Capitolo
3
-
Congratulazioni, è una bellissima bambina. –
La
Medimaga porse la piccola alla madre, che la prese tra le braccia e la
strinse
a sé. Aveva corti capelli biondissimi e due occhi di un
singolare mix tra
l’azzurro, il verde e il grigio che sperò
ardentemente non mutassero colore nel
corso della crescita. Si diceva che tutti i neonati fossero belli, ma
doveva
riconoscere che sua figlia era nettamente superiore a qualsiasi altra
bambina
avesse mai visto prima d’allora. E la cosa assurda era che
non avrebbe mai
potuto tenerla con sé. Sapeva di quella particolare
congiunzione astrale già da
mesi, così come era a conoscenza
dell’identità dell’uomo che avrebbe
allevato i
quattordici bambini nati durante la congiunzione, ma ora che teneva la
piccola
tra le braccia non riusciva a capacitarsi
dell’ineluttabilità della cosa.
-
Come vuole chiamarla? –
Era
stata a lungo indecisa sul nome da darle, ma in quel momento seppe che
voleva
lasciare almeno qualcosa di lei a quella bambina, qualcosa a cui
aggrapparsi in
modo tale che avesse la consapevolezza che lei l’aveva sempre
amata e voluta. E
cosa poteva esserci meglio del suo nome?
-
Ashley. –
Elizabeth
percorse il corridoio principale lentamente, prendendosi
tutto il tempo del mondo per riassaporare la sensazione di essere a
casa. Per
anni aveva vissuto lì, occupando le sue giornate esercitando
il suo dono,
coltivando le arti magiche e vivendo a stretto contatto con quelle
persone che
erano diventate a tutti gli effetti la sua famiglia. E poi tutto era
finito, si
erano ritrovati sparsi in giro per il mondo e in molti casi senza alcun
contatto gli uni con gli altri. Eppure c’era voluta la morte
di Joshua, un
padre per tutti loro, per trascinarli nuovamente nelle rispettive vite.
-
In preda ai ricordi? –
Si
voltò verso la voce familiare e amichevole di Elijah,
accennando un sorriso.
-
Già, ne sono successe di cose qui dentro. –
-
Vero, qui ho preso il mio primo pugno. –
Elizabeth
rise.
Ricordava
bene quel giorno e ricordava che contro ogni
previsione non era stato Bart a fargli un occhio nero, ma Ashley.
-
Da quanto sei arrivato? –
-
Pochi minuti, ho appena lasciato Andrew in salotto con Leda
e Leonel. –
Questo
la sorprese. Aveva creduto che Andrew sarebbe arrivato
a Londra in compagnia di Bart e magari anche di Daniel, ma non certo
con
Elijah.
-
Lo so, anche io mi sono stupito di me stesso quando mi sono
presentato a casa sua, ma abitiamo nella stessa città e ho
pensato che fosse un
gesto carino data la situazione. –
-
Lo è stato di certo -, lo rassicurò, -
è solo che pensavo …
-
-
Che sarebbe arrivato con Bart – concluse per lei con un
sorrisetto comprensivo.
-
Già. –
Non
lo vedeva da anni e non si erano mai chiariti dopo la
discussione al quinto anno, temeva il momento in cui si sarebbero
ritrovati di
nuovo nella stessa stanza.
-
Come vanno le cose con Adam? –
Tentennò
prima di rispondere, ma alla fine si decise a
mentire.
-
Bene, va tutto alla grande. –
Ashley
avanzò lungo il corridoio deserto del primo piano alla
ricerca del loro tutore
e mentore, non trovandolo da nessuna parte, e lo chiamò a
gran voce senza
ottenere risposta. Quando alla fine si ritrovò fuori dalla
porta del suo
studio.
Bussò
piano, sentendo le voci all’interno tacitarsi
all’istante.
-
Joshua? –
L’uomo
aprì la porta, sorridendole affettuosamente malgrado
l’espressione tesa sul suo
volto.
