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Autore: blackjessamine    09/04/2019    4 recensioni
Ufficio Misteri, 31 dicembre 1998: mentre l'anno della guerra e della pace vive i suo ultimi minuti, un gruppo di Indicibili scopre che una Soglia altro non è che un passaggio, e che dove si può andare avanti, si può tornare indietro.
Un grosso cane nero – apparentemente molto debole, ma innegabilmente vivo – viene estratto dalle macerie di un arco di pietra.
E mentre l'anno della morte e della rinascita volge al termine, i rimpianti si fanno leggeri, pronti ad essere spazzati via dalla speranza di una seconda possibilità.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 12
Almeisan, la splendente
 
 
 

Sirius fece qualche passo verso le fiamme violette, accogliendo con piacere il loro intenso calore: era una serata magnifica, una serata fatta di cieli limpidi e aria immobile, che faceva pensare alla primavera nonostante la morsa gelida dell’inverno fosse ancora forte.
Il fuoco incantato evocato da Alhena, però, era sufficientemente intenso da permettere di togliersi dalle spalle il mantello e godersi la serata come se si trattasse davvero dell’inizio di primavera.
Sirius si sedette sulla sabbia umida, senza mai distogliere lo sguardo dalla figura di Alhena che, a qualche passo da lui, rideva dei goffi tentativi di Marmellata di giocare a rimpiattino con le onde del mare.
Guardandola, Sirius non poté fare a meno di sorridere: non avrebbe saputo dire che cosa fosse successo tra di loro, ma da quando avevano litigato, sembrava che la loro relazione avesse raggiunto un livello tutto nuovo. Non avevano più nominato quella lite, ma da quella sera le cose erano lentamente cambiate. Piccole cose, riavvicinamenti talmente sottili che, in un’altra situazione, Sirius avrebbe creduto frutto solo della sua fantasia. Ma non era stata la sua fantasia a immaginarsi il corpo di Alhena sempre accanto al suo, le sue mani che si lasciavano sfiorare senza più fuggire terrorizzate.
E poi c’erano stati cambiamenti più grandi, confidenze più profonde, e abbracci un po’ titubanti, che certo non potevano essere frutto di alcuna immaginazione.
Sirius non si era immaginato nemmeno quel pomeriggio al San Mungo, quando, dopo la consueta visita da Landmann, Alhena aveva indicato con un dito tremante la targhetta nell’ascensore che recava la scritta Quarto piano – Reparto Lesioni da Incantesimo e Reparto Janus Thickey, affermando che dopo la Battaglia di Hogwarts aveva trascorso diverse settimane in entrambi i luoghi. Nel reparto Lesioni da Incantesimo, prima, dove Guaritori di cui non ricordava nulla avevano fatto una specie di miracolo, rimettendo ordine nel macello causato dalla maledizione con cui Bellatrix l’aveva quasi uccisa.
E al Janus Thickey, dopo, dove avevano cercato di farle recuperare il vuoto di memoria che andava dal momento in cui aveva messo piede a Hogwarts al giorno in cui le avevano permesso di riprendere cautamente coscienza in ospedale.
“Continuo ad avere dei ricordi molto confusi”, aveva sussurrato piano, fissando le porte dell’ascensore che si richiudevano alle sue spalle.
“Mi ricordo il rumore della battaglia, ma non gli avvenimenti precisi. Ho solo un momento di lucidità, mi ricordo come fosse ieri di aver aiutato un tizio a liberarsi di un’Acromantula, e poi di averlo riconosciuto come una riserva del Puddlemore United… e quando gli ho detto che odio il Quidditch, quello è impallidito così tanto che credevo lo avessero colpito alle spalle, e invece alla fine ci siamo ritrovati a ridere. A ridere in mezzo ad una battaglia, e tutto per lo sport più idiota mai inventato…”
Quella era stata la prima volta che Alhena aveva parlato apertamente della Battaglia di Hogwarts, e Sirius era rimasto in silenzio, terrorizzato all’idea di dire qualcosa di sbagliato.
“Poi mi ricordo solo le luci dell’ospedale, e credo che il Guaritore che si occupava di me fumasse come una ciminiera, perché mi ricordo l’odore del tabacco. E non riuscivo a sentirmi le gambe, e a un certo punto devo aver cercato di cavare un occhio all’infermiera che si ostinava a dirmi che non avevo perso le gambe, né ero rimasta paralizzata…”
Alhena a quel punto aveva fatto una risata impacciata, e aveva trascinato Sirius in mezzo alla ressa di Londra, che vedeva la maggior parte dei suoi lavoratori intenti a tornare alle proprie case.
“I ricordi più precisi iniziano da quando mi hanno trasferita al Janus: so che Bill veniva spesso a trovarmi, e c’era una signora con un avvoltoio impagliato sul cappello che veniva tutti i giorni a trovare i suoi figli, credo, e che quando ha saputo che cosa mi fosse successo, mi ha presa in simpatia, perché ha iniziato a portarmi tutti i giorni una tazza di tè…”
Alhena a quel punto si era fermata di botto, ignorando le lamentele dell’uomo a cui aveva fatto cadere la busta della spesa, e aveva fissato lo sguardo negli occhi di Sirius, improvvisamente serissima.
“C’è un’altra cosa che ricordo della battaglia. Una cosa di cui non ho mai parlato ai Guaritori, perché tanto non avrebbero capito…”
Sirius aveva cercato di farla spostare dal centro del marciapiedi, dove pedoni frettolosi cominciavano a irritarsi per l’ingombro che loro due causavano, ma lei non ne aveva voluto sapere.
“È solo un istante, più un insieme di sensazioni che un vero ricordo: ero a terra, nel prato, e provavo così tanto dolore che non riuscivo più nemmeno a stringere le dita attorno alla bacchetta. Ero delusa, perché avevo fallito, credevo che sarei morta senza riuscire a uccidere anche lei… e poi c’è stato un lampo di luce, e l’ho vista. Rideva. Rideva, ma aveva i tuoi stessi occhi… e io ho pensato che… morire guardandoti negli occhi non fosse del tutto una sconfitta”.
C’era una sola lacrima sul suo viso, e Sirius aveva agito d’istinto, senza fermarsi nemmeno un istante a riflettere. Perché Sirius lo sapeva, anche se Alhena non lo aveva detto, o aveva finto di non ricordarlo. Sapeva bene che non poteva essere un caso che lei si fosse trovata a duellare contro Bellatrix durante la Battaglia di Hogwarts. E l’idea che la morte fosse stata così vicina a prendersi anche lei per colpa sua, per colpa del vuoto che lui aveva lasciato, perché non era stato in grado di restare al fianco di nessuno, era insopportabile.
Sirius aveva stretto a sé Alhena, senza pensare alle promesse infrante, senza pensare a niente, e quando aveva sentito Alhena, lentamente, ricambiare l’abbraccio, aveva finalmente creduto che un qualche grado di felicità fosse ancora possibile, per lui.
 
Un abbaiare sconnesso e le risate di Alhena riportarono Sirius al presente, a quella fredda notte appena riscaldata da un falò magico acceso sul tratto di costa più vicino all’Uccello Vermiglio.
Marmellata, a quanto pareva, non era stato abbastanza agile per schivare un’onda particolarmente imponente, e ora era solo un fagotto tremante e fradicio fra le braccia di Alhena.
“Tu che sei alto, controlla che non ci siano babbani in vista, per favore”, sospirò la ragazza, esasperata, mentre già estraeva la bacchetta per cercare di asciugare e riscaldare un inviperito Marmellata.
Del resto, se ci fosse stato in giro qualche babbano, sarebbe stato molto più difficile nascondere un fuoco violetto che un preciso movimento di bacchetta.
Quando finalmente il cagnolino fu di nuovo asciutto, Alhena venne a sedersi accanto a Sirius, tenendo l’animale fra le braccia.
“Scemo com’è, potrebbe buttarsi nel fuoco…”
Sirius sorrise appena, consapevole che Marmellata era talmente pigro che probabilmente si sarebbe addormentato nel giro di pochi minuti, altro che cercare la libertà nel falò.
Alhena e Sirius rimasero per un po’ in silenzio: era un silenzio leggero, dato dalla stanchezza di una giornata vissuta intensamente, un silenzio privo di imbarazzo o di cose non dette.
Gettando indietro la testa, Alhena si perse a osservare il cielo trapuntato di stelle, prima di mormorare:
“Però, mica male la vista, qui. Da quando ho lasciato Hogwarts, ho sempre vissuto in città, ma lì cieli del genere ce li scordiamo…”
In effetti, zio Alphard aveva scelto bene il suo rifugio: l’Uccello Vermiglio era circondato da una vista meravigliosa sulle scogliere della Jurassic Coast, e la notte la distanza dagli insediamenti babbani accendeva il cielo di così tanti puntini luminosi che sembrava davvero di trovarsi ancora in Scozia.
Un posto perfetto per ripassare un po’ di Astronomia, aveva detto lo zio la prima volta che aveva condotto Sirius nel cottage, dopo il diploma.
Senza quasi pensare, Sirius fece con il capo cenno ad una stella particolarmente luminosa sopra il mare:
“Seirios, l’ardente. È la stella più luminosa del cielo…”
Alhena annuì, seria, seguendo il suo sguardo, salvo poi scoppiare a ridere.
In risposta allo sguardo confuso e un po’ offeso di Sirius, la ragazza chiese, la voce piena di malizia:
“Dev’essere stato conveniente, avere un nome del genere. Dopo una bella passeggiata al chiaro di luna, sotto quante gonne sei riuscito ad infilarti, grazie a una frase del genere?”
Sorrise anche Sirius.
“Meno di quante credi. Non che io non ci abbia provato, sia chiaro…”
“Cretino”.
Ma Sirius sorrise ancora di più, vedendo gli occhi di Alhena brillare mentre osservava il cielo stellato.
“Costellazione del Cane Maggiore. Quella, invece”, disse lei indicando un gruppo di stelle sopra il promontorio della scogliera, “è la costellazione dei Gemelli”.
Sirius rimase in silenzio: non aveva idea di quale fosse il punto in cui Alhena voleva andare a parare, ma sospettava che non avesse solo intenzione di ripassare gli argomento del suo M.A.G.O. in Astronomia.
“Polluce e Castore sono le sue stelle più luminose, e poi ce n’è una terza, Almeisan. In arabo, Al Maisan significa la splendente, anche se in realtà è solo la terza stella più luminosa della costellazione”.
Dopo un attimo di esitazione riempito solo dal russare lieve di Marmellata, Alhena riprese, con una smorfia:
“A dire il vero, Almeisan è solo il secondo nome della stella. Il primo, Al Han’ah, significa marchio a fuoco impreso sul collo di un cammello. Quando lo ha scoperto, mio cugino mi ha presa in giro per un mese”.
Sirius girò la testa con uno scatto così rapido che avvertì un movimento piuttosto sospetto nel collo.
“Scusa?”
“Al Han’ah. Alhena, nell’uso comune. Secondo mia madre era una scelta sensata, essendo io la terza figlia dopo due maschi. Ovviamente non poteva chiamarmi Almeisan, la splendente, no, doveva preferire Alhena, il marchio a fuoco sul collo dei cammelli.”
Sirius osservò a lungo il profilo di Alhena, senza capire per quale motivo quest’informazione fino a quel momento sconosciuta lo turbasse tanto.
“Non sapevo che fosse una tradizione anche dei Macnair…”
“Ovvio che non lo è”, lo interruppe Alhena asciutta. “Quando mia madre ha scoperto di essere incinta di me, Lucius aveva appena conosciuto Narcissa, e ha pensato bene di raccontare ai miei della tradizione dei Black. Mia madre l’ha trovato interessante, ed eccomi qui. Mi è comunque andata bene, visto che ho rischiato di chiamarmi Fulberta, come la nonna paterna…”
Sirius avrebbe voluto unirsi alla sua risata amara, ma non ci riuscì. Pensare a quanto le ombre della famiglia Black fossero lunghe lo metteva a disagio. Sapeva che in realtà non c’era niente di male, in questo, e che, anzi, battezzare i propri figli con nomi di stelle era forse l’unica abitudine della sua famiglia che non mettesse i brividi, eppure non riusciva ad accogliere questa notizia in maniera tranquilla.
Avvertendo forse il suo disagio, Alhena si affrettò ad alzarsi in piedi:
“Faremmo meglio ad andare, ormai è tardi… e accendere questo fuoco è stata una cazzata.”
Con un movimento di bacchetta, spense il fuoco incantato, facendo precipitare la lingua di sabbia nel gelo di fine febbraio.
“Non sia mai che qualche babbano lo veda e mercoledì mi tocchi rispondere anche di questa accusa…”
Tutto ciò che durante la giornata in compagnia di Alhena era riuscito a restare lontano da lui ripiombò su Sirius con la forza di una valanga.
Il processo, che ora era solo a quattro giorni di distanza.
La paura, quella sensazione strisciante di cieco terrore all’idea che ci fosse una qualche possibilità, seppur remota, di tornare in prigione.
L’angoscia che gli rendeva difficile respirare, quando pensava che quel mese di relativa serenità, quel mese in cui aveva potuto camminare per strada e correre e vivere da uomo libero potesse essere solo un’illusione.
“Sirius…”
Quello che, da quando Kinglsey era arrivato a casa dei Weasley, Sirius non aveva mai avuto il coraggio di dire, gli sfuggì dalle labbra in un soffio.
“Io ho paura…”
La mano di Alhena, piccola e calda, fu subito nella sua. Pelle liscia, dita sottili, ma una stretta saldissima.
“In prigione non ci torni, Sirius”.
“Come fai a dirlo? Come puoi essere sicura che…”
“Ti ho detto che non ci torni”.
“Ma…”
Ogni alta protesta fu spenta dalla stretta della mano di Alhena nella sua, una stretta che lo trascinò in uno spazio nero e vuoto in cui era impossibile respirare.
 
Sirius barcollò, inciampò in una statua di legno a forma di Demiguise e infine si lasciò cadere sul divano dell’Uccello Vermiglio, osservando Alhena togliersi con movimenti lenti il mantello.
“Volevo aspettare la vigilia del processo, ma… Sirius, devo dirti una cosa”.
La serietà nella sua voce, mentre Alhena si sedeva accanto a lui – tanto vicina che quasi le loro cosce si sfioravano, non poté fare a meno di notare Sirius – gli strinse le viscere in un nodo freddo e spiacevole.
Non gli piaceva quello sguardo serio, non gli piaceva per niente.
“Non sei obbligata a restare per il processo…”
Da tempo ormai, vedendo la sua reazione spaventata e tesa ogni volta che il processo veniva nominato, Sirius aveva la sensazione che Alhena gli nascondesse qualcosa. Che forse non se la sentisse di restare a Londra, che non volesse rivivere i processi nei quali aveva testimoniato contro suo padre e suo fratello…
“Non dire idiozie, certo che ci vengo al tuo processo! Forse dovrò testimoniare, ma in ogni caso credi davvero che sarei rimasta fino ad ora per poi andarmene all’ultimo?”
L’indignazione che sgorgava dai suoi occhi spalancati fu tale che, per un attimo, Sirius provò l’impulso di stringerla di nuovo tra le braccia.
“Oh… ok. Cosa devi dirmi, allora?”
Alhena fece un sospiro profondo, e poi disse:
“Io te lo dico, ma tu prometti di non dare di matto, di non opporti a niente, di non fare cazzate e di obbedire.”
Sirius era a dir poco confuso.
“Scusami?”
“Ok, prometti solo di non dare di matto e di ascoltarmi fino in fondo, almeno.”
Titubante, Sirius annuì. Questa sua resa, invece di rilassare Alhena, sembrò non fare altro che innervosirla ancora di più.
“Io sono certa che il processo andrà bene, che tutto verrà chiarito al meglio, e che giustizia sarà fatta… è il minimo che possano fare, te lo devono, però…”
“Non puoi esserne sicura”, tornò a ripetere Sirius, testardo. Negli ultimi giorni tutti non facevano altro che cercare di rassicurarlo, di ripetergli quanto fossero certi che le cose sarebbero andate per il meglio, che ben presto sarebbe stato davvero libero, senza rendersi conto che queste rassicurazioni non facevano altro che farlo sentire male.
Nessuno poteva avere la certezza che le cose sarebbero andate bene, nessuno.
E la fiducia di Sirius nella giustizia del Ministero era inesistente, checché ne dicessero tutti.
“No, non al cento per cento, hai ragione. Proprio per questo, nel caso remotissimo in cui qualcosa dovesse andare storto, abbiamo un piano.”
Sirius osservò a lungo Alhena, la sua espressione risoluta e i suoi occhi che brillavano di decisione.
“Un piano?”
La ragazza annuì, fece un respiro profondo, e iniziò a spiegare:
“Harry ne sa qualcosa, ma abbiamo preferito non dargli un ruolo troppo attivo, perché sta diventando un Auror, non può giocarsi in questo modo la fiducia del Ministero”.
Il fatto che fosse necessario proteggere Harry non fece che aumentare il nervosismo di Sirius.
“Ci siamo informati: Kingsley sta lavorando affinché i colpevoli di crimini minori non finiscano ad Azkaban, ma in alcune celle sperimentali al Ministero. E l’essere un Animagus non registrato, soprattutto visto che la prima trasformazione è avvenuta quando eri minorenne, consiste un crimine minore”.
Oh, certo, era proprio una grande consolazione sapere che non sarebbe finito ad Azkaban, ma solo in qualche altra cella altamente sorvegliata al Ministero. Eppure, a giudicare dall’ombra di sorriso sulle labbra di Alhena, la cosa doveva rappresentare una svolta positiva.
“Dovrei esserne felice?”
“Sì che dovresti, perché per progettare gli incantesimi protettivi di questa cella, il Ministero si è rivolto anche a degli Spezzaincantesimi, e si dà il caso che Bill, mesi fa, abbia colto al volo l’occasione di mollare il suo lavoro in ufficio per tornare a qualcosa di un po’ più attivo!”
Sirius socchiuse gli occhi, cercando di capire dove il piano di Alhena volesse andare a parare.
“Quindi Bill conosce quelle protezioni, le conosce tutte, e dovrebbe essere in grado di disattivarle”.
Ora che il piano stava pian piano assumendo concretezza, Sirius si ritrovò a scuotere la testa.
“No, ferma, che cosa credi di fare? Non puoi farmi evadere, chiunque capirebbe che è stato Bill, e…”
“Ti avevo chiesto di non dare di matto e di ascoltarmi fino in fondo. No, nessuno capirebbe che è stato Bill, perché… perché per l’opinione pubblica io non esisto, dunque Bill non avrebbe alcun motivo per aiutare un uomo che conosce appena ad evadere.”
Sirius fece per replicare, ma un’occhiata esasperata di Alhena lo convinse a tacere.
“Ora ascolta: subito dopo l’incarcerazione, solo i parenti hanno la possibilità di visitare i detenuti in modo regolare, per tutti gli altri c’è un iter abbastanza lungo e noioso. Le uniche persone che verranno a visitarti per qualche giorno, quindi, saranno Harry e Andromeda, una cosa per niente sospetta, ma anzi, del tutto plausibile”.
Alhena fece una pausa, aiutando Marmellata a salire sul divano e ad acciambellarsi sulle sue gambe, e proseguì:
“Quando tutte le guardie si saranno abituate a vedere Harry o Andromeda lì, allora Andromeda si presenterà poco prima del cambio di turno assieme a Teddy e a Fleur, con la scusa di farsi tenere il bambino da lei. Fleur farà uno dei suoi incantesimi da mezza Veela, rimbambendo il guardiano, e Andromeda potrà far entrare nella tua cella Bill nascosto sotto il mantello dell’Invisibilità di Harry. Bill rimuoverà i gli incantesimi protettivi, berrà della pozione Polisucco con un tuo capello, e ti darà una Passaporta. Tu scomparirai, Bill prenderà il tuo posto, e Andromeda farà in modo che la guardia veda Bill con il tuo aspetto, uscendo. A quel punto ci sarà un cambio di sorveglianza, Bill farà in modo di chiedere qualcosa, che so, una pozione per il mal di testa alla nuova guardia, così anche quella ti vedrà al tuo posto, e prima che svanisca l’effetto della Polisucco si Smaterializzerà.”
Quel piano era a dir poco folle.
Folle, insensato, e con almeno dieci punti deboli.
“Stai scherzando, vero?”
“Non sono mai stata così seria”.
A giudicare dalla linea sottile formata dalle sue labbra, Alhena era sincera.
“È pericoloso. Non potete correre questo rischio per me, non adesso che la guerra è finita e potreste vivere serenamente…”
“Non possiamo, dici? Perché Harry sarebbe serenissimo, perdendoti di nuovo, vero? Io sarei al settimo cielo, potendoti vedere dieci minuti alla settimana e dopo aver affrontato interrogatori su interrogatori, visto che non sono tua parente…”
“E che cosa risolvereste, invece, facendo una cosa del genere? Cosa dovrei fare, vivere di nuovo prigioniero in casa mia?”
La prospettiva di fuggire ad una prigione solo per tornare ad una vita simile a quella che Sirius aveva sopportato a Grimmauld Place lo disgustava.
Era stanco.
Era stanco di fuggire, stanco di doversi nascondere, stanco di dover provare la sua fedeltà a chicchessia.
Voleva solo fermarsi, solo…
“Non ho intenzione di liberarti per farti vivere ancora di stenti. L’ultima volta eri ricercato per omicidio, e la situazione era resa più difficile dal fatto che tu non avessi intenzione di lasciare il Paese. Stavolta puoi andartene… la Passaporta ti porterebbe a Tòalmàs, un paesino babbano a un paio d’ore da Budapest. Io sarei lì ad aspettarti… potremmo… potremmo vivere in maniera quasi normale, e guadagnare tempo, mentre Harry cercherà di influenzare al meglio il Ministero. Aver salvato il mondo ti dà una certa autorevolezza, sai?”
Ma Sirius non voleva ascoltare tutto questo.
A quanto pareva avevano già deciso tutto senza nemmeno consultarlo, senza preoccuparsi di capire se a lui questa situazione andasse bene, se lui volesse tornare ad essere l’evaso, il latitante, il criminale che fuggiva alle sue sentenze.
Sentendo la rabbia cominciare a montargli in petto, Sirius alzò in piedi di scatto, allontanandosi di qualche passo.
“Perché dovrei accettare una follia del genere? Perché dovrei essere felice di fuggire di nuovo, di…”
“Sirius, per favore…”
Gli occhi di Alhena si erano riempiti di lacrime.
Quelle lacrime, un tempo, lo avrebbero riempito di irritazione e non avrebbero fatto altro che alimentare quel calore esplosivo che spingeva il sangue nelle sue vene ad un ritmo martellante.
Quella notte, con la certezza del processo che incombeva su di lui, con la stanchezza che la vita gli gettava addosso ogni giorno, le lacrime di Alhena furono come uno schiocco di dita, una scossa in grado di riportarlo alla realtà.
“Non voglio scappare per tutta la vita”, riuscì a mormorare tornando a sedersi accanto a lei.
“E non lo farai… questo piano è solo… solo una specie di àncora nel caso dovesse tutto naufragare, ma io sono certa, ne sono certa, Sirius, che non ce ne sarà bisogno, e che mercoledì pomeriggio uscirai da quel tribunale camminando da uomo libero.”
Sirius scivolò accanto a lei sul divano, e questa volta le loro gambe si sfioravano davvero. Le cercò una mano, intrecciando le loro dita.
Alhena non si scostò, ma ricambiò la sua stretta.
Sirius sospirò appena, un respiro tremante, gli occhi chiusi e il mondo che minacciava di crollargli sotto i piedi.
Sentì il suo corpo tremare, e la familiare scarica elettrica che precedeva la sua trasformazione in Felpato… e poi il mondo si fermò.
Le dita di Alhena erano ancora intrecciate alle sue.
Non aveva più bisogno di scappare.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Note:
Questa volta, credo che le note siano necessarie.
Dunque, probabilmente ci tornerò ancora in seguito, e in maniera diversa, ma se volete sapere qualcosa di più su un MediMago tabagista, leggete “La cura universale” di AdhoMu (che, di nuovo, ringrazio infinitamente per avermi permesso di inserire qua alcune sue idee, che vi espliciterò meglio più in là).
Piccolo riassunto velocissimo della Battaglia di Hogwarts dal punto di vista di Alhena: ha cercato di vendicarsi di Bellatrix, non le è andata granché bene, ha perso gran parte dei suoi ricordi. La signora con l’avvoltoio impagliato in testa, non credo ci sia bisogno di spiegarlo, è Augusta Paciock, che ovviamente prova simpatia per chiunque abbia cercato di fermare la donna che ha ridotto alla follia figlio e nuora.
Il nome di Alhena: ebbene, prima ancora di abbozzare un’idea per “La danza delle spade” avevo deciso che la protagonista, pur non avendo legami diretti coi Black, avrebbe avuto il nome di una stella. Ho scelto Alhena perché mi sembrava il nome più adatto a una ragazza. Nella Danza, alla fine, non ero mai riuscita a inserire questo minuscolo dettaglio in maniera esplicita, ed ora eccomi qui.
Non ho idea se Sirio e Alhena siano visibili dal nostro emisfero e nello stesso periodo dell’anno, e nonostante abbia un carissimo amico astrofisico, le mie innocentissime domande hanno trovato come risposta solo un “non ho sputato sangue sul mio Dottorato solo per queste ca***e”. Dunque, diciamo di sì e basta.
Infine (giuro) Malfoy e Alhena: non ha senso ripetere tutto qui, ma corrono voci di corridoio mai confermate che la nonna materna di Alhena e Abraxas Malfoy avessero tanti, tanti interessi in comune. Dunque no, non è che ho poca fantasia, ma la descrizione fisica di Alhena dovrebbe avere un certo senso.
   
 
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