Capitolo
6
-
Francis? Francis dove ti sei cacciato? –
La
voce di suo padre risuonò nel silenzio del giardino di casa
loro mentre l’uomo
rientrava dal lavoro e perlustrava l’area con lo sguardo alla
ricerca del
maggiore dei suoi figli.
-
Sono sul retro – replicò con uno sbuffo al
pensiero che suo padre non avrebbe
mai smesso di chiamarlo in quel modo. Dannate tradizioni familiari.
Sorrise
pensando a quello che avrebbe detto sua madre se l’avesse
sentito imprecare in
quel modo. I bambini di otto anni dovevano avere un linguaggio educato,
gli
ripeteva sempre, c’era tutta la vita per diventare adulti e
parlare come uno di
loro.
-
Ancora davanti a quel sacco? Hai fatto i tuoi compiti almeno prima di
cominciare ad allenarti? –
Annuì
mentre metteva da parte la sua attrezzatura, riponendola con cura
maniacale
nell’armadietto che suo padre gli aveva concesso per tenere i
guantoni, le
fasce e tutto il resto.
Sua
madre non approvava, lo riteneva un passatempo troppo violento, ma lui
voleva
diventare un Auror proprio come il padre e tanto valeva cominciare ad
addestrarsi fin da subito.
-
Ho studiato tutto quello che abbiamo fatto a scuola -,
confermò ricevendo in
risposta un buffetto affettuoso sulla guancia, - e non mi sono allenato
poi
così tanto … ho ancora molta strada da fare prima
di diventare forte come te,
papà. –
-
Già, ma fino a quel momento rispettiamo l’orario
di cena oppure tua madre farà
la ramanzina sia a te che a me. –
Quando
la porta della sua camera venne aperta lentamente, seguita da un rumore
di
piedi che avanzavano nell’oscurità, seppe
già di chi si trattava senza alcun
bisogno di accendere la luce. C’era solo una persona che si
rifugiava da lui
quando aveva un incubo, la sua sorellina.
-
Farrah? –
-
Sì, sono io -, confermò la vocina della bambina
di cinque anni, - posso venire
a dormire con te? Ho fatto un brutto sogno e non riesco più
a dormire. –
Scostò
il piumone e si spostò per darle modo di rannicchiarsi
accanto a lui.
-
Coraggio, scimmietta, vieni qui. –
Farrah
l’abbracciò stretto, sistemando
l’immancabile Mr Orso vicino a lei, e posò il
capo sulla sua spalla.
-
Devi partire per forza per Hogwarts? –
-
Ne abbiamo già parlato, quando avrai undici anni
toccherà anche a te, tutti i
maghi e le streghe devono andare a scuola. Quando mi sarò
diplomato sarò
abbastanza in gamba da poter proteggere te e quegli altri due
scalmanati, non
sei contenta? –
-
Lo fai già. –
Era
vero.
Frank
era tremendamente protettivo con i tre piccoli di casa, difendendoli a
spada
tratta ogni volta che i loro compagni di scuola o i figli dei vicini li
prendevano di mira e provavano a fare loro delle prepotenze, era un
punto di
riferimento al pari dei genitori.
-
E continuerò a farlo per sempre. –
-
Promesso? –
Intrecciarono
i mignoli con solennità.
-
Promesso. –
Jonathan
fece capolino da dietro il divano su cui era acciambellato
per rivolgere un’occhiata incuriosita all’indirizzo
di Emer.
-
Come mai c’è così poca gente in giro
per la villa? –
-
Ellis, Beatrix e Harvey non sono ancora tornati da Azkaban
dopo l’arresto di quei due mentre Frank è stato
convocato per una relazione dal
Capitano. Yuriko e Roberto sono affaccendati ai fornelli e …
-
-
Chrys? –
-
In camera sua, voleva sdraiarsi un po’, è stata
una giornata
lunga. –
-
Puoi dirlo forte -, le fece spazio sul divano accanto a lui,
- ti va di guardare la partita con me? Di solito lo faccio con i
ragazzi, ma
visto che entrambi siamo stati scaricati dal gruppo tanto vale che ci
teniamo
occupati in qualche modo. –
Emer
sorrise di rimando, accettando la proposta con piacere.
-
Sai che anche io gioco? –
-
Non lo sapevo -, sgranò gli occhi sorpreso, - e in che
ruolo? –
-
Difensore, siamo una squadra piuttosto promettente nel
campionato femminile. –
-
Magari potrei venire ad assistere a una partita, credo che
sarebbe interessante. –
Dal
sorriso sul volto del collega Emer capì
all’istante cosa
stava passando per la testa del ragazzo.
