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Autore: VenoM_S    02/03/2019    1 recensioni
Alcuni dicono che essere un cucciolo sia la cosa migliore del mondo. Un cane non ha pensieri, un cane non deve lavorare, ad un cane non interessano i soldi o le belle case, ad un cane serve solo amore, buon cibo ed un comodo cuscino dove dormire.
Eppure Charlie non si sentiva affatto il più fortunato del mondo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al "COWT" di Lande di Fandom
Settimana: terza
Missione: M2
Prompt:
Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. (Giancarlo De Cataldo, Romanzo Criminale)
N° parole: 1717

 

Chi è il vero animale?
 

Alcuni dicono che essere un cucciolo sia la cosa migliore del mondo. Un cane non ha pensieri, un cane non deve lavorare, ad un cane non interessano i soldi o le belle case, ad un cane serve solo amore, buon cibo ed un comodo cuscino dove dormire.
Eppure Charlie, nascosto tra le due grosse macchine sul ciglio della strada, acquattato più che poteva e con la testa nascosta tra le zampe mentre aspettava il prossimo colpo, non si sentiva affatto il più fortunato del mondo.

Non che se lo fosse sempre aspettato, di finire così, perché all'inizio le cose sembravano andare per il meglio. Aveva una mamma amorevole, tanto buon latte, cinque fratelli con cui giocare a “mordi e fuggi” e due umani che dispensavano coccole e grattini quando ne sentivano il bisogno.
Poi però era arrivato il momento dei saluti, in quella casa erano davvero troppi e uno ad uno i suoi fratelli avevano iniziato ad essere portati via. La mamma ogni volta lo consola a dai suoi striduli guariti di tristezza dicendogli che sarebbero andati tutti in una nuova famiglia in cui tutti erano buoni, proprio come la loro, perché lei conosceva solo famiglie così. Quando poi venne il suo turno, un uomo grosso con una corta barba lo aveva preso in braccio, tenendolo sospeso per aria qualche secondo.
Lui aveva scodinzolato un po’, ed aveva cercato di leccargli il naso per dimostrare la sua dolcezza.
«Risparmia le smancerie per mia moglie, è lei che vuole un cane» aveva detto lui, con una strana smorfia sul viso.
Il viaggio fino alla sua nuova casa era stato strano ed un po’ spaventoso,  lo avevano infilato in una strana cassa in plastica con tanti forellini sul davanti messa accanto all'uomo grosso, e da lì in poi non era riuscito a vedere più niente, mentre sentiva tanti rumori diversi, un sacco di sbatacchiamenti a destra e a sinistra, e qualche urlo che l’uomo lanciava contro chissà chi. Tutto quel movimento non era piaciuto al suo stomaco, e poco prima che il viaggio finisse Charlie non aveva potuto fare a meno di rimettere. Una volta fermi aveva atteso con impazienza di essere tirato fuori da lì, scodinzolando a più non posso, ma l'espressione dell'uomo grosso alla vista di quel che aveva combinato era diventata strana e brutta. Aveva sospirato forte, afferrando la scatola di plastica con rabbia e sbatacchiandolo ancora di più, poi era entrato in casa dove una donna era seduta su un divano, e lo aveva lasciato là davanti.
«Eccolo qua, adesso lo schifo che ha fatto lo pulisci tu»

La donna era forse l'unica cosa bella della sua vita, dopo la sua mamma e la famiglia in cui era nato. Era minuta, con lunghi capelli biondi, mani belle e morbide e gli occhi blu che lo guardavano sempre con dolcezza, anche se Charlie ci vedeva spesso dell’altro. Tristezza, forse, o rassegnazione.
L’uomo grosso, invece, lo odiava ed aveva imparato ad averne paura. Non aveva avuto parole di conforto per lui già dalla prima notte, quando si era ritrovato solo in un posto sconosciuto, al buio, circondato nella sua mente di cucciolo da chissà quali mostri. Aveva provato a piangere un po’, perché con la sua mamma funzionava sempre, ma invece di dolcezza aveva ricevuto uno strillo ed un colpo sul sedere, mentre la donna minuta lo guardava sconsolata. Poi nel tempo erano venuti altri colpi, sulla testa, sul corpo, con le mani o con un piccolo ma duro bastone. Eppure lui ci provava davvero a trattenere la pipì, faceva tutto ciò che era nelle sue possibilità ma piccolo com'era la sua forza di volontà era ancora poca e qualche incidente non era riuscito ad evitarlo.
Ogni volta l’uomo si arrabbiava di più, prima con lui e poi con la donna minuta, diceva loro di essere uguali, ugualmente incapaci di stare al mondo.
Dopo poco tempo, complice forse qualche morso di troppo alle gambe del tavolo, era venuto il balcone. L’uomo lo aveva prima picchiato mettendogli il muso davanti al suo danno, e poi lo aveva sbattuto fuori, senza una cuccia né una coperta, con la sola ciotola dell'acqua a fargli compagnia. La donna aveva provato a chiedergli di farlo tornare dentro, ma lui se l’era presa anche con lei.
«Vuoi quello stramaledetto cane? I patti allora sono questi, vive in balcone e poi tu lo porti a spasso, e se la cosa non ti piace puoi sempre dormire lì con lui» le aveva detto con tono sempre più cattivo.
Le settimane da lì in poi passarono tutte uguali, diventando mesi. Durante le loro uscite la donna lo coccolava sempre, gli parlava in modo dolce e lo faceva giocare anche se per poco, ma a Charlie quella vita stava stretta e ormai da qualche tempo aveva deciso di fuggire.

L’occasione perfetta si presentò una mattina, quando la donna lo stava portando a spasso. Ultimamente aveva mangiato poco ed era dimagrito un po’, quindi il collare gli andava più largo e sentiva di poterselo sfilare senza troppo sforzo. Fu proprio quando stavano per tornare, prima di attraversare la strada trafficata, che colse l'opportunità mettendosi a tirare all'indietro finché non fu libero, iniziando poi a correre a più non posso senza nemmeno sapere dove, seguendo il vento e gli odori. A nulla valsero le grida della donna minuta, per cui gli dispiaceva certo, ma non poteva più vivere in quel modo. Quando credette di essere abbastanza lontano, Charlie si fermò ad osservare cosa aveva intorno, cercando di orientarsi. C'era un grande parco alla sua destra, un'ampia distesa d’erba e aiuole fiorite, mentre a sinistra oltre la strada la via era puntellata di negozi e ristoranti. L’odore nell'aria era buono ed invitante, ed il cagnolino si convinse che forse sarebbe potuto restare lì qualche giorno in attesa di decidere dove andare.

Ma non sempre i piano riescono, e quello di Charlie ebbe una brusca interruzione solo qualche ora dopo, quando due ragazzi che passeggiavano per il parco lo videro, piccolo e solo mentre si aggirava sul marciapiede.
«Ma quello è un cucciolo! Ti sei smarrito tesoro? Vieni qui»  disse lei abbassandosi e chiamandolo dolcemente. Charlie, il cui animo da cucciolone amichevole non si era mai spento, corse verso di lei scodinzolando, leccandole la mano e facendo le feste più che poteva, mentre la ragazza ridacchiava ricambiando con piccole carezze. Pensava che quella potesse essere una buona via d'uscita dalla sua vita triste, e si impegnò più possibile per apparire perfetto. I due si dissero qualcosa che Charlie non capì, poi il ragazzo lo prese in braccio e si incamminarono di nuovo sulla strada. Contro la morbidezza di quei vestiti, sentendo il calore di un corpo contro il suo, le risate dei due ragazzi e un senso di protezione del tutto nuovo, Charlie non poté fare a meno di addormentarsi.

