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Autore: NPC_Stories    11/04/2019    3 recensioni
Storia ambientata nei pochi mesi che Daren e Johel hanno passato nella foresta di Mir, prima che le loro strade si separassero in Ricostruire un ponte. Johel è felice di essersi riunito alla sua famiglia dopo molto tempo, e non si accorge che il suo amico ha cominciato a frequentare una ragazza.
Mi hanno chiesto in molti se Daren abbia mai avuto una relazione amorosa. Forse questa storia è più esaustiva di un semplice "no".
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1361 DR: Cose non dette


“Sai, sarò sincera” esordì lady Aphedriel, rivolgendosi direttamente ad Amyl. “Da quello che ci racconti, ho capito quanto ognuna di noi cerchi cose diverse in una relazione. Se un elfo si fosse comportato con me come il tuo amante si comporta con te… a me sarebbe andato bene. Non sono una grande estimatrice dell’altro sesso, preferisco le donne, ma avrei accettato un compagno che fosse capace di starsene nel suo e che si limitasse a rendermi qualche servizio. Mi mette a disagio il modo in cui di solito i maschi pretendono. Tempo, attenzioni, impegno… per me sono troppo aggressivi.” Si confidò. Era la prima volta che dava voce ai suoi sentimenti in modo così schietto, ed era un’esperienza nuova e strana, per lei. Era così che ci si sentiva ad avere delle amiche?
“Ma anche le donne fanno la stessa cosa” Freya la guardò con una punta di preoccupazione. “Credo di essere più invadente e molesta di qualsiasi elfo maschio tu possa aver conosciuto.”
“Sì, Freya, ma a me le donne piacciono, è questa la differenza.” Sospirò la maga. “Quanto a te, ti sarai accorta che ti amo. Purtroppo puoi essere molesta quanto vuoi, non smetterò mai di amarti.” S’imbronciò, fingendo che la cosa le desse fastidio, ma sua moglie capì che stava scherzando.
“Non condivido le tue preferenze ma capisco cosa intendi” rispose Amaryll, conciliante. “Però tu stai pensando a un amante occasionale, un rapporto superficiale. Da come parli, non penso che avresti mai considerato un rapporto a lungo termine con un maschio. Io invece… non so ancora cosa voglio, ma mi piacerebbe che le cose fra noi diventassero più serie.”
“Oh, oh” ridacchiò Pilindiel “anche la nostra Amyl vuole mettere la testa a posto?”
“La mia testa è dov’è sempre stata!” Sbottò la rossa, mentre le sue guance rivaleggiavano con il colore dei suoi capelli. “Non voglio correre, non faccio progetti azzardati, vorrei solo sapere se sto camminando sul terreno o sulle sabbie mobili.”
Sabbie mobili sarebbe trovarsi a dover avere a che fare per sempre con quello stronzo” sbuffò Kalifein. “Che sia il tuo amante va bene, ma se poi facesse parte della tua vita in modo stabile sarei costretta a lavorare molto sulla mia pazienza e tolleranza.”
“Troppo buona,” biascicò la locandiera “ma non fasciarti la testa prima del tempo, Kali. Hai visto come ha reagito quando ho cercato di presentarvi. Non vuole parlare di relazioni serie, anche se sotto sotto io penso che la cosa possa succedere, se lasceremo che accada naturalmente, senza forzarla e senza parlarne.”
Pilindiel si dedicò alla sua tazza di tisana, perché non approvava quella linea d’azione ma non voleva dirlo. Sarebbe stata una critica vuota visto che non aveva consigli da offrire. Aphedriel invece non si trattenne.
“Senza parlarne” ripetè l’elfa della luna, sottovoce. “Ah, siete proprio fatti l’uno per l’altra. La comunicazione diretta vi rende timidi come conigli.”
Questo sembrò punzecchiare Amyl nel punto giusto, perché per la prima volta la ragazza guardò la maga con un’espressione che si avvicinava al risentimento.
“E perché mai? La comunicazione non è sempre verbale, in una coppia c’è molto altro.”
“Oh, sì, c’è molto altro. Ci sono i gesti, i silenzi, le azioni. Ti ha mai detto che è stato lui a consigliarmi di parlare con te?”
Sul tavolo calò improvvisamente il silenzio. Le quattro elfe dei boschi guardarono la maga, senza sapere cosa pensare.
“Ci siamo incontrati un giorno in cui avevo deciso di studiare all’aperto. Freya non c’era, mi sentivo sola, era una calda giornata di fine estate e avevo pensato che studiare all’aperto fosse una buona idea, magari avrei trovato il coraggio di parlare con qualcuno. Lui mi ha vista lì da sola, ha notato che la gente era intimorita e nessuno mi approcciava. Ha aspettato che facessi una pausa e si è avvicinato per dirmi che… in poche parole, che capiva la mia esperienza. Anche lui aveva aspettato molto tempo prima di riuscire a interagire con gli elfi di Myth Dyraalis. Mi ha detto che Amyl lo stava aiutando a prendere confidenza con la città e con i suoi abitanti,” incrociò lo sguardo della cameriera, mentre raccontava senza problemi quella verità parziale “e ti ha dipinta come una persona discreta e affidabile, ma con una buona reputazione e molte conoscenze. Nei giorni seguenti ho riflettuto sulle sue parole. Mi ci sono volute due settimane per farmi coraggio e prendere la decisione di entrare in questo pub. Alla fine ho capito che il drow ci aveva visto giusto, mi sono subito trovata bene con te e con le tue amiche, ma senza il suo consiglio non avrei saputo a chi rivolgermi. E capisco bene che non lo ha fatto solo per me, un elfo scuro non ragiona in modo così lineare. Sapeva che la mia presenza suscita ancora curiosità e ammirazione, che in quanto maga e moglie di Freya ho una buona posizione sociale, quindi ha giudicato che la nostra amicizia potesse essere vantaggiosa per entrambe… e so che ha considerato anche la tua reazione emotiva. Aveva capito che tu ci tenevi.”
Amyl rimase in silenzio per un momento, guardando lady Aphedriel come se non la vedesse davvero.
“Ah...” sussurrò infine. “Non so se mi sento commossa o irritata. Dovrei pensare che è stato un gesto premuroso, o una manipolazione?”
“Non credo che sia una manipolazione” disse sinceramente l’elfa della luna. Poi mentì, con la stessa facilità con cui respirava: “Mi è sembrato davvero sorpreso quando mi ha vista qui per la prima volta. Dopotutto non poteva sapere se avrei colto il suo consiglio oppure no. Credo che ci tenga davvero a vederti felice, e tu non l’avresti mai saputo se non te l’avessi detto io adesso. Non è manipolazione se non va a suo vantaggio.”
Kalifein annuì per dichiararsi d’accordo con la maga, e nella sua mente il compagno stronzo della sua amica guadagnò un piccolo punto.
“Hai ragione” rimuginò la rossa, alla fine. “Forse mi infastidisce che mi abbia giudicata troppo timida e abbia deciso di fare lui la prima mossa, parlandoti. Ma in effetti io non ti avrei mai approcciata, ero in soggezione.”
L’elfa pallida sorrise, come se avesse provato la sua argomentazione.
“Tu hai dei timori quando si tratta di approcciare persone che percepisci erroneamente come superiori” azzardò, e il fatto che si fosse autodefinita non superiore alla locandiera attirò gli sguardi stupiti ma compiaciuti delle altre. “Lui ha dei timori quando si tratta di lasciarsi andare a certi sentimenti. Vedi come siete simili? Non rimproverarlo troppo per le sue debolezze, anche tu ne hai. Tutti noi ne abbiamo.”
Freya studiò il volto sereno di sua moglie per un lungo momento, con rinnovata ammirazione. “Accidenti, come sei saggia.” Si sporse per darle un bacio sulla guancia, e con quella scusa le passò un braccio intorno alla vita.
“Ma no!” Si schernì l’elfa della luna. “Solo… ehi! No! Freya, smettila!” Si divincolò e si alzò di scatto dalla sedia, perché la giovane aveva iniziato a farle il solletico in modo spietato.
“Sei troppo saggia e seriosa” Freya si strinse nelle spalle e si esibì in un sorriso affascinante. “Sai che ti invecchia? Non fa bene alla salute.”
La maga rispose con un’espressione offesa. “Grazie, amore, apprezzo che ti preoccupi per me” le accarezzò una guancia, trasformando quel gesto in un pizzicotto nemmeno troppo dissimulato.
“Ecco, un’altra coppia che a prima vista sembra male assortita” sussurrò Kalifein, indicando le due spose ad Amyl. “Per tutti c’è speranza, non credi?”

Nel frattempo, in cucina, Daren aveva convinto Raerlan a preparare la colazione anche per lui.
“Hai detto che lo gnomo cuoco non fa le uova come piacciono a te, ma da quando hai bisogno di mangiare?” Gli domandò incuriosito, mentre giocherellava con la forchetta nel piatto. Aveva dimenticato una semplice e triste verità: Raerlan era un pessimo cuoco.
“Non ne ho bisogno, ma mi piacciono le uova.” Sorrise, mettendosi in bocca una cucchiaiata di quella che per Daren era poltiglia immonda che sapeva di bruciato.
“Ma tu lo sai che sapore ha il cibo vero?” Si permise di insistere.
“Senti, non mangiarla se non ti piace! Perché mi hai chiesto di cucinare?”
“Io ti avevo chiesto di fare il caffè” lo corresse il drow. “Sei tu che hai insistito per fare le uova in tegame. Che poi a me non serve nemmeno mangiare, indosso un Anello del Sostentamento” gli ricordò, sollevando la mano sinistra per mostrare il cerchietto di metallo che aveva intorno al dito medio.
“Ah” l’alicorn ci pensò un momento “allora posso avere anche il tuo piatto?”
Il drow sospirò e spinse il piatto attraverso il tavolo della cucina. Raerlan allungò un braccio e lo afferrò.
“Sul serio, come mai sei qui?” Gli domandò di nuovo Daren.
“Ho dormito qui” tornò a ripetere il biondo.
“Sì, ma perché? Non stai mai in città, dici che Hinistel ti mette a disagio.”
“Certo, è una veggente, è ovvio che mi metta a disagio” confermò, agitando la forchetta per sottolineare il concetto.
Daren conosceva abbastanza l'amico ranger da sapere che stava evitando di rispondergli per una specifica ragione, qualunque fosse. Riusciva a sentire quasi fisicamente la forza degli incantesimi protettivi dell’alicorn che cercavano di condizionare la sua mente a non farsi altre domande.
“Va bene, non vuoi dirmi perché sei qui” sospirò. “Ognuno ha diritto ai propri segreti, e se hai affari in città non mi interessano.”
Raerlan gli sorrise come per fargli le sue scuse. “Mi spiace, non posso disattivare i miei incantesimi a comando, hanno effetto su di te come su tutti gli altri” si strinse nelle spalle.
In realtà era segretamente soddisfatto. Il drow credeva di aver resistito almeno in parte ai suoi dweomer, era ancora convinto che Raerlan avesse qualche impegno in città. Non si era neppure chiesto se quegli impegni riguardassero proprio la Casa degli Scapoli.
Poco dopo sentirono dei passi leggeri scendere le scale, e un giovane elfo vestito da esploratore s'infilò in cucina dalla porta di servizio.
“Sono pronto!” Annunciò, allargando le braccia. “Andiamo! Ah, buongiorno, Daren” lo salutò di sfuggita.
“Navar” il drow alzò una mano in risposta. “Come va il tuo addestramento da druido?”
“Eeeeh…” il ragazzo si passò una mano dietro la testa “ci sto lavorando. Sono convinto di sentire una particolare connessione con la foresta, ma non sempre la foresta ricambia.”
Il drow si strinse nelle spalle, perché per lui la foresta era solo un letale groviglio di robaccia verde. Non capiva come facessero gli elfi a sentirsi così tanto in connessione con la natura, ma era chiaro che Navar stava prendendo i pericoli molto più sul serio di prima. Adesso indossava vestiti da esploratore anziché la scomoda tunica rituale da druido, segno che pensava di uscire dalla città, e probabilmente aveva chiesto a Raerlan di fargli da scorta. Era molto saggio che un apprendista druido venisse accompagnato da un adulto, anche un ranger poteva andare bene.
Ma Raerlan? Non era esattamente un tipo affidabile.

Il ranger e il giovane elfo si congedarono e uscirono dalla porta di servizio. Daren rimase lì, da solo e senza caffè, a riflettere sulle stranezze della vita.
Non rimase solo a lungo. Poco dopo uno gnomo fece timidamente capolino. Il drow lo riconobbe come il cuoco della Casa degli Scapoli, che non era lo stesso gnomo che aveva ereditato il pub, ma le sue conoscenze si fermavano lì.
“Quel barbaro è uscito?” Domandò il piccoletto, guardandosi intorno di sottecchi.
“Intendi Raerlan? Sì, ha brutalizzato delle uova e poi è uscito.”
Lo gnomo tirò un sospiro di sollievo ed entrò, chiudendosi in fretta la porta alle spalle.
“Mi sono alzato prima dell’alba per terminare i dolci per il circolo dei pettegolezzi, di là” indicò il salone con un brusco cenno del capo, chiaramente riferendosi ad Amaryll e amiche. “Ma forse qualcuno dice mai grazie al vecchio Yandri? No, non sia mai!” sbuffò.
Daren capì che il piccoletto aveva voglia di parlare e la cosa lo mise un po’ a disagio, ma sapeva riconoscere la vera esasperazione quando la vedeva. Un po’ gli dispiaceva anche, per quella creatura, e andarsene subito gli sembrava troppo scortese. Però decise all’istante che se doveva stare ad ascoltare le lamentele di uno gnomo sconosciuto, quantomeno aveva diritto a qualcosa in cambio.
“Sembra che la tua giornata sia cominciata male, messer Yandri. Se sei in piedi da prima dell’alba, ti ci vorrebbe un caffè.”
Il cuoco si fermò come un giocattolo a molla a cui si fosse bloccato un ingranaggio, e lo guardò come se avesse appena proposto una cosa scandalosa ma geniale.
“Pofferbacco! Mi piace come ragioni. Sì, sì, mi merito un caffè. Abbiamo una nuova miscela, appena importata dal Turmish, la patria del miglior caffè del mondo. O così ti dicono loro!” Ridacchiò, andando ad armeggiare dentro una credenza. “Sì, sì, sarebbe per i clienti, ma direi proprio che me lo merito. Ne vuoi anche tu? Il caffè non si beve da soli, e la caffettiera” annunciò, tirando fuori dalla credenza quello che a Daren sembrava un complicato alambicco “è pensata per almeno tre gnomi.”
“Lo gnomo è l’unità di misura per il caffè?” domandò, divertito.
“Lo è qui. Gli elfi non apprezzano questa bevanda perché, senti un po’, dicono che è troppo amara.”
Nel frattempo aveva iniziato a macinare i chicchi fino a renderli polvere. Un procedimento affascinante, se ti piaceva quel genere di cose. Daren trovava tutto un po’ noioso, ma valeva la pena aspettare. Gli dispiaceva che sua sorella Krystel non servisse caffè nella sua locanda, perché nel nord non era una bevanda molto comune.