-
Cosa c’è, Ash? –
-
Io e gli altri vogliamo noleggiare un film e fare i popcorn
… possiamo? –
-
Certo, ma spero che questa volta non finiate con il distruggere la
cucina. –
Gli
sorrise di rimando, scuotendo le onde bionde, - Non preoccuparti,
questa volta
ci supervisionerà Leda. –
-
Questo posto non è cambiato di una virgola –
sentenziò Celia
mentre armeggiava con gli utensili in cucina e metteva a scaldare
l’acqua per
il the.
Si
respirava un’aria carica di attesa e non c’era
nulla di
meglio che predisporre tutto per un’accoglienza il
più calorosa possibile, o
almeno questo era quello che aveva decretato Cora prima di spedirla
come al
solito ad occuparsi di tutto da sola.
Erano
cresciuti e le loro vite erano cambiate, ma di sicuro
l’atteggiamento
da primadonna della sorella putativa non era scomparso nel corso del
tempo e
anzi forse si era persino accentuato.
-
Cosa ti aspettavi? Joshua è sempre stato un sentimentale
–
rincarò la dose Leonel, che si aggirava per la casa come se
fosse del tutto
incapace di starsene con le mani in mano.
-
Non lo so nemmeno io con precisione, ma una parte di me
forse si aspetta ancora di vederlo comparire in salone da un momento
all’altro
e di coinvolgerci in uno dei suoi abbracci spaccaossa. –
-
Lo faceva sempre quando tornavamo per le vacanze estive. –
-
Già … i suoi incredibili ragazzi. –
-
Credi che al funerale ci saranno molte persone? –
Joshua
Patterson era sempre stato un uomo ligio al dovere, un
gran lavoratore e una mente di eminenza, ma non era mai stato un amante
della
mondanità.
-
Non ne sono sicura, ma più di ogni altra cosa mi piacerebbe
che fosse una cerimonia sentita, una di quelle in cui vengono le
persone che
davvero lo amavano e non solo chi lo conosceva di vista o per sentito
dire per
porgere condoglianze con una faccia rattristata che in
realtà è mera finzione. –
Il
fischio del bollitore annunciò che era tutto pronto e mise
fine alla conversazione.
-
Mi passi il vassoio e le tazze? –
-
Sei uno stupido – urlò contro Elijah, alzandosi di
scatto dalla panchina su cui
si era seduta per osservarli mentre giocavano a palle di neve, quando
una la
centrò di proposito in pieno volto finendo con il farla
rabbrividire.
-
Non l’ho fatto di proposito – mentì il
ragazzino.
-
Sei anche bugiardo oltre che stupido -, rilanciò, - ti ho
visto prendere la
mira. –
-
Ripetilo e te ne tirò un’altra – la
rimbeccò.
-
Non mi fai paura, stupido. –
Elijah
fece per lanciarle un’altra palla, ma questa si
sgretolò prima che potesse
colpirla grazie all’intervento di Elizabeth che attinse al
suo potere per
mettere fine alla discussione.
-
Non rovinate tutto -, intervenne con l’intento di fare da
paciere, - ci stavamo
divertendo e non c’è motivo di litigare.
–
-
Io non volevo litigare, ma Ash … -
-
Ha solo detto la verità, sei uno stupido –
concluse Bart, appoggiato contro la
corteccia della vecchia quercia secolare.
Elijah
fece per replicare che lo stupido era lui, e arrogante per giunta, ma
l’arrivo
di Joshua interruppe la discussione.
-
Bart, vieni con me, dobbiamo continuare a esercitarci. –
Con
un sorriso orgoglioso Bart annuì, oltrepassandoli e
marciando sulla neve
accanto a Joshua fino a rientrare in casa.
Ashley
li osservò finchè non sparirono dalla sua vista.
Bart
e Oberon erano gli unici tra i suoi fratelli che prendessero
costantemente le
sue difese e l’affetto per loro andava oltre ogni dire.
Daniel
strinse in un abbraccio fraterno prima Andrew e poi
Oberon, prendendo posto tra di loro e osservando uno alla volta tutti
coloro
che erano già arrivati alla villa.
