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Autore: Martocchia    25/02/2019    1 recensioni
Sequel di "Ojos de Cielo"
Sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Clara, ma tutto sembra essere cambiato nel mondo di Luca: tutto è nero, niente ha più valore per lui, neanche ciò che lo legava così strettamente a "lei". Sì, perché quel nome è impronunciabile per chiunque.
Le persone intorno a lui stentano a riconoscere in quel ragazzo cupo, sarcastico e menefreghista, Luca. Ma delle promesse sono state fatte e delle persone faranno di tutto per mantenerle e per farle mantenere.
Riuscirà Luca a trovare la forza per andare avanti? Riuscirà a cantare. suonare, amare ancora, come lei gli ha chiesto? E se sì. come?
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9 – With a little help of my friend
 
È passata da poco l’una quando Luca rientra a casa. La luna piena brilla intensamente nel cielo limpido di fine inverno. A volte guardandola ci si dimentica che quella luce in realtà non è sua… Così eterea, fredda e delicata sembra non appartenere proprio al calore infuocato del sole. Il ragazzo si ferma ad osservarla con una mano sulla maniglia della porta e l’altra chiusa intorno alla chiave, inserita nella toppa. Da quanto tempo non levava lo sguardo così in alto? Da quanto non si rendeva conto della bellezza che lo circonda? Inspira l’aria tersa della notte ed espira fiato caldo, che si tramuta immediatamente in nuvolette bianche leggere, che si librano nell’aria fino a scomparire.
Un sorriso lieve gli increspa le labbra, mentre entra nella dependance buia, a parte per il chiarore lunare che si fa strada fra le tende. Appoggia le chiavi sul tavolino di fianco all’ingresso e si guarda intorno pensieroso: dovrà lavorare un bel po’ per ridare a quello spazio il suo aspetto originale, per farlo tornare ad essere il suo rifugio pieno di note e musica, ed eliminare quell’aria da prigione.
Il suo sguardo si posa per un momento sulle finestre e nota una luce fioca provenire dalla casa dei genitori.
Apre la porta finestra, attraversa il giardino ed entra nel soggiorno. Sua madre è abbandonata ad un sonno profondo sulla poltrona, con un libro sulle ginocchia e il telefono vicino. Si deve essere addormentata aspettando una telefonata del marito, da qualche giorno all’estero per lavoro. Luca la guarda con tenerezza, per poi spostare il libro da una parte e coprirla con una coperta. Facendo ciò, però, la donna si sveglia e, confusa, lo prende per un braccio.
- Oh, Luca… Sei tornato. È meglio che vada a dormire nel mio letto e anche tu: è tardi. – borbotta, ancora mezza addormentata. Si alza, stropicciandosi gli occhi velati dal sonno e, facendo ciò, nota gli occhi ancora rossi di pianto del figlio e quella piccola, ma pur sempre presente, scintilla di vita che li fa brillare ancor più delle lacrime.
- Ma tu… Tu hai… - lei prova a formulare la domanda, ma se da una parte è troppo emozionata e commossa per credere ai propri occhi, dall’altra ha paura di sbagliarsi e di alterare di nuovo Luca, il quale, comprendendo la sua esitazione, le sorride e l’abbraccia.
 
