato da internet i sintomi della Sindrome della Pubertà sono cessati. È anche per questo che io uso poco il mio cellulare e non guardo più di tanto internet».
«Pensi che il mio sia un caso simile?» mi chiede Lazuli, mentre Balzar salta sul letto e si accoccola comodamente.
«Dopotutto a scuola reciti alla perfezione il ruolo che ti hanno etichettato addosso, ti muovi alla grande in quell’atmosfera» le spiego. «Quindi, se vuoi un suggerimento, per evitare di peggiorare la situazione credo sia meglio che tu faccia ritorno nel mondo dello spettacolo».
«Ma cosa dici…» sospira lei, guardandomi negli occhi e sorridendo. Fisso i suoi occhi glaciali e ci leggo dentro più di quanto lei possa immaginare. Ci leggo qualcosa a proposito dei suoi sogni, delle sue speranze. Delle sue delusioni, delle sue paure. Lei non è quella che appare a scuola agli occhi di tutti, non è la ragazza che si è cucita addosso l’atmosfera generata dalle voci sul suo conto. Non ho il quadro completo su di lei, non ho ancora tutti i pezzi del puzzle che compongono la sua vita e la sua anima, ma qualcosa l’ho capito. Ne sono certo.
Lei… lei è speciale.
E lei merita di tornare nel mondo dello spettacolo, perché è quello che vuole, anche se per qualche motivo non lo ammette.
«Per quanto tu possa recitare alla perfezione a scuola il ruolo che l’atmosfera ha creato intorno a te, nessuno potrà ignorarti se tornerai ad essere costantemente in tv, suoi giornali, su internet, sui muri della città, nelle pubblicità sul treno. Nessuno si dimenticherà più della tua esistenza, non sarai più invisibile agli occhi di nessuno».
Mi fermo per un istante e la guardo in faccia, sembra colpita dalle mie parole. «Io penso che tu frema dalla voglia di tornare nel mondo dello spettacolo, per me dovresti farlo» aggiungo, guardandola intensamente.
«Quando avrei detto che voglio tornarci?» mi domanda, accennando un lieve broncio che la rende ancora più carina.
«Non l’hai mai detto, te l’ho semplicemente letto negli occhi» le dico, sorridendole. «Dovresti fare ciò che più ti piace».
I suoi occhi di ghiaccio sembrano brillare per un lungo istante, prima di farsi improvvisamente vacui. Malinconici. Pieni di dolore.
«Hai talento, esperienza, sei bella e sei gentile…» provo a rincuorarla. «E penso che anche la tua manager aspetti il tuo ritorno e si preoccupi per te…».
«Non tirare in ballo quella persona» mi interrompe all’improvviso, con un tono di voce che farebbe gelare il sangue nelle vene a chiunque. «Non ficcare il naso in cose che non ti riguardano» aggiunge, afferrando di scatto la sua cartella e dirigendosi a passo veloce verso l’uscita, spostandomi con uno spintone.
«Ehi, aspetta!» provo a fermarla. Non capisco cosa ho detto di sbagliato.
«Me ne torno a casa» risponde, gelida, senza nemmeno voltarsi.
«Hai dimenticato la tua borsa!» le dico, rincorrendola fin sul pianerottolo per restituirle il sacchetto contenente il costume da coniglietta.
«Puoi tenertelo!» mi dice con disprezzo, voltandosi per un’ultima volta verso di me prima di andarsene definitivamente.
I suoi occhi di ghiaccio mi feriscono, il suo sguardo gelido mi fa male. Tanto. Stringo al petto quel sacchetto di carta e una delle orecchie da coniglio accarezza le mie cicatrici. Provo dolore. Lungo le mie cicatrici e un po’ più in profondità, all’altezza del cuore. Abbasso lo sguardo, e il suo profumo fresco ancora addosso a quello strano e incantevole costume mi attraversa le narici e mi arriva fino all’anima. Mi scorre nelle vene.
 
Sorrido mestamente, mentre rientro in casa e chiudo la porta alle mie spalle. Non so cosa ho sbagliato, ma so che devo scoprirlo. Che devo rimediare, in qualche modo.
Cerco sue notizie su internet, proprio come ha fatto lei con me. A parte le solite cose relative ai suoi lavori nel mondo dello spettacolo, trovo anche articoli che riportano voci, indiscrezioni. Non sono notizie ufficiali, non so se possano essere tutte vere, ma forse ho fatto qualche passo di troppo in un assurdo campo minato insistendo con lei per farla tornare sulle scene e parlandole della sua manager. Filtro le notizie relative alla sua scelta di prendersi una pausa dal lavoro ed esce di tutto, e penso che a me è andata anche bene che certe voci mi abbiano semplicemente accusato di aver pestato a sangue tre ragazzi. C’è chi scrive che Lazuli si sia ritirata perché incinta, chi dice che sia entrata nel mondo del porno, chi che sia andata a vivere negli Stati Uniti, chi ipotizza che si sia montata troppo la testa e nessuno la sopporti più in quell’ambiente. Stronzate, farei a pezzi i bastardi che hanno scritto certe cose se li avessi qui davanti a me adesso. Alcuni articoli parlano di un pesante litigio con la sua manager, per motivi ignoti. Si dice che abbia rotto i rapporti con sua madre, che sia scappata di casa ormai da due anni e viva da sola in un luogo sconosciuto. Che sua madre l’abbia aggredita fino a ferirla, che suo padre l’abbia abbandonata da piccola, che abbia una sorella minore di cui nessuno conosce l’identità. Leggo distrattamente a un certo punto, faccio scorrere le notizie in maniera veloce e ci do peso fino a un certo punto, dato che sta uscendo di tutto e di più.
Non so se ci sia qualcosa di vero in tutto queste voci, in tutte queste cattiverie gratuite. Io so solo che la tristezza e il dolore che le ho letto negli occhi non dipendono solo dal manifestarsi in lei di alcuni sintomi che secondo me sono legati alla Sindrome della Pubertà, piuttosto a quello che ha causato il suo malessere, la sua instabilità emotiva che l’ha fatta arrivare a scomparire alla vista di molte persone. Come se non esistesse più.
Nei suoi occhi ho letto soprattutto la dolcezza, la gentilezza, la voglia di spensieratezza. La sua voglia di tornare sulle scene, nonostante qualcosa la blocchi, apparentemente. La voglia di essere felice. E lei se lo meriterebbe, di essere felice. Questo lo so per certo. Come so per certo di volerla aiutare, in qualche modo. Ma ho sbagliato, ho toccato una parte sensibile di lei che non avrei dovuto.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli, mentre il cuore mi sembra improvvisamente tanto pesante nel petto. Mentre anche le mie cicatrici vorrebbero urlare.
Da quel giorno Lazuli non è più venuta a scuola.
Non ho più avuto sue notizie. E non so dove cercarla.
Mi resta solo il suo costume da coniglietta, ancora in quel sacchetto di carta. Con ancora il suo profumo fresco addosso.
Mi fa male tutto questo. Tanto.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: molto bene, i nostri protagonisti fanno diversi passi avanti in questo capitolo, ma ne fanno molti di più indietro, a giudicare dalla fuga finale di Lazuli e dalla sua successiva sparizione anche da scuola. Non so voi, e non c’entra il fatto che li ho descritti io così, ma mi sto affezionando parecchio a questi due personaggi, li trovo di una tenerezza assurda.
Cosa ha detto di sbagliato Rad? Sembravano andare così d’accordo…
 
Ma andiamo con ordine. Per definizione, la pubertà è un periodo che dura dai 10 ai 18 anni per le ragazze e dai 12 ai 21 per i ragazzi. I nostri protagonisti ci sono ancora dentro in pieno, anche se ovviamente non esiste nessuna Sindrome della Pubertà in realtà, ma è solo un espediente narrativo pseudoscientifico per giustificare una serie di fenomeni molto diversi tra loro. Abbiamo visto i casi di Lazuli, Radish e Goku in questo capitolo, ma ne vedremo altri più avanti, quando entreranno in scena altri personaggi. Verrà precisato in uno dei capitoli successivi, ma in questo momento Lazuli ha 17 anni e mezzo, deve ancora fare i 18 anche se è al terzo e ultimo anno di liceo.
La Golden Week è una settimana (neanche in realtà, 4 o 5 giorni al massimo) in cui i giapponesi celebrano una dopo l’altra una serie di festività e si sta a casa da scuola e dal lavoro. Una delle pochissime pause che si concedono e si colloca tra fine aprile e inizio maggio.
 
