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Autore: Ms Mary Santiago    31/03/2019    8 recensioni
[STORIA INTERATTIVA – ISCRIZIONI CHIUSE]
[Liberamente ispirata dalla serie tv “The Umbrella Academy”]
Venticinque anni fa un gruppo di maghi e streghe sono nati in luoghi sparsi della Gran Bretagna, tutti lo stesso giorno e alla medesima ora. Fin dal principio è stato evidente che ognuno di loro avesse doti incredibili e rare oltre ogni dire; per arginare e controllare i loro doni il Ministero della Magia ha deciso di assegnarli tutti a un unico tutore legale finchè non avessero compiuto la maggiore età: Joshua Patterson. Quello stesso tutore che è stato rinvenuto misteriosamente morto a pochi giorni dal compimento del loro venticinquesimo compleanno e che, dopo anni passati separati gli uni dagli altri, li ha spinti a incontrarsi nuovamente.
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 3

 

 

 


 

 

 

 

 

- Congratulazioni, è una bellissima bambina. –

La Medimaga porse la piccola alla madre, che la prese tra le braccia e la strinse a sé. Aveva corti capelli biondissimi e due occhi di un singolare mix tra l’azzurro, il verde e il grigio che sperò ardentemente non mutassero colore nel corso della crescita. Si diceva che tutti i neonati fossero belli, ma doveva riconoscere che sua figlia era nettamente superiore a qualsiasi altra bambina avesse mai visto prima d’allora. E la cosa assurda era che non avrebbe mai potuto tenerla con sé. Sapeva di quella particolare congiunzione astrale già da mesi, così come era a conoscenza dell’identità dell’uomo che avrebbe allevato i quattordici bambini nati durante la congiunzione, ma ora che teneva la piccola tra le braccia non riusciva a capacitarsi dell’ineluttabilità della cosa.

- Come vuole chiamarla? –

Era stata a lungo indecisa sul nome da darle, ma in quel momento seppe che voleva lasciare almeno qualcosa di lei a quella bambina, qualcosa a cui aggrapparsi in modo tale che avesse la consapevolezza che lei l’aveva sempre amata e voluta. E cosa poteva esserci meglio del suo nome?

- Ashley. –

 

 

Elizabeth percorse il corridoio principale lentamente, prendendosi tutto il tempo del mondo per riassaporare la sensazione di essere a casa. Per anni aveva vissuto lì, occupando le sue giornate esercitando il suo dono, coltivando le arti magiche e vivendo a stretto contatto con quelle persone che erano diventate a tutti gli effetti la sua famiglia. E poi tutto era finito, si erano ritrovati sparsi in giro per il mondo e in molti casi senza alcun contatto gli uni con gli altri. Eppure c’era voluta la morte di Joshua, un padre per tutti loro, per trascinarli nuovamente nelle rispettive vite.

- In preda ai ricordi? –

Si voltò verso la voce familiare e amichevole di Elijah, accennando un sorriso.

- Già, ne sono successe di cose qui dentro. –

- Vero, qui ho preso il mio primo pugno. –

Elizabeth rise.

Ricordava bene quel giorno e ricordava che contro ogni previsione non era stato Bart a fargli un occhio nero, ma Ashley.

- Da quanto sei arrivato? –

- Pochi minuti, ho appena lasciato Andrew in salotto con Leda e Leonel. –

Questo la sorprese. Aveva creduto che Andrew sarebbe arrivato a Londra in compagnia di Bart e magari anche di Daniel, ma non certo con Elijah.

- Lo so, anche io mi sono stupito di me stesso quando mi sono presentato a casa sua, ma abitiamo nella stessa città e ho pensato che fosse un gesto carino data la situazione. –

- Lo è stato di certo -, lo rassicurò, - è solo che pensavo … -

- Che sarebbe arrivato con Bart – concluse per lei con un sorrisetto comprensivo.

- Già. –

Non lo vedeva da anni e non si erano mai chiariti dopo la discussione al quinto anno, temeva il momento in cui si sarebbero ritrovati di nuovo nella stessa stanza.

- Come vanno le cose con Adam? –

Tentennò prima di rispondere, ma alla fine si decise a mentire.

- Bene, va tutto alla grande. –

 

 

Ashley avanzò lungo il corridoio deserto del primo piano alla ricerca del loro tutore e mentore, non trovandolo da nessuna parte, e lo chiamò a gran voce senza ottenere risposta. Quando alla fine si ritrovò fuori dalla porta del suo studio.

Bussò piano, sentendo le voci all’interno tacitarsi all’istante.

- Joshua? –

L’uomo aprì la porta, sorridendole affettuosamente malgrado l’espressione tesa sul suo volto.

- Cosa c’è, Ash? –

- Io e gli altri vogliamo noleggiare un film e fare i popcorn … possiamo? –

- Certo, ma spero che questa volta non finiate con il distruggere la cucina. –

Gli sorrise di rimando, scuotendo le onde bionde, - Non preoccuparti, questa volta ci supervisionerà Leda. –

 

 

- Questo posto non è cambiato di una virgola – sentenziò Celia mentre armeggiava con gli utensili in cucina e metteva a scaldare l’acqua per il the.

Si respirava un’aria carica di attesa e non c’era nulla di meglio che predisporre tutto per un’accoglienza il più calorosa possibile, o almeno questo era quello che aveva decretato Cora prima di spedirla come al solito ad occuparsi di tutto da sola.

Erano cresciuti e le loro vite erano cambiate, ma di sicuro l’atteggiamento da primadonna della sorella putativa non era scomparso nel corso del tempo e anzi forse si era persino accentuato.

- Cosa ti aspettavi? Joshua è sempre stato un sentimentale – rincarò la dose Leonel, che si aggirava per la casa come se fosse del tutto incapace di starsene con le mani in mano.

- Non lo so nemmeno io con precisione, ma una parte di me forse si aspetta ancora di vederlo comparire in salone da un momento all’altro e di coinvolgerci in uno dei suoi abbracci spaccaossa. –

- Lo faceva sempre quando tornavamo per le vacanze estive. –

- Già … i suoi incredibili ragazzi. –

- Credi che al funerale ci saranno molte persone? –

Joshua Patterson era sempre stato un uomo ligio al dovere, un gran lavoratore e una mente di eminenza, ma non era mai stato un amante della mondanità.

- Non ne sono sicura, ma più di ogni altra cosa mi piacerebbe che fosse una cerimonia sentita, una di quelle in cui vengono le persone che davvero lo amavano e non solo chi lo conosceva di vista o per sentito dire per porgere condoglianze con una faccia rattristata che in realtà è mera finzione. –

Il fischio del bollitore annunciò che era tutto pronto e mise fine alla conversazione.

- Mi passi il vassoio e le tazze? –

 

 

- Sei uno stupido – urlò contro Elijah, alzandosi di scatto dalla panchina su cui si era seduta per osservarli mentre giocavano a palle di neve, quando una la centrò di proposito in pieno volto finendo con il farla rabbrividire.

- Non l’ho fatto di proposito – mentì il ragazzino.

- Sei anche bugiardo oltre che stupido -, rilanciò, - ti ho visto prendere la mira. –

- Ripetilo e te ne tirò un’altra – la rimbeccò.

- Non mi fai paura, stupido. –

Elijah fece per lanciarle un’altra palla, ma questa si sgretolò prima che potesse colpirla grazie all’intervento di Elizabeth che attinse al suo potere per mettere fine alla discussione.

- Non rovinate tutto -, intervenne con l’intento di fare da paciere, - ci stavamo divertendo e non c’è motivo di litigare. –

- Io non volevo litigare, ma Ash … -

- Ha solo detto la verità, sei uno stupido – concluse Bart, appoggiato contro la corteccia della vecchia quercia secolare.