- Sì, mamma. Ho pianto e sì, l’ho fatto per Clara, anche se forse per una volta è stato più per me che solo per lei. Ah, prima che tu me lo chieda… Sì, ho ricominciato a dire il suo nome. Mi mancava, come mi mancava anche tutto il resto. -.
La donna si mette a piangere sollevata, stringendo fortemente a sé il ragazzo, il quale ridacchia, dandole piccole pacche affettuose sulla schiena.
- No, adesso non piangere anche tu. Adesso sto meglio, non devi più preoccuparti per me. Me la caverò, in un modo nell’altro. Ok? – la madre annuisce, staccandosi dall’abbraccio e accarezzandogli dolcemente una guancia. Lo sguardo di Luca si fa d’un tratto serio e si concentra sulle punte delle proprie scarpe:
- Mi spiace per come ti ho trattato in questi mesi, per tutte le preoccupazioni che ti ho dato e per tutte le volte che ti ho risposto male. Sono stato davvero un figlio degenere… - si scusa, diventando rosso per la vergogna.
Lo sguardo della donna si addolcisce ulteriormente, mentre con una mano gli alza la testa e cerca con i propri occhi quelli del figlio:
- Fai bene a scusarti, perché sei stato davvero terribile e ne dovrai fare di faccende qua in casa per farti perdonare. – comincia a parlare in tono di finto rimprovero – Ma non fa niente, l’importante è che tu sia di nuovo in te. Il resto è solo il dovere di una mamma. Dai, adesso andiamo a dormire. -.
Luca annuisce e si volta per tornare nella dependance, ma si rigira di scatto, bloccando la madre, già sulle scale:
- Se domani mattina non mi vedi qui per casa, stai tranquilla. Devo rimettere un po’ di cose a posto di là e nel pomeriggio credo che andrò a trovare una persona, per cui avrò bisogno della macchina… -.
- Dove vai, tesoro? -.
Il viso di Luca si apre in un largo sorriso.
- Un’amica mia e di Clara. -.
 
È ormai ora di pranzo e Luca si guarda intorno, passandosi una mano sulla fronte lievemente imperlata di sudore e controllando di aver rimesso tutto al suo posto: il pianoforte è scoperto e tanto lucido da luccicare; le chitarre sono state ripulite, le corde cambiate, e messe sui loro sostegni; la tastiera è stata spolverata e rimessa la suo posto sul cavalletto; spartiti e dischi sono tornati sugli scaffali, ben ordinati e i poster sono attaccati nuovamente alle pareti. Ci sono volute ore per ridare a quella dependance l’aspetto l’originale, ma ne è valsa la pena.
Il ragazzo si lascia andare sul divano con aria soddisfatta, continuando a guardarsi intorno e giocherellando, quasi inconsciamente, con il braccialetto che gli aveva regalato Clara per il suo compleanno. Chissà che fine aveva fatto la catenina che le aveva donato lui… L’aveva portata con sé nella tomba o l’aveva lasciata a qualcuno?
A riportare Luca alla realtà è il brontolio del suo stomaco. Guarda l’orologio e sospira. Dovrà farsi in fretta la doccia e prepararsi un panino da mangiare in macchina se vuole arrivare in tempo al monastero. Sì, al monastero, perché l’amica di cui ha parlato a sua madre è una cugina di Clara, una giovane suora di clausura.
Le stranezze nella sua vita non sembravano proprio voler finire mai e, a pensarci bene, erano iniziate tutte proprio con la sua ragazza. Coincidenze? Lui ha imparato a crederci poco da quando ha conosciuto il don e i ragazzi del Gruppo Giovani… C’è sempre lo zampino di qualcun altro, Onnipotente o meno che sia non manca mai, per fortuna.
Perché andare a trovare Emma? Beh, le aveva promesso che sarebbe tornato. Le aveva anche promesso che si sarebbe preso cura di sua cugina, così forte e fragile allo stesso tempo, come ha effettivamente dimostrato fino in fondo. Deve scusarsi con lei e vuole nutrirsi di quella gioia di cui i suoi occhi traboccano, quegli occhi a cui Clara paragonava spesso i suoi. Ora non ne sono che una mera ombra…
 