Il risveglio fu piuttosto brusco, il cagnolino sentì infatti qualcosa di duro e freddo sotto di sé che lo fece rabbrividire. Sbadigliò guardandosi intorno, accorgendosi che era già stato in un posto simile tempo prima, quando era ancora con la sua mamma ed i suoi fratelli. I due ragazzi lo guardavano tranquilli, mentre un uomo vestito di bianco che odorava di disinfettante lo toccava un po’ dappertutto, spostandogli sul collo uno strano aggeggio bianco di plastica, che dopo alcuni istanti si mise ad emettere un suono stridulo e fastidioso.
«Siamo fortunati, questo piccoletto ha il microchip! Dovreste riportarlo alla sua famiglia, magari si è smarrito da tanto, magro com’è!» disse l’uomo in bianco sorridendo, spostandosi alla sua scrivania e digitando freneticamente sui tasti del portatile.
Riportarlo alla sua famiglia? Non era proprio quel che Charlie si era aspettato dalla sua rocambolesca fuga. Cercò di farlo capire in ogni modo alla coppia, cercò di essere buono con loro, affettuoso quanto poteva per cercare di convincerli a tenerlo, si divincolò come un matto quando giunsero infine davanti alla porta della sua vecchia casa, abbaiando perfino, ma nulla sembrò convincerli abbastanza, ed anzi la sua impressione fu che i due prendessero tutta quell’agitazione per impazienza di rivedere i suoi umani.

Quando l’uomo grosso aprì la porta, la sua espressione mutò almeno un paio di volte alla sua vista. Prima interrogativa, poi quasi furente ed infine, posando gli occhi sulla coppia, divenne in qualche modo dolce e accondiscendente mentre li ringraziava come non mai per aver riportato a casa quel cucciolo smarrito, che sua moglie aveva cercato tanto disperata. I ragazzi, convinti della loro buona azione, diedero un’ultima carezza a Charlie prima di lasciarlo tra le braccia dell’uomo, salutando con la mano e rientrando in macchina.
In un primo momento, sembrò quasi che la situazione fosse tranquilla, l’uomo teneva ancora Charlie in braccio con espressione placida osservando la macchina partire. In un momento, poi, tutto cambiò, il suo volto si contrasse in una smorfia rabbiosa mentre prendeva il cucciolo per la collottola tirandolo in alto sopra di sé, urlandogli contro la sua rabbia per la fuga. A nulla valsero i guaiti di Charlie, se non a convincere l’uomo a scaraventarlo a terra senza un minimo di riguardo.
«Stavolta ti concio per le feste, imparerai poi a scappare!»
Il terrore si impossessò di Charlie, mentre l’uomo prendeva il bastone e gli assestava il primo colpo sulla schiena.
«Aspetta, ti prego!» sentì poi una voce provenire da poco dietro l’uomo, flebile come un sospiro. Ma tanto bastò per fargli notare, in quell’attimo di distrazione, la porta di casa lasciata ancora aperta, e ad infilarsi fuori disperato nascondendosi poi tra due macchine parcheggiate. Nascose il muso tra le zampe, disperato, convinto che non sarebbe mai finita, troppo impaurito e dolorante per muoversi ancora.
Ma quel colpo non arrivò mai.

Sentì invece un forte rumore di freni, un clacson che suonava impazzito ed un tonfo sordo, seguito dal grido strozzato dell’uomo grosso che veniva sbalzato via da una macchina mentre attraversava la strada per inseguirlo, il bastone ancora in mano.  
Quello che venne dopo fu molto caotico, tra grida disperate, tentativi di spiegazione, telefonate e un forte suono cantilenante che si avvicinava sempre di più accompagnato da una luce accecante.
Ma Charlie non si fermò ad ascoltare tutto questo, l’unica cosa che fece fu fuggire più lontano possibile, stavolta senza fermarsi, sperando che magari in un luogo più lontano di quello avrebbe finalmente avuto la seconda possibilità che meritava.


[Probabilmente non è la storia meglio scritta del mondo, ma hei ogni storia di senso copiuto conta per il COWT! XD Spero comunque sia apprezzabile alla lettura, anche se il finale non mi ha convinta fino in fondo!]
  
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