Elijah fece per replicare che lo stupido era lui, e arrogante per giunta, ma l’arrivo di Joshua interruppe la discussione.

- Bart, vieni con me, dobbiamo continuare a esercitarci. –

Con un sorriso orgoglioso Bart annuì, oltrepassandoli e marciando sulla neve accanto a Joshua fino a rientrare in casa.

Ashley li osservò finchè non sparirono dalla sua vista.

Bart e Oberon erano gli unici tra i suoi fratelli che prendessero costantemente le sue difese e l’affetto per loro andava oltre ogni dire.

 

 

Daniel strinse in un abbraccio fraterno prima Andrew e poi Oberon, prendendo posto tra di loro e osservando uno alla volta tutti coloro che erano già arrivati alla villa.

Elijah cercava di stemperare un po’ la tensione con i suoi racconti e qualche lieve sorriso lanciato di tanto in tanto, Celia e Leonel si affaccendavano in cucina come se l’idea di starsene con le mani in mano fosse assolutamente inconcepibile per loro, Elizabeth sedeva compostamente e si tormentava nervosamente le mani mentre ascoltava Cora che come al solito teneva banco con il racconto del suo ultimo viaggio, Ashley invece era salita al piano superiore per riprendere possesso della sua camera e lasciare lì i bagagli e non era ancora tornata di sotto. Ma la vera tensione era quella che si percepiva chiaramente tra Gideon e Leda, che si erano rivolti un tiepido cenno del capo per salutarsi e che avevano preso posto ai margini opposti del salone.

- E io che credevo che la parte imbarazzante non fosse ancora cominciata – mormorò Oberon.

- Non preoccuparti, credo proprio che le cose peggioreranno drasticamente nel corso dei prossimi minuti. –

C’erano troppe cose lasciate in sospeso tra loro, misteri e segreti mai confessati, rapporti mai del tutto chiariti e probabilmente anche una bella dose di sentimenti feriti. Non gli era sfuggito infatti come nell’abbraccio di Andrew ci fosse stata una certa freddezza, come se non gli avesse mai perdonato del tutto quella sensazione di abbandono che doveva aver provato quando ognuno di loro si era separato senza voltarsi indietro.

Si voltò proprio verso di lui quando aprì bocca nel tentativo di fare un po’ di conversazione.

- Oberon mi diceva che stai con un uomo nuovo, che tipo è? –

- Fabian è perfetto, una di quelle persone che danno tutto se stessi ed è sempre molto presente. –

Forse era lui che era un po’ emotivo in quel frangente, ma gli sembrava che in quelle ultime parole ci fosse un sottofondo d’accusa.

Rivolse un’occhiata interrogativa ad Oberon, che per tutta risposta si strinse nelle spalle come a dire che non voleva essere coinvolto in nessun dramma.

- Bene, è una bella cosa, sono contento che tu abbia trovato una persona con cui stai veramente bene e puoi essere del tutto te stesso. È quello che servirebbe un po’ a tutti noi. –

- È vero, ma non tutti hanno la costanza per mantenere un rapporto reciproco, ci sono fin troppe primedonne in questo mondo. –

Di nuovo anche se sapeva che non poteva riferirsi a lui si sentì toccato dalla cosa.

- Andrew, c’è qualcosa che vuoi dirmi? –

- No, figurati, cosa potrebbe mai esserci? –

Sospirò, lasciandosi ricadere contro l’alto schienale del divano.

Quel pomeriggio si prospettava più estenuante del previsto.

 

 

- Provaci di nuovo, Ash – la esortò Joshua.

Si concentrò sul volontario che le avevano portato quella mattina, cercando di attingere ai suoi ricordi più profondi per ricreare quelli che erano i suoi peggiori incubi e i suoi sogni più sfrenati. Assunse prima le sembianze di uno e poi dell’altro, osservando entrambe le reazioni del volontario; se in un primo momento si era rannicchiato nascondendosi e cercando di farsi più piccolo che poteva in un secondo momento la fissò con aria estasiata.

- Sembra un angelo. –

Sorrise, suo malgrado compiaciuta per il complimento ricevuto, e al cenno del mentore riacquistò le sue sembianze. Poteva essere l’incarnazione di un sogno oppure dell’incubo più spaventoso che la mente umana riuscisse a concepire; era due facce della medesima medaglia, l’incanto e il terrore, due mezzi potenti per spingere le persone a fare tutto ciò che lei desiderasse.

- Stai diventando sempre più brava nel controllare il glamour, l’illusione sembra quasi reale, con ancora un po’ d’allenamento diventerai perfetta. –

- Ma mai brava quanto Leda – constatò all’improvviso con amarezza.

- Leda ha una manipolazione mentale diversa dalla tua, incide sui pensieri e non sulle emozioni; per certi versi è più incisiva, ma la tua è comunque notevole. Nessuno di voi ha motivo d’invidiare gli altri, siete tutti fantastici a vostro modo. –

Certo dirlo era facile, ma farlo era tutt’altro. Mano a mano che crescevano finivano costantemente con l’entrare in rivalità e lei aveva eletto Leda a sua nemesi personale vista l’affinità dei loro doni.

 

 

Quando mise piede sull’Espresso per Hogwarts era consapevole delle innumerevoli occhiate che ricevevano, dopotutto ogni studente era a conoscenza di chi fossero i quattordici ragazzi di Joshua Patterson. Erano speciali, diversi da qualsiasi altro mago o strega, e spettava solo a loro decidere se avrebbero sfruttato la cosa per calcare le scene della popolarità scolastica o tenersi in disparte e finire con il sembrare degli asociali. Dal canto suo lei aveva le idee ben chiare, quella sarebbe stata la sua occasione per stringere amicizie che andassero al di là del gruppo con cui era cresciuta da sempre. Così quando decise quale scompartimento occupare finì con l’optare per uno che fosse piuttosto distante da quello che avevano scelto le sue sorelle putative. Hogwarts poteva essere una parte completamente diversa della sua vita, una che non avrebbe dovuto condividere per forza con loro.

 

 

- Sono arrivati anche loro -, annunciò la voce di Cora non appena ebbe aperto la porta della villa e si fu trovata davanti Viatrix e Bart, - ci siamo tutti perciò possiamo cominciare. –

Viatrix le rivolse un’occhiata perplessa mentre la seguiva all’interno della loro vecchia casa.

- Cominciare cosa? –

- Abbiamo pensato di organizzare un the con qualcosa da mettere sotto i denti. Immagino che siate arrivati sfruttando il tuo potere, perciò sarai molto stanca e avrai bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Puoi farlo mentre ci aggiorniamo tutti sulla nostra vita negli ultimi anni – concluse pratica.

Bart si chinò verso di lei, mormorandole all’orecchio: - Sono ancora in tempo per tornare indietro e presentarmi direttamente al funerale? –

Gli assestò una gomitata nelle costole.

- Sii gentile, Bart. –

- Io sono sempre gentile. –

- Certo, più o meno come il Platano Picchiatore. –

- Basta confabulare, voi due, venite a sedervi – ordinò Cora.

- Se lo chiedi così gentilmente è proprio impossibile rifiutare. –

Viatrix scosse il capo soffocando una risata.

Il solito vecchio Bart.

Si diressero verso il divanetto su cui alla fine si era accomodata Ashley; lei sedette sul bracciolo e la bionda invece si alzò in piedi per lasciare il posto a Bart e accomodarsi sulle sue gambe.

Fu Amos a dare voce alla considerazione che dovevano aver fatto un po’ tutti i presenti, perché con voce incredula chiese: - Tra voi le cose vanno ancora avanti? –

- Saltuariamente avanti -, precisò Bart, - e se fossi una persona emotiva questo tuo tono sorpreso potrebbe quasi ferirmi. –

- Fortuna che tu sia l’esatto contrario, no? –

Il moro rise gettando la testa all’indietro.

- Cristo santo, non ce l’avrai ancora con me per quella storia di Serena Branwell? Se non fossi stato io probabilmente sarebbe stato Daniel o magari Oberon, tu non eri semplicemente il tipo di persona adatta allo scopo. –

- E menomale che ti avevo chiesto di essere gentile – sospirò Viatrix, quando Amos serrò la presa sulla tazza di the tanto da far sbiancare le nocche.

Era evidente che si stesse sforzando di fare la persona civile, ma avesse una voglia matta di tirarla in testa a Bart.

- Avrei dovuto mentire gentilmente? –

- Io vado a prendere i biscotti – intervenne Leda, alzandosi in piedi e mettendo un temporaneo freno a quella discussione.

Gideon la imitò.

- Ti aiuto. –

 

 

- Hai saputo della discussione tra Elizabeth e Bart? –

Annuì distrattamente all’indirizzo di Daniel. Praticamente ogni singolo studente del quinto anno, e anche parecchi altri della scuola, aveva sentito di quella brutta litigata avvenuta al primo piano al termine della lezione di Trasfigurazione.

- Sai anche il motivo? –

- No, ma Celia ha una sua personale teoria. –

Questa volta decisamente più incuriosita si voltò verso la sorella putativa e inarcò un sopracciglio biondo perfettamente curato invitandola a riferirle la sua idea.

- Credo che Bart sia entrato in modalità iperprotettiva e le abbia fatto presente quanto non gli piaccia Adam. –

In effetti il nuovo fidanzato di Elizabeth non piaceva affatto neanche a lei, le suscitava una sensazione spiacevole che non riusciva a capire del tutto, ma non aveva alcun dubbio che il modo in cui Bart le aveva espresso le sue perplessità fosse stato tutt’altro che gentile.

- E la nostra Lizzie gli ha urlato contro? –

- Come una furia, faceva quasi paura, non sembrava nemmeno lei. –

Il che era proprio strano, specialmente perché agli occhi di Ash era più che chiaro che la sorella avesse da sempre una cotta colossale per lui.

- Sarà meglio che vada a cercare Bart prima che sfoghi la rabbia contro il primo che gli capita a tiro -, asserì alzandosi in piedi con un movimento fluido, - ci vediamo in Sala Grande per cena. –

 

 

Ashley venne attirata dal rumore che proveniva dai margini del lago nero e assecondò la sua curiosità raggiungendo la riva giusto in tempo per assistere a una discussione che vedeva coinvolte Viatrix, Elizabeth e un paio di studentesse dell’ultimo anno della sua Casa. Riconobbe all’istante tra quest’ultime il profilo alto e sinuoso della loro Caposcuola, la leader del manipolo di studentesse dell’ultimo anno che venivano chiamate “le perfide” dal resto della scuola, e non esitò nell’affiancarsi alle sorelle putative. Mise le mani sui fianchi, alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio con aria di sfida.

- Non avete nulla di meglio da fare che rompere le scatole al prossimo? –

- Non sono affari che ti riguardano, Thompson. –

- Ti sbagli, Brown. Se ce l’avete con Trix e Liz allora avete un problema anche con me. –

- E non credo proprio vi convenga avere un problema con noi – concluse una voce maschile, bassa e roca, che attirò automaticamente gli sguardi delle presenti.

Bart era appoggiato al tronco di un albero e le osservava con disinvoltura come se non le avesse appena minacciate ma si fosse limitato a constatare un’ovvietà.

Leticia Brown parve aver perso l’uso della parola, perché si limitò a girare i tacchi e allontanarsi seguita a ruota dalle sue piccole seguaci.

- Come mai da queste parti, Bart? –

- Andrew le ha viste discutere ed è venuto ad avvertirmi, ma a quanto pare la mia presenza non era necessaria perciò ora che è tutto risolto posso anche andarmene – concluse il sedicenne, voltando loro le spalle stando ben attento a non degnare nemmeno di un’occhiata Elizabeth.

Rimaste sole, Ashley si rivolse alla sorella con un sorriso eloquente.

- Potrete anche avercela a vicenda l’una con l’altro, ma come ti ho già detto lo scorso anno Bart ci sarà sempre, anche se a modo suo, per tutti noi. –

 

 

- Non c’era alcun bisogno che mi aiutassi, potevo pensarci da sola – decretò Leda quando arrivarono in cucina e cominciarono a sistemare i biscotti sul piatto da portata.

- Volevo farlo. –

- Gideon … -

- E volevo parlarti -, aggiunse in fretta, - perché c’é una domanda che ho bisogno di farti e che mi ha tormentato per tutto il volo. –

Smise di sistemare i biscotti e si voltò verso di lui, scrutandolo negli occhi verde chiaro prima di incrociare le braccia sotto al seno e appoggiarsi contro il bancone della cucina.

- Cosa vuoi chiedermi? –

- Mi odi? –

Odiarlo?

Non avrebbe mai potuto, così come non avrebbe mai potuto provare un sentimento del genere per nessuno dei suoi fratelli o delle sue sorelle.

- Certo che no, non ti odierei mai, ma non posso negare di essere rimasta molto ferita dal tuo comportamento. Sei sparito per quattro anni, Gideon, senza dire a nessuno dove andavi né il perché … abbiamo sempre parlato di tutto, mi sono confidata con te come con nessun altro in tutta la mia vita, e pensavo che tu sapessi di poter fare altrettanto con me. –

- Lo sapevo, ma … -

- Ma non l’hai fatto, hai preferito scappare senza dirmi una parola. Non una lettera, non una chiamata né un minimo accenno a dove fossi e a come stessi. Ero preoccupata, ho persino chiesto a Bart se potesse usare i suoi contatti per sapere dove fossi finito. È così che ho scoperto che eri in Senegal, ti rendi conto di quanto sia assurda questa cosa? –

Leda era un fiume in piena, gli riversava addosso tutta la preoccupazione che doveva averla attanagliata in quegli anni e il dolore che le aveva causato, così fece l’unica cosa che l’istinto gli gridava.

L’afferrò, cingendole la vita con le braccia, e l’attirò a sé stringendola in un abbraccio in cui cercò di mettere dentro tutte le parole, le scuse e le motivazioni che non aveva mai detto.

- Mi dispiace, puoi perdonarmi? –

Leda ricambiò la stretta, affondando il volto nell’incavo tra il collo e la spalla del ragazzo, e annuì in silenzio sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime che le erano salite agli occhi durante lo sfogo.

 

 

Accarezzò il petto muscoloso di Bart, soffermandosi in corrispondenza del tatuaggio che dal polso gli correva lungo tutto il braccio, sulla spalla e sulla clavicola fino a terminare all’altezza del pettorale destro. Lo osservò trattenere un fremito quando indugiò sul profilo dei muscoli definiti e non poté fare a meno si sorridere compiaciuta.

- Hai proprio deciso di partire? –

- Solo per qualche mese -, confermò pensierosa, - tanto per capire se a Parigi potrò effettivamente avere un futuro. Sono stanca di vivere bloccata qui come se fossi nulla più che un fenomeno da baraccone. –

- Allora ogni tanto dovrò mettere da parte il mio odio innato per i francesi e la loro pessima cucina e venire a trovare sia te che Oberon. –

- Voglio ben vedere -, asserì assestandogli un buffetto sul fianco, - o mi arrabbierò davvero moltissimo. –

- Che paura. –

Ridacchiò accettando il bacio di Bart e cingendogli le spalle mentre ricambiava con passione.

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Il POV è stato dedicato ad Ashley essenzialmente perché avevo tre personaggi con il medesimo numero di voti perciò mi sono affidata a randomizer e la sorte ha estratto lei. Premesso ciò, i nomi tra cui potete votare per il prossimo capitolo sono:

Viatrix;

Amos;

Leda;

Elijah.

Per ora è tutto.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

   
 
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