Dopo poco meno di due ore, Luca è nel parcheggio del monastero, collegato ad esso da un sentiero sterrato, immerso nel verde del bosco. Il ragazzo vi s’incammina, ripensando alla prima e ultima volta in cui era stato in quel luogo per accompagnare Clara: erano felici, lei non vedeva l’ora di presentarle la cugina e lui aveva organizzato un appuntamento speciale per quella sera, quella stramaledettissima sera… Luca interrompe il flusso dei propri pensieri prima che quei ricordi terribili lo prendano alla gola, togliendogli nuovamente il respiro, ed accelera il passo.
In un paio di minuti si ritrova davanti al portone della cappella del convento, guarda l’orologio: è appena in tempo per l’ora media. Entra all’interno dell’edificio, riconoscendone con familiarità il bianco dei muri, il legno chiaro delle panche, il metallo delle sbarre che separano l’assemblea dalle suore e dall’altare. Quella parte della chiesa, però, a differenza di qualche mese prima, è decorata da uno stupendo mosaico, dai colori brillanti, che ricopre l’intera parete. Luca rimane per un attimo incantato ad osservarlo per poi sedersi su una delle panche sul fondo della cappella. Tutte le suore sono già ai loro posti, rivolte verso l’altare e, solo qualche minuto dopo l’arrivo del ragazzo, incominciano a recitare le preghiere, con le loro voci dolci e lievi, che sembrano elevare canti angelici anche quando semplicemente parlano. Luca le ascolta in silenzio per tutto il tempo, fissando il crocifisso, come aspettandosi che quell’Uomo sofferente si stacchi dalla propria croce per abbracciarlo, prendendosi sulle proprie spalle anche la sua. Luca, però, sa bene che deve portarla da solo e imparare a trasformarla in altro che semplice, doloroso peso.
Alla fine dell’ora media nessuno si è staccato da alcuna croce, ma il calore che Luca avverte nel proprio cuore è reale e per quei brevi momenti il fardello è stato condiviso da Qualcun altro per dargli un po’ di sollievo.
Le suore incominciano ad alzarsi dai propri posti per uscire dalla cappella e tornare ai loro doveri in monastero. Anche Luca si alza in piedi, sperando che Emma in questo modo si accorga della sua presenza ed, infatti, la monaca, posando per un attimo lo sguardo dall’altra parte delle sbarre, lo nota e gli sorride gioiosamente, invitandolo ad avvicinarsi. Il ragazzo accetta di buon grado l’invito, ricambiando timidamente il sorriso.
 
- Luca, ti stavo aspettando. – gli dice non appena si è accostato alle sbarre.
Il ragazzo la guarda sorpreso, senza sapere come risponderle. Emma ride piano alla sua reazione: - Mia zia, la mamma di Clara, mi ha parlato spesso di te in questi mesi e ho avuto l’impressione che saresti venuto presto a trovarmi. Ieri era il compleanno di mia cugina… Dev’essere successo qualcosa di importante perché tu decidessi di passare di qua così su due piedi, o sbaglio? -.
- No, non sbagli affatto… -.
- Allora avremo bisogno di stare più comodi per parlare con calma. Vado subito ad aprirti la porta per i parlatori. Ti ricordi dove sono? – Luca annuisce – Bene. Ti aspetto nello stesso dell’altra volta. -.  
Il ragazzo fa ciò che Emma gli ha detto e, uscendo dalla chiesa, si reca immediatamente nei parlatori, attendendo che la giovane suora lo raggiunga.
Sposta una sedia davanti alle sbarre di legno e si siede. Pochi istanti dopo entra nella stanza Emma, con in mano un vassoio pieno di biscotti, una caraffa di succo d’arancia e due bicchieri. Appoggia il tutto su un tavolo per poi aprire una parte delle sbarre, mette la merenda in mezzo a loro ed infine si siede davanti al giovane, prendendogli le mani fra le sue.
 
