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Autore: Miryel    30/03/2019    19 recensioni
In una vita alla costante ricerca di un vuoto da colmare, Peter Parker e Tony Stark si trovano, in un momento della loro esistenza in cui si sentono divisi a metà, a condividere parti della loro anima e della loro mente, con la sola scusa di un tempo che giustificano come speso per forza insieme. Il loro rapporto cresce, di giorno in giorno, fino a creare inaspettatamente un legame e, inesorabilmente, una rottura.
Una rottura che per Tony significa mettere da parte l'orgoglio per affrontarla e per Peter mandandare giù bocconi amari, tentando di non soffocare con la sua stessa saliva.
[ Young!Tony x Peter - Angst/Introspettivo/Romantico - College!AU ]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ Young!Tony x Peter | Angst - Romantico | word count: 3691 ]


You Say Goodbye,
I Say Hello





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«I don't know why you say goodbye,
I say hello»
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Capitolo VIII. Love Me Do

 

 

Tony si era seduto sul letto; Peter con le gambe incrociate al pavimento aveva appoggiato la testa sul suo ginocchio. Tony lo guardava dall'alto, mentre lui cercava incuriosito tra la sua collezione di CD che aveva praticamente tirato via dalla libreria e appoggiato in pile ordinate a terra. In sottofondo, scelta da entrambi, c'era il lato B di un disco degli Smiths¹. Un brano particolare, poco conosciuto, che Tony aveva sempre trovato stupendo e che, sapere che anche Peter lo conosceva, gli aveva fatto immensamente piacere.

Erano passati quattro mesi e mezzo da quel fantomatico bacio e per quanto Tony non lo avrebbe mai ammesso, aveva contato i giorni passati solo per sorprendersi ogni volta di quanto quella relazione stesse in realtà andando avanti; senza intoppi, da un tempo relativamente lungo, almeno per i suoi standard. Le sue ragazze non erano durate più di un paio di settimane. Ma era anche vero che, con Peter, era tutto un altro paio di maniche. Spider-Man era importante. Gli faceva fare cose che mai avrebbe creduto di fare, come segnare sull’agenda del cellulare la data esatta del loro primo bacio. Una di quelle cose che Tony non avrebbe mai fatto, nemmeno sotto tortura.

«Hai un sacco di roba. Peccato che il digitale stia estinguendo i CD», sospirò Peter, soffermandosi a guardare un vecchio album di Bob Dylan, un po’ sbiadito dal tempo. «Comunque rimangono un buon materiale da collezione.»

Tony gli poggiò una mano sulla testa per arruffargli i capelli e sbottò in una risata spavalda. Peter rise, a quel gesto. «E non li hai visti tutti! In soffitta c'è ne sono molti altri. Qui ho i più importanti. Tipo gli Smiths.»

Peter alzò il mento e il viso verso il suo. Tony si perse a contemplare un paio di rughe d'espressione che gli si erano insinuate intorno agli occhi. Fece scorrere la mano ancora tra i suoi capelli verso la sua guancia. La accarezzò come se al mondo non esistesse niente di più interessante.

«Tu piuttosto. Come conosci certi gruppi? Ammetto che alcune tue conoscenze musicali mi hanno un po’ spiazzato.»

«Io ti spiazzo sempre, Tony», rise Peter, e si guadagnò una schicchera sulla fronte per la sua impertinenza, «Zio Ben. Lui era una fonte inesauribile di conoscenza. La musica ha sempre fatto parte della nostra vita, e lui dove poteva l'ascoltava. Non ha mai voluto impormi un genere, ma sono cresciuto con i suoi gruppi. Per forza di cose questo genere ha iniziato a diventare anche parte di me».

Tony rimase in silenzio. Si limitò solo a guardarlo da quella posizione. Il suo viso a testa in giù, il mento alzato verso il soffitto, un sorriso dolce quanto letale a celare il dolore che quei ricordi gli provocavano nel cuore. Quando parlava di zio Ben era una vera tortura. Vederlo tentare di mascherare la sua tristezza dietro ad un’allegria – solo per non farlo preoccupare – gli faceva rabbia e allo stesso tempo lo inteneriva. Avrebbe voluto lavargli via di dosso quella malinconia, e non conosceva altri modi che i gesti. Si piegò verso di lui per baciargli le labbra. Un bacio sottosopra che sembrò ancora diverso dal solito, come ogni volta. Con Peter era sempre una sorpresa. Ogni contatto riservava nuove sensazioni sulla pelle, perché di fatto era tante cose insieme che Tony pian piano stava cominciando a conoscere. E rimaneva spiazzata ogni volta che le loro labbra si dividevano e gli zigomi di Peter continuava a sfumare di bordeaux.

Puro. Puro come un angelo. Da perderci la testa.

«Un bacio da film», sussurrò Peter, tentando un tono mellifluo che non gli riuscì per nulla. Un goffo tentativo di somigliargli, pensò Tony. Per quello non riuscì a trattenere un sorrisetto. Era vero che il ragazzino del Queens era fortemente propenso a lasciarsi coinvolgere dalla malinconia dei ricordi, ma quanto era facile strappargliela di dosso con un gesto semplice come un bacio…

«Come si confà ad una diva del tuo calibro», scherzò Tony e Peter di tutta risposta si alzò in piedi e, raccogliendo una manciata di CD, lo minacciò di gettarli nel cestino. Una cosa che non avrebbe mai realmente fatto nemmeno sotto costrizione, ma che generava un gioco di sguardi e prese di potere che Tony adorava. Si alzò in piedi e lo prese per la vita. Se lo portò contro, tirandolo per i fianchi e lo buttò sul letto; lo bloccò per i polsi, sovrastandolo.

Gli fece male il cuore.

Erano giorni, forse settimane, che ci pensava. Ci pensava e non lo diceva. Lo baciava e gli veniva voglia di toccare ogni singola cellula del suo corpo, con la paura che tutte quelle sensazioni potessero farlo esplodere da un momento all'altro, letteralmente. Gli si bloccò il respiro in gola quando il suo ginocchio si insinuò tra le gambe di Peter, e questi lo guardò umettandosi le labbra, spiazzato quanto lui. C'aveva provato, Tony, ad affrontare quell'argomento. Goffamente, a modo suo, ma l'aveva fatto. Peter aveva sempre svicolato, fingendo troppo spesso di travisare quei segnali o rispondendo con una battuta alla quale Tony non avrebbe potuto ribattere. Aveva paura. Glielo si leggeva in faccia, come se potessero lasciarsi solo perché non avevano ancora fatto quel passo… come se Tony potesse lasciare che accadesse, una cosa del genere.

Voleva solo parlarne, capire cosa ne pensava. Voleva sapere se azzardarsi ad andare oltre un semplice bacio potesse ferirlo, imbarazzarlo. Tony era disposto ad aspettare pure una vita per fare l'amore con lui, ma desiderava almeno conoscere la sua opinione a riguardo. Era una frana con le parole. Aveva paura di risultare egoista senza volerlo, perché si conosceva abbastanza e aveva già rovinato troppi rapporti per colpa della sua ingestibile ostilità.

Avrebbe voluto dire qualcosa, qualunque cosa, anche un non preoccuparti, non voglio farti niente., ma non ci riuscì. Fece scorrere solo gli occhi tra i suoi; le dita ancora strette intorno ai suoi polsi, la bocca semiaperta incapace di esternare quelle rassicurazioni. Poi fu salvo, quando qualcuno bussò alla porta ed entrambi si voltarono a guardare altrove, alzandosi di scatto.

«Signorino Tony, la cena è pronta.»

La voce della cameriera rachitica era un filo squillante tra i rumori della casa e Tony avrebbe voluto rispondere con una frase ad effetto, se solo Peter non fosse scoppiato a ridere improvvisamente, ripetendo a bassa voce: «Signorino?» Gli colpì un braccio con un pugno, felice che la situazione si fosse alleggerita di già, almeno un minimo, dopo quell'exploit.

«Arriviamo, Mercedes», rispose ridendo e quando sentì i passi della ragazza allontanarsi, baciò Peter con arroganza, dopo esserselo tirato contro e avergli detto: «E tu non ridere, Parker!»

 

 

Le cene a casa Stark erano diventate quasi una routine per entrambi. Tony era assolutamente certo che sua madre avesse capito cosa c'era tra lui e Peter, perché non era mai successo che un amico frequentasse così assiduamente la villa. Nemmeno Steve, che conosceva da una vita. Per non parlare di Banner, che non c'aveva mai messo piede. Peter era sempre lì, almeno un paio di volte la settimana. Suo padre era immensamente felice della cosa, e non faceva poi molto per nasconderlo. Adorava Spider-Man e adorava il fatto che con Tony avessero instaurato infine un rapporto d'amicizia.

«Come sta andando la tuta di Tony? Hai riscontrato qualche problema? In caso, puoi sempre farglielo presente», chiese l'uomo ad un certo punto, e Tony non riuscì a trattenere l'istinto di alzare gli occhi al cielo, mentre infilzava l'arrosto con una certa energia.

Peter alzò lo sguardo dal piatto. La forchetta ancora tre le labbra. Si guardò intorno, come se non avesse realizzato che Howard Stark stesse parlando con lui, poi deglutì e sorrise. «È praticamente perfetta. Non ho alcun problema. Anzi, Tony ha fatto qualche aggiornamento al sistema AI, qualche giorno fa. È talmente comoda e pratica che la indosserei sempre, se potessi», rise.

Tony lanciò un'occhiata pregna di attesa prima a Peter poi a suo padre, che ricambiò per un impercettibile secondo, per poi tornare a tagliare la carne e sorridere sornione.

«Molto bene. Ricordati che, se non dovesse funzionare, puoi fare affidamento su Tony. Sarà felice di sistemare eventuali problemi.»

«Deve averne per forza?» ribatté lui, a sua volta e quando suo padre gli riservò un'occhiata sbieca, nel tentativo di zittirlo e di incutergli timore, lo indicò con la posata. «Ti ha detto che va bene! Perché insistere sulla possibilità che possa esserci un problema? Perché l'ho fatta io?»

«Smettila, Tony», gli intimò Howard, e lui rise senza entusiasmo. «Non è il caso che t-»

Lo zittì. «Hai mai riscontrato problemi sulle mie attrezzature? Sui miei progetti? Su tutto quel materiale che tu e lo S.H.I.E.L.D. spacciate per vostro?»

«Tony, non cominciare», sbuffò sua madre, posandogli una mano sulla spalla nel tentativo di calmarlo e sorridendo a Peter, che Tony vide ritrarsi e abbassare la testa, incapace di dire o fare alcunché di fronte all'ennesimo litigio familiare. Fu quel fatto a fermarlo. Non aveva idea di cosa potesse significare trovarsi in mezzo ad un dissapore familiare, da totale estraneo. Lui era sempre quello che vi era nel mezzo. A casa sua era tutto talmente all'ordine del giorno che sembrava quasi abitudine, ormai. Ma lui…

«Signor Stark, deve sapere che Tony è l'uomo dietro al computer», sbottò Peter, impacciato. Sorrise leggermente. «Ad ogni missione ne consegue un check up completo della nostra tuta. Perciò ho piena fiducia in lui ma… se dovesse mai accadere, in un remoto caso, che succeda qualcosa, so che posso contare sul suo aiuto, ciecamente.»

Tony lo guardò come si guarderebbe un bambino che parla del suo supereroe preferito e per quanto il più super, tra i due, fosse proprio Peter, aveva sempre avuto l'impressione che per lui i ruoli fossero invertiti. Tipico di Spider-Man. Gli scappò un sorriso.

«È talmente meticoloso che scarto a priori la possibilità che possa succedere qualche imprevisto», continuò Peter e, dopo aver mangiato un altro pezzo di cibo e averlo masticato, cambiò espressione. «Questo arrosto è spaziale! Sul serio! La salsa è fatta con il latte?» chiese e Tony represse l'istinto di scoppiare a ridere e di abbracciarlo. Era la sua salvezza, da qualunque prospettiva lo si guardasse. Era troppo genuino per rimanere arrabbiati pure col mondo intero, in sua presenza. Persino suo padre accantonò l'idea di continuare quell’assurda discussione dalla quale non vi sarebbe stato alcun vincitore. Tony lo vide ridere tra sé e sé, per un secondo che gli parve quasi infinito.

«Non saprei», rispose Maria, un po’ in difficoltà. Non aveva mai toccato un fornello in vita sua, pensò Tony. Come poteva saperlo? «Lo chiederemo a Mercedes, quando porterà il dolce.»

Peter strabuzzò gli occhi, e arretrò leggermente sulla sedia. «Oh mamma! C'è anche il dolce?» domandò, dimostrandosi ancora una volta l'ago che pesava la bilancia in un perfetto equilibrio di pace e armonia.

«Siete un buon team, comunque», sbottò Howard Stark, lanciando poi un'occhiata a Tony. «Spero continuiate a collaborare.» E per quanto non fu niente di che, quella frase per Tony significò tutto.

 

 

«Happy non è di turno, stasera, ma domani mattina sarà qui, così se avrai bisogno di qualsiasi cosa, potrai fare affidamento su di lui», gli disse sua madre, mentre si allacciava il cappotto e suo padre avvicinava il proprio trolley alla porta, in attesa che tutto fosse pronto per la partenza.

«Non ho bisogno di Happy. Sono più che autosufficiente e sai quanto mi dia fastidio usarlo come autista», ribatté, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, mentre Peter accanto a lui se ne stava in silenzio, siccome Tony sapeva benissimo quanto lo mettessero a disagio i suoi genitori, specie suo padre. Quest'ultimo sospirò, cercando chiaramente di mantenere un certo contegno, che in un caso diverso – senza un estraneo presente – non gli avrebbe riservato.

«Beh, lui è a tua completa disposizione. Viene pagato anche per quello.»

Tony decise di non ribattere. Si limitò a regalare loro un breve sorriso, nel solo ed unico tentativo di salutarsi con un minimo di tranquillità. «Fai tante foto, la Corea deve essere un bel posto.»

«Magari la prossima volta potresti venire anche tu. Sono certo che ne avresti, di cose da vedere, lì», rispose suo padre, poi gli mostrò la mano, per stringergliela e salutarlo. Quando Tony ricambiò, si ritrovò subito dopo implicato in un breve e goffo abbraccio, che lo spiazzò per un secondo, ricordandosi poi che, quasi certamente, il suo vecchio stava semplicemente cercando di mostrare a Peter una normalità che non era mai esistita, tra di loro. Decise di assecondarlo con una pacca sulla schiena, poi si sciolsero e sua madre si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia.

«Noi andiamo, voi due vedete di non fare troppi danni», li redarguì Maria, scherzosamente, e Tony alzò gli occhi al cielo, sbuffando divertito.

«Qualsiasi cosa, chiamaci. So che non lo farai, ma dirtelo è sempre compito di un genitore.»

«Ti giuro che se dovessi averne davvero bisogno, lo farò! Nel frattempo,» esordì lui, alzando il polso per guardare l’orologio, scoprendo che erano già le nove di sera, «se non vi sbrigate, non arriverete mai in tempo all’aeroporto.»

«Come al solito, ci caccia via», disse sua madre, rivolta a Peter, che rise leggermente e gli lanciò un’occhiata luminosissima, che Tony dovette fingere non gli avesse appena trafitto il cuore e i polmoni, siccome gli si mozzò il fiato.

«Daccordo, allora. Ci vediamo tra due settimane. Fate i bravi», si raccomandò Howard e entrambi annuirono ridendo, poi i suoi genitori sparirono dietro la porta e scese il silenzio. In altre occasioni dove erano partiti per qualche riunione straordinaria o, come in quel caso, per una qualche conferenza, Tony non si era mai trattenuto così tanto a far loro dei saluti. Si era sempre limitato a ricevere i baci sulle guance di sua madre con una passiva insofferenza e ad alzare una mano per salutare suo padre. Doveva ammettere che, quel tentativo di risultare normali solo perché erano in presenza di Peter, non gli era dispiaciuto così tanto. Avevano un pessimo rapporto, ma non era così tragico, dopotutto. Sapeva che non avrebbero mai trovato un vero e proprio equilibrio, ma d'altra parte nessuna famiglia ne aveva davvero uno, però alcuni passi avanti erano sempre positivi. Pure se minuscoli.

Si voltò a guardare Peter. Aveva le labbra arricciate, le mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni; gli occhi ancora luminosi e pieni di troppe cose che sembravano tanto fragili quanto magiche. Alzò una mano per prendergli una guancia, e gli baciò le labbra; un senso di liberazione lo pervase. Lo fece con talmente tanto impeto, che gli fischiarono le orecchie e quando Peter ricambiò con un trasporto quasi impossibile da credere tale, Tony si sentì morire. Erano soli, c’erano tutti i presupposti per dirgli finalmente quanto desiderasse averlo per sé, farlo suo, baciare ogni singola cellula del suo corpo e, quando si divisero, sperò che potesse leggere tutti quei desideri attraverso uno sguardo.

«Rimani a dormire qui?» Glielo chiese col cuore che gli batteva sotto al palato. Un sussurro appena percettibile che gli fece tremare la schiena. Gli posò le mani sui fianchi e se lo tirò contro quasi senza alcuna gentilezza. Gli occhi accesi di Peter si caricarono di altro. Tanto altro. Paura, per lo più. Sbatté le ciglia un paio di volte contro le sue, poi abbassò le sue luminosissime schegge color nocciola e si morse le labbra.

«Magari un’altra volta, Tony», gli rispose, in un tremolante mormorio sommesso, che lo spaventò.

«Cos- No! Non voglio fare niente che tu non voglia fare! Voglio solo… voglio solo dormire con te», mentì, in parte. Sorridendo e alzandogli il mento con due dita, solo per poterlo rassicurare che non avrebbe dovuto, per alcun motivo, temere che potesse fargli qualunque cosa che lui non desiderasse fare. Peter sospirò amareggiato, quasi arrabbiato e fu un altro inesorabile colpo tra le scapole, che lo costrinse a spegnere quel sorriso e cercare il suo sguardo, di nuovo, che non tornò sul suo.     

«Sappiamo entrambi che non è così… e so che dovremmo affrontare l’argomento ma è difficile. Io non…»  

«Non voglio in alcun modo metterti a disagio, davvero!» insistette Tony, prendendolo per le braccia, accarezzandole lentamente fino al basso e arrivando alle sue mani, per poi prenderle tra le sue, nel solo ed unico tentativo di rassicurarlo. Peter, a quel gesto, finalmente lo guardò di nuovo. Si morse il labbro inferiore.

«Non ho paura di fare l'amore con te, Tony. Non è… non è esattamente questo il mio timore. Fosse per me lo farei ora, senza alcun problema. Io… io credo di volerlo tanto quanto lo vuoi tu.» Lo ammise con gli occhi nei suoi occhi, immerso in un mare di cose troppo astratte forse per essere spiegate a parole. Tony si sentì morire. Solo all'idea che gli avesse appena detto che sì, aveva voglia di farlo con lui, che non era quello che temeva, che il desiderio c'era, forse pure da sempre... ma c'era altro. C'era per forza altro.

Gli prese le guance tra le mani. Peter era bollente. Lo accarezzò lentamente con i pollici, tentando solo di capire cosa ci potesse essere di così spaventoso in quel fatto, se anche lui lo voleva.

«Niente segreti. Me lo hai detto quando abbiamo deciso di stare insieme. Se vuoi che sia reciproco, allora dimmi che c'è.»

Peter lo guardò per un tempo infinitamente lungo, ricercando forse le parole giuste da dirgli. Tony non pretendeva chissà che, non era bravo nemmeno lui a parole, ma da una parte capiva la difficoltà che probabilmente l'altro stava provando nel cuore. Spider-Man era forte, capace di fermare un autobus con una mano e poi, fuori dal costume, aveva paura di sbagliare sempre tutto.

«Lo hai detto tu. Non sei mai stato con un ragazzo, e prima hai avuto delle ragazze e io immagino che tu… che tu abbia… insomma…» esordì Peter, cominciando a balbettare parole sconnesse intrise di un fortissimo imbarazzo.

«Sì. Inutile negarlo, ovvio che sì. Va avanti», lo spronò, alzando un sopracciglio, forse già fin troppo consapevole di dove sarebbe andato a parare.

«B-beh… sono straconvinto che farlo con un ragazzo sia totalmente diverso e chi ti dice che ti piacerà? Insomma, hai avuto due ragazze, loro sono una cosa completamente differente e io sono… sono quello che sono, non ho quello che loro hanno e magari… magari a te… a te non piace farlo con un maschio e allora poi magari lo facciamo e ti fa schifo e finiamo per lasciarci perché ti rendi conto che non sei davvero attratto da me. Che magari è stato solo un errore madorn-»

«Peter!» lo interruppe, frastornato da quel flusso travolgente di parole. Accorciò le distanze tra i loro sguardi. Lo costrinse a guardarlo negli occhi con tanta convinzione da farsi male da solo. Non aveva mai sentito tante stronzate uscire dalla bocca di un essere umano, come in quel momento. Nemmeno Steve era capace di spararne così tante a raffica come invece Peter aveva appena fatto. Sospirò. «Sei un imbecille. Un idiota. Come ti vengono in mente certe cose, dico io?»

«Lo so, sono idiozie e paranoie… ma sono paranoie fondate, Tony. Se non ti piaccio in quell'ambito… non può funzionare, tra di noi. E io non voglio rovinare le cose.»

«Non rovineresti niente di niente. Perché dovresti? Se sono così coglione da innamorarmi di una persona e poi lasciarla per una motivazione inverosimile come questa, allora hai tutto il diritto di farmi lapidare. E non ne avresti colpa, nemmeno una», gli disse, rendendosi conto di avergli appena detto, involontariamente, che era innamorato di lui. Ben fatto, Tony, si disse tra sé e sé. «Tuttavia non è così. Peter, il fatto stesso di desiderare di farlo con te annulla ogni possibilità che io possa essere tanto idiota da... schifarti? Quindi… per l'amor del cielo, togliti dalla testa certe cose!»

«Tu non hai idea di che cosa significhi per me aver raggiunto il traguardo di stare con te… sono quattro mesi che vivo questa relazione incapace di credere che sia vera. Mi sento sempre terribilmente inadeguato...» sospirò, afflitto e Tony non aveva parole da dirgli, perché non era capace di rassicurare le persone; perché non gli era mai importato di farlo ma con Peter significava correre il rischio di rovinare le cose. Avevano le stesse paure, e lo sapeva, ma era lui la parte irrazionale. Era lui quello che scacciava via i dubbi, con i gesti.

«Inadeguato? Che sciocchezze mi tocca sentire...» disse solo e gli baciò le labbra, affondando nelle sue. Sprofondò dentro la sua anima; gli infilò le mani sotto alla maglietta per accarezzargli i fianchi, e sentì il cuore perdere un battito. Lo voleva. Lo desiderava e lo amava con una disperazione incontrollata. Sperò che potesse capirlo, dai gesti. Sperò di cacciare via ogni paura dalla sua testa piena di quella ragnatela di pensieri autodistruttivi, che non riservavano mai un minimo di amore per sé. Peter di slanciò contro di lui, lasciandolo fare e Tony non si fermò. Gli accarezzò la schiena e sentì i suoi brividi sotto i polpastrelli. Si allontanò da quel bacio, e lo guardò in attesa solo di una sua parola.

Peter tacque. Alzò solo gli occhi e si umettò  le labbra. Annuì, qualcosa gli vibrò sul viso, e gli infuocò le guance. Era bello come nessun'altra cosa al mondo, ed era suo. Totalmente.

Mentre se lo portava in camera, non gli staccò gli occhi di dosso nemmeno per un istante, cercando di rassicurarlo ma soprattutto di rassicurarsi. Non voleva rovinare niente, e per ora non era ancora successo, eppure Tony era certo, nel buio più profondo del suo cuore – dove i suoi demoni erano annidati, in attesa solo di un suo passo falso – che per come era fatto, presto avrebbe ferito il cuore incantevole di Peter; ne era certo.

Pregò affinché potesse essere nulla di irreparabile. Lo sperò con tutto se stesso, prima di scivolare tra le coperte e spegnere il cervello, nel solo ed unico tentativo di godersi quel momento.

 

 

 

Fine Capitolo VIII

  


«
Love, love me do, You know I love you
I'll always be true, So please, love me do
Whoa, love me do
»  
Love Me Do – The Beatles


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¹ La canzone degli Smiths è "Panic" ♥
 
Angolo angoloso angolare di Miryel che 'sti giorni c'ha sempre fame e mangerebbe pure i tavoli:
Ma buonasera, buonasera, come la va? Dai, non dite che non vi regalo il fluff, ogni tanto, eh! Anzi, vi sto un po' viziando, è ora di finirla con tutte ste cose dolciose, ma che è?? Scherzo, la verità è che siamo sempre più vicini al capitolo uno e io non voglio nascondervelo più, per quello ci vado leggera, per ora. Dopo saranno cavoli ben più amari, ma mi amate lo stesso, vero? Vero??
Insomma, siamo già all'ottavo capitolo e sembra ieri la prima pubblicazione di quel mattone tra capo e collo. Quindi, non mi resta che darvi appuntamento alla prossima settimana, sperando che questo qui vi sia piaciuto. Grazie a tutti per il supporto mostrato!
Un abbraccio,
Miry
   
 
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