-
Fammi indovinare, passi solo per le ragazze in pantaloncini
vero? –
-
Veramente passo per vedere te in
pantaloncini – replicò facendole
l’occhiolino.
E
per la prima volta da un bel po’ di tempo non le rimase che
chiudere la bocca a corto di parole; era impossibile stabilire se Jonny
stesse
scherzando o meno.
Era
appena uscita dalla stanza che condivideva con Emer quando
si ritrovò davanti l’ultima persona che si sarebbe
aspettata venisse a parlare
con lei.
Eppure
Frost era lì, appoggiato alla parete di fronte alla sua
stanza, e la guardava come se stesse effettivamente aspettando solo
lei.
-
Ti serve qualcosa? –
-
Volevo parlarti se non hai nulla in contrario. –
Avrebbe
dovuto replicare che aveva centomila ragioni contrarie
e che avrebbe preferito fare harakiri piuttosto che sostenere una
conversazione
con lui, ma quegli occhi azzurro chiaro che la scrutavano con
serietà la
spinsero ad annuire rigidamente.
-
Ti concedo un minuto, per una volta cerca di non farmene
pentire. –
Frost
incassò il commento con stoicità.
-
Ho letto Orgoglio e Pregiudizio, devo dire che avevi ragione
a paragonarmi a Darcy. –
-
E? –
-
E immagino significhi che tu mi conosca meglio di molte
altre persone -, ammise lentamente, - perciò ammetto di
essere stato stupido a
pensare che non avresti potuto capire. –
-
E invece non ho capito -, replicò duramente, - e
probabilmente non lo capirò mai perché non ti sei
mai dato la briga di
spiegarmi la motivazione dietro alle tue azioni. –
-
Era semplicemente meglio così per tutti … e direi
che i
fatti lo hanno abbondantemente dimostrato, nel caso tu non
l’avessi notato
siamo in due ruoli totalmente opposti. –
-
E di chi è la colpa se noi … -
Non
ebbe il tempo di terminare la frase perché si rese conto
che il ragazzo le si era avvicinato e aveva allungato una mano ad
accarezzarle
una guancia.
-
Posso solo dirti che mi dispiace, Chrys. –
Poi
le voltò le spalle e con la stessa repentinità
con cui era
apparso la lasciò lì da sola a interrogarsi su
come fosse mai possibile che
ultimamente le loro conversazioni finissero sempre con
l’essere avvolte dal
mistero.
-
Perché guardano tutti quella ragazzina? –
Seguì
lo sguardo di Jonathan individuando una studentessa del primo anno che
percorreva lo stretto corridoio che conduceva al carrello dei dolci.
Aveva
lunghi capelli biondo dorato, la carnagione chiara screziata di piccole
e quasi
invisibili efelidi all’altezza del naso e degli occhi di un
colore indefinito.
-
Non ne ho idea. –
-
Quella è la figlia di Rabastan Lestrange -, intervenne
Roberto, - credo che si
chiami Eltanin o una cosa del genere. Immagino vogliano capire se
è fuori di
testa come tutto il resto della sua famiglia. –
Frank
riprese a osservarla con rinnovato interesse.
Suo
padre faceva parte della squadra che stava cercando per mari e monti
Rabastan
Lestrange e il fatto che sua figlia si aggirasse per
l’Espresso come se nulla
fosse lo lasciava spiazzato. Razionalmente sapeva che non
c’era motivo
d’impedire la frequenza scolastica a una ragazzina che non
aveva certo scelto
in che famiglia nascere, ma la trovava comunque una scelta singolare.
-
Sembra abbastanza innocua. –
Roberto
inarcò un sopracciglio al di sopra della copia della
Gazzetta del Profeta che
stava leggendo.
-
Non lo sembrano tutti a undici anni? –
Beatrix
si fermò davanti al tavolo dei Grifondoro e rivolse loro
un’occhiata
visibilmente eccitata, il che non era da poco considerato che
solitamente
lasciava trasparire poco di quello che le passava per la testa.
-
È vero quello che si dice in giro? –
-
Dipende da cosa si dice -, replicò Frank pacatamente, - ne
girano tante di voci
ultimamente. –
-
Dicono che hai ricevuto la lettera d’accettazione
all’Accademia Auror anche se
l’anno accademico non è ancora finito. Quindi il
pre test è andato bene? –
Si
aprì in un sorriso orgoglioso e ripescò la
pergamena che teneva nella tasca
interna della divisa.