- Sono contenta di rivederti. Ho pensato e pregato molto per te in questi mesi. Devono essere stati duri per te… - gli dice con dolcezza, stringendo ancora di più le sue mani.
- Dire che sono state duri è un eufemismo… Ti avranno detto che per molto tempo non ho voluto neanche sentire il suo nome, figuriamoci pronunciarlo. Avevo anche smesso di cantare e suonare… - sospira Luca tristemente.
- E adesso, invece? Come stai? -.
Il ragazzo fissa il vuoto per un attimo, pensoso:
- Difficile dirlo con precisione. Bene non è sicuramente il termine più adatto da usare… Clara mi manca da impazzire… Ma non sto neanche male. Lei non mi ha lasciato solo, c’è sempre stata, soprattutto nelle persone che mi ha messo accanto e che, anche quando ieri sono finalmente crollato e mi sono lasciato andare al dolore, mi hanno sostenuto e aiutato a rialzarmi. Ho ricominciato a cantare e suonare e questo mi aiuta. Riesco in qualche modo a comunicare con Clara e a fare pace con me stesso, soprattutto -.
Emma gli sorride dolcemente:
- Avevo proprio ragione su voi due. Eravate esattamente ciò di cui ognuno di voi aveva bisogno. -.
- Sicuramente Clara era ed è ciò di cui ho bisogno… - ribatte il giovane con malinconia.
- Credimi quando ti dico che anche lei la pensava esattamente allo stesso modo. Quando quella volta ti ho chiesto di parlare da soli, l’ho fatto perché in te avevo notato una scintilla particolare… Capisco perfettamente perché mia cugina tenesse a te tanto da fare ciò che ha fatto. -.
La monaca lo sta scrutando intensamente, i suoi occhi brillano così tanto da fare male.
- Ojos de Cielo… Occhi di Cielo… - sussurra Luca – Ora comprendo cosa intendeva Clara. -.
- Definiva così anche i tuoi, vero? – gli chiede ridacchiando Emma.
- Come lo sai?! – esclama sorpreso.
- Perché aveva pienamente ragione. È questo che avevo visto in te. -.
Luca abbassa gli occhi.
- Avevi… Appunto. Li ho spenti, Emma. Non ci sono più gli Occhi di Cielo che lei amava tanto. -.
- Non è vero. – ribatte la suora energicamente – Ci sono, Luca. Il dolore li ha solo annebbiati. Ora che lo stai affrontando faccia a faccia è solo questione di tempo. Continua su questa strada e vedrai che i tuoi occhi brilleranno di nuovo, ancor più di prima. -.
Il ragazzo rimane in silenzio. In quel luogo, i momenti del genere, si ha la sensazione di poter sentire il battito del proprio cuore. I rumori del mondo esterno sembrano tenersi alla larga per non disturbare quelle piccole, grandi donne.
- Sai, ora le mie paure più grandi, sono di lasciarmi inghiottire di nuovo dal dolore e allo stesso tempo, mi terrorizza la prospettiva che esso mi abbandoni e che io mi dimentichi di Clara, del senso di colpa… - riprende a parlare con voce tremante.
- Un dolore del genere rimane, Luca, è giusto che rimanga. Sta soltanto a te decidere se lasciargli la possibilità di espandersi o meno. In ogni caso non ti dimenticherai mai di lei, lo sai bene. La ami troppo, di un amore che è impossibile scrollarsi di dosso come se nulla fosse. Ma non devi sentirti in colpa, non ne hai motivo e Clara non lo vorrebbe mai. – dicendo ciò, Emma prende in mano un bicchiere, lo riempie di succo e lo porge a Luca, il quale lo accetta con un lieve sorriso.
Beve un piccolo sorso e riprende a parlare:
- Lo so, ma non posso fare a meno di pensare che su quella strada in fin di vita sarei dovuto esserci io; che, se fossi rimasto con lei mentre rispondeva al telefono o se avessi notato prima quella dannata auto, non sarebbe successo nulla di tutto questo gran casino e ora potremmo essere qui insieme. -.
La monaca sgranocchia un biscotto, pulisce le briciole dalla veste scura e si sistema meccanicamente il velo, mentre ascolta con attenzione il ragazzo.
