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Autore: NPC_Stories    27/02/2019    6 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1361 DR: Loto Blu


Daren riuscì a sgattaiolare lontano dalla radura, lungo uno dei viottoli principali che si dipanavano verso la periferia. Nessuna strada a Myth Dyraalis era davvero una strada, non come nelle città umane; non avrebbe potuto passarci un carro trainato da cavalli. Però le vie principali erano un po’ più spaziose e meglio battute dei sentieri secondari, e il drow aveva paura che negli anfratti più remoti avrebbe potuto inciampare in altre coppie di amanti, o perfino in ammucchiate più numerose. Alle sue spalle la musica allegra era cambiata in un ritmo più lento e ossessivo, affascinante, quasi seducente. Il drow sentì un brivido sul retro del collo e si tirò il cappuccio sulla testa, cercando di non dare nell’occhio.
Alla fine s’imbatté nelle uniche due persone che quella notte sembravano aver mantenuto la testa sulle spalle: Tazandil, il vecchio ranger capo che condivideva il suo disagio per le feste, e Amaryll, la ragazza elfa che gestiva il famigerato pub La Casa degli Scapoli. Con loro c’era anche un giovane elfo, non più un ragazzo ma un apprendista druido. Il giovanotto aveva le vesti mezze bruciate, da cui Daren intuì che avesse cercato di saltare oltre il fuoco, con scarso successo.
Amaryll lo afferrò per un braccio e lo trascinò con forza dentro il pub. Tazandil si congedò e si allontanò verso i confini della città, forse per evitare la festa o magari per evitare Daren. L’elfo scuro prese una decisione su due piedi e s’infiltrò nel pub dietro ai due giovani elfi.
Ricordava che Amaryll aveva un figlio, che ormai avrebbe dovuto avere poco più di settant’anni. Era il giovanotto con le vesti bruciate? Oppure quello era l’ultimo amante della locandiera?
“Siamo chiusi per stanotte, ma puoi trovare tutto il divertimento che vuoi all’aperto” gli consigliò Amaryll, sentendo che qualcuno era appena entrato.
“Ti prego, non tradirmi anche tu.” Sospirò il drow. “Tutte le persone che conosco sono ubriache o perse nell’estasi dei sensi. Non cacciarmi, cerco solo un posto dove nascondermi e aspettare che questa notte infernale scivoli via.”
L’elfa si voltò di scatto verso di lui, avendo riconosciuto la sua voce.
“Daren! Tu qui? Non mi aspettavo di vederti nella notte di Mezzestate.”
Lui non aveva mai versato una lacrima da quando era uscito dall’infanzia, nemmeno nei suoi momenti più bui e disperati, ma la frustrazione e l’impotenza di quella notte gli fecero venire voglia di rannicchiarsi in un angolo e piangere.
“Non voglio partecipare alla festa! Mi hanno costretto dicendo che sottrarmi sarebbe stato offensivo, ma non faccio altro che scappare da una parte all’altra per sfuggire alla gente che mi invita a ballare o… o a un altro tipo di danza. Non ne posso più. Ti prego, se mai ti sei reputata mia amica, dammi un posto dove potermi nascondere e magari un lettino per Jaylah” domandò, mostrando la bambina che ora se ne stava in braccio a lui tranquilla e mezza addormentata.
Amaryll strinse le labbra con forza cercando di non sorridere. Non era bello ridere delle disgrazie altrui, ma aveva sempre visto il drow come un guerriero tutto d’un pezzo e ignorava che potesse provare disagio per cose tanto triviali.
“D’accordo, resta pure. La cucina è chiusa, ma posso darti qualcosa da bere. E certamente la tua bambina avrà una stanza, non devi nemmeno chiederlo. Penso che un letto a misura di gnomo vada bene per lei.”
“Grazie. Non sai quanto ti sono grato.” Sospirò l’elfo scuro, appoggiandosi stancamente alla porta chiusa. “Non ti ho neanche salutata come si deve. Ben trovata, Amaryll. Ben trovato… Navar? Sei il giovane figlio di Amaryll, vero?”
Il ragazzo inizialmente non rispose, poi si passò una mano fra i capelli biondi e annuì, con aria pensierosa.
“Io ti ho già visto” azzardò, dopo un momento. “Penso che sia passato molto tempo, ma ricordo un elfo nero che aveva il tuo stesso sguardo.”