-
Già, sembra proprio che dopo i M.A.G.O. avrà
ufficialmente inizio il mio
addestramento. –
La
ragazza alzò una mano invitandolo a scambiare un cinque
vittorioso prima di
tornare improvvisamente seria.
-
Non osare arrestare tutti i pezzi grossi finchè non
sarò entrata anche io in
Accademia. –
-
Vedrò cosa posso fare. –
Ripose
il giubbotto sullo schienale della sedia e lanciò
un’occhiata interrogativa
all’indirizzo della sua partner che sembrava tergiversare.
-
Non hai fame? L’ultimo appostamento è stato molto
lungo, io personalmente
staccherei la testa a morsi a chiunque si mettesse tra me e del cibo.
–
Eltanin
sorrise, ma continuò a rimanere ferma a fissarlo senza
proferire parola così
provò a insistere.
-
Non vuoi andare in mensa? –
-
No … togliti la maglietta. –
Aggrottò
la fronte, fissandola come se le fosse improvvisamente dato di volta il
cervello.
-
Come scusa? –
-
Mi hai sentita … lo vedo che c’è
qualcosa che ti fa male, ti muovi in modo
strano. –
Imprecò
tra i denti.
Credeva
di essere stato bravo a mascherare la ferita riportata dopo
l’arresto che
avevano effettuato un’ora prima, ma evidentemente qualcosa
l’aveva tradito.
-
Non è necessario, sto bene. –
-
Questo lascialo decidere a me. Coraggio o te la strappo di dosso.
–
-
Queste affermazioni potrebbero rientrare tra le molestie sessuali del
seminario
a cui ci hanno fatto partecipare a inizio anno – la prese
bonariamente in giro.
-
Certo -, decise di reggergli il gioco, - scommetto che ti piacerebbe da
matti
se volessi davvero molestarti, Jonesy. –
Per
tutta risposta rise.
Tuttavia
lui per primo non era sicuro di suonare sincero, consapevole che
l’idea di
Eltanin addosso al suo corpo non gli dispiaceva affatto.
Così
alla fine si limitò ad assecondarla, consapevole che non
l’avrebbe mai fatto
uscire di lì finchè non avesse fatto
ciò che diceva.
Sfilò
la maglietta in un movimento fluido, mettendo in mostra il fisico
asciutto e
muscoloso con un pizzico di auto compiacimento. Era una bella vista a
torso
nudo, ne era perfettamente consapevole, e la ragazza davanti a lui
doveva aver
pensato lo stesso perché le iridi color indaco avevano
studiato rapidamente i
pettorali definiti e gli addominali scolpiti prima di soffermarsi sulla
ferita
sul fianco.
Allungò
una mano, accarezzandola delicatamente con la punta delle dita, mentre
la
soppesava con serietà.
-
Non sembra molto grave, ma di sicuro deve essere ripulita e
disinfettata. –
-
Non ce ne è bisogno … -
-
Non essere ridicolo, certo che ce ne è bisogno, non sei
immune alle infezioni
“mr muscolo”, perciò mettiamoci a
lavoro. Prima ti medico e prima potrai andare
a mangiare. –
Quello
sì che era un tasto giusto da premere, specialmente quando
non mangiava nulla
di solido da trentasei ore.
-
Devi proprio usare quel disinfettante? In infermeria hanno quello che
non
brucia – protestò mentre la osservava inumidire un
batuffolo di cotone e
avvicinarsi alla ferita.
Ridacchiò.
-
Sei peggio di un bambino … se ti fai curare come si deve
oltre al pranzo ti do
anche un bacino così la smetti di frignare, okay? –
-
Va bene -, sbuffò rilassandosi contro la scrivania, - basta
che facciamo in
fretta. Oggi è la giornata dei tacos. –
Eltanin
si mosse in modo rapido, coprendo il tutto con una garza, e quando ebbe
finito
si alzò in punta di piedi per scoccargli un bacio sulla
guancia fresca di
rasatura.
La
sensazione delle labbra contro la sua pelle gli procurò un
calore diffuso un
po’ ovunque e sperò con tutto il cuore di non
essere arrossito.
-
Ecco fatto, bambinone, ora possiamo andare a mangiare. –
-
Hai una pessima cera. –
Quasi
sussultò nel richiudere la porta della sua stanza alle
spalle.
Eltanin
era sdraiata sul suo letto con le braccia incrociate
sotto la chioma rossa e lo osservava con un pizzico di
curiosità.