- Il giorno in cui siete venuti da me, Clara aveva già la sensazione che qualcosa di importante sarebbe presto successo. Non so… Forse Qualcuno aveva voluto avvisarla, darle l’opportunità di prepararsi a fare una scelta. Le ho promesso di pregare per lei, ma le mie preghiere non sono riuscite a cambiare la Sua volontà e, soprattutto, quella di Clara. Anch’io a volte mi sono sentita in colpa, ho pensato che avrei dovuto pregare di più, anche dopo, anche quando in una delle sue lettere mi ha rivelato le sue condizioni… Ciò che è riuscito a consolarmi, è stato vedere quanto lei fosse convinta delle proprie scelte. Non ha mai rimpianto di essersi messa in mezzo fra te e quella macchina. Riteneva che tu avessi ancora tanto da dare al mondo, che avresti fatto grandi cose, e ne sono sicura anch’io. -.
- Ma io non so neanche che cosa farò dopo la Maturità, non ci ho pensato affatto. Pensavo che non ce l’avrei fatta a sopravvivere fino a quel momento… -.
- Direi che ora è arrivato il momento di pensarci su e rimboccarsi le maniche. – lo incoraggia sorridendo.
- Hai ragione, devo sfruttare fino in fondo la possibilità che Clara mi ha dato! -.
- Allora penso che sia arrivato il momento di darti una cosa. Prendila come una sorta di spinta motivazionale. – detto ciò Emma tira fuori da una tasca un ciondolo in oro bianco a forma di chiave di violino, ricoperto di piccoli brillantini luccicanti.
- Ma questo… - Luca non riesce a terminare la frase, tanta è la sorpresa. Lo prende in mano e lo accarezza con tenerezza.
- Sì, è quello che le hai regalato tu. Me lo ha mandato poco prima di morire, dicendo che io avrei saputo cosa farne. Penso sapesse che prima o poi saresti venuto da me e voleva che lo avessi tu. -.
- Aveva previsto proprio tutto, eh? – Luca sorride con un’espressione in cui si mischiano divertimento e dolcezza.
-Evidentemente ti conosceva bene. – sorride ancor più divertita Emma. Il suono di una campana li interrompe.
- Fra poco ci sarà la Messa, devo andare a mettere a posto queste cose. – esclama dispiaciuta la monaca, rimettendo sul vassoio biscotti, bicchieri e caraffa ed alzandosi dalla sedia. Luca fa lo stesso.
- Mi raccomando, vieni di nuovo a trovarmi appena saprai come impiegare il tuo futuro. – gli dice, stringendogli ancora una volta le mani.
- Contaci. -.
La suora sta già per varcare la porta, quando Luca la richiama.
- Emma… - la giovane si volta, con espressione interrogativa – Volevo chiederti scusa, mi avevi chiesto di proteggerla e non ne sono stato capace… -.
Lo sguardo della donna diventa tremendamente dolce e i suoi occhi diventano lucidi di lacrime.
- Non dire stupidaggini, Luca. Hai fatto tutto ciò che hai potuto. L’hai amata intensamente, le sei stato accanto mentre moriva. Io non ho potuto assistere neanche al funerale… Ciò che hai fatto è per me abbastanza. – e detto ciò se ne va, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando Luca da solo.
Il giovane esce dall’edificio, respira a pieni polmoni l’aria fredda del tardo pomeriggio e si avvicina alla cappella. Da lì si apre un panorama stupendo sul lago, una di quelle viste che Clara adorava. Stringe in una mano la chiave di violino, dopodiché apre il ciondolo del proprio braccialetto e la infila al suo interno, insieme al suo plettro. La terrà sempre con sé per non dimenticarsi che la sua Clara gli ha dato la possibilità di vivere e che lui dovrà farlo alla grande, per non deludere lei e soprattutto sé stesso.

Angolo dell'Autrice
La sessione invernale è terminata ed io sono finalmente riuscita a terminare questo capitolo, dove incontriamo/riincontriamo (dipende se avete letto anche Ojos de Cielo) un personaggio particolare, cioè quello di Emma. Con i suoi consigli avrà definitivamente riscosso Luca e cancellato i suoi ultimi dubbi? Vedremo. Sicuramente ora il nostro protagonista è alla ricerca di un obiettivo e non può minimamente immaginare dove lo troverà.
Buona lettura e buona settimana a tutti!
Marta
 
   
 
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