Il pensiero di Krystel gli fece corrugare la fronte. Si portava dietro un leggero sentore di disagio, e non sapeva perché. Forse perché sapeva che sua sorella doveva sentire la mancanza di Jaylah. O forse perché, come aveva detto a Johel, stava cominciando a considerare Myth Dyraalis come la sua futura casa, e questo avrebbe ridotto le frequentazioni con la sua famiglia. Krystel e i bambini (per lui i suoi nipoti erano e sarebbero sempre stati i bambini) vivevano a molte settimane di cammino da lì. E che ne era della promessa che aveva fatto, di prendersi cura di sua sorella?
Ma ormai Krystel è una donna matura, capace di difendersi da sola, ricordò a sé stesso. Non è senza alleati, a Secomber. Quel ranger che governa la cittadina, com'è che si chiama… be’, quello lì, la conosce e la rispetta, anche se a distanza. Il mago Amelior si può definire un amico. Ma soprattutto, mia sorella ora è consapevole di chi siano i suoi nemici. Non è più la ragazza giovane e ingenua che ho conosciuto cent’anni fa.
Non sono obbligato a tornare spesso a trovarla. Non ha bisogno di me.

Il pensiero era in parte rassicurante e in parte, come sempre, disturbante. Come aveva detto ad Amaryll tempo prima, non era facile credere che qualcuno potesse volerlo intorno anche se non era necessario. Lui e sua sorella ne avevano passate tante insieme, tutto ciò che Krystel sapeva sul suo retaggio l'aveva appreso da Daren, e il sospetto che ora lei potesse metterlo da parte come un utensile usato gli stringeva la gola.
Sono tutte paranoie mentali mie, si impose di pensare. Non si era accorto che nel frattempo lo gnomo gli aveva poggiato davanti una tazza di caffè, e aveva continuato a ciarlare dei fatti suoi per tutto il tempo. Io non sono un buon giudice del carattere di mia sorella, non sono mai riuscito a capirla fino in fondo, quindi non ha senso ipotizzare che cosa farà adesso.
Solo allora si accorse del caffè e prese la tazza fra le mani, ma era ancora troppo caldo.

“Come fai a bere quella roba?” Gli domandò una voce dolce e femminile. In piedi accanto a lui c’era Amyl. Un’espressione sorpresa si dipinse sul suo volto nero, ed evidentemente la ragazza se ne accorse perché le sfuggì un risolino. “Che c’è, non mi hai sentita entrare?”
“Disonore su di me! No, non ti ho sentita entrare” scherzò lui. Il suo sorriso però era solo di facciata, perché il fatto che Amyl fosse comparsa proprio mentre lui pensava alla sua famiglia lontana gli aveva fatto scattare un collegamento preoccupante nella mente.
Dèi. No. Cosa vado a pensare. Hanno in comune solo il fatto di essere locandiere e di essere brave persone. Il mondo è pieno di locandiere carine e gentili. Amyl non è una Krystel più giovane e ingenua con cui è socialmente accettabile fare sesso.
Non lo è.

Guardò la ragazza con aria colpevole e alzò la tazza come per offrirle un sorso di caffè. La rossa si ritrasse, agitando le mani e facendo una smorfia schifata molto buffa.
Amyl è Amyl e a me piace perché è carina e non mi fa troppe pressioni. Non è mai a disagio in mia presenza, non mi tratta con esagerata pazienza come se fosse più vecchia di me. Krystel l’ha sempre fatto, anche quando ci conoscevamo da poco.
Circa un secolo prima, per la prima volta in vita sua, Daren aveva conosciuto una femmina della sua razza che non lo trattava con crudeltà, né con bonaria superiorità (che era il meglio che ci si potesse aspettare da una drow, lui lo sapeva bene, aveva visto come agivano le sacerdotesse di Eilistraee). Quel comportamento insolito aveva attirato il suo interesse, generando sentimenti che all’epoca non aveva ben compreso. Era affetto fraterno? Un giovane drow, senza esperienza di cosa fosse una famiglia amorevole, non poteva capire se quello fosse affetto fraterno o qualcos’altro.