Elijah
cercava di stemperare un po’ la tensione con i suoi
racconti e qualche lieve sorriso lanciato di tanto in tanto, Celia e
Leonel si
affaccendavano in cucina come se l’idea di starsene con le
mani in mano fosse
assolutamente inconcepibile per loro, Elizabeth sedeva compostamente e
si
tormentava nervosamente le mani mentre ascoltava Cora che come al
solito teneva
banco con il racconto del suo ultimo viaggio, Ashley invece era salita
al piano
superiore per riprendere possesso della sua camera e lasciare
lì i bagagli e
non era ancora tornata di sotto. Ma la vera tensione era quella che si
percepiva chiaramente tra Gideon e Leda, che si erano rivolti un
tiepido cenno
del capo per salutarsi e che avevano preso posto ai margini opposti del
salone.
-
E io che credevo che la parte imbarazzante non fosse ancora
cominciata – mormorò Oberon.
-
Non preoccuparti, credo proprio che le cose peggioreranno
drasticamente nel corso dei prossimi minuti. –
C’erano
troppe cose lasciate in sospeso tra loro, misteri e
segreti mai confessati, rapporti mai del tutto chiariti e probabilmente
anche
una bella dose di sentimenti feriti. Non gli era sfuggito infatti come
nell’abbraccio
di Andrew ci fosse stata una certa freddezza, come se non gli avesse
mai
perdonato del tutto quella sensazione di abbandono che doveva aver
provato
quando ognuno di loro si era separato senza voltarsi indietro.
Si
voltò proprio verso di lui quando aprì bocca nel
tentativo
di fare un po’ di conversazione.
-
Oberon mi diceva che stai con un uomo nuovo, che tipo è?
–
-
Fabian è perfetto, una di quelle persone che danno tutto se
stessi ed è sempre molto presente. –
Forse
era lui che era un po’ emotivo in quel frangente, ma gli
sembrava che in quelle ultime parole ci fosse un sottofondo
d’accusa.
Rivolse
un’occhiata interrogativa ad Oberon, che per tutta
risposta si strinse nelle spalle come a dire che non voleva essere
coinvolto in
nessun dramma.
-
Bene, è una bella cosa, sono contento che tu abbia trovato
una persona con cui stai veramente bene e puoi essere del tutto te
stesso. È quello
che servirebbe un po’ a tutti noi. –
-
È vero, ma non tutti hanno la costanza per mantenere un
rapporto reciproco, ci sono fin troppe primedonne in questo mondo.
–
Di
nuovo anche se sapeva che non poteva riferirsi a lui si
sentì toccato dalla cosa.
-
Andrew, c’è qualcosa che vuoi dirmi? –
-
No, figurati, cosa potrebbe mai esserci? –
Sospirò,
lasciandosi ricadere contro l’alto schienale del
divano.
Quel
pomeriggio si prospettava più estenuante del previsto.
-
Provaci di nuovo, Ash – la esortò Joshua.
Si
concentrò sul volontario che le avevano portato quella
mattina, cercando di
attingere ai suoi ricordi più profondi per ricreare quelli
che erano i suoi
peggiori incubi e i suoi sogni più sfrenati. Assunse prima
le sembianze di uno
e poi dell’altro, osservando entrambe le reazioni del
volontario; se in un
primo momento si era rannicchiato nascondendosi e cercando di farsi
più piccolo
che poteva in un secondo momento la fissò con aria estasiata.
-
Sembra un angelo. –
Sorrise,
suo malgrado compiaciuta per il complimento ricevuto, e al cenno del
mentore
riacquistò le sue sembianze. Poteva essere
l’incarnazione di un sogno oppure
dell’incubo più spaventoso che la mente umana
riuscisse a concepire; era due
facce della medesima medaglia, l’incanto e il terrore, due
mezzi potenti per
spingere le persone a fare tutto ciò che lei desiderasse.
-
Stai diventando sempre più brava nel controllare il glamour,
l’illusione sembra
quasi reale, con ancora un po’ d’allenamento
diventerai perfetta. –
-
Ma mai brava quanto Leda – constatò
all’improvviso con amarezza.
