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Autore: Mitsuki91    27/02/2019    1 recensioni
"Edward, se sopravvivo a tutto questo, stai sicuro che la prossima volta ti uccido io."
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Capitolo II

 

Ci volle un’altra buona mezz’ora prima che mi riprendessi abbastanza da capire che dovevo fare qualcosa.

La mia mente era semplicemente andata alla deriva, dimentica del mio corpo rannicchiato sul pavimento del bagno, mentre davanti agli occhi mi scorreva il volto di Edward e quello di Jacob e l’immagine di un bozzolo duro che si faceva spazio dentro di me.

Alla fine, riuscii a trovare la forza di rialzarmi.

Vomitai ancora, ma forse era normale. Se quella cosa aveva messo radici nel mio corpo in meno di una settimana ed era già diventata così evidente, tutto il concetto di ‘mattutina’ in merito alle nausee andava a farsi benedire. No?

Poi, mentre mi lavavo di nuovo i denti, iniziai a pensare.

Jacob.

Dovevo andare da lui. Probabilmente si sarebbe arrabbiato, mi avrebbe dato dell’idiota, si sarebbe disperato. Avrei visto il suo volto sofferente e non volevo, davvero, non volevo. Ma dovevo tentare.

Ero segnata lo stesso, alla fine. Sarei morta in ogni caso, senza la possibilità di interrompere la gravidanza – ugh, anche solo pensare alla parola mi metteva i brividi! –, senza un vampiro ad aiutarmi, senza nulla.

Non avevo scelta.

Non sapevo se e come avrei… Partorito. Credevo che il bozzolo fosse troppo duro per farne uscire qualcosa, ma forse i bambini mezzo vampiri avevano la forza di spingersi fuori? O non sarebbe stato affatto un parto naturale?

Era possibile che le creature avessero i denti? Perché, se li avevano, avevo una mezza idea di come sarebbe venuta fuori la cosa, e non era affatto piacevole per me la prospettiva. Ammesso e non concesso di riuscire a farmi soccorrere prima della morte, una volta che il piccolo si fosse dato da fare per uscire dalla mia pancia, come avrei spiegato la durezza del ventre? La… Placenta o il liquido o comunque quella roba che rimaneva ancora attaccata nel mio utero? E avrei dovuto anche tagliare il cordone ombelicale, e poi…

Da sola sarei morta sicuramente.

Scoprii che era più facile, però, se riflettevo su questioni simili come in astratto, estraniandomi dal mio corpo. Come se tutto quello non mi riguardasse, ecco.

Alla fine, cos’era importante davvero?

Ah sì, i vestiti. Dovevo prendere uno zaino e portarmi un cambio. La biancheria.

Svuotai il mio classico e vecchio zaino di scuola per far posto a cose più utili.

Ovviamente, anche se Jacob non fosse venuto con me, me ne sarei dovuta andare. Non potevo spiegare a Charlie quello che mi stava succedendo… Forse non mi avrebbe fatto internare, dato che ad un certo punto la pancia sarebbe divenuta evidente, come una macabra prova dei miei racconti. Però, che poteva fare? Portarmi da un medico? Non ero neppure sicura che qualcuno potesse visitarmi. La macchina per le ecografie penetrava la pelle di un vampiro? Ne dubitavo altamente.

Poi.

E poi.

Perché condannare Charlie? Perché dargli il dolore di vedermi morire, impossibilitato a fare nulla? Perché dare l’occasione alla creatura dimangiarselo? Non avevo la minima idea di cosa volesse lei, in effetti.

E poi, ancora.

Non potevo tradire il loro segreto. I Cullen si erano esposti molti, con me.

Nonostante tutto. Nonostante l’abbandono.

Nonostante Edward.

Mi avevano detto che il segreto era importante. Ebbene, me lo sarei portato nella tomba.

Ok, i vestiti erano pronti, lo zaino con ancora un po’ di spazio. Ora toccava a me, vestirmi.

Strati, molti strati.

Buttai l’accappatoio in un angolo, andando alla ricerca delle cose nell’armadio. Lasciai la felpa da indossare sopra il maglione sul letto, assieme allo zaino, altrimenti mi sarei squagliata in casa. Già con due calze sotto i jeans avevo caldissimo… Ma era inverno.