Da quello che succede alla stazione di Fujisawa e da quanto successo il giorno prima in biblioteca, capiamo che ormai sempre più persone non riescono a vedere Lazuli, e non c’è costume da coniglietta che tenga, purtroppo. La situazione sta peggiorando, in più si aggiunge il mistero che l’ha spinta a lasciare il mondo dello spettacolo e a non volerci tornare. Tra le notizie che trova in rete Rad su di lei, qualcosa di vero c’è, almeno per alcune… potete divertirvi a ipotizzare quali, se volete!
La situazione di Goku è stata solo accennata da Rad e verrà approfondita più avanti. Il trauma che ha subito Goku  è stato ancora più forte di quanto ha detto Rad a Lazuli, e, in qualche modo, si riallaccerà alla fine che hanno fatto Bardack e Gine (che sono vivi, rispondendo alle giuste preoccupazioni presenti in qualche recensione).
Vi piacciono le cicatrici di Radish? Riuscite a immaginarle? Poveretto, deve aver sofferto molto anche lui. Come Lazuli, anche se sappiamo ancora poco di lei. Loro due sono tenerissimi insieme secondo me, spero vi siano piaciuti. E spero anche che si possano chiarire, sappiate che sto soffrendo con loro!
 
Cosa dite, riusciranno a chiarirsi i nostri protagonisti nel prossimo capitolo? Tornerà a scuola Lazuli?
Per ora posso dirvi che ci sarà un salto temporale di due settimane in avanti, quindi il prossimo capitolo comincerà due settimane dopo la fuga di Lazuli da casa di Rad.
Posso anticiparvi che tornerà in scena Vegeta e, soprattutto, conosceremo finalmente Bulma, fondamentale nel dare una mano a Rad in questa situazione. Dovete immaginarvela più sullo stile di Mirai Bulma in questa storia, sia fisicamente che come personalità. Arriverà anche un nuovo personaggio femminile, una che forse ricordo solo io nel mondo di Dragon Ball, ma me lo direte voi! Sono aperte le scommesse, ma questa è inindovinabile senza nessun aiuto! ;-)
Ne approfitto per fare i complimenti a Shanley, Debsy, MyManga e CTE che hanno beccato la presenza di Lunch in versione “buona” nel precedente capitolo. Più avanti avrà ruolo anche lei nella storia.
 
Un grazie gigantesco a tutti voi che mi state seguendo in queste prime settimane e che mi state dando tanto entusiasmo, forse non riuscite a capire quanto! Ve l’ho detto, mi sento tanto legato per qualche motivo a questa storia, per me è un onore e una gioia condividerla con voi e leggere che vi immedesimate nei due protagonisti o che gli volete bene. Io la penso come voi, e non posso che sentirmi onorato per certe cose che ho letto da parte vostra.
Ce la sto mettendo tutta, spero vi sia piaciuto questo capitolo e vi abbia stuzzicato in attesa di quello di giovedì prossimo.
Grazie a tutti voi che mi avete scritto, a chi vorrà farlo dopo questo capitolo, a chi sta mettendo la storia nelle liste e a chi sta avendo fiducia in questi personaggi che io sto amando.
Grazie mille poi a Misatona, che ci regala un tenerissimo Goku adolescente con la felpa da tirannosauro e ci promette anche altri disegni dei protagonisti per i prossimi capitoli!
E, infine, grazie a Efp e a tutti voi che mi state seguendo dalla mia primissima storia che, caso vuole, avevo pubblicato esattamente un anno fa, senza aver mai nemmeno letto prima una fanfic. Era il primo capitolo di “New World”, ed è bello vedere che alcuni di voi che mi avevano recensito allora lo stiano facendo ancora oggi, con questa storia e dopo un anno così bello e intenso. È un onore per me, davvero! E vi ringrazio di cuore, anche per avervi potuto conoscere.
Ci vediamo giovedì!
Teo
         

   
 
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