-
Leda ha una manipolazione mentale diversa dalla tua, incide sui
pensieri e non
sulle emozioni; per certi versi è più incisiva,
ma la tua è comunque notevole.
Nessuno di voi ha motivo d’invidiare gli altri, siete tutti
fantastici a vostro
modo. –
Certo
dirlo era facile, ma farlo era tutt’altro. Mano a mano che
crescevano finivano
costantemente con l’entrare in rivalità e lei
aveva eletto Leda a sua nemesi
personale vista l’affinità dei loro doni.
Quando
mise piede sull’Espresso per Hogwarts era consapevole delle
innumerevoli
occhiate che ricevevano, dopotutto ogni studente era a conoscenza di
chi
fossero i quattordici ragazzi di Joshua Patterson. Erano speciali,
diversi da
qualsiasi altro mago o strega, e spettava solo a loro decidere se
avrebbero
sfruttato la cosa per calcare le scene della popolarità
scolastica o tenersi in
disparte e finire con il sembrare degli asociali. Dal canto suo lei
aveva le
idee ben chiare, quella sarebbe stata la sua occasione per stringere
amicizie
che andassero al di là del gruppo con cui era cresciuta da
sempre. Così quando
decise quale scompartimento occupare finì con
l’optare per uno che fosse
piuttosto distante da quello che avevano scelto le sue sorelle
putative.
Hogwarts poteva essere una parte completamente diversa della sua vita,
una che
non avrebbe dovuto condividere per forza con loro.
-
Sono arrivati anche loro -, annunciò la voce di Cora non
appena ebbe aperto la porta della villa e si fu trovata davanti Viatrix
e Bart,
- ci siamo tutti perciò possiamo cominciare. –
Viatrix
le rivolse un’occhiata perplessa mentre la seguiva
all’interno
della loro vecchia casa.
-
Cominciare cosa? –
-
Abbiamo pensato di organizzare un the con qualcosa da
mettere sotto i denti. Immagino che siate arrivati sfruttando il tuo
potere,
perciò sarai molto stanca e avrai bisogno di mettere
qualcosa sotto i denti.
Puoi farlo mentre ci aggiorniamo tutti sulla nostra vita negli ultimi
anni –
concluse pratica.
Bart
si chinò verso di lei, mormorandole all’orecchio:
- Sono
ancora in tempo per tornare indietro e presentarmi direttamente al
funerale? –
Gli
assestò una gomitata nelle costole.
-
Sii gentile, Bart. –
-
Io sono sempre gentile. –
-
Certo, più o meno come il Platano Picchiatore. –
-
Basta confabulare, voi due, venite a sedervi –
ordinò Cora.
-
Se lo chiedi così gentilmente è proprio
impossibile rifiutare.
–
Viatrix
scosse il capo soffocando una risata.
Il
solito vecchio Bart.
Si
diressero verso il divanetto su cui alla fine si era
accomodata Ashley; lei sedette sul bracciolo e la bionda invece si
alzò in
piedi per lasciare il posto a Bart e accomodarsi sulle sue gambe.
Fu
Amos a dare voce alla considerazione che dovevano aver
fatto un po’ tutti i presenti, perché con voce
incredula chiese: - Tra voi le
cose vanno ancora avanti?
–
-
Saltuariamente avanti -, precisò Bart, - e se fossi una
persona
emotiva questo tuo tono sorpreso potrebbe quasi ferirmi. –
-
Fortuna che tu sia l’esatto contrario, no? –
Il
moro rise gettando la testa all’indietro.
-
Cristo santo, non ce l’avrai ancora con me per quella storia
di Serena Branwell? Se non fossi stato io probabilmente sarebbe stato
Daniel o
magari Oberon, tu non eri semplicemente il tipo di persona adatta allo scopo. –
-
E menomale che ti avevo chiesto di essere gentile –
sospirò Viatrix,
quando Amos serrò la presa sulla tazza di the tanto da far
sbiancare le nocche.
