Libri > Forgotten Realms
Segui la storia  |       
Autore: NPC_Stories    03/04/2019    3 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1361 DR: Punti di forza


“Tornerai a Myth Dyraalis? Di nuovo?” Johel si tolse l’arco dalla spalla e facendo leva con una gamba curvò l’asta di legno flessibile, per sganciare la corda tesa con una manovra fluida ed esperta.
Il suo amico dalla pelle nera si limitò a scrollare le spalle, per minimizzare la cosa.
“Che te ne frega? Due giorni ogni due settimane, è un diritto di tutti e ne sto semplicemente usufruendo.”
L’elfo dei boschi lo guardò di sottecchi. “Ho la sensazione che tu mi nasconda qualcosa.”
Daren decise di non rispondere, perché se gli avesse dato corda sarebbe stato peggio. Non voleva dargli l’impressione che l’argomento fosse importante.
Johel però sapeva essere insistente come una zecca.
“Non ti è mai piaciuto andare a Myth Dyraalis.”
“Forse mi sto semplicemente ambientando. È quello che tutti mi hanno sempre chiesto di fare, no?”
“Ma finora non l’avevi fatto.” Insistette il ranger. “Anzi, mi ero quasi convinto… davo per scontato che più una cosa ti venisse sollecitata, meno tu fossi bendisposto a farla.”
“Esiste un momento in cui si è sicuri di aver dimostrato la propria indipendenza, e insistere diventa solo uno sciocco capriccio. Sono certo che tuo padre, per dirne una, non osi nemmeno sperare che io mi stia integrando perché lui me l’ha ordinato.”
“Ah, bene, allora siamo al punto.” Johel sorrise come un gatto che ha preso il topo. “Se non per richiesta della nostra gente, perché ti stai integrando?”
Daren lo guardò con sufficienza. L’elfo poteva avere la logica dalla sua, ma ogni drow sa che mentire fino alla fine può essere una tecnica. “Perché… non vedo una ragione per non farlo. Dopotutto ora siamo qui. Forse ci resteremo per mesi, o anni. Potremmo anche allontanarci, ma alla fine torneremo qui. È casa tua… e so che più gli anni passano e più senti il richiamo delle tue radici. Verrà un giorno in cui vorrai fermarti qui e farti una vita. Devo prepararmi per quel giorno.”
“Stai dicendo che ti stai aprendo alla vita sociale perché io sto invecchiando?” Johel era così basito che per poco l’arco non gli cadde dalle mani. “Dovrei… commuovermi perché vedi il tuo futuro qui, con i tuoi amici? Oppure dovrei sentirmi offeso perché mi hai dato del vecchio abitudinario?”
Daren gli rispose con un sorriso enigmatico che probabilmente voleva dire 'entrambe le cose'.
“Dannato drow” borbottò Johel “sei nato sottoterra, sei diventato un… no, due alberi, e parli a me di radici!”
“Non sono mai diventato un albero, stupido elfo, c’è soltanto una vaga impronta della mia anima in quei… oh, vai a baciare una pigna!” Daren raccolse da terra uno strobilo e lo lanciò verso la testa dell’amico. Purtroppo era così leggero che il lancio risultò troppo corto.
In quel momento il loro capopattuglia, un vecchio elfo di nome Suiauthon Arnavel, venne a sollecitare i preparativi per la partenza.
“Ragazzi, ragazzi” dall’alto dei suoi cinquecento anni trattava tutti i guerrieri come ragazzini, tranne Tazandil, anche se li separava circa un secolo d’età. Nessuno trattava il ranger capo con condiscendenza. “Smettete di fare baruffa. Vi è stata accordata una licenza, ma se non partirete entro il tramonto dovrò dedurre che avete cambiato idea e volete restare qui.”
L’anziano guerriero poteva sembrare benevolo, ma dietro il suo sorriso amichevole si nascondeva un’anima di ferro. Johel e Daren smisero all’istante di discutere, raccolsero le loro cose e lasciarono il campo prima di avere il tempo di dire arrivederci. Alcuni altri elfi erano diretti verso la città o verso i rispettivi villaggi, ma la maggior parte si sarebbe spostata per raggiungere un altro accampamento di sorveglianza, secondo lo schema delle pattuglie mobili della foresta di Sarenestar.
Pilindiel e Nelaeryn, due vecchi amici di Johel, si trovarono a fare la strada insieme a loro. Molti anni prima i quattro avevano affrontato una terribile minaccia insieme, e da allora si erano sempre trovati bene a combattere in concerto. Spesso venivano assegnati allo stesso gruppo di pattuglia. Daren aveva notato che di recente Pilindiel gli lanciava delle strane occhiate. Lei sapeva della sua storia con Amaryll, e sicuramente si chiedeva come mai non fosse ancora di dominio pubblico. Però non era stata così indiscreta da chiederglielo direttamente, e il drow non aveva alcuna intenzione di fornire risposte senza che gli venissero fatte domande.
La città distava circa sei ore di cammino, e per un po' procedettero in silenzio.

Sulla via per Myth Dyraalis scoprirono una piccola banda di hobgoblin che sperava di stanziarsi in una macchia di aceri rossi, guidati dal loro sacerdote. Daren sapeva che i gobliniodi vivevano più spesso al confine con le montagne, questi dovevano avere i loro motivi per arrischiarsi nella foresta, che oltre agli elfi ospitava anche parecchi mostri.
Il sacerdote stava dando indicazioni ai suoi sottoposti accompagnandosi con ampi gesti delle braccia, ma tutti cercavano di tenere bassa la voce. Inutilmente. Una pioggia di frecce elfiche, precise come la morte, ne falciò una dozzina in pochi secondi. Gli ultimi tre se la diedero a gambe per tornare da dove erano venuti.
Daren non era un gran sostenitore del metodo prima uccidi e poi fai domande, ma aveva una lunga esperienza in fatto di hobgoblin e non ne aveva mai conosciuto uno che fosse diverso dalla norma: creature intelligenti, più organizzate dei goblin, ma ugualmente spietate e assetate di sangue. Sapeva del loro amore per il colore rosso, il colore del sangue e della guerra. Se si erano accampati sotto quegli aceri probabilmente avevano mire espansionistiche nella foresta. Adesso l’unico sangue che avrebbe annaffiato il terreno sarebbe stato il loro.
Nelaeryn e Pilindiel sparirono in avanscoperta come se fossero stati inghiottiti dalla foresta. Era incredibile il modo in cui i ranger dei boschi sapevano mimetizzarsi con l’ambiente, spesso nemmeno la vista acuta del drow riusciva a distinguerli quando erano in caccia. Johel gli fece cenno con la mano di restare dov’era, poi sparì a sua volta. Era una tattica che avevano testato molte volte. Due o tre persone esploravano i dintorni, una rimaneva sul posto nel caso in cui arrivassero altri mostri. Per Daren non era un problema fare da esca. Con l’indice e il medio pizzicò la corda del suo arco, e una freccia di luce gli comparve in mano per magia. Non aveva intenzione di scagliarla, voleva solo rendersi un bersaglio facile nella foresta immersa nel buio della notte.
Non arrivò nessuno.
Pochi minuti dopo sentì in lontananza rumore di battaglia e il ringhio di una bestia, e decise di lasciare la postazione per andare a vedere cosa stesse succedendo.

Nelaeryn e Johel stavano combattendo contro due grossi felini. Sembravano pantere, ma il loro corpo era angoloso, quasi troppo magro; sarebbero apparse come creature naturali, se non fosse stato per le sei zampe dotate di lunghi artigli e per i due grossi tentacoli che partivano dalle scapole e terminavano in spinose sporgenze cornee.
Belve distorcenti pensò il drow, riconoscendo all’istante quelle creature. Incoccò nuovamente la freccia fatta di pura energia e mirò a una delle due bestie, puntando al centro del corpo. Non sarebbe stato un colpo di precisione, ma non voleva rischiare. Le belve distorcenti avevano la capacità sovrannaturale di apparire sempre in una posizione sfasata rispetto a dov’erano veramente, come per una sorta di illusione, quindi ferirle era molto difficile.
Pilindiel ci riuscì. Daren non sapeva dove fosse l’elfa, ma la sua freccia trafisse uno dei tentacoli della bestia che stava incalzando Nelaeryn. Un ruggito di dolore trafisse l’aria calma, poi la freccia del drow trovò il bersaglio e si piantò nel fianco della stessa creatura. Johel stava combattendo da solo contro la seconda belva distorcente. Il fine udito elfico non si lasciava ingannare dalle illusioni del feroce predatore, i passi felpati delle sei grandi zampe facevano crepitare l’erba secca rivelando la sua vera posizione.
Il drow sapeva che Johel non aveva davvero bisogno di aiuto, lui stesso aveva combattuto bestie simili in passato, quando era molto meno esperto del ranger elfo. Qualcosa però non gli suonava giusto, in quelle creature.
Sono troppo piccole realizzò, guardandole bene. Magari nel Buio Profondo i mostri sono più grandi dei loro simili di Superficie? Ma non ha senso! No… sono piccole, due piccoli esemplari maschi, notò, con la sua vista acuta. Fratelli? C’è la loro madre, da qualche parte?
In quel momento una voce femminile gridò. Un urlo che finì in un suono gorgogliante, poi un tonfo.
Riconoscendo la voce della moglie, Nelaeryn mollò tutto e corse in direzione dell’urlo. Non era un comportamento regolare per un guerriero, ma era più che naturale per un innamorato.
Johel capì al volo cosa stesse accadendo e si spostò in modo da poter coprire la ritirata del suo amico, impegnando entrambe le bestie. Una sfida che poteva essere un po’ troppo anche per lui, ma l’abile guerriero dimostrò subito di saper gestire la battaglia, almeno per scopi difensivi. Daren era più preoccupato per Pilindiel e Nelaeryn. Sapeva che i due erano ranger addestrati e che l’elfa era letale con l’arco, ma le belve distorcenti avevano una loro rudimentale furbizia ed erano maestre nel cacciare in branco; dopotutto la capobranco aveva mandato avanti i suoi cuccioli e aveva aggirato gli elfi, e loro non se n’erano accorti.
Femmine. Sono sempre le più pericolose! sbuffò il drow. Imbracciò di nuovo l’arco e piantò quattro frecce nella schiena del felino più malridotto, uccidendolo. A Johel ora rimaneva davanti un solo nemico, e Daren era convinto che potesse cavarsela da solo. Si mosse rapidamente verso destra per aggirare il combattimento e raggiungere gli altri due, impegnati contro la bestia più grande. Nel farlo, per poco non inciampò nel cadavere di un hobgoblin dilaniato da qualcosa che non erano frecce elfiche, ma sembravano piuttosto grossi artigli. Capì all’istante che quelle fiere probabilmente seguivano il gruppetto da giorni, e forse era a causa loro che gli hobgoblin avevano lasciato il loro territorio.
Nelaeryn stava combattendo bene. Il drow se lo aspettava, l’elfo a volte poteva sembrare indolente, ma combatteva sempre bene quando si trattava di proteggere sua moglie, o di mettersi in competizione con lei. Adesso era decisamente il primo caso, visto che Pilindiel era semi-svenuta. Daren capì con una sola occhiata che il ranger non aveva nessuna speranza da solo; la belva distorcente era una femmina anziana, coperta di cicatrici, veterana di molte battaglie. Riagganciò l’arco alla spalla e sfoderò la sua spada bastarda, un’arma sempre assetata del sangue delle creature malvagie. Nonostante quei grossi felini sembrassero animali, erano creature innaturali e dotate di una lucida perfidia.
Pilindiel giaceva a terra, con la schiena sanguinante. Fino a poco prima si trovava su un ramo basso per poter mirare meglio alle due bestie che avevano attaccato i suoi amici, ma la capobranco l'aveva colpita alle spalle, agganciando l'esile elfa con uno dei suoi tentacoli uncinati e trascinandola a terra. La ranger aveva preso una bella botta in testa e la ferita alla schiena le impediva di usare al meglio il suo arco, quindi si era trovata impotente davanti all'enorme bestia. Nelaeryn era intervenuto per difenderla e in quel modo le aveva salvato la vita, ma in realtà stava solo posticipando la fine per entrambi.
Pilindiel, ostinata guerriera, stava cercando di rialzarsi nonostante la ferita. Il primo istinto di Daren sarebbe stato mettersi fra lei e la bestia e aiutare Nelaeryn, ma esitò. L’arciera non era una fanciulla in difficoltà, era una ranger esperta che meritava il suo rispetto. Le passò accanto e le porse una mano per aiutarla a rialzarsi. L’elfa accettò il suo sostegno, e non si stupì quando un’ondata di energia di guarigione le attraversò il corpo, chiudendo in pochi secondi le sue brutte ferite. Rivolse al drow solo un cenno d’assenso, riconoscendo e accettando la sua decisione. Forse lui avrebbe potuto farsi avanti e mettere in seria difficoltà quel mostro, aiutare Nelaeryn… ma l’elfo dei boschi era il marito di Pilindiel e quella era la loro battaglia. La donna si chinò per recuperare arco e frecce e non si disturbò nemmeno a rialzarsi. Dalla sua posizione inginocchiata, tenendo l’arco in orizzontale, riuscì a far partire una freccia che passò esattamente fra le gambe di Nelaeryn e si conficcò in una delle grosse zampe della belva distorcente.
Questo riuscì a distrarre il mostro per una frazione di secondo, ma fu sufficiente perché Nelaeryn riuscisse a portare avanti un affondo con successo. L’affilata spada elfica penetrò nella spalla della belva simile a una pantera, recidendo pelle e muscoli. Il predatore ringhiò e fece un balzo indietro, sembrando sulla difensiva, ma Daren sapeva che era una finta. Conosceva quella mossa, siccome una volta lui stesso ne aveva subito gli effetti. La bestia stava digrignando i denti, in modo da focalizzare l’attenzione del suo nemico sul suo muso, sulle pericolose fauci. Un combattente avrebbe pensato di aver messo in difficoltà il mostro e di doversi aspettare un morso, non appena il felino avesse ripreso coraggio per avanzare. Invece l’attacco sarebbe arrivato dall’alto, dai tentacoli che partivano dalle scapole e che una belva distorcente sapeva manovrare meglio dei suoi stessi arti.
“Sopra di te!” provò a gridare, e si lanciò in avanti per aiutare l’amico. La spada bastarda roteò e riuscì a bloccare uno dei due tentacoli colpendo l’estremità cornea e irta di spuntoni, ma vista la sua posizione precaria non aveva colpito abbastanza forte da spaccare o ferire quella pericolosa arma naturale. Nelaeryn, messo in allarme dal suo grido, riuscì in qualche modo ad evitare l’altro tentacolo, che colpì il suolo alla sua destra e arò il terreno per quasi mezzo metro prima di rialzarsi. L’elfo impallidì pensando a cosa sarebbe successo se la bestia avesse colpito la sua testa con quella cosa.
“Una di queste mi ha quasi ucciso, una volta” lo informò Daren. Sapeva che l’elfo aveva una grande stima delle sue abilità da guerriero, quindi lo disse apposta per renderlo consapevole del pericolo. Evitò di rivelare che era successo più di cent’anni prima, quando il drow non era più esperto di un soldato qualsiasi. Voleva che il ranger fosse più prudente possibile.
Una selva di frecce volò oltre la loro posizione, sibilando, appena due spanne sopra le loro teste. Erano troppe perché le avesse scoccate Pilindiel da sola, Johel doveva aver terminato il suo nemico ed essersi unito all’arciera. Metà delle frecce mancarono il bersaglio, perché i poteri illusori del mostro lo proteggevano ancora. Una però riuscì a conficcarsi dritta in un occhio del felino. Daren riconobbe una freccia dalle piume nere, il marchio di Pilindiel.
Avrei dovuto scommetterci dei soldi, pensò con rammarico, ma dopotutto nessuno avrebbe scommesso contro.
La freccia evidentemente non era penetrata abbastanza in fondo da danneggiare il cervello, ma la bestia ruggì di dolore e fece un balzo indietro, stavolta per scappare sul serio. Gli elfi non potevano lasciarla andare, una fiera di quelle dimensioni e malamente ferita poteva essere un pericolo per chiunque.
Per il drow, l'inseguimento durò solo pochi minuti, ma fu comunque sfiancante. I ranger conoscevano bene la foresta e riuscirono a spingere la belva verso una zona invasa da rovi e sottobosco, sperando che la cosa la rallentasse. Daren non riuscì a stargli dietro. Non aveva mai imparato a muoversi nella foresta velocemente come loro, rischiava continuamente di mettere un piede in fallo su una pietra instabile o di inciampare in una radice invisibile sotto il tappeto di aghi secchi o foglie morte. Lasciò che lo superassero, e in breve li perse di vista. I lamenti lontani della belva distorcente gli indicavano più o meno la direzione, ma nella foresta poteva esserci una strana eco. Dopo meno di un minuto decise di lasciar perdere. I tre elfi dei boschi potevano di certo cavarsela da soli, ora che conoscevano meglio la preda.
Tornò indietro fino al luogo dello scontro. C’era ancora qualcosa che poteva fare per rendersi utile, pensò, studiando i cadaveri dei due mostri più piccoli.

Daren aprì il suo pratico zaino magico, che poteva contenere molte più cose di quanto le sue dimensioni lasciassero intendere, e ne estrasse un pacchettino di cuoio. In realtà era un astuccio ripiegato su se stesso che conteneva affilati coltelli e altri attrezzi da lavoro necessari a scuoiare un animale.
Lavorò per un’oretta. Alla fine anche gli altri elfi tornarono sul luogo dello scontro.
“Quella bestia ci è sfuggita” si lamentò Johel. “La foresta di notte è troppo buia perfino per i nostri occhi.”
“Mi dispiace. Sono creature pericolose, sarebbe stato meglio ucciderla.” Sospirò il drow.
“Avresti potuto seguirci” protestò Nelaeryn.
“Ci ho provato. Purtroppo non sono rapido come voi quando si tratta di muovermi fra le erbacce.”
“Hai ragione” ammise Johel, con rammarico “a volte dimentico che non sei un vero ranger. Va bene, dovremo avvertire la città che c’è ancora una bestia pericolosa in circolazione.”
Vedendo quello che Daren stava facendo, i suoi compagni si misero a lavorare sull’altra belva distorcente morta. In pochi minuti gli abili cacciatori finirono di scuoiarla. Il drow in quel momento provò una punta di invidia per la loro maestria; Johel gli aveva insegnato i rudimenti, ma Daren ci aveva messo un’ora a fare quel che loro avevano fatto in dieci minuti.
“Pensi che ne verrà qualcosa di utile?” chiese Johel, caricandosi in spalla una pelle arrotolata.
“Ne sono sicuro” affermò l’elfo scuro. “Se c’è un conciatore degno di questo nome a Myth Dyraalis, potremmo ricavarne degli oggetti incantati. Alcune capacità magiche delle creature possono essere cristallizzate nelle loro pelli o in altre parti del corpo.”
Il suo pensiero volò indietro negli anni, quando lui stesso aveva lavorato nella bottega di un conciatore di pelli. Conosceva le sostanze per fissare la magia nelle pelli, ed erano quasi tutte velenose, se usate nel modo sbagliato.
O nel modo giusto, a seconda dell’obiettivo…
Lasciò che Nelaeryn prendesse l’altra pelle. Preferiva tenersi le mani libere, nel caso in cui fossero attaccati di nuovo.

Arrivarono alla città segreta che era già notte inoltrata. Pilindiel e Nelaeryn si diressero subito verso la loro casa, com’era prevedibile. Johel mostrò a Daren la bottega del conciatore, che era sempre aperta anche quando era vuota, come in quel momento. Non c’era un proprietario ufficiale, solo un artigiano esperto che ci lavorava alcune ore al giorno. Per il resto si configurava come una zona di lavoro comune, in cui qualunque cacciatore poteva andare e lavorare le pelli delle sue prede, o lasciarle sotto sale se intendeva chiedere al conciatore di farlo al suo posto. Non c’erano orari per quel lavoro, quindi la gente andava e veniva come voleva.
Le sostanze tossiche erano sotto chiave, in un armadietto posto fuori dalla portata dei bambini. Una scelta molto saggia, secondo il drow.
“Dobbiamo lavorarci noi? Adesso?” Domandò l’elfo biondo, con una punta di ansia nella voce.
“No, mettiamo le pelli sotto sale e basta. Se ci lavorassimo stanotte, domattina saremmo ancora qui, e puzzeremmo come una fogna.”
“E tu non puoi permetterti una cosa del genere” insinuò Johel con un sorriso sornione.
“Lo sai che quando si tratta di sporcarsi sono schizzinoso come qualsiasi altro drow” ammise Daren senza scomporsi. Aveva raggiunto i suoi limiti di tolleranza verso puzza e liquami quando era bambino, e in seguito aveva scelto di diventare un guerriero per non dover mai più ripetere certe esperienze.
“Il tuo è un ragionamento generale? Oppure adesso hai qualche motivo particolare…?”
Sei parecchio insistente, dannato biondino testa di paglia! rimuginò con fastidio. Sapeva che l’amico stava cercando di riprendere il discorso di alcune ore prima, quello sul motivo che lo portava così spesso a Myth Dyraalis.
Se duecento anni prima qualcuno gli avesse parlato in quel modo, Daren avrebbe soppesato attentamente le parole e forse avrebbe cercato di minimizzare la cosa. Oppure no. Forse avrebbe reagito con rabbia a malapena trattenuta, per indurre il suo interlocutore a credere di aver centrato un punto debole che non c’era. Ma adesso l’elfo scuro non viveva più in mezzo ai suoi simili, e Johel non stava sondando le sue reazioni per cercare un punto debole, lo stava solo punzecchiando perché era curioso.
Il problema era che non sapeva bene cosa rispondere. Non voleva che l’elfo scoprisse che si vedeva con Amyl, un contatto occasionale era comprensibile, ma ora i loro incontri si stavano facendo fin troppo regolari. Johel ci avrebbe visto qualcosa che non c’era, come tutti.
O forse no? Dopotutto, chi meglio di lui capisce il concetto di avventure senza impegno?
Il drow mise da parte i suoi dubbi, perché non aveva tempo di considerarli adesso.
“Vuoi davvero che entri nella casa di tua madre con gli abiti più lerci di quanto non lo siano già?” Domandò invece, deviando la conversazione verso il terreno solido del pragmatismo.
“Ah… non hai tutti i torti. Andiamo al torrente, prima di rientrare.” Propose l’elfo. “E se avrai voglia di dirmi qualcosa, lo farai a suo tempo. Avrai due settimane per pensarci.”
Daren sollevò le sopracciglia candide in una muta domanda.
“Ho fatto richiesta di fare un turno di guardia in città, quindi per le prossime due settimane saremo separati.”
“Oh no!” Daren si portò una mano al petto. “Il mio povero cuore!”
L’elfo alzò gli occhi al cielo e cominciò a fare strada verso il ruscello.
“Dovrò pur stare con mia figlia, ogni tanto.”
“Ma sì, non devi rendere conto a me.” Daren si strinse nelle spalle, di nuovo serio. “Certo che devi passare tempo con Jaylah. Io me la caverò, ormai ho socializzato anche con gli altri ranger.”
“Ah-ah” Johel agitò un dito, come se l’avesse colto in fallo. “In realtà quasi tutti pensano che tu sia uno stronzo, sgarbato, provocatore, e aggiungerei un ribelle pignolo che si comporta come se le regole si applicassero solo agli altri, cosa che ti rende ancora più odioso.”
Daren rifletté su quelle parole amare, adombrandosi.
“Le regole si applicano solo alle persone che non hanno abbastanza forza d’animo, buonsenso e intelligenza da sapere cosa fare senza una guida.” Chiarì, con aria di superiorità. “Non è colpa mia se pochi ranger in questa foresta rispondono ai requisiti minimi.”
Johel sospirò, buttando di nuovo gli occhi al cielo.
La maggior parte degli elfi e degli gnomi di Myth Dyraalis credevano che il drow fosse un egocentrico pallone gonfiato che non vedeva i propri limiti. In realtà li vedeva molto bene, ma raramente si metteva in situazioni che potessero esporre i suoi punti deboli. Per esempio, pattugliare la foresta non era una di quelle situazioni. Combattere era facile, e il guerriero era anche fastidiosamente consapevole dei suoi punti di forza.
“Ma senti un po’, che vuoi dire quasi tutti?” Daren lanciò a Johel uno sguardo sospettoso. “Mi domando dov’è che ho sbagliato.”

           

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: NPC_Stories