Non aveva mai desiderato sua sorella, ma quello era facilmente spiegabile con i suoi traumi passati e all’epoca ancora recenti verso il genere femminile, uniti ai freni razionali dati dai tabù sull’incesto. Ma l’aveva amata? O avrebbe potuto amarla, se avesse lasciato crescere liberamente i suoi sentimenti?
Non lo sapeva, perché aveva scelto di non chiederselo. A molte persone l’amore capita, involontario e inarrestabile come una disgrazia. Daren invece doveva consentirlo, doveva costruirlo. Non gli veniva naturale. Affezionarsi alle persone, quello sì. Succedeva fin troppo spesso, senza che avesse voce in capitolo. Ma l’amore di coppia no, quello veniva accuratamente considerato, valutato, e finora sempre scartato.
Amyl mi piace perché è come è. Non me n’ero accorto finché non mi sono ubriacato. Deve voler dire qualcosa, deve essere vero. Lei potrebbe perfino essere una persona che potrei amare. Sarebbe consentito e sarebbe sicuro; non è una ragazza pericolosa o incostante. Per la prima volta, si permise di mettere in chiaro quell'idea, di lasciare che emergesse. Poteva almeno permettersi di considerare la cosa.
“Volevo proporti di fare qualcosa insieme, oggi.” Esordì Amyl in tono ottimista, del tutto inconsapevole del suo groviglio di pensieri.
“Certo, facciamo sempre qualcosa insieme” rispose lui in tono assente, chiedendosi dove volesse andare a parare.
“Una cosa diversa dal solito. Mi piacerebbe fare una passeggiata in città. Vorrei mostrarti i miei luoghi preferiti, le cose che per me hanno importanza… ti va bene?” Ora il suo sorriso si era fatto più incerto. Aveva l’aria di chi sta camminando sul ghiaccio sottile e ne è consapevole.
Quella sua reticenza lo fece sentire in colpa. Lei era così giovane. Non era abituata al suo comportamento asociale, non ci aveva mai fatto il callo, come Johel o Raerlan.
“Uhm… Amyl. Mi dispiace per oggi. Non volevo metterti in imbarazzo con le tue amiche.” Esordì il guerriero, perché credeva di aver capito la ragione di quel sottile nervosismo. “Certo che mi piacerebbe, e non ho problemi a farmi vedere in giro con te. Ti chiedo però di non essere troppo esplicita. Se qualcuno ce lo chiede, mi stai mostrando la città, va bene? Io non mi sento pronto ad affrontare i risolini e le insinuazioni di Johel senza prima essere sicuro…” di essere capace di amare qualcuno nel modo in cui voi elfi intendete l’amore, pensò, ma disse “Non so spiegarmi. Johel insinuerebbe che io provi sentimenti che non sono nemmeno certo di comprendere. Non voglio che la gente faccia supposizioni sul mio conto, e soprattutto che si facciano aspettative. Se poi non fossi in grado di mantenere quelle aspettative, la cosa finirebbe per ferire te, prima di tutto” cercò di spiegarle.
L’elfa all’inizio sembrava un po’ dispiaciuta, poi incerta, e infine in qualche modo accettò la spiegazione di Daren. Ritrovò il suo sorriso, un sorriso vero e aperto, e si chinò a baciarlo a stampo sulle labbra.
“Vado a prepararmi! Spero che tu non abbia paura dell’altezza, perché dovremo arrampicarci” gli preannunciò, poi salutò il suo amico gnomo e sparì chiudendosi alle spalle la porta di servizio.
Daren non era sicuro di aver capito bene cosa fosse successo, ma si portò alle labbra la tazza di caffè, ormai tiepido.
Era buono davvero. Il miglior caffè del mondo, o almeno così dicevano nel Turmish. Lo buttò giù senza accorgersi del sapore.

           

   
 
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