Fuori avrebbe fatto freddo. E io dovevo stare fuori. Nascosta. Lontana dalla civiltà, perché nessuno mi potesse trovare. Lontana da tutti, perché il mio bambino non mangiasse qualcuno per sbaglio.

Oh, se solo avessi potuto costringere Jake a badare a lui… Ma non so se avrebbe retto, dopo la mia morte.

Ebbene, lista di cose indispensabili da fare: se Jake mi avesse seguito e mi avesse aiutata a nascondermi e a sopravvivere fino alla fine, avrei dovuto strappargli la promessa di non fare male al bambino, di aiutarlo, educarlo e crescerlo. Ovviamente partendo dal presupposto che il bambino non se lo mangiasse prima.

Ecco, anche questo era un problema. Ma non era insormontabile, no? Ad un certo punto la mia pancia si sarebbe fatta molto più evidente e sarei stata pronta a partorire. Forse ce l’avrei fatta a resistere, un giorno o due, da sola, prima del parto.

Jake aveva tutto il tempo di scappare, e tanti cari saluti al piano A della crescita e dell’educazione, ma sarebbe stato salvo. L’avrebbe fatto?

Non dovevo pensarci, ancora non sapevo se mi avrebbe seguito.

Uno sguardo all’orologio mi disse che era ancora abbastanza presto. Inutile fare piani con Jake se era ancora a scuola; avrei dovuto aspettare ancora un paio d’ore prima di poterlo raggiungere a casa sua.

Bene, bisognava quindi preparare la fuga nei minimi dettagli, e me la sarei vista dopo con, beh, il ‘dopo’.

Cucinare.

Dovevo preparare la cena a Charlie, e nutrirmi io stessa, cercando di combattere la nausea ballerina.

Cercai di capire di cosa avessi voglia in quel preciso momento… Mh, uova. Le uova potevano andare.

Come pranzo per me, però, non come cena per Charlie.

E per il pranzo c’era tempo… Intanto avrei sgranocchiato dei cracker; da qualche parte avevo detto che facevano bene per la nausea mattutina.

Ecco, cracker. Cibo secco, che si conservasse a lungo… Ne avevo bisogno. Non c’era molto spazio nello zaino, ma forse Jake ne avrebbe avuto un altro da prestarmi… Se non fosse venuto con me, almeno non mi avrebbe negato questo aiuto, vero?

Frugando nel congelatore decisi di cucinare del pollo per Charlie; poi, prendendo la teglia, vidi fra le padelle una padellina media che però aveva il manico da appendere, come se fosse stato un pentolone formato mini.

Era vecchissimo e impolverato, ma mi sarebbe stato utile nella fuga, quindi lo lavai più volte, e poi mi dedicai a saccheggiare la dispensa e a metterci dentro qualsiasi cibo a lunga conservazione trovassi in giro.

Spesa. Non sapevo per quanto tempo avrei dovuto nutrirmi prima di… Beh, prima di partorire e morire, però mi servivano soldi. E avrei dovuto comprare tutto entro oggi, perché sicuramente Charlie avrebbe fatto scattare l’allarme stanotte, non appena non fossi rientrata.

Presi un secondo di pausa, sedendomi su una sedia della cucina e prendendomi la testa fra le mani. Il gesto mi fece ricordare che dovevo ancora asciugarmi i capelli, però…

Era troppo.

Non ce l’avrei fatta da sola, questa era la verità.

Qualcuno mi avrebbe trovato, qualcuno… Ma non potevo morire fra le braccia di Charlie, non per questo, nontradendo il loro segreto

Dovevo convincere Jacob. Jake mi serviva. Non solo per il mio umore, non solo per arginare le crisi di panico che stavo avendo e che avrei avuto poi.

Senza di lui non ce l’avrei fatta. Questa era la verità. E avevo davvero tanta, tanta paura che lui mi lasciasse, che non volesse seguirmi.

Così decisi di abbandonarmi, per un momento, un momento solo, perché poi non mi sarebbe stato più possibile farlo. Avrei dovuto far appello a tutta la mia forza e determinazione; avrei dovuto pensare, così come pensavo un tempo, che anche io, stupida e inutile e goffa umana, potevo tenere il passo del soprannaturale. Non per sempre. Solo quel tanto che bastava.

Quel tanto che bastava per far nascere il figlio mio e di Edward.

Arginai il terrore, fermai le lacrime.

Mi immobilizzai per cinque minuti buoni a considerare quella scena. Presa dal panico, non avevo pensato nel dettaglio a… Al mio bambino.

Avevo pensato che qualcosa stesse crescendo nel mio ventre. Mi ero spaventata, perché sapevo che quelqualcosa mi avrebbe ucciso.

Okay, potevo scendere a patti con questa realtà. Dopotutto, avevo già visto la morte in faccia, e in un modo anche molto più spaventoso di questo.

Avere un sadico vampiro assassino che vuole torturarti per poi mangiartidoveva essere più terribile che morire di parto, per dare alla luce il figlio della persona che amavi…

E, alla fine, era quello il punto.

Sarei morta, sì. Sarei morta giovane e con alcuni rimpianti; non nel modo in cui desideravo morire, certo, rimanendo in vita mentre il cuore mi si fermava, ma era pur sempre una morte. Forse mi aspettava qualcosa di là. Certo avrei voluto almeno rivedere un’ultima volta Edward, e poi…

E poi.

Il mio bambino. Mi posai ancora una mano sul ventre, a premere piano su quel palloncino duro che conteneva il mio bambino.

Non avevo mai considerato in modo approfondito la maternità. Non avevo mai voluto dei figli – forse era stata a causa del matrimonio fallito dei miei genitori, ma anche da piccola avevo pensato a me stessa sola, senza una famiglia e soprattutto senza bambini.

Poi era arrivato Edward, a colmare la mia esistenza. Per me era abbastanza, davvero. Lui era più di quanto osassi sperare; era più di quanto meritassi. Avevo accarezzato l’idea di poter vivere per sempre, letteralmente, accanto a lui.

Un’eternità tutta nostra, e pensavo che non avrei potuto essere più felice di così.

Però.

Sì, se n’era andato. Sì, era tornato, forse per prendersi gioco di me, non mi era dato saperlo. Era tornato solo per una notte, in ogni caso.

E mi aveva lasciato ‘in regalo’ un figlio.

Un figlio nostro. Per metà me, per metà… Lui. L’unica persona che avessi mai amato.

Andava bene così, forse. Era… Una sorta di pareggio? Per aver desiderato di essere abbastanza per lui, per aver fallito.

Ma qualcosa sarebbe rimasta. Qualcosa… Qualcosa di piccolo, innocente, delicato.

Accarezzai la pancia, e pensai a quello che ancora non avevo osato immaginare: il volto di un bambino, bellissimo; un piccolo Edward, con i capelli ramati e gli occhi verdi. Carlisle aveva detto qualcosa a proposito degli occhi verdi di Edward, quando era stato ancora umano…

Bellissimo.

Un piccolo tesoro. Qualcosa di me nel mondo.

E in quel momento capii che non avrei mai voluto rinunciarvi.

Sì, sarei morta. Pur potendo scegliere, avrei fatto una scelta diversa? Non credo proprio.

Sarei morta per una cosa per cui valeva la pena.

Dare alla luce mio figlio.

Inspirai profondamente e riaprii gli occhi. Le incertezze sulla mia fuga mi colpirono ancora, ma erano solo considerazioni marginarli da aggiustare: se Jacob ci fosse stato, sarebbe stato fantastico, altrimenti avrei dovuto solo pensare meglio ed arrangiarmi.

Però ormai la mia decisione era presa.

E questo, più di tutto, mi diede la calma necessaria per finire i preparativi, per asciugarmi i capelli mentre in forno cuoceva il pollo, per far trovare tutto pronto a Charlie, per prendere con me un coltello abbastanza lungo e affilato; per infilare una torcia e delle pile di ricambio nello zaino, per ricordarmi della vecchia tenda da campeggio in soffitta, che nessuno più utilizzava da anni ma che era abbastanza ben conservata; per gestire la nausea imparando a prevederla e a girare con un sacchetto sempre a portata di mano, mentre mi affannavo nei preparativi.

Alla fine mi costrinsi a mangiare, mi riempii una bottiglietta d’acqua da portare con me e da infilare nel già sovraccarico zaino, lavai i piatti e sistemai la cucina, e scrissi un biglietto a Charlie dicendo che avevo intenzione di andare a La Push e che forse uscivo a cenare con Jacob e alcuni suoi amici, quindi che avrei fatto tardi.

Poi, dopo aver appurato che ormai Jacob doveva essere arrivato a casa, caricai tutto sul pickup e guidai verso La Push.

 

***

 

Il pickup non era un mezzo silenzioso, così, quando accostai di fronte alla casa di Billy, Jake era già uscito per venirmi incontro.

Il suo sorriso si fece incerto.

“Bella? Va tutto bene? Sei pallida.”

“Mh.”

Cercai di prendere tempo. Non avevo ancora spento il motore e stavo raccogliendo le idee.

“Vai da qualche parte? Hai… Una specie di arsenale da campeggio nel pickup.”

Sospirai e spensi il motore. Buttai lo zaino e le robe varie ai piedi del sedile passeggero e li coprii con l’unica coperta che ero riuscita a recuperare dalla soffitta, in mancanza di sacco a pelo.

“Devo parlarti.” dissi, uscendo poi dal furgoncino e dirigendomi verso la rimessa.

Jacob, perplesso, mi seguì, mentre io mi sforzai di produrre un sorriso e con la mano salutai Billy, che ci stava osservando dalla finestra.

“Che succede?” chiese infine Jake, aprendomi lo sportello della sua macchina per farmi sedere.

Sentivo che era vicino un altro attacco di nausea e chiusi gli occhi, respirando profondamente con la bocca. Le mani mi tremavano, e le strinsi fra loro per cercare di farle smettere.

“Bella, mi spaventi.”

“Va bene.” risposi.

Lui aspettò, ma quando aprii la bocca sentii un conato salire, quindi mi alzai e presi una delle buste di carta che Jacob lasciava sempre sul piano di lavoro.

“Che schifo.” dissi, dopo essermi liberata lo stomaco.

“Bella, stai male? Chiamo Billy? Se devo accompagnarti in ospedale…”

“No.” lo interruppi “Va tutto bene.”

“Bella…”

Non avevo bisogno di alzare lo sguardo per immaginarmi la sua espressione sarcastica.

“Jake, è successa una cosa.” lo anticipai, tornando a sedermi. Avevo abbandonato la busta nel cestino, chiusa alla bell’e meglio.

“Cosa?”

“Tu… Insomma… Ricordi le leggende che mi hai raccontato? Quelle del tuo popolo e… Dei freddi?”

Lo vidi aggrottare le sopracciglia, perplesso e pensieroso.

“Certo che le so, Bella. Sono un mucchio di sciocchezze. E se non la smetti di tergiversare ti alzo di peso e ti porto in ospedale.”

“Sono vere.” dissi, velocemente, prima di potermi pentire.

Ovviamente a lui non potevo nascondere nulla. E lui già sapeva, quindi non avrei infranto nessuna regola di segretezza.

“… Bella, forse hai preso un colpo in testa o…”

“Sono vere. I Cullen… I Cullen sono dei vampiri. E-Edward è un vampiro.”

Lui rimase qualche secondo a fissarmi, incredulo.

“Okay.” disse infine “Ammettiamo che prendo per buono quello che mi dici. Questo cosa c’entra con il tuo colorito verdastro?”

“Lui mi ha lasciata.” sussurrai, piano. Era necessario… Era necessario che Jacob sapesse. Ma faceva male. Un conto era aver rotto gli argini dentro di me; far scorrere il nome di Edward nella mia mente. Un altro era questo. “Mi ha lasciata, mi ha detto che non mi amava più. E ho pensato, ho pensato che fosse stanco del mio essere umana, goffa, lenta… Non voleva trasformarmi, sai. Gliel’avevo chiesto – ma lui non voleva. E allora credo di aver sempre pensato, da quel giorno, di non essere abbastanza per lui. Perché se mi amava davvero, mi avrebbe voluto accanto per sempre… Ma lui non voleva trasformarmi. E mi sono detta che dovevo cogliere l’attimo, godermi ogni singolo istante che mi dedicava. Avevo paura della fine ed è stata dura, è stata dura davvero, Jake. Me l’aspettavo ma non mi aspettavo che facesse così male.”

Jacob si era avvicinato. Non poteva sedersi accanto a me, ma si era accucciato, per potermi guardare in viso da sotto in su. Solo in quel momento mi resi conto di vederlo attraverso un velo di lacrime, ma non ci badai.

Lui era lì. Pure se mi credeva pazza e non era convinto della mia storia sui vampiri, era lì e mi stava ascoltando, ed era serissimo.

Continuai a parlare, perché ormai avevo preso il via, e non potevo più fermarmi. Dopo tutto quel tempo… Dopo tutto quel tempo passato a portare il peso di quel segreto, finalmente mi sentivo libera.

Non libera dall’amore per Edward, quello mai.

Però più leggera. Non ero più la sola a sopportare.

“Così, quando poi è tornato, ho pensato che fosse un’illusione, e che avrei dovuto approfittarne.”

“E’ tornato?”

Jake mi interruppe, il tono di voce neutro. Io ne approfittai per inspirare al massimo, per cercare di mettere in ordine le parole.

“Una notte. Io avevo preso dei sonniferi e… Non ero molto lucida. Mi è apparso davanti, non collegavo, credevo che… Credevo che fosse un sogno. Un sogno dai contorni perfetti, nonostante il mal di testa e poi… Mi sono approfittata del momento.”

“Capisco.”

Chiusi gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

“No, Jake, non capisci.”

“Bella…”

“E’ successo meno di una settimana fa, Jake. Meno di una settimana fa. Lui se ne è andato.”

“Bella, mi dispiace, ma davvero, davvero non voglio sapere del tuo amore per Edward, ti prego, ti scongiuro, cerca di capirmi…”

“Jacob, io ho bisogno del tuo aiuto.”

“Ti aiuterò, Bella. Ti aiuterò, lo prometto, sono qui per questo. Solo… Non sono pronto per questo discorso…”

“No, Jake.” riaprii gli occhi e gli afferrai un polso, disperata “Morirò, Jacob! Morirò!”

Lui sbatté le palpebre, due volte.

“Bella, per quanto tu possa stare male ora, non penso che tu…”

“Morirò.” ripetei “Non c’è niente che io possa fare, ma ho bisogno del tuo aiuto lo stesso. Permettimi almeno di morirelontano.”

Tirai il polso, finché la sua mano non fu sul mio ventre. La paura, di nuovo presente e in crescita, come un’onda lenta che saliva, si stava facendo strada in me.

Non avevo più paura della morte in sé; in questo momento, avevo paura di non poter far affidamento su Jacob.

Il mio migliore amico.

Se lui mi avesse abbandonato… Non osavo pensarci.

Jake aggrottò le sopracciglia, confuso. Io gli premetti di più la mano sulla mia pancia, dritta contro la durezza del mio ventre.

“E’ troppo presto.” dissi “E’ troppo veloce. Non posso dirlo a nessuno, non posso dirlo a Charlie. Andare da un medico non servirebbe, è troppo duro. Non posso fare niente. Ma ti prego, ti prego dimmi che non sarò da sola.”

La confusione si trasformò in un’incerta incomprensione, poi in orrore.

“Non sapevo che fosse possibile.” continuai a blaterale, ormai avevo perso il filo di ogni cosa, volevo solo che lui capisse quanto bisogno avessi di lui “Non penso neppure che E-Edward lo sapesse. Avevo preso i sonniferi, io non mi rendevo conto, credevo fosse un sogno… Aveva detto di essere un sogno! E poi, e poi, ho iniziato ad avere incubi, e dormivo, e stavo male, e piangevo, oh Jacob, non so cosa fare, so solo che devo andare lontano e da sola non ce la posso fare…”

Jake aveva iniziato a tremare. Respirava forte, probabilmente cercando di mettere in ordine i propri pensieri, di giungere ad una decisione sensata.

“Mi ucciderà.” dissi infine “Mi sta bene, Jacob. Sono già scesa a patti con il fatto che morirò. Però non farmi morire sola. Ti prego.”

E poi, Jacob chiuse gli occhi e si immobilizzò.

Non mi era dato sapere cosa stesse pensando, ma, mentre i minuti passavano, mi calmai anch’io.

Era fatta. Avevo fatto tutto ciò che potevo: ora stava a lui.

Ti prego, pensai, ti prego, Jake.

Dopo un tempo fin troppo lungo, Jacob riaprì gli occhi. Aveva l’espressione più dura che gli avessi mai visto, persino più dura di quando avevamo visto Sam e la sua banda sugli scogli.

Mi si strinse il cuore. Stavolta ero io, era colpa mia se il mio sole si stava spegnendo. Eppure, non riuscivo a fare a meno di pregare perché non mi lasciasse.

“Dimmi che cosa devo fare e dove dobbiamo andare.” disse infine, e un enorme e immenso sollievo mi pervase, nonostante tutto il resto.

   
 
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