-
Tu sì che sai come tirare su l’autostima di
qualcuno. –
-
Da che mi ricordo non hai mai avuto problemi con la tua
autostima -, lo rimbeccò rimettendosi seduta con un agile
colpo di reni, - e
comunque sono qui per un motivo più che valido. –
-
Quindi non solo per darmi contro? –
-
Sarebbe divertente -, ammise, - ma no. Stavo pensando
all’incontro
che abbiamo avuto alla Testa di Porco. Non pensi che sia quantomeno una
stranissima coincidenza il fatto che Mulciber fosse lì?
–
Improvvisamente
serio, la raggiunse e si accomodò a sua volta
sul letto.
-
Molto, ma se ricordo bene sei stata tu a dire che era comune
che ci fosse quell’affluenza. –
-
Non dopo un’assoluzione. –
-
Sono passati anni dalla sua assoluzione. –
-
Ma non mi dire -, ironizzò, - sai che all’interno
di Azkaban
il tempo scorre ancora più lentamente? –
Sospirò,
fissandola dritta negli occhi finchè non gli
sembrò
che Eltanin fosse pronta a mettere da parte un pizzico di
quell’ostilità che
gli riservava da quando quella maledetta storia del progetto
riabilitativo era
ricominciata.
-
Quindi tu cosa pensi? –
-
Penso che fosse lì per incontrare qualcuno e che la nostra
presenza abbia mandato all’aria i loro piani …
magari proprio qualcuno
coinvolto in quel casino del mio arresto. Ah, ma che ne parlo a fare
con te …
dopotutto hai già deciso da tempo che sono colpevole, no?
–
Tentennò.
La
verità era che non lo sapeva più.
Tutto
si era incastrato alla perfezione quando l’aveva
arrestata, come se le prove fossero state messe lì apposta.
-
Non sono stato io a condannarti. –
-
No, tu hai solo scelto di non credermi. –
-
Se sei convinta che io non creda a una parola di quello che
dici perché sei qui? –
Fece
spallucce, alzandosi in piedi e facendo per dirigersi
verso la porta.
-
Perché ho dato retta a Frost, ma a quanto pare sbagliava:
certe cose sono impossibili da dimenticare. –
Si
richiuse la porta alle spalle con un gesto deciso,
lasciandolo solo a meditare su quelle considerazioni.
Quella
era la prima mattina da quando aveva lasciato l’Accademia in
cui non andava a
lavorare. Ogni singolo giorno, indipendentemente da quale periodo
dell’anno
fosse o da quale fosse la sua condizione di salute, aveva sempre
varcato la
soglia del suo ufficio ma non quel giorno. Era in congedo obbligatorio
per colpa
di quel grandissimo stronzo del loro nuovo Capitano che, non si sapeva
bene per
quale motivo, sembrava averlo preso in antipatia fin dalla prima volta
che
l’aveva visto. Accarezzò il capo del dobermann
acciambellato al suo fianco sul
divano, il quale socchiuse gli occhi prima di aprirli nuovamente e
drizzare le
orecchie.
-
Cosa c’è Bullet? Hai sentito qualcosa? –
L’animale
uggiolò come a rispondere affermativamente e poco dopo il
rumore delle nocche
che s’infrangevano contro la porta di casa gli
confermò che il suo cane aveva
perfettamente ragione.
-
Chi è? –
-
Sono io. –
-
È aperto, entra pure, sono in salone. –
Poco
dopo Eltanin fece capolino stringendo tra le mani una confezione di
cartone e
due caffè d’asporto. La scritta sulla scatola
diceva chiaramente che era andata
a prenderli alla Bakery che aveva aperto da poco all’angolo.
E lui adorava quel
posto, era il suo preferito per la colazione e il brunch.
-
Uno al cioccolato e caffè amaro e semplice per te, uno al
lampone e caffè
macchiato freddo e dolce per me. –
-
Mi conosci fin troppo bene ormai. –
-
Abbastanza da sapere che saresti stato di pessimo umore per tutto il
congedo
obbligato e che solo una bella dose di caffeina e dolci avrebbe potuto
migliorarti un po’ l’umore -, confermò
prendendo posto sul divano accanto a lui
e grattando dietro le orecchie Bullet, - perciò eccomi qui.
–
-
Non eri di turno? –
-
Certo, ma ho preso un po’ di ferie … ne avevo
accumulate parecchie così mi
avrai tra i piedi per tutta la settimana di congedo. –
-
Il Capitano non ne sarà molto contento. –
-
Che si fotta. Siamo partner, no? Dove vai tu vado io. –
-
Ne sei sicura? Non voglio che se la prenda anche con te. –
Eltanin
fece spallucce e si allungò ad afferrare il telecomando.
Accese la tv e la
sintonizzò su Netflix, sfogliando l’elenco alla
ricerca di Orange is the new
black.
-
Più che sicura, anche perché dobbiamo terminare
la sesta stagione. Voglio
vedere cosa combinerà Frieda, adoro quella donna. –
-
Ed io che ti facevo più tipo da Carol Denning. –
-
Ma per favore -, sbuffò, - se mai dovessi uccidere qualcuno
lo farei subito,
non starei venticinque anni con le mani in mano come lei. –
Poi
afferrò il plaid e lo sistemò sulle gambe di
entrambi, inarcando un
sopracciglio mentre accennava al petto, - Ti dispiace? Mi piace stare
comoda
quando guardo la tv. –
Alzò
il braccio, passandoglielo attorno alle spalle e cingendola a
sé, sorridendo di
riflesso quando la sentì rilassarsi nella sua stretta e
cominciare a inveire
contro la stupidità di Piper Chapman e l’antipatia
di Madison Murphy.
Era
incredibile come momenti come quelli fossero diventati ormai parte
della loro
quotidianità.
Non
riusciva a credere a quello che avevano visto i suoi occhi, eppure
Eltanin era
in quella stessa stanza in cui si erano riuniti tutti i membri della
Fratellanza Purosangue. Così era stato inevitabile
arrestarla, specialmente
dopo che avevano rivenuto incartamenti che testimoniavano una serie di
attacchi
già avvenuti e molti altri ancora in progetto.
-
Non è come sembra, Frank. –
-
È buffo che tu lo dica, perché sembra che tu
fossi parte integrante dei loro
piani visto che ti abbiamo trovato in casa loro. –
Eltanin
scosse il capo con forza, le iridi indaco arrossate e
l’espressione sconvolta.
Sembrava
sinceramente colpita dalla cosa e incredula, ma come poteva crederle
quando
nessuno della Fratellanza aveva aperto bocca per scagionarla e tutto
sembrava
puntare verso la direzione della collaborazione.
-
Ho ricevuto una soffiata e sono andata a controllare. Avrei voluto
chiamarti,
ma era più facile infiltrarmi da sola che spiegare la tua
presenza. –
-
Immagino. E chi ti ha fatto questa soffiata? –
-
Non lo so, la lettera non era firmata, diceva solo dove andare e a che
ora. –
-
Ma tu guarda il caso. –
-
Frank … -
-
La lettera che dici di aver lasciato sul tuo comodino non
c’è, Eltanin … questo
come lo spieghi? –
La
vide tentennare, segno che questa volta non aveva una spiegazione
valida alla
cosa.
-
Non lo so, ma hai la mia parola che non c’entro nulla.
–
-
Non mi basta, non quando in ballo ci sono delle prove. Eri nel quartier
generale di alcuni fanatici che progettavano un attacco, gente che ai
tempi
della scuola conoscevi molto bene. Cosa dovrei pensare? –
-
Nulla. Non dovresti pensare nulla, solo fidarti di me. –
Rimase
in silenzio per alcuni secondi, poi spinse la sedia
all’indietro e si diresse
verso l’uscita della sala interrogatori.
-
Questa volta temo proprio di non poterlo fare, Eltanin. –
*
-
Mamma? –
Coreen
si voltò verso il figlio che arrancava lungo il corridoio
che collegava la
cucina alla sala da pranzo con le braccia cariche di vassoi.
-
Non dirmi che tu e la nonna siete stati tutto il pomeriggio in cucina
–
sorrise, accarezzandogli la sommità dei ricci scuri con
affetto.
Il
piccolo annuì, sorridendo fiero.
Gli
era sempre piaciuto passare il tempo in compagnia delle due donne della
sua
vita, specialmente se questo voleva dire poter aiutare la nonna in
cucina
oppure passare del tempo con loro sul retro dell’abitazione
accudendo
animaletti di vario genere che erano lì di passaggio.
-
E tu l’hai aiutata? –
-
Certo -, la voce della nonna annunciò loro che anche lei si
era unita alla
conversazione, - e questo ometto sta imparando tutto in modo molto
veloce. Chi
lo sposerà sarà una persona molto fortunata.
–
Il
sorriso orgoglioso di Milo si allargò ancora di
più sul faccino dall’aria vispa
e malandrina. Poco importava che suo padre se ne fosse andato,
lasciandoli
quando la delusione per quel figlio così strano era stata
troppa da sopportare
a suo giudizio, non avrebbe potuto chiedere una famiglia migliore di
quella che
aveva in quel momento.
-
Milo? Milo, corri! –
Sua
madre era appena tornata da un estenuante turno di notte
nell’ospedale in cui
lavorava come infermiera, ma la stanchezza sembrava essere
improvvisamente
scomparsa dalla sua voce per lasciare spazio a una sincera emozione.
Così, curioso
di scoprire cosa avrebbe potuto contribuire a migliorare il giorno del
suo
undicesimo compleanno, abbandonò momentaneamente il gattino
che stava
coccolando e tornò in casa a passo svelto.
Trovò
la mamma e la nonna sedute al tavolo, la colazione già
pronta, e una lettera
deposta a pochi centimetri dal suo piatto. Per un attimo si chiese se
non fosse
un messaggio da parte di suo padre e la cosa lo lasciò
interdetto, non sapendo
bene quali fossero i sentimenti più adeguati da provare in
una situazione come
quella.
-
Cos’è? –
-
Una lettera da quella scuola di cui ci ha parlato il gentile signore
che è
venuto a trovarci la settimana scorsa. –
-
Hagrid? –
Ricordava
bene l’uomo dalla statura impressionante che in un inglese
grammaticalmente
poco corretto gli aveva rivelato la spiegazione alla sua apparente
stranezza.
In un primo momento non ci aveva creduto, ma aprendo quella lettera e
scorrendo
le parole vergate con calligrafia sottile e spigolosa dovette
ricredersi.
-
Sono un mago … sono davvero un mago –
mormorò emozionato.
Sua
nonna battè le mani deliziata.
-
L’ho sempre detto che il nostro bambino era speciale.
–
Vagava
lungo lo stretto corridoio che collegava i vari vagoni
dell’Espresso per
Hogwarts con espressione perplessa dipinta sul volto. Non conosceva
nessuno lì
e non sapeva bene dove scegliere di sedersi. Così si
limitava a vagare nella
speranza che qualche anima pia si accorgesse di lui e lo invitasse a
unirsi a
loro.
Fu
allora che le vide.
Tre
ragazze che a giudicare dall’aria spaesata erano del primo
anno e al pari di
lui non ne sapevano assolutamente nulla sul mondo della magia. Si
avvicinò
loro, sorridendo amichevole mentre tendeva una mano, - Ciao, sono Milo
… Milo
Mills. Anche voi non sapete dove andare? –
Una
delle tre, la più minuta dai capelli castani, rispose
all’istante alla stretta
della mano con un sorriso solare.
-
Elizabeth Richardson … loro sono Amber e Audrey Lockheart.
Anche tu sei un Nato
Babbano? –
Annuì.
Una
delle due gemelle, non seppe identificare se Amber o Audrey, propose: -
Potremmo occupare uno scompartimento tutti insieme. Dopotutto siamo
tutti nella
stessa situazione e si sa che l’unione fa la forza.
–
-
Mi sembra un’idea fantastica. –
Era
sempre stato a suo agio tra le donne e a quanto pareva aveva appena
stretto le
sue prime amicizie nel mondo magico.
Venne
svegliato dalle urla belluine che provenivano dallo
studio che gli Auror avevano deciso di adibire a loro personale sala
operativa.
Uscì dalla stanza per finire con l’imbattersi con
Magpie e Phoenix che
correvano spediti lungo le scale sghignazzando come un paio di studenti
che
avevano giocato un tiro mancino ai loro sorveglianti.
Di
riflesso pensò agli anni di scuola in cui la vittima finiva
sempre con l’essere Gazza.
-
Cosa avete combinato? –
-
Abbiamo organizzato un piccolo raid al grido di
“Attica*” –
rise Magpie.
-
Un raid? –
-
Con le Caccabombe -, spiegò con le lacrime agli occhi
Phoenix, - e credo di aver centrato Isabelle in piena faccia.
–
Scoppiò
a ridere, scambiando un cinque con i due.
-
Possibile che quando organizzate queste cose non mi chiamate
mai? La prossima volta devo esserci anche io, è tassativo.
–
-
Sei ancora in tempo per inserire l’essenza di yak nella
boccetta dello shampoo di Sissy. –
Davanti
all’espressione perplessa dell’amico, Magpie
spiegò: -
Volevamo limitarci agli Auror, ma coinvolgere tutti sarà
ancora più divertente …
ti unisci a noi? –
-
Certo che sì. –
-
Milo? –
Elaiza,
una sua compagna di Casa di un anno più piccola di lui, gli
sedette accanto
mentre finiva di fare colazione studiando di tanto in tanto il tavolo
verde
argento dall’altro lato della sala.
-
Uhm uhm? –
-
So che tu sei il primo della scuola nel corso di Cura delle creature
magiche e
tra pochi giorni ho un compito importante … pensi che
potresti darmi una mano a
prendere un buon voto? –
Amicizia
e lealtà erano due delle doti che univano un po’
tutti i Tassorosso e poi
Elaiza Anderson con quella sua aria sbarazzina e divertente gli aveva
sempre
fatto una simpatia immediata.
-
D’accordo, nessun problema. –
Elaiza
fece per alzarsi e raggiungere la sua amica Serpeverde, ma si
fermò
sorridendogli con fare malizioso.
-
Comunque se te lo stai chiedendo, il ragazzo che fissi da un
po’ gioca
decisamente nella “tua squadra”. Se vuoi posso
chiedere a Chrystal di
presentartelo. –
-
Fare affari con te è sempre un piacere, Elaiza. –
Milo
aveva cominciato a lavorare alla Testa di Porco dopo la morte di sua
madre, non
appena aveva concluso il settimo anno e non era riuscito a trovare un
impiego
che potesse permettergli di mantenere la casa, se stesso e la nonna.
Non era un
ambiente che nessuna delle due avrebbe mai approvato, ne era
consapevole, ma
bastava per permettergli di far quadrare i conti e c’erano
decine di avventori
a dir poco interessanti che ogni giorno passavano da quelle parti per
bere e
condurre i loro loschi affari lontani dagli sguardi degli Auror. Fu
proprio
durante uno dei suoi turni al bancone che sentì una
conversazione a dir poco
interessante.
Erano
due uomini sulla trentina che parlottavano fittamente lamentando la
difficoltà
con cui era possibile procurarsi determinate sostanze da quando il
Ministero
della magia aveva stretto un giro di vite ai traffici loschi in giro
per la
nazione.
-
Pagherei a peso d’oro per essere certo di ricevere la merce
–, stava dicendo uno
dei due, - ma con gli Auror con il fiato sul collo i soliti trafficanti
non
sono più pronti ad assumersi tutti i rischi. –
-
Ho sentito di una nuova società che sta emergendo
rapidamente -, gli confidò l’altro
con fare da cospiratore, - si chiama Fuoco di Ashwinder o una cosa
simile,
sembra che siano in grado di procurarti praticamente di tutto.
–
-
Questa società -, intervenne Milo facendoli trasalire, -
conosci qualcuno che
ne faccia parte di persona? –
Si
scambiarono un’occhiata, quasi soppesando il fatto che
potesse essere o meno
una spia, ma a giudicare da come si era sempre fatto gli affari suoi da
quando
aveva cominciato a lavorare lì e dal fatto che non aveva
proprio l’aria di un
infiltrato parvero decidersi per confermare con un brusco cenno del
capo.
-
Se ti metto in contatto con loro saresti disponibile a fare da tramite
per la
merce che ci serve? –
-
Se pagate abbastanza bene senza problemi. –
Quando
le porte di Azkaban si erano chiuse alle sue spalle, condannandolo a
vent’anni
per aver infranto le leggi sui beni non commerciabili di classe A, B e
C, la
consapevolezza di essere prossimo a entrare in contatto con criminali
di ogni
calibro lo aveva assalito. E ora, mentre sedeva a un tavolo della mensa
accanto
a Bon Bon, vedendo passare uno dei pezzi grossi del carcere a passo
svelto non
potè fare a meno di mostrarsi incuriosito.
-
Sai cosa è successo, Bon? –
-
Sembra che Frost debba risolvere un problema, dicono che ci sia stato
un
accoltellamento nel corridoio accanto alla mensa. –
-
Te lo ha detto Magpie? –
Annuì,
girando la forchetta nel piatto con una smorfia davanti a quella
poltiglia
molliccia.
-
Chi è stato accoltellato? –
-
La Bestia. –
Ebbe
bisogno di un paio di secondi per rendersi conto di quello che aveva
effettivamente detto e di cosa significasse.
La
Bestia era in carcere da quattro anni per pluri omicidio aggravato
dall’odio
razziale, era diventato il leader della Fratellanza Purosangue scalando
i
vertici con una rapidità impressionante dovuta
principalmente alla sua spiccata
propensione per la violenza, era lo spauracchio di ogni detenuto
lì dentro e il
pensiero che fosse stato accoltellato era difficile da assimilare.
-
Chi è stato? –
-
Quella rossa che se ne sta sempre sulle sue. –
-
Quella che a volte pranza con Frost e Mags? –
-
Già, credo che Frost si stia sincerando che la Bestia non
torni mai più in
mezzo a noi per raccontare cosa è successo. –
Emise
un fischio flebile.
