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Autore: Enchalott    05/03/2019    3 recensioni
La vicenda si colloca all'incirca un mese dopo il termine del Budokai Uchuichi che, come sgradevole effetto collaterale, ha concesso a Frieza la resurrezione. Chiaramente, il tiranno si riorganizza e attacca la Terra come aveva meditato. Goku e Vegeta si fondono con i potara per fargli passare i bollenti spiriti, cacciandolo via con ignominia, ma... la fusione non si scinde!
"Vegett puntò lo sguardo intenso al cielo, distogliendo l’attenzione da… ehm, sua… moglie? Aveva percepito una riconoscibile energia spirituale in rapido avvicinamento. Nei suoi occhi a mandorla balenò un lampo di speranzosa aspettativa.
Accettare la fusione con il suo rivale era stata una causa di forza maggiore, altrimenti non ci avrebbe pensato neppure. Se l’era fatta andare a genio perché diventare tanto potente era una sensazione fantastica. Prendere a calci il suo avversario, poi, era ancora più soddisfacente. Era un Saiyan autentico e incredibilmente individualista nei combattimenti: una caratteristica comune a entrambe le sue personalità. Forse era per quello che gli riusciva così bene combinarle. Anzi, no. Non avrebbe affatto dovuto pensarlo, maledizione! Non ci teneva certo a restare con… lui! Così non avrebbe potuto superarlo come desiderava! Digrignò i denti, estremamente seccato".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta, Vegeth | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Impasse

Chichi e Bulma si guardarono, in apprensione, non sapendo come introdurre almeno uno dei mille discorsi che avrebbero voluto sicuramente incominciare.
La giovane orientale chiuse con un paio di sapienti nodi il furoshiki verde con motivi a spirale che si era portata dietro e se lo caricò in spalla.
“Sapevo che prima o poi sarebbe finita così” commentò, incredibilmente remissiva “A furia di tentare tutte quelle stupide mosse, balletti alieni e di combattere ogni volta a tutti i costi… Anzi, ogni tanto mi chiedo come tu possa essere ancora vivo, Goku… Non che tu non sia mai morto…”
“Vegett, per la verità” corresse il Saiyan con un’espressione tra il timido e il pignolo.
“Appunto” ribatté lei lapidaria “E’ per questo che non ho mai voluto che i nostri figli si allenassero e seguissero la tua strada. Ho torto, forse, nel sostenere questo… dato che hai salvato la Terra in infinite occasioni. Ma ho ragione, se la prospettiva che considero è quella difronte alla quale ci troviamo ora. Hai idea di come ci sentiamo Bulma ed io? Non sei mio marito e non sei neanche Vegeta. Eppure sei entrambi. Chi di noi due, nella tua testa, è tua moglie, qual è la tua casa? Che cosa dobbiamo fare ora con te?”
La scienziata fissò l’amica, che stava dando voce anche ai suoi pensieri, senza riuscire a intervenire. Avvertì un’insopportabile pena al cuore, quando intravide nei suoi occhi corrucciati brillare le lacrime. Non era la rabbia a causare a Chichi, solitamente severa e irascibile, un’insolita voglia di piangere. Era la disperata rassegnazione di chi si vede ingiustamente strappare un affetto, pur senza perderlo. Per la centesima volta in una sola vita.
Vegett ascoltò con attenzione lo sfogo della donna ed esitò.
“Non sarà per sempre” valutò, cercando di mantenere un tono piatto “Non pensare che io, che noi, siamo contenti di ciò” aggiunse, afferrando la stoffa blu della parte superiore della sua dogi ad indicare il sé “Vedi, io non ti so rispondere. Mi dispiace, ma non ho proprio idea di che cosa sia giusto fare”.
Bulma lo seguì con lo sguardo, mentre passeggiava nervosamente per la terrazza in cerca di una soluzione che non fosse offensiva per nessuna di loro. Vide la sua espressione travagliata mutare in un sorriso, istantaneamente, come un raggio di sole spuntato in una giornata uggiosa.
“Però possiedo la trasmissione istantanea!” esclamò il guerriero con soddisfazione “Quindi, qualora ci sia bisogno di me, arriverei all’istante… qui o sui Monti Paoz!”
Chichi lo puntò, incupendosi. Poi quell’aria fosca si spezzò, mutando in angoscia: girò il viso e s’incamminò lentamente, ma con decisione verso l’uscita.
“Aspetta! Dove stai andando?” domandò il guerriero, spiazzato dall’atto.
Lei si fermò, senza voltarsi.
“Il teletrasporto, eh?” ripeté con un filo di voce.
“Certamente!”
“E arriveresti subito in caso di necessità?”
“All’istante”.
“Sarebbe la prima volta, Goku” sentenziò “Non l’hai mai fatto in vita tua. Perciò, se parli così, sapendo che per i Saiyan le promesse sono sacre, non puoi essere mio marito. Dunque, fa’ ciò che vuoi, Vegett. Ma non tornare a casa finché non sarai nuovamente l’uomo che ho sposato!”.
Uscì senza aggiungere altro, sbattendo violentemente la porta.