Era
evidente che si stesse sforzando di fare la persona
civile, ma avesse una voglia matta di tirarla in testa a Bart.
-
Avrei dovuto mentire gentilmente? –
-
Io vado a prendere i biscotti – intervenne Leda, alzandosi
in piedi e mettendo un temporaneo freno a quella discussione.
Gideon
la imitò.
-
Ti aiuto. –
-
Hai saputo della discussione tra Elizabeth e Bart? –
Annuì
distrattamente all’indirizzo di Daniel. Praticamente ogni
singolo studente del
quinto anno, e anche parecchi altri della scuola, aveva sentito di
quella
brutta litigata avvenuta al primo piano al termine della lezione di
Trasfigurazione.
-
Sai anche il motivo? –
-
No, ma Celia ha una sua personale teoria. –
Questa
volta decisamente più incuriosita si voltò verso
la sorella putativa e inarcò
un sopracciglio biondo perfettamente curato invitandola a riferirle la
sua
idea.
-
Credo che Bart sia entrato in modalità iperprotettiva e le
abbia fatto presente
quanto non gli piaccia Adam. –
In
effetti il nuovo fidanzato di Elizabeth non piaceva affatto neanche a
lei, le
suscitava una sensazione spiacevole che non riusciva a capire del
tutto, ma non
aveva alcun dubbio che il modo in cui Bart le aveva espresso le sue
perplessità
fosse stato tutt’altro che gentile.
-
E la nostra Lizzie gli ha urlato contro? –
-
Come una furia, faceva quasi paura, non sembrava nemmeno lei.
–
Il
che era proprio strano, specialmente perché agli occhi di
Ash era più che
chiaro che la sorella avesse da sempre una cotta colossale per lui.
-
Sarà meglio che vada a cercare Bart prima che sfoghi la
rabbia contro il primo
che gli capita a tiro -, asserì alzandosi in piedi con un
movimento fluido, -
ci vediamo in Sala Grande per cena. –
Ashley
venne attirata dal rumore che proveniva dai margini del lago nero e
assecondò
la sua curiosità raggiungendo la riva giusto in tempo per
assistere a una
discussione che vedeva coinvolte Viatrix, Elizabeth e un paio di
studentesse
dell’ultimo anno della sua Casa. Riconobbe
all’istante tra quest’ultime il
profilo alto e sinuoso della loro Caposcuola, la leader del manipolo di
studentesse dell’ultimo anno che venivano chiamate
“le perfide” dal resto della
scuola, e non esitò nell’affiancarsi alle sorelle
putative. Mise le mani sui
fianchi, alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio
con aria di sfida.
-
Non avete nulla di meglio da fare che rompere le scatole al prossimo?
–
-
Non sono affari che ti riguardano, Thompson. –
-
Ti sbagli, Brown. Se ce l’avete con Trix e Liz allora avete
un problema anche
con me. –
-
E non credo proprio vi convenga avere un problema con noi –
concluse una voce
maschile, bassa e roca, che attirò automaticamente gli
sguardi delle presenti.
Bart
era appoggiato al tronco di un albero e le osservava con disinvoltura
come se
non le avesse appena minacciate ma si fosse limitato a constatare
un’ovvietà.
Leticia
Brown parve aver perso l’uso della parola, perché
si limitò a girare i tacchi e
allontanarsi seguita a ruota dalle sue piccole seguaci.
-
Come mai da queste parti, Bart? –
-
Andrew le ha viste discutere ed è venuto ad avvertirmi, ma a
quanto pare la mia
presenza non era necessaria perciò ora che è
tutto risolto posso anche
andarmene – concluse il sedicenne, voltando loro le spalle
stando ben attento a
non degnare nemmeno di un’occhiata Elizabeth.
Rimaste
sole, Ashley si rivolse alla sorella con un sorriso eloquente.
-
Potrete anche avercela a vicenda l’una con l’altro,
ma come ti ho già detto lo
scorso anno Bart ci sarà sempre, anche se a modo suo, per
tutti noi. –
-
Non c’era alcun bisogno che mi aiutassi, potevo pensarci da
sola – decretò Leda quando arrivarono in cucina e
cominciarono a sistemare i
biscotti sul piatto da portata.
-
Volevo farlo. –
-
Gideon … -
-
E volevo parlarti -, aggiunse in fretta, - perché
c’é una
domanda che ho bisogno di farti e che mi ha tormentato per tutto il
volo. –
Smise
di sistemare i biscotti e si voltò verso di lui,
scrutandolo negli occhi verde chiaro prima di incrociare le braccia
sotto al
seno e appoggiarsi contro il bancone della cucina.
-
Cosa vuoi chiedermi? –
-
Mi odi? –
Odiarlo?
Non
avrebbe mai potuto, così come non avrebbe mai potuto
provare un sentimento del genere per nessuno dei suoi fratelli o delle
sue
sorelle.
-
Certo che no, non ti odierei mai, ma non posso negare di
essere rimasta molto ferita dal tuo comportamento. Sei sparito per
quattro
anni, Gideon, senza dire a nessuno dove andavi né il
perché … abbiamo sempre
parlato di tutto, mi sono confidata con te come con nessun altro in
tutta la
mia vita, e pensavo che tu sapessi di poter fare altrettanto con me.
–
-
Lo sapevo, ma … -
-
Ma non l’hai fatto, hai preferito scappare senza dirmi una
parola. Non una lettera, non una chiamata né un minimo
accenno a dove fossi e a
come stessi. Ero preoccupata, ho persino chiesto a Bart se potesse
usare i suoi
contatti per sapere dove fossi finito. È così che
ho scoperto che eri in
Senegal, ti rendi conto di quanto sia assurda questa cosa? –
Leda
era un fiume in piena, gli riversava addosso tutta la
preoccupazione che doveva averla attanagliata in quegli anni e il
dolore che le
aveva causato, così fece l’unica cosa che
l’istinto gli gridava.
L’afferrò,
cingendole la vita con le braccia, e l’attirò a
sé stringendola
in un abbraccio in cui cercò di mettere dentro tutte le
parole, le scuse e le
motivazioni che non aveva mai detto.
-
Mi dispiace, puoi perdonarmi? –
Leda
ricambiò la stretta, affondando il volto
nell’incavo tra
il collo e la spalla del ragazzo, e annuì in silenzio
sforzandosi di ricacciare
indietro le lacrime che le erano salite agli occhi durante lo sfogo.
Accarezzò
il petto muscoloso di Bart, soffermandosi in corrispondenza del
tatuaggio che
dal polso gli correva lungo tutto il braccio, sulla spalla e sulla
clavicola
fino a terminare all’altezza del pettorale destro. Lo
osservò trattenere un
fremito quando indugiò sul profilo dei muscoli definiti e
non poté fare a meno
si sorridere compiaciuta.
-
Hai proprio deciso di partire? –
-
Solo per qualche mese -, confermò pensierosa, - tanto per
capire se a Parigi
potrò effettivamente avere un futuro. Sono stanca di vivere
bloccata qui come
se fossi nulla più che un fenomeno da baraccone. –
-
Allora ogni tanto dovrò mettere da parte il mio odio innato
per i francesi e la
loro pessima cucina e venire a trovare sia te che Oberon. –
-
Voglio ben vedere -, asserì assestandogli un buffetto sul
fianco, - o mi arrabbierò
davvero moltissimo. –
-
Che paura. –
Ridacchiò
accettando il bacio di Bart e cingendogli le spalle mentre ricambiava
con
passione.
Spazio
autrice:
Salve!
Il
POV è
stato dedicato ad Ashley essenzialmente perché avevo tre
personaggi con il
medesimo numero di voti perciò mi sono affidata a randomizer
e la sorte ha
estratto lei. Premesso ciò, i nomi tra cui potete votare per
il prossimo
capitolo sono:
Viatrix;
Amos;
Leda;
Elijah.
Per
ora è
tutto.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary