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Autore: Kimando714    10/04/2019    1 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 28 - HOW DO YOU LOVE?



 

Sotto il sole pieno di fine aprile cominciava a fare maledettamente caldo. Pietro sbuffò debolmente, continuando a tenere il passo lento con il quale stava seguendo il resto del gruppo, restando qualche metro più indietro rispetto a loro.
Era l’ultimo sabato del mese, e non ci sarebbe potuto essere modo peggiore per passare quel pomeriggio rispetto a quello che avevano scelto.  Gli era ancora difficile credere come Giulia e Caterina fossero riuscite, senza nemmeno particolari sforzi, a convincerli tutti a seguirle in quel delirante tour di shopping che – per quanto nessuno l’avesse ancora ammesso- si stava protraendo più del lecito.
Stavano vagando per le vie del centro di Torre San Donato da quasi un’ora, già usciti da un paio di negozi in cui, però, a quanto pareva nessuna delle due aveva trovato qualcosa per cui valesse la pena aprire il portafogli.
Pietro accelerò appena il passo, raggiungendo il resto del gruppetto, fermatosi di colpo davanti all’ennesima vetrina: trattenne a stento una risata notando le facce terribilmente annoiate di Nicola e Filippo, e il ghigno sarcasticamente divertito che Alessio non provava nemmeno più a nascondere.
-Quella maglietta mi potrebbe andare bene- esclamò Giulia, con aria pensosa, mentre studiava con fare critico una maglietta dai colori sgargianti indossata dal manichino esposto vetrina.
-E quindi?- domandò Filippo, con timore.
Giulia guardò il fidanzato candidamente:
-E quindi vado a vederla più da vicino-.
-Aspettami, vengo anche io!- s’intromise Caterina, alzando gli occhi dallo schermo del suo cellulare, su cui  aveva digitato qualcosa – probabilmente un messaggio- fino a qualche secondo prima. Da come la stava guardando Nicola, con la fronte aggrottata ed uno sguardo di disapprovazione, Caterina doveva aver scritto a qualcuno che non rientrava tra le sue simpatie.
-Prima che entriate, ho una domanda- Alessio spostò lo sguardo da Giulia a Caterina, che lo guardavano confuse, già pronte ad avviarsi vero l’entrata – Dobbiamo continuare ad entrare e uscire da ogni negozio del paese per tutto il resto della giornata?-.
-Magari se decideste di dare un’occhiata anche voi, al posto di sbuffare e protestare e basta, potreste trovare qualcosa di interessante e annoiarvi di meno- gli fece notare Caterina, alzando un sopracciglio e lanciandogli un sorriso compiaciuto.
Nicola la guardò con fare poco convinto:
-Quindi ci stai dicendo che dovremmo darci allo shopping pure noi?-.
-Esattamente- annuì Giulia, le mani sui fianchi.
Pietro sbuffò ancora una volta: l’ultima cosa di cui aveva voglia, in quel momento, era pensare a rinnovare il suo guardaroba.
-Scusatemi se interrompo i vostri discorsi così profondi e filosofici- alzò le mani per potersi fare notare dagli altri, parlando con tono solenne – Ma io ho un buon motivo per non seguirvi all’interno di questo negozio e rimanermene qua, a gustarmi la pace della vostra assenza-.
-E che motivo sarebbe?- domandò Nicola, scettico.
Con gesti ampi e teatrali, Pietro tirò fuori il pacchetto di sigarette che teneva nella tasca posteriore dei jeans:
-Il mio pomeridiano appuntamento con la nicotina, ovviamente- si ritrovò a dire, un ghigno piuttosto divertito stampato in viso – Suppongo che fumare in negozio equivarrebbe a farmi buttare fuori a calci-.
-Queste sono le occasioni in cui mi pento di non fumare- borbottò Filippo, ricevendo in tutta risposta uno schiaffo sulla spalla da parte di Giulia.
Caterina sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo, e scuotendo il capo:
-Odio dirlo, ma il ragionamento non fa una grinza- disse seccata, lanciando poi a Pietro un’occhiata fulminante. L’unico risultato che ebbe fu quello di farlo gongolare ancor di più.
-Vorrà dire che verrete voi tre con noi- annunciò Giulia, con tono che non ammetteva repliche. Pietro si accese con calma la sigaretta, trattenendo a stento il sorriso trionfante che avrebbe volentieri rivolto ad Alessio, Nicola e Filippo: lo stavano guardando tutti con invidia palese.
-Hai sempre il solito culo- gli borbottò contro Filippo, mentre con una smorfia dipinta in viso si decideva a muovere qualche passo dietro Caterina e Giulia, già avviatesi verso l’entrata del negozio.
Pietro rise, godendosi quella piccola vittoria:
-Non siate così pessimisti, avrete il mio sostegno morale anche da qui-.
Rise ancor più forte mentre coglieva le loro imprecazioni mormorate, osservandoli sparire oltre la soglia del negozio. Attraverso la vetrina riusciva quasi a distinguerli oltre gli scaffali e gli appendiabiti che vi erano all’interno.
Allontanò la sigaretta dalle labbra, buttando fuori il fumo, spostando il peso del proprio corpo da un piede all’altro. Sentiva la calma attorno a lui farlo sentire ancor più rilassato, ancor più di quanto non stesse facendo la sigaretta appena accesa.
Le ultime settimane erano state le più serene che si era ritrovato a vivere da un bel po’ di mesi a quella parte. Non sapeva spiegarlo nemmeno lui: si limitava solo a rendersi conto che stava sul serio succedendo. Poteva finalmente respirare senza sentirsi continuamente soffocato da mille pensieri.
Mosse qualche passo a qualche metro dal negozio, dando un’occhiata intorno senza troppo impegno, pensando che, ormai, quelle uscite a sei stavano diventando quasi routine: era successo spesso, da dopo il compleanno di Alessio, di ritrovarsi ad uscire con loro. Era sicuro che, se solo un anno prima qualcuno gli avesse detto una cosa del genere, Pietro l’avrebbe guardato scettico come si guarda ad una persona che crede nei fantasmi.
Poteva dire che le cose con Giulia si fossero davvero risolte: non erano più tornati su quel che era successo con Alessio a fine marzo, né su qualsiasi altra vecchia questione. Pietro poteva quasi azzardare l’idea che Giulia stessa avesse cominciato a prenderlo un po’ più in simpatia: non lo evitava più come una volta, né gli si rivolgeva particolarmente freddamente. Era un passo avanti, seppur minimo, e lui non poteva fare a meno di sperare che fosse solo l’inizio di un nuovo periodo, più fortunato del precedente.
Si mise all’ombra, cominciando a sentirsi troppo accalorato dal sole pomeridiano, finendo davanti alla vetrina del negozio successivo. Osservano i manichini esposti si rese conto di essere finito davanti ad un negozio di intimo.
Pietro si lasciò sfuggire un sorrisino divertito, fermandosi di fronte ad alcuni degli articoli in esposizione in vetrina: l’ultimo manichino della fila era vestito con degli orribili – e alquanto discutibili- boxer blu scuro, con una stampa di allegri orsacchiotti multicolore. L’ultima cosa che avrebbe mai voluto indossare.
Il manichino di fianco, in ogni caso, non se la cavava meglio: in esposizione c’era una maglietta a maniche corte, di un colore che Pietro avrebbe definito puntualmente come un viola slavato, con una scritta provocatoria resa ancor più ambigua dal disegno stampato appena sopra.
Si ritrovò a pensare che doveva essere stata una vera fortuna che nessuno dei suoi adorabili amici avesse mai visto un obbrobrio del genere: era sicuro che, se ne avessero avuto la possibilità, gli avrebbero fatto indossare anche quei cosi alla fantomatica festa dei suoi diciotto anni.
“Figuracce assicurate”.
Per un attimo si fermò a pensare che, fino a prova contraria, non era ancora riuscito a vendicarsi di tutti gli ideatori del suo travestimento: aveva potuto avere la sua rivincita su Nicola nemmeno due mesi prima, e per Caterina e Giulia avrebbe potuto comodamente aspettare l’anno seguente. Era Alessio l’unico che mancava e, in un secondo, Pietro ebbe quasi la tentazione di poter affermare che, anche verso di lui, la vendetta sarebbe potuta arrivare molto prima del previsto.
 
*
 
-Vedo che finalmente siete riuscite a spendere i vostri soldi-.
Pietro accolse il resto del gruppo con un ghigno sfrontato stampato in faccia. Aveva finito già da diversi minuti la sigaretta, e non gli era rimasto altro che aspettare il momento in cui li avrebbe rivisti uscire.
Dovette ammettere, tra sé e sé, che ci avevano messo molto meno di quel che si era aspettato.
-Abbiamo fatto buoni affari, sì- confermò Caterina, alzando trionfante una sportina di plastica colorata al cui interno dovevano esserci i suoi acquisti. Anche Giulia ne aveva una uguale in mano, meno gonfia di quella dell’amica.
Quando si girò verso gli altri tre, Pietro dovette fare uno sforzo parecchio faticoso per non rider loro in faccia: sui visi di Nicola, Filippo ed Alessio c’era l’ombra, piuttosto evidente, della noia più mortale.
-Ora possiamo prenderci una pausa?- Filippo fu il primo a dar voce alle speranze di tutti: guardò con sguardo talmente supplicante sia Giulia che Caterina che, per un attimo, sembrarono cedere alla richiesta.
-Cosa intendi esattamente per pausa?- gli chiese Giulia, socchiudendo gli occhi.
Prima che Filippo potesse farsi venire un’idea decente, ci pensò Nicola a rispondere al posto suo:
-Spritz?-.
“Si è giocato bene l’opportunità”.
Pietro seppe come sarebbe andata a finire ancor prima che Giulia e Caterina potessero dire qualcosa. Bastava guardarle in viso – e far caso ai loro sorrisi sempre più evidenti- per capire che Nicola aveva esattamente centrato il punto.
-Ci sto!- esclamò subito Caterina, con entusiasmo.
-Per questa volta vi è andata bene- le fece eco Giulia.
Per un attimo Pietro ebbe la tentazione di lasciar perdere il suo piano – o almeno rimandarlo-, in favore dello spritz su cui erano tutti d’accordo: si sarebbe volentieri seduto ad un tavolo di un bar della piazza per bere qualcosa di fresco con la calma tipica di chi può prendersi finalmente un momento di relax.
Scrollò le spalle per non cedere, e rimanere sul piano iniziale: era sicuro che, se avesse rimandato, poi difficilmente si sarebbe ripresentata l’occasione per portare avanti la sua idea.
-Allora direi di incamminarci- propose Alessio, nettamente più favorevole nell’andare a bere qualcosa, piuttosto che continuare a vagare per il paese – Possiamo andare a … -.
-Tu non andrai da nessuna parte-.
Alessio si voltò verso Pietro con fare confuso, come se non fosse del tutto sicuro di aver capito bene. Pietro gli leggeva in faccia un certo disorientamento, che di sicuro, se solo si fosse voltato verso di loro, avrebbe ritrovato anche negli altri.
-Almeno non subito- aggiunse, con lo stesso ghigno astuto con cui gli si era rivolto subito prima.
Alessio aggrottò la fronte:
-E c’è qualche ragione per cui non posso?- gli chiese, con vena polemica. Pietro ignorò del tutto il tono con cui Alessio gli si era rivolto, avvicinandoglisi per potergli posare una mano su una spalla:
-Lo scoprirai presto- gli disse, voltandosi poi verso il resto del gruppo – Vi raggiungiamo tra poco-.
Osservò le espressioni dubbiose dei suoi amici, fino a quando non si accorse che Giulia, invece, li stava guardando maliziosamente:
-Non c’è bisogno di fare tanto i misteriosi- disse, spostando lo sguardo da Pietro ad Alessio – Se volete restare un attimo da soli basta dirlo-.
Scoppiò in una fragorosa risata subito dopo, quando Pietro l’ebbe fulminata con lo sguardo. Giulia se ne curò così poco che non perse nemmeno tempo a rispondergli, mentre si incamminava verso la piazza.
 


-Non credo di aver capito del tutto le intenzioni che hai-.
Pietro rise tra sé e sé, restituendo ad Alessio il ghigno di malcelato divertimento.
-Non temere- gli disse, mentre si avviava verso la zona dei camerini – Lo capirai-.
Alessio lo seguì con la stessa espressione incerta, senza domandare altro. Erano entrati nel negozio di intimo poco dopo che gli altri si erano allontanati, lasciandoli lì da soli e girandosi ogni tanto a guardarli, almeno fino a quando non avevano svoltato l’angolo per raggiungere la piazza. A quel punto Pietro non aveva perso ulteriore tempo: aveva afferrato Alessio per un braccio per trascinarselo dietro, arrivando in pochi passi all’entrata del negozio e varcando la soglia.
C’era parecchia gente a quell’ora, per la maggior parte ragazze accompagnate da altre amiche o dai rispettivi fidanzati. L’ultimo camerino della fila era ancora libero, e Pietro non esitò a dirigersi lì con Alessio ancora alle calcagna.
Ci si fermò davanti, tirando la tenda e facendo un cenno al biondo verso l’interno del camerino:
-Resta qui, intanto-.
Alessio incrociò le braccia contro il petto e non accennò a muoversi.
-Non se prima mi spieghi che ci facciamo in questo posto- gli sibilò, il sopracciglio alzato e il tono della voce che non ammetteva repliche.
Pietro sbuffò debolmente, cedendo però quasi subito: in fin dei conti il tempo delle spiegazioni poteva definirsi arrivato.
-Immagino ricorderai di essere stato il suggeritore del mio travestimento per il diciottesimo- gli disse, sporgendosi appena verso di lui. Non appena pronunciate quelle parole, Alessio sgranò gli occhi, incredulo:
-Oltre a Nicola, vorrai dire- gli fece notare, oltraggiato.
-Diciamo che lui è già stato ripagato con la stessa moneta al suo compleanno-.
Pietro rise debolmente al ricordo del diciottesimo dell’amico, quasi due mesi prima. Alessio in quella settimana era mancato a causa della consueta gita scolastica, e si era del tutto perso la faccia truccata e incipriata di Nicola alla festa. Pietro era sicuro che, se fosse stato presente, avrebbe di sicuro fatto apprezzamenti al magnifico rossetto rosso con cui Caterina aveva ridisegnato le labbra del suo ragazzo.
Alessio si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato:
-Quindi ora è il mio turno?-.
Alla vista della sua disperata e silenziosa disperazione, Pietro dovette trattenersi a fatica dallo scoppiare a ridergli in faccia.
-In un certo senso- gli disse, trascinandolo dolcemente verso l’interno del camerino; Alessio non oppose resistenza, anche se si voltò verso di lui in un ultimo tentativo di salvezza:
-Il mio compleanno è stato già qualche settimana fa. Dovresti ricordartelo-.
-Consideralo un secondo regalo in ritardo- tagliò corto Pietro. Aveva perfettamente in mente l’idea di come conciarlo, ed era altrettanto sicuro che Alessio l’avrebbe considerato in qualsiasi modo tranne che un secondo regalo ben accetto.
-Spero almeno tu scelga bene- brontolò, sconfitto.
Pietro gli lanciò un ultimo sguardo malizioso, prima di tirare la tendina, pronto ad andare a recuperare ciò che gli sarebbe servito:
-Abbi fiducia, e non sottovalutarmi-.
Pur non vedendolo, seppe che a quelle parole Alessio doveva aver inevitabilmente alzato gli occhi al cielo.
 
*
 
C’era in lieve alito di vento che continuava a scompigliarle i capelli, facendoglieli finire davanti agli occhi e alla bocca, e rendendole la vita impossibile ogni volta che avvicinava il suo bicchiere di spritz per bere.
Giulia sbuffò debolmente, seccata per quell’inconveniente.
-Secondo voi dove sono finiti quei due?- chiese Caterina, aguzzando la vista verso il resto della piazza, forse aspettandosi di rivedere Pietro ed Alessio raggiungerli.
Era la stessa domanda che si stava ponendo Giulia – così come Nicola e Filippo, a giudicare dai loro sguardi persi verso la strada laterale dove si erano divisi. Erano passati almeno venti minuti da quando loro quattro si erano avviati verso la piazza, fermandosi ad un tavolino all’esterno del Caffè della Piazza per ordinare quattro spritz. Per tutto quel tempo non avevano avuto alcuna notizia di quei due: per quanto ne sapevano, Pietro ed Alessio potevano anche aver raggiunto l’auto del secondo ed essere fuggiti chissà dove.
-Io direi più che altro cosa staranno facendo quei due- Giulia corresse l’amica con una punta di malizia, lasciando affiorare un sorriso divertito sulle labbra. Ogni volta che li vedeva insieme le sembrava di notare sempre di più quanto Pietro si ponesse verso Alessio in modi totalmente diversi rispetto a chiunque altro.
Erano gesti e cenni quasi casuali, sguardi sfuggenti e che non c’erano poi così spesso, ma si stupiva sempre di come né Nicola né Filippo non riuscissero a cogliere quelle sfumature.
-Ultimamente fanno spesso i misteriosi- commentò Filippo, pensieroso. Era seduto di fianco a Giulia, e lei non riusciva ad osservarne l’espressione riflessiva tanto quanto sarebbe riuscita se gli fosse stata seduta di fronte.
Nicola alzò le spalle, placidamente:
-Piuttosto che si scannino, meglio che vadano d’accordo e che spariscano per i fatti loro-.
Giulia annuì, tra sé e sé: era sinceramente sollevata, quasi contenta, di poter dire di non aver danneggiato l’amicizia che stava crescendo tra loro due. Per la prima volta da quando conosceva Pietro poteva dirsi felice di non essere riuscita nel suo intento di vendetta.
-Stanno cominciando ad andare anche troppo d’accordo- sottolineò Caterina, alzando un sopracciglio e poi bevendo subito dopo qualche sorso del suo spritz.
Giulia rise appena, annuendo vigorosamente:
-Magari ad Alessio riuscirà l’impresa miracolosa di rendere Pietro più sopportabile-.
Era piuttosto fiduciosa da quel punto di vista: Alessio era quel tipo di persona che per carattere riusciva, senza particolari sforzi, a tranquillizzare anche quelli che gli stavano attorno.
-Parli del diavolo … - Filippo fece un cenno col viso verso un punto preciso della piazza, oltre le spalle di Giulia – Stanno tornando-.
Si girarono tutti a guardare dove aveva appena indicato. Giulia strizzò gli occhi e si sistemò meglio gli occhiali sul naso per vedere meglio: quando mise a fuoco le figure di Pietro ed Alessio per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
-Ma … - la voce di Nicola parve sorpresa e confusa allo stesso tempo – Cosa diavolo ha addosso Alessio?-.
Giulia scoppiò a ridere fragorosamente. Non riusciva ancora a distinguere del tutto il nuovo abbigliamento dell’amico, ma sapeva già in anticipo che doveva essere qualcosa di estremamente trash.
 


Alessio lo precedeva di qualche passo, continuando a sbuffare sommessamente, ma sforzandosi di camminare come se niente fosse. Pietro si guardò intorno, al limite tra l’imbarazzo e il divertimento più puro: c’era un gruppetto di ragazzini sulle panchine in mezzo alla piazza che, dopo qualche occhiata stranita, si erano di nuovo girati senza badare troppo a loro.
Non li stavamo imitando invece Giulia, Caterina, Nicola e Filippo: si erano voltati nella loro direzione qualche secondo prima, senza più distogliere lo sguardo. Giulia stava già soffocando dalle risate, e anche Caterina non riusciva molto a trattenersi. Nicola aveva un sorriso stampato in viso, e Filippo sembrava il più incredulo tra tutti loro.
“Iniziamo benissimo”.
Per un attimo Pietro si sentì vagamente in colpa: era consapevole che il suo intento fosse proprio quello di mettere Alessio almeno un po’ in imbarazzo – oltre che in ridicolo-, e che non avrebbe mai comunque raggiunto il livello di disagio che era toccato a lui nel camminare in una pizzeria affollatissima vestito da donna, ma una punta di pentimento fece capolino in ogni caso.
Quando arrivarono in prossimità del tavolino dove se ne stavano seduti i loro amici, Pietro li vide trattenere a stento le risate. Giulia e Caterina erano rossissime in viso per lo sforzo.
-Sei bellissimo, davvero- commentò Nicola, scuotendo appena il capo mentre osservava per bene Alessio.
Caterina riprese a ridere inevitabilmente:
-Uno splendore, veramente-.
Alessio li guardò entrambi con sguardo torvo, arrossendo appena:
-Non infierite pure voi, grazie-.
Pietro si portò una mano davanti alla bocca per nascondere la sua risata, ormai impossibile da trattenere oltre.
Non si era per niente trattenuto nel momento in cui aveva dovuto scegliere cosa regalare – e far indossare- ad Alessio, e i risultati si stavano vedendo. La maglietta che stava indossando in quello stesso momento era la stessa che aveva visto esposta in vetrina, nel negozio di intimo. L’unica certezza che aveva, nell’osservarla ancora addosso ad Alessio, era che quel viola, più lilla che altro, gli stesse semplicemente malissimo. Gli era stretta sui fianchi in modo goffo e, nonostante le numerose proteste, Alessio si era dovuto accontentare di quella taglia: i modelli più ampi erano già finiti, e a Pietro non era rimasto altro che chiedersi per tutto il tempo chi diavolo avesse avuto l’azzardo di comprarle.
Ricordava ancora l’espressione attonita che Alessio aveva in viso quando, dopo aver scostato la tenda del camerino, gli aveva passato i due capi d’abbigliamento da provare. Aveva squadrato la maglietta per interi secondi, afferrandola e tendendola per leggere la scritta stampata sul davanti – il disegno stilizzato e di un giallo fin troppo accesso di una banana, accompagnata dalla sola scritta “25 centimetri”-, borbottando tra sé e sé qualche imprecazione che Pietro non era riuscito a distinguere.
-Ho sola una domanda- esordì Giulia, che fino a quel momento era rimasta in silenzio – Quel che dice la maglietta è vero o è solo una diceria?-.
Ammiccò maliziosamente proprio alla scritta sulla maglietta, provocando una risata al resto del gruppo. Pietro si sentì arrossire violentemente, mentre lanciava un’occhiata di sottecchi ad Alessio: lui, al contrario suo, più che in imbarazzo sembrava semplicemente seccato.
-Secondo te?- chiese di rimando a Giulia, incrociando le braccia contro il petto, e coprendo di conseguenza il disegno della maglietta.
Il ghigno astuto che Giulia gli rivolse, prima di volgere gli occhi a Pietro, non fu affatto consolante:
-Allora lo chiederò a Pietro- disse, candidamente – Magari ha controllato personalmente-.
Pietro deglutì a vuoto, consapevole che il rossore del suo viso non poteva certo passare del tutto inosservato, né che avrebbe potuto incolpare il tiepido calore primaverile per quelle guance troppo imporporate.
Per un attimo si ritrovò ancora a ripensare a quando lui ed Alessio erano ancora al negozio, soli.
Ripensò al momento in cui Alessio aveva scostato la tendina, mostrandosi con quell’orribile maglietta addosso che gli stava troppo stretta, lamentandosi subito per come lo facesse sembrare. Aveva avuto da ridire anche sul paio di boxer che Pietro gli aveva fatto provare, incerto sulla misura adatta; in quel momento si era ritrovato a scorrere con gli occhi il corpo di Alessio, dalle spalle alla linea dei fianchi.
“Dovevo pur capire di cosa si stesse lamentando”.
Aveva rialzato gli occhi solo diversi secondi dopo, quando Alessio l’aveva richiamato dopo essere stato ignorato troppo a lungo, cercando di relegare la sensazione di torpore ad un angolo remoto della sua mente.
Pietro si schiarì la gola, paonazzo:
-Non dovevi fare una sola domanda?- ribatté, evadendo del tutto l’interrogativo di Giulia. Lei sbuffò seccata, ributtandosi indietro con la schiena contro lo schienale della sedia:
-E voi sapete che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?-.
Prima che quella loro conversazione potesse proseguire, ci pensò Filippo a tirarli fuori dall’inghippo:
-Ma che è successo mentre eravate chissà dove?- chiese, ancora un po’ disorientato.
Pietro tirò un sospiro di sollievo: a quella domanda poteva rispondere senza paura di sentirsi a disagio.
-Nulla di strano- disse, sentendosi addosso lo sguardo torvo di Alessio – Regalo in ritardo per il suo diciannovesimo compleanno-.
-Altrimenti detto “favore ripagato per il travestimento al suo, di compleanno”- lo corresse subito il biondo, scuotendo con rassegnazione il capo.
Risero di nuovo tutti, Pietro compreso: si sentiva decisamente meno in difficoltà in quel momento, mentre Giulia ancora non si era data ad altre domande imbarazzanti.
-Ora ha senso- rise appena Nicola, annuendo.
Pietro lanciò un’occhiata maliziosa ad Alessio, prima di proseguire:
-E la parte migliore non ce l’ha nemmeno addosso ora-.
Era piuttosto sicuro che Alessio non l’avrebbe mai definita la parte migliore – era del tutto impossibile anche solo pensare di poter spendere qualche parola positiva riguardo i boxer scuri con quel pattern di orsetti multicolore-, ma in quel momento poco importava.
Caterina li guardò sgranando gli occhi, trattenendo a stento l’ennesima risata:
-Vuoi dire che … -.
-Non vuol dire nulla- la interruppe subito Alessio, frettolosamente – E in ogni caso scordatevi che improvvisi mai qualche spogliarello davanti a tutti voi-.
Giulia sbuffò con fare teatrale:
-Peccato. Vuoi mantenere l’esclusiva per Pietro?-.
Stavolta fu il turno di Alessio di girarsi verso di lui e guardarlo maliziosamente. Sotto quello sguardo, Pietro si sentì di nuovo in estremo imbarazzo, ancor più di prima, ed ancor di più di quando si erano ritrovati in negozio.
-Sì, in questo caso sì-.
Tacque inevitabilmente, abbassando gli occhi per un secondo che gli parve durare un’era.
 
*
 
Il vento soffiava contro i vetri chiusi della finestra, facendoli fastidiosamente vibrare. Giulia si rigirò di nuovo sotto le coperte, cominciando a sentire caldo per i continui movimenti e il nervoso che cominciava a crescerle per quel sonno che non veniva.
Non riusciva a capire il motivo di quell’insonnia. Il secondo letto della camera di Caterina era confortevole come sempre, ma era almeno da più di un’ora che continuava a rigirarsi.
Si fermò supina, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi ripensando alla bella giornata appena passata. Era stato un bel pomeriggio, quello: dopo gli acquisti e dopo lo spritz in piazza, erano rimasti ancora un po’ insieme prima di separarsi. Lei e Caterina erano state le prime ad andarsene, dopo essersi accorte che l’auto di Marianna aveva parcheggiato in un angolo della piazza.
Quando erano arrivate a casa di Caterina, Giulia non si era nemmeno stupita di non avervi trovato Lorenzo. Era letteralmente sparito dalla sera del compleanno di Pietro e Filippo, e trovava quasi incredibile come riuscisse ad avere sempre qualche impegno altrove nei giorni in cui veniva ospitata a casa Maccaferri.
Si fermò ad ascoltare il respiro calmo di Caterina, l’unico rumore distinguibile nell’oscurità della stanza. Doveva essere profondamente addormentata, tranquilla nel suo riposo: si ritrovò ad invidiarla profondamente.
Scostò le coperte lentamente, spazientita, cercando di alzarsi senza far vibrare le molle del materasso. Poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo, con movimenti calibrati ed attenti. Pur con difficoltà riuscì a trovare i propri occhiali posati sopra la mensola del letto; li inforcò mentre si alzava dal letto, muovendo i primi passi verso la porta.
Se ne uscì fuori dalla stanza, sgusciando dalla porta ora socchiusa. Si fermò ad ascoltare ancora per qualche secondo il respiro di Caterina: le sembrava rilassato come prima, segno che non si era svegliata.
Giulia si stiracchiò, facendo scrocchiare la schiena, trattenendo un lungo sbadiglio. Fare quattro passi, staccare un po’ da quel rigirarsi nel letto, forse l’avrebbe aiutata a rilassarsi almeno un po’: sperava solo di richiamare a sé il sonno riuscendo a calmarsi.
Il corridoio del primo piano non era nella completa oscurità quanto la camera di Caterina: la luce lunare che filtrava dalla finestra della camera di Lorenzo, ancora senza il suo inquilino, illuminava le sagome dei mobili e le porte delle altre stanze, permettendole di orientarsi.
Giulia si accinse a scendere le scale, decisa ad andare a bere un bicchiere d’acqua giù in cucina: sentiva la gola e le labbra secche, in una sensazione piuttosto fastidiosa.
Raggiunse il pianterreno abbastanza agilmente, arrivando presto in cucina. Accese la luce, strizzando gli occhi per i primi secondi per abituarsi al passaggio dall’oscurità a quell’ambiente ora rischiarato. 
Quando finalmente riuscì a riaprire gli occhi, mosse qualche passo verso la credenza dove erano tenuti i bicchieri. Fece appena in tempo ad aprire un’anta, prima di bloccarsi nell’udire un tonfo proveniente dall’esterno della casa.
Giulia non si mosse: il vento stava continuando a soffiare, ma non le sembrava affatto che quell’ultimo rumore potesse essere stato provocato da quello.
Passarono pochi secondi prima di sentirlo di nuovo, appena fuori dalla finestra della cucina. Cercò di mettere a fuoco l’ambiente esterno, ma era difficile distinguere qualcosa nella totale oscurità della notte. Sentì il cuore cominciare a martellarle furiosamente nel petto, il fiato corto e la paura che cominciava a farsi strada in lei.
Cercò di pensare razionalmente, ma non le venne in mente niente che potesse essere la risposta a quei rumori insoliti. Si sentì ancor più pietrificata a quella consapevolezza.
Quando dopo altri secondi di puro panico sentì una chiave girare nella toppa della porta d’ingresso, Giulia si lasciò andare ad un sospiro lungo e pesante: si sentì una stupida per essersi dimenticata così velocemente che, fino a prova contraria, Lorenzo doveva ancora rientrare a casa.
Si spostò velocemente verso la soglia della cucina, appostandosi lì in attesa che la porta d’ingresso si aprisse.
La porta venne aperta lentamente, con qualche tonfo di troppo; Giulia si avvicinò con cautela, confusa e titubante su cosa fare. Attese che Lorenzo entrasse, richiudendo la porta d’ingresso dietro di sé.
Aveva un passo incerto, e l’aria stralunata: le fu totalmente evidente nel momento in cui Lorenzo premette l’interruttore accanto alla porta, accendendo la luce del corridoio.
Lorenzo non era cambiato poi molto nel corso di quei mesi: aveva solamente la barba più lunga, gli occhi più acquosi.
Si accorse di lei solo in quel momento, quando si voltò per proseguire lungo il corridoio: si bloccò all’istante, le guance arrossate e gli occhi sgranati. Aveva un’espressione stravolta, e Giulia ebbe il presagio che fosse meglio tenersi a distanza.
-Sei qui- lo sentì mormorare sorpreso, con qualche difficoltà.
Lorenzo la teneva fissata con occhi quasi sgranati; fece qualche altro passo verso di lei, barcollando appena. Per un attimo Giulia si chiese se aveva bevuto.
Cercò qualche cosa da dire, ma non fece in tempo a parlare: Lorenzo le era ormai di fronte, e si era chinato su di lei per stringerla meglio in un abbraccio.
-Quanto sei bella- borbottò ancora, stringendola ancora un po’ a sé.
Giulia si irrigidì, a disagio: Lorenzo non le si era mai avvicinato così tanto, e mai in quel modo. Sperò che si allontanasse il prima possibile.
-Sono solo in pigiama- cercò di minimizzare lei, sentendosi un’idiota per essere riuscita a dire solo quello.
Sentì le mani di Lorenzo arpionarsi alla sua schiena, come a volerle imprimere un’impronta sulla pelle. Se fosse stato Filippo, al posto suo, si sarebbe sentita rabbrividire: in quel momento, invece, mentre sgranava gli occhi nel sentirlo muoverle verso il basso, volle solamente subito staccarsi da lui.
Giulia si divincolò infastidita, riuscendo a distanziarsi almeno un po’ da Lorenzo: lo vide guardarla confuso, come se non riuscisse a comprendere cosa avesse fatto di male.
-Hai bevuto?- gli chiese, stizzita. Il puzzo d’alcool che riusciva a percepire ora che gli era vicino non lasciava dubbi, ma voleva vedere se avrebbe avuto il coraggio di ammetterlo.
Lorenzo tacque, guardandola colpevole: una tacita conferma di quel che Giulia sospettava già.
-Sei ubriaco- mormorò, divincolandosi ancora e riuscendo a sciogliere l’abbraccio. Fece subito qualche passo indietro, mettendo almeno un metro di distanza tra lei e Lorenzo.
-Ho bevuto solo due drink, nulla che mi possa far dire qualcosa che non penso davvero- Lorenzo tirò su col naso, guardandola in un modo talmente strano ed insistente che Giulia si sentì immediatamente, ed irrimediabilmente, a disagio – Ah, Giulia … -.
-C’è qualcosa che non va?- cercò di dargli corda lei, senza però riavvicinarsi – Posso aiutarti in qualche modo?-.
Lorenzo le puntò un dito contro, il gesto rallentato dall’alcool ancora in circolo:
-Sei l’unica che può farlo-.
Giulia strabuzzò gli occhi, definitivamente confusa. Era convinta che Lorenzo fosse più ubriaco di quanto dicesse e di quanto le fosse sembrato a prima vista, ma c’era qualcosa – nello sguardo, nelle parole e nella voce rauca- che le diceva che c’era anche altro oltre a quello. Era quella sensazione di fronte all’ignoto che la spaventava più di tutto il resto.
-Che intendi?- gli chiese ancora, incerta.
Lorenzo sbuffò, ridendo amaramente: c’era solamente tristezza, in quella risata, la delusione che finalmente emergeva e confondeva Giulia ancor di più.
-Non ci hai mai pensato, eh?-.
Lorenzo abbassò lo sguardo, per la prima volta distogliendo gli occhi da lei. Sembrava meno deciso, in quel momento, e nemmeno Giulia si sentiva così convinta nel voler sapere a cosa stesse alludendo.
Sentiva un groppo in gola e il battito accelerato, maledicendosi per essere scesa proprio nel momento in cui Lorenzo era rientrato.
-A cosa?- domandò, con un filo di voce.
La sensazione che l’attanagliò, un attimo prima che Lorenzo tornasse a guardarla con sguardo grave, le fece quasi pensare che sarebbe stato meglio scappare di sopra senza sapere la risposta.
Si costrinse a rimanere immobile, in attesa, di fronte a quegli occhi verdi che la tenevano inchiodata lì.
-Sono innamorato di te-.
Nel silenzio della casa quelle parole risuonarono ancor di più.
Per i primi secondi Giulia credette – si costrinse a crederlo- di non aver capito bene.
Le tornarono in mente tutte le altre volte in cui Lorenzo aveva parlato con lei – tutti i gesti di gentilezza, i sorrisi e gli sguardi-, e per un attimo credette sul serio che non potesse essere davvero così; gli occhi di Lorenzo, però, non facevano altro che urlarle addosso tutto ciò che stava cercando di negare.
-Dicono che se ami qualcuno devi lasciarlo libero, ma è difficile vederti felice con qualcun altro che non sono io-.
Giulia sentì la bocca dello stomaco chiudersi, sentendosi schiacciata come se un macigno le fosse appena piombato addosso.
Si sforzò di dare colpa all’ubriacatura di Lorenzo per quelle parole, ma anche per quello doveva fare uno sforzo troppo grande.
-Tu sei ubriaco. Non sei lucido- cercò di dire, le parole che le uscivano a fatica – Non sai neanche quello che dici-.
-Se lo vuoi credere … - ribatté Lorenzo, lo stesso sorriso amaro stampato in viso. Non sembrava affatto sorpreso da quella reazione, come se se la fosse aspettata sin dall’inizio.
-È meglio che tu vada a dormire- Giulia insistette ancora, sperando che cominciasse a darle ascolto – Anche io è meglio se torno a letto-.
Superò Lorenzo il più velocemente possibile, aggirandolo e camminando attaccata al muro del corridoio: era sicura che, pur con i riflessi rallentati, sarebbe comunque riuscito ad afferrarla per un braccio se solo avesse voluto. Lorenzo, in ogni caso, rimase immobile: si voltò solamente verso di lei, seguendola con lo sguardo.
Giulia stava per mettere il piede sul primo gradino della scala, pronta a rinchiudersi dentro alla camera di Caterina, quando dovette bloccarsi. Lorenzo si era schiarito la voce come se volesse parlarle ancora:
-Dormi con me, ti prego-.
Si voltò verso di lui, cercando di non sgranare gli occhi: non avrebbe mai accettato, ma non voleva nemmeno fargli capire in quel modo quanto fosse assurda quell’idea.
-Non ti sfiorerò nemmeno- continuò Lorenzo, supplichevole.
Per un attimo Giulia sentì il cuore stringersi: odiava sentirsi così colpevole verso qualcuno, e che quel qualcuno fosse Lorenzo non faceva altro che peggiorare le cose.
Non poteva però nemmeno fare quel torto a se stessa: non poteva concedergli quel desiderio, né quella notte, né in qualsiasi altra occasione.
Non dopo quello che le aveva detto.
-Sai che non posso- gli disse, con voce ferma – Non insistere, per favore-.
Lorenzo non insistette: rimase in silenzio, guardandola ancora mentre Giulia si apprestava a salire le scale, lentamente e senza voltarsi.
Sentì sulla propria schiena il peso dello sguardo di Lorenzo fino a quando non arrivò al pianerottolo del primo piano, ormai fuori dalla sua visuale.
 
*
 
Dondolò la testa al ritmo della musica sparata ad alto volume, le cuffiette nelle orecchie che la isolavano dal resto del mondo e che l’aiutavano ad assordare i pensieri che le riempivano la mente da troppi giorni.
Il primo sabato di maggio era una giornata splendida, ideale per una passeggiata all’aperto, con il sole che finalmente riscaldava nel rimanere sotto i suoi raggi.
Giulia alzò per un attimo gli occhi, lanciando un’occhiata alla finestra: dalla sua prospettiva, mentre se ne stava sdraiata sul divano del salotto di casa sua, riusciva solo a scorgere l’azzurro intenso del cielo primaverile.
Si trattenne dal guardare di nuovo il display del suo cellulare per controllare l’ora: erano passati solo pochi minuti dall’ultima volta in cui l’aveva fatto, e dubitava che Filippo potesse già essere arrivato.
Tornò a riabbassare il viso, chiudendo gli occhi per un attimo e cercando di rilassarsi. Era il primo giorno in cui le sembrava di avere una parvenza di tranquillità: dopo quella notte di fine aprile le era stato piuttosto difficile dare una tregua alla sua mente. L’immagine di Lorenzo brillo, con quegli occhi delusi e amareggiati con cui l’aveva guardata, e le sue parole non avevano smesso di tormentarla neppure un minuto.
Quella notte l’aveva passata in bianco, incapace di chiudere occhio. La mattina dopo si era svegliata con il terrore di poterlo incrociare di nuovo, in presenza di Marianna e Francesco e – ancor peggio- Caterina: quando aveva appreso che se ne era uscito di nuovo, la mattina presto, era riuscita a tirar un sospiro di sollievo, salvo poi guardare con occhi fin troppo sgranati Caterina quando, alla sua domanda su dove fosse andato Lorenzo, le aveva rivelato che da qualche settimana lui e Rebecca sembravano essere tornati insieme. Era solo l’ennesimo dettaglio che le aveva procurato ulteriore mancanza di sonno.
Le occhiaie che il non dormire le aveva procurato non erano passate inosservate in quelle settimane, e nemmeno il suo nervosismo: Caterina le aveva chiesto svariate volte se andasse tutto bene.
Era successo anche quella stessa mattina d’aprile: aveva avuto, per diversi minuti, la tentazione di parlare con Caterina. Era stata ad un passo dal raccontarle ciò che era accaduto durante la notte. Ci aveva rinunciato quasi subito: rovinarle l’immagine del fratello l’avrebbe fatta sentire ancor più in colpa di quanto già non si sentiva. Almeno Caterina doveva restarne fuori.  
Anche Lorenzo non doveva aver detto niente: erano passate quasi due settimane, e Caterina non aveva fatto alcun cenno alla possibile confessione che il fratello poteva averle fatto.
Era qualcosa che, fino a quel momento, era rimasto solo tra di loro, Giulia e Lorenzo: erano gli unici due a portare il peso di quella notte sulle spalle.
Giulia sospirò a fondo, pensando che, prima o poi, sarebbe riuscita a sentirsi più distaccata verso quella faccenda: era un tempo, però, che ancora non era arrivato, che le sembrava quanto mai lontano.
Sobbalzò di colpo quando, del tutto all’improvviso, si sentì appoggiare una mano su una spalla: quando si girò, levandosi le cuffie in un gesto veloce, non si ritrovò di fronte né ad Anita né ad Carlo, com’era prevedibile. Guardò con sorpresa Filippo: le stava sorridendo divertito, trattenendo a stento una risata.
-Ti sembra il modo di entrare?- gli sbottò addosso lei, alzandosi dal divano. Era indecisa se fiondarsi addosso a lui per abbracciarlo, contenta del suo arrivo, o se continuare ancora un po’ a fingersi offesa.
-Effettivamente eri piuttosto concentrata- disse Filippo, facendo un passo avanti verso di lei, e lasciando il casco sul divano, dove poco prima era stesa Giulia – Volevo fare un’entrata a sorpresa-.
-Direi che ti è riuscita. Mi hai quasi uccisa- gli rispose di nuovo Giulia, guardandolo con sguardo torvo – A proposito, chi ti ha fatto entrare?-.
Filippo rise ancora un po’, tutt’altro che intimorito:
-Tua madre, poco fa. Credo mi abbia visto arrivare col motorino dalla finestra, quindi mi ha aperto ancor prima che suonassi il campanello-.
Giulia annuì, ritrovandosi a pensare che, molto probabilmente, quello sarebbe stato uno degli ultimi viaggi fino a casa sua in cui Filippo avrebbe usato il suo vecchio motorino: ancora due settimane e avrebbe dovuto cercare di passare l’esame pratico per la patente.
Raccolse dal divano il suo lettore mp3 e le cuffie, prima di far cenno a Filippo di seguirla:
-Andiamo di là?-.
Non dovette nemmeno specificare dove volesse andare: Filippo annuì, compiaciuto, seguendola verso la stanza da letto.
 


-Quando avrò la patente potremo andarcene in giro più spesso-.
Anche se non riusciva a vederlo in viso, non in quel momento, Giulia sapeva che Filippo stava sorridendo. Riusciva ad immaginarselo accuratamente nella sua mente, mentre con sguardo sognante progettava già i loro futuri viaggi.
-Magari in qualche città qui vicino- proseguì ancora lui, accarezzandole con movimenti circolari la spalla.
Erano stesi da circa mezz’ora sul letto della camera di Giulia, in un momento di totale rilassatezza che, inaspettatamente, stava cominciando ad avere effetti anche su di lei: si sentiva protetta persino dai suoi stessi ricordi, mentre rimaneva accoccolata al torace di Filippo, il mento appoggiato tra il collo e la spalla.
-Prima pensa a non farti bocciare- lo prese in giro lei, ridendo non appena Filippo si allontanò un po’, per riuscire a guardarla con sguardo torvo:
-Sei pregata di non portare sfortuna, grazie!- ribatté, piccato.
Giulia allungò una mano verso i suoi capelli, arruffandogli i ricci scuri, ridendo ancora. Era piuttosto fiduciosa per l’esame di Filippo: erano mesi che le riempiva la testa con i racconti delle sue guide, di quanto si trovasse bene davanti al volante, e di quanto non vedesse l’ora di iniziare a guidare per conto suo. Aveva superato brillantemente l’esame di teoria ancora diversi mesi prima, e sembrava non ci fosse alcun motivo per cui anche la pratica non potesse andare allo stesso modo.
-Non ti piacerebbe come idea?- le chiese, incerto.
Giulia sollevò il viso verso di lui, spostando la mano dai suoi capelli al viso. Aveva le guance leggermente ispide, segno che quella mattina non doveva essersi rasato come al suo solito.
-Mi interessa stare con te- mormorò, sorridendogli – Poi il posto è secondario-.
Si sporse verso Filippo per un bacio a stampo: lo sentì ridere sulle proprie labbra, divertito. Quando si staccarono, stava ancora ridendo compiaciuto:
-Lo so che sei talmente innamorata di me che ti potrei portare in qualunque posto-.
“Sono innamorato di te”.
Giulia chiuse gli occhi per un attimo, cercando di scacciare dalla propria mente il ricordo di quelle parole e di Lorenzo, mentre le pronunciava guardandola. Fu solo una frazione di secondo, ma quando riaprì le palpebre si accorse che Filippo la stava osservando disorientato:
-Ehi, ho detto qualcosa che non va?-.
Le si era rivolto esitante ed incerto, segno inequivocabile di quanto avesse colto, anche se solo per quell’attimo fugace, il suo cambio d’atteggiamento. Giulia si morse il labbro, in difficoltà:
-No, tranquillo- sentì la propria voce non sufficientemente convinta, mentre cercava di pensare a qualcosa per sviare il discorso – E comunque non ho detto che mi andrebbe bene qualsiasi posto-.
Filippo la guardò a lungo per diversi secondi, l’espressione seria e preoccupata che ancora non era andata via dal suo viso:
-Sicura che vada tutto bene?- le chiese ancora, mettendosi a sedere per guardarla meglio in faccia – In realtà sono un  po’ di giorni che ti vedo strana … Anche Caterina l’ha notato-.
Giulia si tirò su a sua volta, seppur a malincuore, incrociando le gambe e mettendosi seduta di fronte a lui. Anche se la distanza tra loro era ancora minima, si sentiva molto più esposta di quanto non avrebbe voluto.
Filippo allungò una mano verso di lei, accarezzandole il viso:
-Che succede?-.
 -Non è niente, sul serio- minimizzò Giulia, ancora incerta. Il modo in cui la guardò Filippo, con apprensione e nervosismo allo stesso tempo, le suggerì che non avrebbe mollato l’osso tanto facilmente.
-Lo sai che se vuoi parlare di qualcosa lo puoi fare, vero?- si sporse ancora verso di lei, prendendole il viso tra le mani con delicatezza – Non ti giudicherei mai-.
Giulia sospirò pesantemente, sentendosi così disorientata da sembrarle quasi di essere tornata a quella notte di aprile.
Non aveva davvero pensato di parlarne con Filippo, non di una cosa così: era sicura che, per quanto potesse essere una persona pacata, non avrebbe digerito facilmente il racconto della dichiarazione di Lorenzo.
Sapeva anche, però, che non sarebbe riuscita a tenersi tutto dentro ancora a lungo: erano troppe notti che passava insonne, a ripensare ancora a Lorenzo, e sapeva che non sarebbe potuta resistere così ancora a lungo.
Di Filippo poteva fidarsi: era il suo porto sicuro, la sua ancora per i momenti più difficili.
-Promettimi che non ne parlerai a nessun altro, Filippo. Nessuno-.
Doveva assicurarsi che Caterina non venisse a saperlo, non da lui, almeno: se qualcuno doveva dirglielo, quella persona sarebbe stata lei, o Lorenzo.
Filippo la guardò ancora per qualche secondo, in silenzio, prima di annuire:
-Te lo prometto-.
Per un attimo le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, a più di un anno prima, quando su un letto diverso di una casa diversa c’era sempre lei, affiancata da Lorenzo. Anche lui in quel momento era stato pronto ad ascoltarla, a darle una spalla su cui sfogarsi: anche ora, così come all’epoca, si sentiva ugualmente stanca, in colpa, confusa ed incerta.
-È da un po’ di giorni che penso ad una cosa successa quando ero a casa di Caterina, l’ultima volta che sono venuta a Torre San Donato- cominciò Giulia, abbassando lo sguardo. Aveva parlato lentamente, aggiungendo dettagli superflui che, però, le stavano facendo guadagnare tempo. Non era ancora del tutto certa come rendere la notizia meno allarmante.
-Che è successo?- la incalzò Filippo, con voce calma.  
Giulia prese un respiro profondo, evitando ancora il suo sguardo:
-Ho incontrato Lorenzo, suo fratello-.
Non azzardò ad alzare lo sguardo, timorosa di vedere l’espressione di Filippo. Se lo immaginava ancora confuso, forse ancor di più dopo averla sentita nominare Lorenzo.
-Non lo vedevo da mesi. Credo fosse un po’ ubriaco- mormorò Giulia, stringendosi nelle spalle.
Alzò gli occhi nel momento in cui avvertì una mano di Filippo posarsi sulla sua spalla di scatto: la stava osservando con apprensione, la fronte corrugata.
-Ti ha fatto qualcosa?- le chiese, con una certa urgenza – Ti ha fatto del male?-.
Giulia scosse subito il capo, stavolta con convinzione:
-No, non è successo nulla del genere-.
Filippo sembrò rilassarsi almeno in parte, anche se non accennava ancora a lasciarle la spalla:
-E allora mi spieghi perché sei così sulle tue da giorni?- insistette, ancora una volta – Non è da te … Deve pur aver fatto o detto qualcosa-.
Era l’ultima possibilità per tirarsi indietro, ma allo stesso tempo Giulia era consapevole che, pur non avendogli ancora detto nulla di concreto, arrivati a quel punto Filippo non avrebbe accettato giustificazioni per smettere di parlarne.
Prese di nuovo un respiro profondo, prima di alzare gli occhi:
-Ha detto che è innamorato di me-.
Le parole le erano uscite dalle labbra prima ancora di pensarle, di darvi un ordine o cercare di addolcire la pillola. Studiò il viso di Filippo, attraversato dall’incredulità: sembrava aver appena visto qualcosa di infinitamente strano passargli davanti agli occhi.
Gli ci vollero parecchi secondi prima di riuscire a parlare ancora, ingarbugliandosi:
-E tu … - iniziò, prima di schiarirsi la gola – Tu credi sia vero?-.
A quella domanda Giulia non aveva ancora trovato una risposta che fosse certa. Ci aveva ripensato per giorni, senza riuscire a trovare qualcosa che sconfessasse o confermasse quel che Lorenzo le aveva detto quella notte: c’erano troppe cose che avrebbero potuta farla pendere dall’una o dall’altra soluzione. Solamente Lorenzo avrebbe potuto toglierle qualunque dubbio, ma la sola prospettiva di parlargli di nuovo, a così poca distanza dal loro ultimo incontro, la faceva sentire male.
-Non lo so- ammise infine – All’inizio non ci credevo. Però poi ripensandoci … -.
Filippo la interruppe di colpo, d’un tratto più nervoso di quanto non si fosse mostrato fino a poco prima:
-Ti ha toccata, Giulia?- le chiese, la rabbia sottile nella voce – Se l’ha fatto giuro che lo meno, se lo vedo-.
In un secondo Giulia ripensò all’abbraccio in cui Lorenzo l’aveva stretta per qualche minuto, e si rese conto che quel dettaglio avrebbe fatto bene a rimanere una cosa da tenere per sé:
-No, te l’ho detto: non si è avvicinato-.
Era una bugia a fin di bene, ne era consapevole, ma si sentì ugualmente una bugiarda per aver mentito a Filippo con così tanta convinzione.
Lo osservò mentre si alzava dal letto, cominciando a camminare lungo lo spazio della stanza, gesticolando nervosamente:
-Comunque è incredibile, davvero!- sbottò, rosso in viso – Sei una ragazzina rispetto a lui, e sei un’amica di sua sorella!-.
Si fermò di colpo qualche secondo dopo, come se gli fosse venuto in mente improvvisamente qualcosa:
-Caterina lo sa?-.
Giulia si alzò a sua volta, il più velocemente possibile, nel panico:
-No, e non deve saperlo- disse subito, con fare perentorio. Per un attimo si pentì di essersi confidata con Filippo: temeva che sarebbe venuto subito meno alla sua promessa.
-Ma lei potrebbe parlargli e … - Filippo la guardò confuso, ma prima ancora che potesse spiegarle cosa intendeva, Giulia lo interruppe:
-No, non voglio farle sapere di suo fratello-.
Aveva alzato appena la voce, nel tentativo di convincere Filippo ad ascoltarla: su quel punto aveva deciso di essere quanto mai intransigente.
-Non sarebbe giusto farglielo sapere così- aggiunse, amareggiata. Non riusciva neppure ad immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione di Caterina ad una notizia del genere e, in fin dei conti, forse non voleva nemmeno scoprirlo.
Filippo lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, sconfitto: sembrava contrariato dalla sua decisione, ma non disposto a contraddirla ancora.
-Non è giusto nemmeno nei tuoi confronti, però-. Incrociò le braccia contro il petto, abbassando gli occhi castani verso il pavimento; vedendolo così Giulia seguì l’istinto, e si avvicinò a lui. Gli posò una mano sulla guancia, in una carezza immobile.
-Forse non mi si riavvicinerà più- gli sussurrò, ora più calma anche lei – Credo abbia capito che non potrà mai esserci nulla tra me e lui. A maggior ragione mentre sto con te-.
Attese che Filippo risollevasse il viso: lo vide ancora piuttosto imbronciato, tutt’altro che rassicurato.
-Se dovesse ricapitare, però, non potrai ancora far finta di nulla- le mormorò, con amarezza.
Aveva ragione, questo Giulia dovette ammetterlo: non avrebbe potuto di nuovo lasciar passare, se fosse successo una seconda volta. Quella prospettiva le causò un groppo in gola.
Sperò ardentemente di avere ragione, e che Lorenzo avesse davvero capito di doverle stare a distanza.
-Ci penseremo se e quando ricapiterà- taglio corto, cercando di sorridergli fiduciosa.
La stessa fiducia doveva mancare in Filippo: le restituì di nuovo lo stesso sguardo pessimista, segno che non era riuscita a convincerlo fino in fondo.
-Ma se succederà sarai ancora allo stesso punto di adesso: senza sapere cosa fare-.
Giulia tacque, inevitabilmente, il groppo in gola che le impedì di parlare.
 
*
 
Do you love? Yeah
Can you tell me how it feels?
Is your heart running so fast it becomes still?
Is it true you breathe in butterflies?
Is it true you blow out stars?
When you love, yeah
Does your mind open?
Do you see who you are
When the walls that you build start to fall to the ground
Why do you never come down?*
 
I riflessi della luna proiettavano strisce bianche lungo il pavimento e sui mobili in penombra, e rischiaravano una piccola parte del letto. Giulia cercò di orientarsi con quella poca luce che entrava dalla finestra, senza accendere subito l’interruttore della sua camera.
Era circa mezzanotte, e Anita e Carlo si erano già ritirati nella loro camera da almeno un’ora; anche lei e Filippo erano giunti alla conclusione che fosse giunta l’ora di andare a dormire, dopo aver passato la serata a cena con i genitori di lei e facendo una breve passeggiata per le vie semideserte di Borgovento.
Giulia si fece strada fino al comodino accanto al letto, accendendo la lampada per rischiarare almeno un po’: quando si girò verso Filippo, che la seguiva in silenzio dopo aver richiuso la porta della stanza, lo vide sorridere tra sé e sé.
L’atmosfera si era notevolmente alleggerita, nel corso della serata: non avevano più parlato di Lorenzo, e pian piano Filippo si era sciolto. Sembrava aver deciso di accantonare – almeno per quel giorno- quell’argomento, e Giulia non poteva dirsi più sollevata di così.
-Come mai stai sorridendo?- gli chiese, cercando di non far trasparire la sua curiosità. Parlando della dichiarazione di Lorenzo si era spaventata, convinta di aver rovinato irrimediabilmente l’umore dell’altro: si sentiva meglio ora, mentre osservava Filippo sorridere ancor di più, decisamente d’umore migliore.
-Allora?- insisté Giulia, afferrandolo per le spalle, scrollandolo scherzosamente.
Filippo rise appena, rilassato:
-Perché pensando a Lorenzo stavo quasi per dimenticarmi di una cosa-.
Giulia aggrottò la fronte, fermandosi per pensare: Filippo non le aveva accennato nulla riguardo qualcosa che doveva dirle, nemmeno nei giorni precedenti.
Filippo non sembrò voler aggiungere nient’altro, continuando a fare il misterioso: non le non rimase altro che passare al contrattacco, avvicinandoglisi ulteriormente, di soppiatto, iniziando a fargli il solletico lungo i fianchi e l’addome.
-Dimmelo!-.
Filippo cadde ridendo sul letto, contorcendosi per i crampi che il solletico gli causava; Giulia lo seguì a ruota, finendogli addosso per non lasciargli tregua.
-Va bene, sta buona!- farfugliò lui, ormai a corto di fiato.
Giulia sorrise, soddisfatta del risultato: si lasciò ricadere sulla parte libera del letto, sedendosi in attesa che Filippo si riprendesse a sufficienza per parlare. Lo osservò piuttosto divertita mentre si rimetteva a posto la maglietta, coprendo la pelle nivea dei fianchi, respirando a fondo:
-Sembra che i miei genitori abbiano deciso di prendersi una vacanza di qualche giorno a fine mese- iniziò a spiegare, passandosi una mano tra i capelli – In realtà dovevano andare in Puglia per lavoro, ma resteranno qualche giorno in più per cavoli loro-.
Giulia annuì, ancora non del tutto certa di aver capito dove Filippo stesse andando a parare.
-E il caso vuole che partano proprio nei giorni in cui cadrà il nostro anniversario-.
Il sorriso allusivo con cui la guardò, spazzò via gli ultimi dubbi di Giulia: ora riusciva perfettamente ad intuire cosa stesse cercando di dirle.
-Cosa stai architettando?- gli chiese, ricambiando lo sguardo malizioso.
Filippo sembrava più entusiasta che mai, mentre scioglieva le riserve:
-Ho chiesto ai miei se posso ospitarti a casa da noi in quei giorni- il sorriso gli si fece sempre più largo, allegro – Hanno accettato-.
-Oddio!- Giulia soffocò a stento un urlo d’entusiasmo, mentre gli si fiondava addosso all’istante, per la seconda volta in pochi minuti, abbracciandolo stretto. Gli schioccò un bacio sulle labbra, felice come non pensava avrebbe potuto esserlo proprio in quell’ultimo periodo.
-Sapevo che la notizia ti sarebbe piaciuta- commentò Filippo, ancora sorridente, a pochi centimetri dal viso di Giulia.
-Ma Fabio?- chiese lei, d’un tratto più perplessa – Non ci sarà nemmeno lui?-.
-Non andrà in Puglia, questo è sicuro- rispose Filippo, accarezzandole i capelli, dolcemente – Ma credo uscirà spesso. Di solito al weekend è quasi sempre con la sua ragazza-.
Giulia annuì, pensierosa: era intuibile che, tra le righe, Filippo le stesse dicendo che, per quel weekend, si sarebbero trovati spesso da soli in casa. Ed era anche perfettamente consapevole che, per avere il permesso dei suoi per andare, avrebbe fatto bene a nascondere quel piccolo particolare.
Fece per parlare, ma venne preceduta di nuovo da lui:
-Ho in serbo qualche altra sorpresa, poi- le disse, con fare astuto.
Giulia alzò un sopracciglio, incuriosita:
-Del tipo?-.
-Stavolta non ti dirò nulla, e tu non riuscirai a farmi parlare- le disse, bloccandole preventivamente le mani, tenendole tra le sue – E poi non vorrai rovinarti la sorpresa così in anticipo, no?-.
-Sei almeno sicuro che questa sorpresa mi piacerà?- gli chiese maliziosa Giulia, cercando di avvicinarglisi comunque, anche se con un certo impaccio.
-Conoscendoti credo proprio di sì-.
Filippo le schioccò veloce un lungo bacio sulla pelle delicata del collo, facendo rabbrividire Giulia lungo tutta la schiena. Lasciò andare un lungo sospiro, già distratta dal suo intento di scoprire il più possibile cosa stesse organizzando il suo ragazzo.
-Allora mi fido- mormorò, portando una mano tra i ricci castani di Filippo, e spingendogli appena il capo verso di lei.
Rabbrividì ancora quando, con un gesto lesto, una mano di Filippo andò ad insinuarsi appena sotto l’orlo della sua maglietta: il contatto della sua mano, più fredda rispetto al suo corpo, le lasciò una scia di brividi lungo il percorso sulla sua pelle. Le accarezzò la schiena, con movimenti lenti, rilassanti: Giulia si lasciò andare a quel contatto, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi.
Avevano già sperimentato altre volte, negli ultimi mesi, quel genere di contatti: il ricordo della sera del suo compleanno, quando si era bloccata per lo stesso gesto, sembrava lontano anni luce rispetto al presente.
In un momento d’avventatezza imitò Filippo, portando a sua volta una mano sotto la sua canotta. Arrivò a sfiorare il petto dell’altro, lentamente, con cautela.
Mentre continuava a baciarlo, Giulia sentì Filippo lasciare andare un sospiro contro le sue labbra: nella penombra della stanza le sembrò quasi di vederlo arrossire.
L’attimo dopo, stupendosi di se stessa, afferrò l’orlo della maglietta: la fece passare oltre la testa di Filippo, staccandosi da lui velocemente, facendolo rimanere a torso nudo. Non si stupì di vederlo sorpreso a sua volta: nemmeno lei aveva calcolato di spingersi fino a quel punto.
Forse per la prima volta in vita sua non si sentì affatto fuori posto, non lì con lui, mentre lo spogliava.
Non si sentì troppo in imbarazzo nemmeno quando fu lei, quella ad essere denudata: la sua maglietta andò a finire accanto all’altra, ai piedi del letto.
-Vieni qua … - Filippo sussurrò piano, attirandola più a sé. Giulia non oppose resistenza, sorridendo e sentendosi un po’ impacciata; qualche minuto dopo era sdraiata sul materasso, i pantaloncini sfilati e vestita solamente dell’intimo.
Cercò di non badare all’imbarazzo che ora si sentiva addosso: sentiva lo sguardo di Filippo passare su tutto il suo corpo, e la tentazione di coprirsi era forte, ma cercò di resistervi. Si sentì meno in soggezione quando anche lui rimase solamente in boxer, dopo che lei stessa l’ebbe aiutato a togliersi i jeans che gli fasciavano le gambe snelle.
Lasciò vagare a sua volta il suo sguardo sul corpo dell’altro, seduto davanti a lei: non era la prima volta che vedeva Filippo così, la pelle chiara del petto ancora un po’ acerbo, dalla pelle candida e le gambe snelle, le spalle larghe che le trasmettevano un senso di protezione.
Quando Filippo si chinò su di lei di nuovo, per baciarla, Giulia lasciò da parte tutte le paure: non si sentiva in difetto, in quel momento, non mentre Filippo la baciava e le percorreva il fianco con una mano, sempre più in basso. Fremette appena, il cuore che le batteva all’impazzata nel petto, interrompendo il bacio per prendere fiato. Fu in quel momento che notò Filippo guardarla confuso, esitante:
-Sicura che vada tutto bene?- le chiese, sussurrando. Si era bloccato immediatamente, e Giulia ebbe il timore di aver rovinato l’atmosfera di nuovo.
-Sto bene- lo rassicurò, con il fiato corto – E tu?-.
Filippo poteva sembrare sicuro di sé, a prima vista, ma era nei gesti che tradiva molta più agitazione di quel che sembrava voler trapelare: si era mosso lentamente per tutto il tempo, a tratti incerto per l’inesperienza.
-Direi benissimo- le disse, sorridendole nervosamente – Però … -.
Deglutì, e Giulia pensò fosse davvero sul punto di tirarsi indietro. Si stupì nel pensare che, in fin dei conti, le sarebbe dispiaciuto parecchio per quell’eventualità.
-Non dobbiamo andare fino in fondo per forza- riprese Filippo, a bassa voce – Un passo alla volta, ricordi?-.
Giulia annuì, restituendogli il sorriso, mentre ripensava alla notte di Capodanno, quando avevano deciso di non darsi scadenze da quel punto di vista. Si era sentita capita e compresa, in quel momento, ed era lo stesso anche adesso, stesa su quel letto: era sicura che, se avesse voluto fermarsi in qualunque momento, Filippo non l’avrebbe costretta a fare nulla contro la sua volontà.
Lo baciò all’angolo della bocca, accarezzandogli la schiena nuda:
-Un passo alla volta-.
Liberò la tensione che l’aveva attanagliata fino a quel momento, respirando a fondo.
Sentì la mano di Filippo scostare lentamente il tessuto morbido delle mutande, facendola arrossire incredibilmente. Si trattenne a stento dall’urlare qualche imprecazione, sentendo la sua mano sotto il tessuto, su di lei. Le dita di Filippo la stavano toccando piano e delicatamente, strappandole qualche gemito soffocato, sia per il piacere che sentiva, sia per il fastidio appena accennato.
Fu un altro momento di puro istinto che la portò, di nuovo stupendola di sé, a portare a sua volta una mano sul corpo di lui, sfiorandolo con i polpastrelli, sentendosi un po’ maldestra. Giulia chiuse gli occhi, fregandosene, e lasciando che un sorriso le piegasse gli angoli della bocca: sentiva il corpo di Filippo completamente a contatto con il suo, mentre si scambiavano a vicenda quelle carezze.
Si sentiva bene, come mai avrebbe pensato di poter stare. Bene con Filippo e, come mai le era capitato, con se stessa.
 
Boys and girls share crystal champagne kisses
Just to taste the rain
Racing cars and chasing satellites
We crash alone again
How do you love love?
How do you love love?






 
 
* il copyright del brano (Mark Owen - "How do you love?") appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.
NOTE DELLE AUTRICI
Ebbene, eccoci qui nel nostro solito spazio post-capitolo.
Le cose sembravano essere iniziate bene, con il gruppo di amici che si sta unendo sempre più giorno dopo giorno, mentre passavano una giornata all’insegna della spensieratezza un po’ goliardica. La nottata, invece, ha portato tutt’altro tipo di atmosfera: c'è stato il ritorno di Lorenzo, personaggio che non vedevamo da un po'. Il suo comeback ha avuto decisamente un forte impatto su Giulia, che è rimasta leggermente sotto shock. Non vi aspettavate questo colpo di scena, o avevate già qualche sospetto dei sentimenti di Lorenzo nei confronti di Giulia?
Secondo voi Lorenzo dice la verità, o l'ubriacatura ha semplicemente giocato un ruolo molto più preponderante di quel che sembra?
E dopo queste rivelazioni dell'ultimo capitolo, torniamo a seguire Giulia e il suo stato d'animo non particolarmente rilassato. Nonostante siano passate due settimane dalla dichiarazione di Lorenzo, ancora non ha le idee ben chiare: credete che confidarsi con Filippo sia stato un bene, e che forse d'ora in poi riuscirà ad affrontare meglio la situazione?
In ogni caso, dopo qualche ora e con certe rivelazione digerite già un po’ di più, la serata si è fatta particolarmente piccante a casa Pagano (anche se qualcosa ci dice che Giulia e Filippo non siano andati davvero in fondo). Secondo voi che succederà nel prossimo capitolo? E che accadrà nei giorni del loro anniversario?
Teoricamente l’appuntamento dovrebbe essere mercoledì 1 maggio, ma chissà … Potrebbe esserci anche una sorpresa di Pasqua la settimana prossima. Stay tuned 😊

Kiara & Greyjoy
 
 
 
 
   
 
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