“Se già conosci il mio sguardo disperato, che poche persone al mondo possono raccontare di aver visto, è perché quando eri bambino mi hai fatto disperare. Ad un certo punto ho smesso di venire a Myth Dyraalis, e non dico che sia stato per colpa tua, ma certamente hai contribuito.”
“Oh…” Navar Enlee assunse un’aria mortificata, la stessa che indossava quando sua madre lo sgridava per qualcosa. Di solito non era sincero nei suoi pentimenti, ma questa volta sì. Quasi. “Mi dispiace, non ho molti ricordi dell’epoca. Che cosa ho fatto?”
“Avevi appena pochi anni più di Jaylah. Io devo aver catturato la tua immaginazione, o forse gli altri bambini ti avevano raccontato qualcosa. Facevi di tutto per attirare la mia attenzione, come se volessi impressionarmi con le tue imprese ardite. Come risultato, ti cacciavi sempre nei guai. Tua madre non mi ha mai mosso accuse, ma io mi sentivo responsabile per aver causato quel comportamento. Una volta ti sei lanciato da un ramo gridando che potevi levitare… se lady Merildil non ti avesse preso al volo ti saresti fatto male, anche se era un ramo basso. Da quel giorno ho deciso che non mi sarei più fatto vedere, così anche quando ero nella foresta mi sono sempre tenuto alla larga da questa città.”
Man mano che il drow raccontava, il viso del ragazzo si atteggiava sempre di più in una genuina espressione di orrore. “Ghiande, mi dispiace!” Esclamò, arrossendo. “Non era una tua responsabilità. Anche adesso continuo a fare cose pericolose. Sto studiando da druido, ma sono… mia madre dice che sono un’anima inquieta. La conoscenza che apprendo per bocca dei miei maestri non mi basta. Voglio scoprire cose nuove, nuovi paesaggi, nuove piante e animali, nuovi equilibri della natura. Voglio viaggiare, essere un druido esploratore. Non era per te che facevo il matto, tu eri solo il canale attraverso cui esprimevo la mia… frenesia, il mio desiderio di emozioni forti. Quindi, ti chiedo scusa.”
L’elfo scuro rimase molto colpito da quel discorso. Sì, forse Navar era ancora preso dal fervore dell’adolescenza, e continuava a riproporre sempre gli stessi comportamenti spericolati, ma almeno ne era consapevole.
“Non devi scusarti per ciò che hai fatto quando eri un bambino. Non con me. A quell’età ho fatto cose anche più folli.”
“Davvero?” Navar chinò la testa da un lato, con uno scintillio divertito nello sguardo. “Eppure una semplice festa ha il potere di turbarti?”
“Navar, adesso sei irrispettoso. Vai nella tua stanza!” S’intromise Amaryll.
“Ma mamma…”
“No, niente ma. Conosci le regole della Casa. Qui dentro nessuno viene giudicato, per nessun motivo. Alcune persone esagerano quando c’è un festeggiamento, altre persone odiano gli eccessi, sono preferenze personali su cui noi non mettiamo becco. Quindi prendi un po’ di unguento per le ustioni e vai in camera tua.”
“Non mi sono scottato, si sono solo bruciacchiate le vesti” protestò lui. “Non voglio andare a riposare. Voglio festeggiare! E non puoi giudicarmi, hai appena detto che è contro le regole.”
“Figlio mio, non ti sto giudicando” assicurò l’elfa, nel tono più conciliante che le riuscì. “Ti sto minacciando. Va' in camera tua o dirò al tuo druido istruttore di confinarti a pettinare licheni per un mese.”
Il ragazzo restò a bocca aperta e balbettò un tentativo di protesta, ma alla fine si eclissò su per le scale. Amaryll sospirò, restando ad ascoltare i passi del giovanotto sugli scalini. Stava facendo più rumore del dovuto, quindi era di cattivo umore.
“Ha settantacinque anni, benedetto ragazzo, e ancora si comporta come un adolescente” sbuffò.
“L’adolescenza per gli elfi può essere una faccenda lunga e turbolenta” commentò Daren, mentre faceva un confronto mentale con il popolo da cui proveniva. Tutti i drow che aveva conosciuto, comuni cittadini come lui, non avevano potuto permettersi il lusso di indulgere nell’adolescenza. Era una cosa rara, riservata ad alcuni nobili o ricchi rampolli, e comunque solo ai più fortunati fra i loro pari. Era confortante che tutti gli elfi di Superficie attraversassero l’adolescenza, era un segno del fatto che non dovevano preoccuparsi di crescere in fretta.
Amaryll arrossì leggermente, imbarazzata per essersi lasciata andare alle lamentele. “Non voglio annoiarti con i miei problemi. Vieni, ti mostro una stanza per la bambina.”
Le stanze erano tutte vuote, perché gli abitanti di Myth Dyraalis non avevano in previsione di dormire o di riposare, quella notte. Jaylah era già nel mondo dei sogni quando suo zio la sistemò in una cameretta per gnomi, al pianterreno.
“Che bambina tranquilla” commentò l’elfa, accarezzando i riccioli chiari della piccola. “Chi è la madre?”
Daren per un momento la guardò senza capire, poi realizzò dov’era il fraintendimento.
“Oh, non è mia figlia. È mia nipote. Sua madre è mia sorella, e Johel è suo padre.”
“Ah, ma certo! Che stupida, eppure avevo sentito le voci.” Bisbigliò l’elfa, mentre uscivano dalla stanza e si chiudevano la porta alle spalle. “Capisco perché non è con suo padre in questo momento, Johel ha sempre apprezzato molto la festa di Mezzestate.”
Daren andò a sedersi al bancone mentre l’elfa si sistemava al suo solito posto vicino agli scaffali dei liquori, di fronte a lui.
“Perché tu no, Amaryll?” domandò l’elfo scuro, appoggiandosi al piano di legno con entrambi i gomiti. La notte era giovane e aveva molto tempo da far passare. “Perché non sei fuori a divertirti con gli altri?”
L’elfa abbassò il capo e qualche ciocca dei suoi lunghi riccioli fulvi le cadde davanti al viso, dissimulando il suo rossore. “Mh… ero anch’io lì fuori, a dire il vero. Ma conosco Navar e sapevo che prima o poi avrebbe fatto qualcosa di stupido, quindi non mi sono lasciata andare ai festeggiamenti.”
“Il tuo è un lavoro duro” ridacchiò il drow “e non ti invidio!”
“Mi sono divertita abbastanza quando ero più giovane” sottolineò quelle parole con una scrollata di spalle. “In effetti, Navar è un figlio di Mezzestate. È per questo che non so chi sia il padre. In queste feste succede un po’ di tutto, ma i bambini concepiti in questa notte sono considerati figli della foresta. Non solo perché chiunque potrebbe esserne il padre, ma anche perché… a Mezzestate celebriamo la nostra origine fatata, il nostro retaggio ancestrale. Un tempo eravamo spiriti di Natura, e la nostra natura era selvaggia. Questi eccessi sono solo un tentativo di liberarci delle nostre sovrastrutture sociali. Assumiamo alcol e sostanze alteranti, non per stordirci, ma per tornare in contatto con alcuni sensi e percezioni che abbiamo perduto. Perfino la copulazione sfrenata è un modo per sperimentare quello stile di vita selvaggio, privo di regole, in cui vuoi qualcosa e la prendi.” Amaryll afferrò una bottiglia di liquore color del granato, la agitò un paio di volte facendo roteare il liquido che lasciò una patina rossa sul vetro, infine se ne versò un generoso bicchiere. “Forse non stiamo facendo una grande impressione su di te, ma… in realtà, non è che il divertimento sia del tutto senza regole. Ne restano sempre due, che ci rendono diversi dalle fate da cui discendiamo: la necessità del consenso, e il tabù dell’incesto. Ma tutto il resto è consentito.” Poggiò la bottiglia sul bancone e prima di richiuderla chiese al suo compagno di chiacchiere: “Vuoi dello sciroppo di melagrana? Non è molto alcolico, meno del vino elfico.”
“Grazie, ma no. Sembra troppo dolce per i miei gusti.” Poi gli venne in mente lo sguardo d'acciaio di Tazandil mentre gli ordinava di divertirsi. “Però se hai qualcosa di meno dolce, e di non troppo forte, lo prenderei volentieri. Per onorare le vostre tradizioni.”
Amaryll sorrise del suo goffo tentativo di integrarsi.
“Qualcosa di non troppo forte non è esattamente in linea con le nostre tradizioni” ridacchiò “ma apprezzo il tuo sforzo.”
“Mi dispiace” Daren si strinse nelle spalle. Non era davvero dispiaciuto, era solo una formula di rito. “In realtà sento il bisogno di ubriacarmi solo quando sono molto giù di morale, quindi nel mio animo gli alcolici non sono associati alla gioia e al lasciarsi andare al piacere. Sono solo un modo per ottundere i sensi quando la vita è troppo orrenda per essere tollerata. Posso anche bere per compagnia, ma senza esagerare.”
Il tono del tutto tranquillo con cui aveva raccontato quelle cose fece calare un velo di tristezza sul bar quasi vuoto. Amaryll capì, dal suo modo di esprimersi, che non voleva rovesciare su di lei i suoi problemi personali. Aveva raccontato una parte della sua vita che ai suoi occhi di guerriero, di drow, era così normale da non considerarla strana o troppo personale.
“Mi dispiace” tentò, sentendosi la gola secca. Buttò giù un altro sorso di sciroppo di melograno e si voltò verso gli scaffali per cercare una bevanda che rispondesse alle richiesta del suo unico cliente: non troppo dolce, non troppo alcolica. I suoi occhi si posarono su una bottiglia squadrata, che conteneva un liquido dal tenue colore blu, e un’idea cominciò a farsi strada nella sua mente. Afferrò la bottiglia, più leggera di quanto la sua forma facesse intendere, e si voltò di nuovo verso Daren. “Questo. Si chiama Loto Blu, è un liquore che gli gnomi importano commerciando con gli umani. Si dice che venga da oriente e che sia prodotto distillando la linfa e i petali di un fiore che cresce nell’acqua, e non dovrebbe essere troppo forte. Ha un sapore floreale, ma non è dolce come i liquori a base di frutta. Penso che faccia al caso tuo, a meno che ora tu non sia… giù di morale.”
Daren le rispose con un sorriso che però non si estendeva fino agli occhi.
“No. Sono a disagio per essere stato trascinato nei vostri festeggiamenti, e mi sento fuori posto, ma non sono triste. Una parte di me è lusingata che lord Fisdril mi abbia voluto qui, per costringermi a integrarmi.” Il suo sorriso di circostanza si trasformò lentamente in un sorriso sincero. “Il Loto Blu andrà benissimo.”
Amaryll rispose al sorriso e gli versò un generoso bicchiere di quella bevanda esotica. La bottiglia leggera e l’imboccatura larga facevano in modo che fosse facile versare più bevanda del dovuto, e questo lasciava intendere che non fosse rischioso esagerare con le dosi. I superalcolici, al contrario, erano sempre conservati in contenitori dal collo stretto.
“Temo di non essere capace di leggere il tuo umore.” Confessò, ma la sua voce era leggera. “Sei così musone che non capisco quando sei triste o quando sei solo infastidito.”
Daren sospettava che la bevanda leggermente alcolica dell’elfa avesse già iniziato a fare effetto su di lei. Di solito non gli parlava con tanta confidenza.
“Non sono musone, sono solo costantemente infastidito. Così, se mai tu dovessi chiederti… Daren è infastidito?, sappi che è sempre una risposta accettabile. Però raramente sono davvero triste. Solo quando succede qualcosa di brutto per colpa mia, o perché non sono riuscito ad evitare che accadesse.”
La giovane locandiera restò stranamente spiazzata a questa confessione. Abbandonò il suo bicchiere sul bancone e si chinò verso di lui, guardandolo come se fosse uno strano animale esotico. Era così vicina che lui poteva sentire il profumo dolce della melagrana nel suo respiro.
“Hai detto una cosa molto bella e molto triste” gli sussurrò “ma così… normale. Non pensavo che potessi dire una cosa così normale.”
Lui fissò gli occhi in quelli di lei, e vide che erano leggermente lucidi e fuori fuoco per colpa dell’alcol.
“Non capisco cosa intendi.”
“Intendo che chiunque sarebbe triste per queste cose. Pensavo che la tua tristezza fosse più… soprannaturale. Meno banale.”
L’elfo scuro non sapeva bene cosa pensare, ma invece di sentirsi offeso cominciava ad essere curioso.
“Uh… mi dispiace di essere banale?” Azzardò, incapace di trattenere un ghigno.
“Pensavo che la tua tristezza venisse dal fatto che sei drow.” Ammise lei, con sincerità disarmante.
Daren sbatté le palpebre un paio di volte, senza capire.
“Scusa ma non ti seguo.”
“Dai, sì, insomma… pensavo che fossi una nera creatura tormentata perché… perché sì. Scusa, non ci ho mai pensato per bene.”
Il drow adesso si sentiva un pochino offeso, ma anche molto divertito. Era di sicuro la cosa più stupida che avesse mai sentito sul suo conto. Le sue spalle vibrarono in un sussulto, e si accorse che gli era scappata una mezza risata. Amaryll gli rivolse uno sguardo offeso, e lui non riuscì più a resistere: nascose la testa fra le mani e cominciò a ridere.
“Perché ridi?” protestò lei, dandogli uno schiaffetto sul braccio.
“Oh! Sono una nera creatura tormentata!” Recitò lui, mettendosi una mano davanti alla fronte in una posa melodrammatica. “E non riesco nemmeno a inventare un motivo plausibile per cui dovrei esserlo, altrimenti lo metterei in scena con grande enfasi!”
“Non prendermi per i fondelli!” Protestò lei, un po’ risentita.
“La mia tristezza è banale” spiegò lui, tornando serio “perché ho appreso questo sentimento quando ho smesso di essere un esemplare modello di drow e sono diventato un po’ più simile a voi. La mia razza non conosce la tristezza, soltanto il vuoto e l’infelicità che comporta. Ma per conoscere la vera tristezza devi avere qualcosa da perdere. Devi conoscere l’amore, o averne almeno una vaga idea. Le due cose vanno insieme.”
Amaryll lo fissò come se lui le avesse appena aperto gli occhi su un mondo totalmente diverso.
“Quindi… per me la tristezza è banale ma per te no?” Azzardò, incerta su cosa pensare. Non aveva mai sospettato che il dolore potesse essere un sentimento positivo.
“Per me non è banale. Anzi, è una conquista. Non mi piace, ma mi ricorda che sono una persona vera.”
“E l’amore?” incalzò lei.
“L’amore cosa?”
“Quello lo conosci? Nessuno ti ha mai visto intrecciare un rapporto con qualcuno.”
Daren abbassò gli occhi. Il suo sguardo inciampò nel suo bicchiere di Loto Blu, ancora intoccato, e decise che era un buon momento per prendere un sorso.
Andò giù come acqua, anche perché il sapore non gli interessava veramente.
“Non intendevo per forza amore romantico.” Spiegò, un po’ infastidito. “Anche cose come la vera amicizia, o l’affetto per un parente, quelle sono forme di amore.”
“I drow non hanno nemmeno questo?”
“Men che meno questo. A volte, raramente, la passione fra due amanti può portare alla nascita di sentimenti. È una cosa molto pericolosa, e di solito muore molto prima di diventare amore, ma comunque è qualcosa. L’amicizia è più rara. L’affetto per un parente, è quasi impossibile.” La sua mano nera come l’ebano si alzò automaticamente ad accarezzare la tempia destra, dove una minuscola cicatrice, quasi invisibile, deturpava la sua pelle altrimenti liscia. “Quindi se vuoi che risponda alla tua domanda dovrai essere più specifica.”
Amaryll si chinò sul bancone, afferrò il bicchiere di Daren e glie lo portò alle labbra.
“Onora le nostre tradizioni.” Gli ordinò, inclinando il bicchiere verso la sua bocca. Il drow bevve un sorso, perché altrimenti si sarebbe versato il liquido sul mento e nel collo. “Non voglio che tu mi risponda. Non sono nessuno per chiedere.”

Il drow allontanò ogni pensiero dalla mente, mentre assaporava quell’insolita bevanda blu. Amaryll aveva ragione: non dava alla testa, e non era troppo dolce.
Aveva uno strano effetto. Sembrava che in qualche modo affinasse i suoi sensi, anziché ovattarli. Il primo bicchiere andò giù come una tazza di tè freddo, senza alcun effetto collaterale. Anzi, si accorse Daren, aveva quasi la sensazione di riuscire a pensare meglio. Non solo i suoi sensi si erano acuiti; i suoi ragionamenti si erano fatti più svelti, più arditi, e perfino i suoi riflessi erano più rapidi. Anziché un alcolico, gli sembrava di aver appena bevuto una brocca di caffè. Daren era un drow, quindi era abituato ai sapori amari e non aveva problemi con il caffè, ma questa bevanda delicata gli piaceva molto di più.
“Ne vorrei un altro bicchiere!” Esclamò, con forse un po’ troppa enfasi, poggiando una manciata di monete d’oro sul bancone.
Amaryll, che era ormai al quarto calice di sciroppo color granato, fece aleggiare lo sguardo su quelle monete come se non riuscisse bene a metterle a fuoco.
“Non… non devi pagare.”
“Ah no? Sei una pessima locandiera.”
“E tu sei un pessimo drow.” Ritorse lei, agitando un dito in segno di ammonimento, ma per scherzo.
“So che ti ho delusa perché non ho una nera anima tormentata” decise di stare al gioco e si mise anche una mano sul cuore “ma saresti così buona da perdonarmi e versarmi un altro bicchiere?”
Amaryll ridacchiò, afferrò la bottiglia di Loto Blu a due mani e cercò di versarne un po’ nel bicchiere di Daren. Riuscì a completare il suo compito senza fare troppi danni.
Più tardi, con il terzo bicchiere non fu altrettanto fortunata. Il primo sorso cadde sul bancone e lei richiuse la bottiglia di scatto, mormorando “Ooops!”, poi scoppiò a ridere.
“Hai bevuto troppo, Amaryll” sospirò lui, che si sentiva ancora perfettamente lucido.
“Puoi... puoi chiamarmi Amyl. Gli amici mi chiamano Amyl.” Gli concesse la ragazza.
“Amyl” ripeté lui, rigirandosi la parola in bocca come una caramella. Gli piaceva come suonava. “Ti aiuto io a versare, Amyl”
Poggiò le mani su quelle dell’elfa e guidò i suoi gesti, perché lei non voleva lasciar andare la bottiglia. Insieme tolsero il tappo di vetro, ma tenendo le dita sottili dell’elfa fra le sue, Daren cominciò a pensare sempre meno al Loto Blu, e sempre più alla sensazione di quella pelle chiara e tiepida sotto i suoi palmi.
Amaryll era una locandiera e le sue erano dita da lavoratrice. Le mani avevano i calli di chi usa ogni giorno una ramazza, la pelle era screpolata perché stava spesso immersa nell’acqua, ma il drow era un guerriero e le sue mani conoscevano i calli della spada. Al confronto, la pelle della ragazza gli sembrava di seta.
L'elfa si avvicinò a lui, come per capire cosa stesse guardando di così interessante, e lui divenne acutamente consapevole del suo profumo. Il fatto che i suoi sensi fossero acutizzati dall’alcol aveva un effetto collaterale, e presto si rese conto che forse non era lucido come pensava. Stava cominciando a covare pensieri che non erano proprio tipici di lui.
“Grazie per… l’aiuto” biascicò lei, con aria confusa “forse ho bevuto troppo.”
“Forse dovresti andare a letto” le suggerì lui, cercando di recuperare un po’ di contegno. “Non devi stare sveglia solo perché ci sono io.”
“Hm. Sì, forse. Ma...” lei si guardò intorno, un po’ sperduta. “Puoi… accompagnarmi nella…?” Amaryll indicò vagamente la porta sul retro del bar, che conduceva alle camere. Daren capì che intendeva Nella mia stanza.
L’elfa era davvero troppo instabile per poter camminare e lui capì che avrebbe dovuto sorreggerla. Se fosse stato in sé, se si fosse reso conto che in quel momento non era lucido, avrebbe avuto paura delle conseguenze. Invece tutto quello che riuscì a pensare era che si sentiva stranamente contento di doverla prendere fra le braccia.
Amaryll riuscì a guidarlo fino alla sua stanza, anche se prima sbagliò a indicare la porta un paio di volte. La camera della ragazza era al pianterreno per motivi di praticità, e meno male, perché non sarebbero riusciti a fare le scale.
Il drow la accompagnò fino al letto. Quando lei si lasciò cadere sul materasso, lui provò un acuto senso di fastidio perché quella creatura calda e profumata non era più appoggiata contro di lui. Non riuscì a lasciare andare la sua mano. Lei se ne accorse, guardò le dita nere ancora chiuse intorno al suo polso come se non capisse bene quel gesto. Poi la sua altra mano si posò su quella di Daren e lo tirò leggermente verso di sé, per invitarlo a restare.
Un momento dopo si stavano baciando. Nessuno dei due sapeva come fosse successo, ma nessuno dei due voleva che finisse.

     

   
 
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