Il Saiyan abbassò lentamente la mano che aveva teso verso l’uscio, che non si riaprì. Ringhiò qualcosa tra i denti e poi si passò le dita tra i folti capelli corvini, luccicanti di riflessi porpora, scostandosi il ciuffo dalla fronte.
“Le passerà?” borbottò a bassa voce.
“Non credo” rispose Bulma con sicurezza.
Lui si voltò.
“Anche tu sei arrabbiata?”
“No” replicò lei con un sospiro “E neppure Chichi lo è. Non come pensi tu. Ah, voi Saiyan… fusi o presi singolarmente non arrivate a capire quanta sofferenza risiede nella donna che vi attende, senza sapere se riuscirà a riabbracciarvi o se potrà soltanto piangervi. In questo caso, è impossibile rassegnarsi. Siete entrambi qui, in persona, ma è esattamente come se vi avessimo perduto. E’ un peso intollerabile anche per una persona forte come Chichi”.
Vegett strinse le palpebre.
Chi! Capire, eh…” mormorò furente, serrando i pugni lungo il corpo “Capisco benissimo invece!!”
La fissò con quegli occhi a mandorla, nerissimi e terribilmente espressivi, ribollendo di infinite sensazioni che non era in grado di esprimere a parole. Emozioni viscerali di differente provenienza gli si riversarono nel cuore, intasandosi come in un’apertura a imbuto. Una profonda ruga verticale gli si disegnò tra le sopracciglia, conferendogli un aspetto malinconico e lacerato dal contrasto interiore.
Bulma si sentì avvampare difronte a quello sguardo e le mancò il fiato.
“Vegeta…” sussurrò, appena udibile, mentre le lacrime salivano impietosamente.
Lui si avvicinò, rapido come il pensiero e le afferrò i polsi.
“Vegett! Io sono Vegett, nient’altro!” gridò sconfortato, guardandola piangere e percependo in sé un dolore altrettanto profondo “Io non sono Vegeta! Io non posso… non posso…”
La abbracciò forte, cingendola tra le braccia e dominandosi a stento, ricevendo in cambio una stretta parimenti calorosa e urgente. Un legame che lottava per uscire dalla sfera del fraterno, ma che avrebbe dovuto restare lì confinato.
“Io non posso che questo!” esalò con rabbia.
“Va bene…” mormorò lei con la voce rotta da quell’emozione potentissima “Va bene così, Vegett… Tu sei l’uomo che amo. E il mio più caro amico. Va bene così”.
“Lo sei anche tu per me. Ma non va bene così. Non va bene per niente” concluse lui.
 
Era trascorsa un’altra settimana. Chichi non si era più fatta sentire, dopo che Bulma l’aveva chiamata per accertarsi che fosse arrivata a casa senza inconvenienti. La capiva. Mai come in quel momento si riteneva a lei affine. Tuttavia, erano due caratteri completamente diversi.
La scelta di tornare tra i monti che l’amica aveva drasticamente compiuto era un tentativo di ritrovare il proprio equilibrio interiore. In quel luogo sperduto e immerso nella natura c’era tutta la sua vita da quando aveva sposato Goku. Lì l’aveva pianto, per poi ritrovarlo e perderlo ancora, aveva messo al mondo i suoi figli e lo aveva visto diventare praticamente una divinità. Era il suo centro. Attendere là, tra i monti Paoz, le garantiva la speranza di poter ricominciare da capo, quello era il nucleo da cui attingere la forza necessaria per sopravvivere. E poi aveva Goten a cui pensare.
Bulma guardò il giovanissimo Saiyan e il suo Trunks ingaggiare battaglia con Vegett a mezz’aria, sopra il giardino della Capsule Corporation. Se non altro, c’erano situazioni certe e immutabili.
Sorrise a quello scontro amichevole e prese Bra dal passeggino, aggiustandole gli sbarazzini codini azzurri. La bambina tese le braccia al cielo e, solo in quel momento, la donna realizzò che Vegett era sceso silenziosamente al suolo, a un passo da lei.
“Allora, Bra, vuoi volare un po’?” domandò il guerriero, sollevandola in alto “Vuoi fare come il tuo papà?”
La piccola gorgheggiò felice, aggrappandosi alla maglietta arancione dell’uomo. Lui la issò su una mano e iniziò a farla giocare, dimenandola in aria.
“Ma che fai!?” esclamò Bulma angosciata, vedendo la figlia oscillare pericolosamente nel vuoto “Lei non sa volare, sei ammattito?!”
“Lo farà presto, vedrai” rispose lui senza scomporsi “Anche a Pan piace giocare così… loro sono femminucce, ma sono di sangue saiyan, non dimenticarlo”.
La ragazza rimase un attimo interdetta. Poi si riprese.
“Volerà al momento giusto, mettila giù! Se cade si fa male, Saiyan o meno!”
Vegett si voltò a guardarla e il suo sorriso furbo si fece più enigmatico e intenso.
“Ci sono io, Bulma…” affermò con calma.
Le sue iridi erano due carboni ardenti e quell’espressione… quella la trapassò come uno strale infuocato, strappandole la facoltà di favella. Rimase ferma a guardarlo, con la bimba tra le braccia e quell’aspetto quieto e deciso sul viso.
“I-io…” balbettò incerta.
No, si disse. No! No, insistette con se stessa. Lui è Vegett. Si forzò in un’altra direzione e ce la mise tutta per stornare i pensieri da quella strada impercorribile. Lui non è mio marito, ma certo… si vede a occhio. E’ una spanna buona più alto di lui e si comporta in un modo assurdo! Vegeta non farebbe mai il buffone per far ridere sua figlia. Lui le insegnerebbe a volare e… oh, stelle, sì invece, farebbe lo stesso gesto, l’ha usato anche con Trunks, me lo ricordo benissimo! Però questo non cambia nulla, si vede chiaramente che in lui c’è anche Goku e certe volte è più lui e… no. A chi la voglio raccontare? E’ Vegeta che io vedo in ogni suo movimento, in ogni suo respiro. In quegli occhi, che non hanno mai smesso di farmi innamorare, in quell’essenza feroce e assorta che è solo sua, in quell’uomo che non è il mio. E io non so davvero dove sbattere la testa… così non posso continuare, impazzirò, lo sento! Io non…
“Bulma…?” chiamò il guerriero, vedendola tanto sconvolta.
Seduta sulle sue spalle, Bra giocava con la sua chioma ribelle, ignara del fatto che in generale è meglio non toccare i capelli di un Saiyan.
La scienziata tornò padrona di sé, scusandosi e facendo segno al figlio maggiore di scendere giù. Trunks atterrò, tallonato da Goten.
“Porta tua sorella dalla nonna, tesoro” gli disse gentilmente “Sono sicura che ha preparato la merenda per tutti”
“Evviva!” strillò il ragazzino, spingendo a tutta velocità il passeggino sul vialetto di casa “Si mangia!”
“Mmmh, quello non è rischioso?” commentò Vegett con un sogghigno, incrociando le braccia sul petto e osservando la gimkana improvvisata.
“Voi Saiyan…” sospirò lei rassegnata.
“Per me non c’è nulla da mettere sotto i denti? L’allenamento con i ragazzi mi ha messo appetito” considerò il guerriero, stiracchiandosi le membra.
“Vieni…” gli disse Bulma, prendendolo sottobraccio “Il nostro spuntino è nel patio sul laghetto oggi”.
“Ottima scelta”
 
Percorsero il sentiero lastricato che portava alla piccola distesa d’acqua artificiale e si sedettero sulla panchina di pietra ivi prospiciente.
La ragazza stese un telo da pic-nic sull’erba curata, imbandì le portate e versò il tè verde nelle tazze di ceramica.
“Speriamo che il profumo non attiri Lord Beerus!” sghignazzò Vegett, brandendo le sue hashi sul piatto colmo.
“Già…” fece lei distratta.
Il Saiyan la fissò e si incupì. La conosceva bene. La conosceva da una vita e la vita con lei l’aveva sempre condivisa, in ogni sua forma. Qualcosa non quadrava.
“Se ti stai domandando il motivo per cui non sono partito per il pianeta dell’Hakaishin, è perché mi sento già sufficientemente in colpa così. Non voglio rinunciare al mio allenamento, ma non voglio rinunciare neppure a te… a voi… dannazione! Non riesco neanche più ad esprimere quello che penso!”
Lei scosse la testa.
“Non ti devi giustificare, non è colpa tua. Vedi, io mi sento totalmente inerme difronte a questo. Lo so che devo avere pazienza e attendere il tempo necessario, ma… non credo di essere in grado di farlo. La calma non è mai stata tra le mie doti, lo sai…”
Vegett posò a terra il vassoio e accarezzò il lago con uno sguardo perso.
“Anch’io mi sento impotente e non riesco a tollerarlo” ammise “Quanto all’essere remissivo… puah!”
Si girò nella sua direzione, incrociando le gambe e poggiando le mani sulle ginocchia.
“Quindi… dimmi che cosa devo fare, Bulma. Io lo farò”.
La scienziata ricambiò lo sguardo, esitando. Poi si decise.
“Baciami…”
“C-cosa?”
“Tu… sei Vegeta. Senza di te non posso stare. Io ti amo… ti desidero talmente tanto da scoppiare, perciò ti prego, baciami. Tu… lui lo faceva sempre e so che la sua vita in te sta fremendo per dirmi di sì. Ma sono sicura che si starà anche alterando, perché sei parimenti Goku e mio marito è incredibilmente geloso. Sono conscia del fatto che non dovrei chiedere al te che è il mio più caro amico questo, ma penso anche che Goku non si offenderà, leggendo il bacio che ti chiedo come un semplice gesto di affetto. Vegett… ti supplico, fa’ che Vegeta mi baci con tutto l’amore che possiede e che Goku mi abbracci come un fratello. Se ciò è possibile, allora…”
La voce le mancò.
Il Saiyan la fissò, stringendo spasmodicamente i pugni.
   
 
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