Quel
posto era una maledetta gabbia di matti.
-
Sei sicura che per te non sia un peso? –
Ellis
gli battè una mano sulla spalla con fare solidale.
-
Vai tranquillo, è giusto che passi un po’ di tempo
con tuo
figlio, e poi io monopolizzerò il televisore e
passerò il tempo guardando le
puntate di Gossip Girl. –
Tobias
la ricompensò con un sorriso enorme.
-
Per Natale ti regalerò qualsiasi cosa. –
-
Non sbilanciarti troppo con le promesse -, replicò
selezionando la serie, - perché proprio come la Regina Blair
anche io sono
piuttosto esigente in tema di regali. –
-
No, chi le ha lasciato il telecomando? –
Mosse
pigramente la mano, facendo scintillare le lunghe unghie
smaltate di nero all’indirizzo di Beatrix che fece capolino
da dietro la spalla
di Tobias.
-
Me lo sono conquistata perciò gira al largo, Trixie.
–
-
Come mi hai chiamata? –
-
Da come hai risposto so per certo che mi hai sentita. –
-
E io che tu non hai il coraggio di ripeterlo. –
Fece
spallucce, alzando la voce per raggiungere Harvey nell’altra
stanza.
-
Cohen perché non la porti al cinema a vedere uno di quegli
sparatutto che vi piacciono così mi lascia guardare la tv in
pace? –
Beatrix
avvampò mentre l’ex Grifondoro faceva capolino e
annuiva con un sorriso.
-
Perché no, è un sacco di tempo che non vado al
cinema, cosa
vogliamo vedere? –
Mentre
si allontanavano discutendo del film Tobias le rivolse
un sorriso divertito.
-
Hai deciso di farli finire insieme per caso? –
-
Ovviamente, dopotutto è la mia migliore amica, devo fare da
Cupido. E adesso sparisci, Brooks, e lasciami guardare la tv in santa
pace. –
-
Cosa stai guardando con tanto interesse? –
Il
tono divertito di Ink gli disse che la ragazza sapeva chiaramente cosa
avesse
attirato la sua attenzione, perciò ammiccò
sorridendo a sua volta.
-
Nulla di particolare. –
-
Questo nulla è per caso il novellino dall’aria
spaesata che ha appena messo
piede in mensa? –
-
Forse … -
-
Se non fosse che i miei gusti sono decisamente più femminili
potrei persino
trovarlo carino … di sicuro ha l’aria tenera e
innocente. –
-
Intendi innocente come tutti i detenuti di Azkaban? –
scherzò Bon Bon.
-
Forse un po’ più innocente -, rise a sua volta, -
ed in effetti è molto ma
molto carino. –
-
Si chiama Doc -, lo informò Ink, - e se vuoi prestare
ascolto al gay radar di
Foxglove sembra che sia decisamente il tuo tipo. –
Foxglove
non sbagliava mai, sembrava avere effettivamente un sesto senso per
certe cose,
l’aveva appurato abbondantemente da quando la conosceva.
-
Bene, sembra che finalmente qui dentro sia successo qualcosa
d’interessante. –
*“Attica!”
è il grido con cui i carcerati annunciano solitamente
l’inizio di una rivolta, è
stato scelto poiché utilizzato in occasione della celebre
“Rivolta di Attica”
nell’omonimo carcere americano. In quest’accezione
ovviamente è usato in modo
scherzoso da Magpie che essendo Mezzosangue ne conosce bene il
significato.
Spazio
autrice:
Salve!
Scusate
per il ritardo, ma è un periodo un po’ pieno
quindi di tanto in tanto rallenterò
con la pubblicazione. Comunque volevo dirvi che ho deciso, vista la
ricomparsa
e la spiegazione da parte delle autrici di Sebastian e Wolf, di
reinserirli in
via del tutto eccezionale (dopotutto avevo aggiornato in modo veramente
molto
rapido), ma sarà la prima e l’ultima volta che
accadrà una cosa del genere
visto che in futuro avrete molto più tempo per farvi sentire
tra un capitolo e
l’altro. Oltre a ciò volevo dirvi che se volete
potete cominciare a mandarmi un
mp segnalando 3 preferenze per la relazione del vostro OC;
cercherò di
accontentare quante più persone possibili.
Infine
vi
annuncio che il POV Auror del prossimo capitolo sarà
dedicato ad Harvey (causa
pari merito con Frank) perciò vi chiedo di votare solo per
il POV Detenuto tra:
Frost
Doc
Bon
Bon
Per
ora è
tutto, vi auguro una buona domenica.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary