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Autore: Diletta_86    07/04/2019    0 recensioni
La perdita di così tanti volti amici, di un altro figlio, rende inevitabile fare i conti col passato, col dolore e con le emozioni represse. Ogni perdita porta ad un cambiamento e Carol e Daryl sono i primi ad accorgersene, i primi ad avvertirne il peso.
( Spoiler per la 9.15 )
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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La conversazione chiuse la giornata. Ed in quelle successive Daryl fece il possibile per tenere in piedi il regno, convinto che fosse imprudente avventurarsi lungo il cammino fino ad Hilltop, o addirittura fino ad Alexandria col meteo che andava peggiorando.  Così mentre Carol cercava di mantenere unito il proprio popolo, Daryl riparava tubazioni ed accumulava scoiattoli con estenuanti caccie notturne, pensate appositamente per non pensare agli innumerevoli tentativi del Re di riconquistarla.  Tentativi che l’insicurezza con la quale Daryl conviveva impediva di vedere quanto irritassero Carol.  Tant’è che l’aveva trovata accoccolata sugli scalini del suo alloggio, in attesa o semi addormentata almeno una sera ogni due. Qualcosa si era rotto tra lei ed il re, solo che lui era incapace di vedere che cosa.

Alla fine di ottobre il clima era ormai insopportabile: acquazzoni continui rendevano impossibile coltivare qualcosa, riempivano l’aria di umidità e non c’era verso di scaldarsi nei vecchi spazi di quella che era stata una scuola superiore e che ora chiamavano “Regno.”

Il tracollo definitivo avvenne proprio nel giorno in cui prima dell’apocalisse in America si festeggiavano gli spiriti. Halloween.  Daryl fu svegliato dal baccano in strada sotto le sue finestre. Saltò giù dal letto, vestendosi lungo la strada, convinto che alla fine quella pazza senza capelli fosse tornata a pretendere chissà ché.  Appena all’esterno tuttavia si trovò davanti a quello che sembrava in tutto e per tutto un linciaggio. I sudditi del regno stavano inveendo contro qualcuno, circondandolo lentamente e inesorabilmente ad ogni passo. Come al solito di Ezekiel in queste circostanze neppure l’ombra.  Le persone si lamentavano del fatto che tutto quel colossale disastro era opera sua, pretendendo la sua testa su una picca, esattamente come su di una picca erano finite le teste dei loro figli, fratelli ed amici.

Dixon stava per tornarsene a letto quando uno scampolo della conversazione raggiunse le sue orecchie da cacciatore, e per di più quella conversazione aveva un tono più che familiare.

“Calmatevi per l’amore del cielo! Non otterremo nulla versando altro sangue oggi!” – era senza alcuna ombra di dubbio Carol a parlare. 
In un istante Daryl stava sgomitando in mezzo al gruppo, cercando di avvicinarsi, di comprendere.  Quando infine riuscì ad essere sufficientemente vicino vide la donna che amava in piedi sopra ad una specie di carro ribaltato, dietro al quale c’era qualcuno rannicchiato in posizione di difesa.

“Oh porca merda.” – esclamò, superando gli ultimi che si frapponevano tra lui e la donna con un robusto spintone, lo sconcerto che stava già tramutandosi in rabbia. La raggiunse, affiancandoglisi come già mille volte era accaduto in passato, andando a formare un cerchio dentro al quale avrebbero potuto difendersi a vicenda.

“Che diavolo stà succedendo qui? “– gridò, zittendo automaticamente la folla. Nessuno al regno voleva avere a che fare con la furia di Daryl, almeno non dopo che una delle guardie era tornata, anni prima, pestata a sangue a seguito di non so quale suo pessimo piano di salvataggio dai salvatori.  Quando alla fine, complice il silenzio, Lydia sbucò da dietro il suo riparo di fortuna, per Daryl fu tutto estremamente chiaro: era ora di lasciar andare quel luogo prima che la faccenda degenerasse.

“Siete seri?!” -proseguì a tono ancora alto – “Davvero credete che mettere la testa di una bambina su una picca ci renda migliori di quella gente là fuori? Che ci renda i nostri affetti perduti?!! Questo posto era una dannatissima scuola per Gesù cristo! Non c’è terra per coltivare, non ci sono alberi…le condutture non reggono! E voi incolpate una ragazzina per questo invece di uscire a cercare qualcosa di meglio?!”

“Ma è colpa di sua madre se siamo isolati per l’inverno!” – obiettò la folla, alzando le braccia in esaltazione del loro delirio. Daryl grugnì, preparandosi a rispondere, ma fu preceduto da Carol.

“La colpa è nostra. Abbiamo tirato avanti oltre il limite, accecati da un sogno.”

Le parole della loro regina parvero colpire nel segno, suscitando sguardi perplessi e spalle abbassate in posizione colpevole. Daryl si trovò a pensare di nuovo a quanto quella donna fosse una leader naturale, e a quanto il ruolo la rendesse bella.  Rilassandosi appena l’arciere rimase in attesa di sentire la fine di quel suo monologo alla folla inferocita.

 “Se pensate che vi permetterò di linciare una ragazzina per soddisfare il vostro insulso senso di vendetta avete sbagliato di grosso!  Ve lo dirò una volta ed una soltanto: raduniamo i nostri averi ed affetti e partiamo per Hilltop, o moriamo nel tentativo.”

“La regina ha ragione.” 

Alla fine anche Ezekiel pareva aver avuto la decenza di intervenire, coi suoi soliti modi da commedia dell’arte, certo, ma almeno quella storia si era conclusa. Lentamente la gente parve disperdersi, di nuovo occupata in qualcosa di serio: fare i bagagli.  Daryl e Carol si guardarono negli occhi un istante, non andava bene, ma come al solito non avevano modo di discuterne.  L’ingresso del re aveva irrigidito l’arciere e reso di ghiaccio la regina.  Si separarono, Daryl condusse Lydia con sé, mentre Carol se ne andò, scusandosi di impegni pregressi che la chiamavano.

 Per lei non fu così penoso chiudere i cancelli del regno, non come lo fu per Ezekiel, che rimase a lungo attardato in fondo alla colonna, perso nei suoi rimpianti.  Col barometro in picchiata e la madre delle tempeste ad inseguirli, anziani bambini e tutti i superstiti del regno si incamminarono lungo il percorso per Hilltop. Non fu semplice, specie per Lydia, baccagliata dai continui commenti sarcastici sul “branco di bestie” col quale era cresciuta, pronti a giudicarla ogni qual volta incontravano un branco di vaganti. La ragazza lo capiva, tutti loro avevano perduto moltissimo, per il desiderio di Henry di liberarla, per la speranza di fare di lei quello che era, una brava ragazza.

In quel pomeriggio grigio, durante la seconda settimana di viaggio, Lydia camminava da sola, sorreggendosi al bastone che era stato di Henry, Carol glielo aveva lasciato con un sorriso che la giovane non aveva saputo interpretare.   Carol la osservava da lontano, leggermente arretrata sul cammino, Daryl era al suo fianco, anche se non sapeva bene da dove fosse spuntato.

“Henry la voleva qui, con noi, quando a nessun altro importava… è una brava ragazza, dopotutto.”

Sembrava un commento di una banalità infinita, ma Daryl non faceva mai commenti banali.

“Ogni volta che la guardo vedo soltanto lui...” – rispose Carol ricacciando indietro il pesante fardello dell’elaborazione del lutto. Non voleva rischiare.  Ma Daryl non aveva finito, o forse solo quella sua risposta così pesantemente sconsolata, così rassegnata all’ineluttabilità della morte, lo aveva finalmente spinto oltre i limiti che il suo passato e la paura che aveva vissuto gli avevano imposto.  Alzò gli occhi al cielo, in un’ultima supplica per trovare il coraggio, si morse l’interno guancia e poi lasciò che la cosa che lo tormentava uscisse:

“E cosa vedi quando guardi me ?!”

Daryl vide la donna alzare lentamente lo sguardo fino a piantarlo nel suo, l’espressione sconsolata di una madre in lutto che scattava in un sorriso mesto, ma sincero, la mano destra che si incuneava a trattenerlo per l’avambraccio, avvicinandolo a sé con un lieve strattone.“…vedo... te.” – concluse rispondendogli e assestando un altro strattone all’avambraccio, nel tentativo di poggiarvi la testa e continuare a camminare.  Nessuno dei due si accorse della presenza di Ezekiel poco più avanti, voltato ad osservare l’intera scena, l’aria più meditabonda del solito, o forse più cattiva di quanto avesse mai rivelato ad alcuno.

Quando, poco più tardi nel pomeriggio, Ezekiel lo seguì mentre andava a recuperare le frecce della sua balestra, Daryl seppe per certo che nella pentola del destino doveva esser stata messa su la sua cena.  Il tempo di raccogliere una delle punte dal cranio di uno dei vaganti che lui e Carol avevano abbattuto, che alzando la testa Daryl si trovò occhi negli occhi col “Re”

“Progetti per il futuro una volta arrivati ad Hilltop?”

“...Non saprei.”  

L’arciere era decisamente guardingo, non voleva rischiare altri casini con Carol, né tantomeno di scatenare nuovi disordini nel gruppo già fin troppo provato. Per sua fortuna, tuttavia, la minestra messa su dal destino decise di bollire spontaneamente. I lineamenti di Ezekiel si irrigidirono a quella risposta elusiva, e a mascelle serrate l’uomo sciorinò fuori le cose per come stavano, una volta tanto.

“Io e Carol abbiamo avuto un periodo difficile…e spero di avere un nuovo inizio adesso che andiamo ad Hilltop, e sarebbe più facile se fossimo da soli. “- Daryl stava ancora pensando quando l’uomo riattaccò il suo regale pippone. “Amico io non voglio fare lo stronzo, ma ho perso molto e rivorrei indietro almeno qualcosa… rivorremmo.”

Un sorriso sarcastico illuminò il viso punteggiato di barba di Dixon. Quello stronzo si era tradito con le sue stesse parole.

“È quello che Carol vuole?” – borbottò punt’affatto convinto. “ Lei vuole quel che voglio anche io.”

“Stronzate...”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

   
 
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