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Autore: Nao Yoshikawa    15/04/2019    2 recensioni
[Minilong/What if/finale alternativo]
Cosa sarebbe successo se On Dal avesse trovato comunque il modo di tornare da Soo-Jung... solo con un giro un po' più lungo?
Ma non si stava divertendo, per niente. Era già tardi, quasi mezzanotte, e Soo-Jung se la rideva alla grande.
«Ti dispiace almeno dirmi dov’è che vivi di preciso?»
«Io non dico queste cose agli sconosciuti! Ho sonno e ho fame e ho male dappertutto!»
Aveva preso a strillare come una gallina. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione, ma se avesse continuato a darle corda, non sarebbe andato da nessuna parte. Prese quindi una decisione. Senza alcuna grazia la afferrò saldamente e se la caricò in spalla come un sacco di patate. Soo-Jung, dal canto suo, iniziò a dimenarsi.
«Che cosa stai facendo? Come osi trattare così una star? Pagherai per questo.»
«Donna folle, fa silenzio, te ne prego!»
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, On Dal, Sam-Yong Byun, Soo-Jung Song
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Soo-Jung pensò che fosse incredibile. Per colpa di uno stupido scoop falso, la sua vita era divenuta ancora più frenetica del solito. E non bastava il lavoro, non bastavano  i suoi problemi personali e i problemi dii cuore, adesso anche quello!
Come se non bastasse, la stessa giornalista che l’aveva messa nei guai l’aveva invitata per l’ennesima intervista. Con quale faccia tosta poi!
Il suo agente però aveva tanto insisto, almeno in questo modo avrebbe messo a tacere le dicerie sul suo conto. Anche se c’era effettivamente qualcosa che la disturbava.
«Devi far finta di stare con Woo-Bin?» domandò Sam-Yong sconvolto. Lui e Soo-Jung avevano approfittato del bel tempo e si erano sistemati in balcone sotto il sole, a sorseggiare del tè freddo. In verità Soo-Jung se ne stava sulla sua sedia a sdraio con su gli occhiali da sole.
«È una fesseria. “La gente non crederà mai che fra te e Woo-Bin non ci sia nulla, dopotutto recitate insieme, siete belli, famosi, popolari, è quello che si aspettano tutti. Sarà solo una facciata, basterà tagliare fuori il terzo incomodo”.»
«Il terzo incomodo sarebbe On Dal?»
«Già. Senti, farò qualsiasi cosa pur di librarmi di questa seccatura.»
«Io non credo dovresti farlo.»
«Ti ci metti anche tu adesso? Non è una cosa che mi fa piacere, ma non ho altra scelta. Tra l’altro non potrei uscire di casa, attirerei l’attenzione. Puoi darmi un passaggio tu al Geun?»
«Geun? Vuoi andare da On Dal?» domandò speranzoso.
«Non voglio andare da On Dal, ma mi serve un nuovo hanbok per il dramma.»
«Da quando in qua ti rifornisci da lui?»
«Beh, me lo deve considerando il ciarpame che mi ha venduto. E poi è stato lui a suggerirmelo…»
«Ah… adesso capisco qual è la questione» affermò lui con un sorriso malizioso.
Soo-Jung sbuffò.
«Dai, smettila.»
«Okay adesso sono serio. Non ci sarebbe nulla di male se fra te e lui nascesse qualcosa. Qual è il problema? È perché è una persona comune?»
«Lo sai che non è questo! Senti, è complicato. E comunque non capiresti. Adesso puoi accompagnarmi sì o no?»
Sam-Yong annuì. Se solo la sua amica avesse saputo quanto si sbagliava. Lui capiva, e capiva anche benissimo. Tuttavia non aggiunse altro e decise di scortarla fino al negozio di On Dal.
Quest’ultimo l’aveva attesa con impazienza. L’ultima volta che le era stato accanto, l’aveva quasi baciata. Sentiva che quella era la soluzione a tutti i loro problemi, non c’era alcuna razionalità in quel pensiero, ma era portato a credere che così fosse. E poi, fra lui e Soo-Jung c’era qualcosa di speciale, non sarebbero altrimenti stati così legati
Soo-Jung entrò e tentò di rimanere quanto più seria possibile. Ma la veniva davvero difficile se lui le sorrideva in quel modo.
«Benvenuta, Soo-Jung.»
«Umh, cosa sono tutte queste formalità? Avanti, pensiamo alle cose serie. Come sai mi serve un hanbok per la scena madre del dramma storico. Mi auguro che tu non voglia rifilarmi qualcosa di scarsa qualità… o farmi pagare», disse con un certo tono di polemica, che fece sorridere ancor di più On Dal.
«Oh, no. Tranquilla, ho una cosa che credo potrebbe piacerti. Guarda qui.»
Posò sul bancone un capo d’abbigliamento che già solo a vedersi sembrava così morbido. Stupita, Soo-Jung allungò le mani e ne accarezzò la stoffa.
«Wow… è cos’ morbida. Ricorda un po’ gli abiti da sposa tradizionali» convenne poi osservando i colori che andavano dal rosso al blu e le maniche larghe.
«Lo so, è per questo che l’ho scelto. Tra l’altro, trovo che si abbini bene alla tua collana.»
La ragazza strinse tra le dita il gioiello, schiarendosi la voce.
«D’accordo, posso provarlo da qualche parte?»
«Sì, lì in fondo c’è una porta.»
«Va bene, ma non sbirciare.»
«Tranquilla, non lo farò di certo!»
Soo-Jung si sentì a disagio. On Dal era strano. Era strano più del solito, era sempre lui ma poteva percepire anche qualcosa di diverso.
Si infilò alla svelta l’hanbok, non avendo la possibilità di guardarsi allo specchio. Pertanto, il primo a vederla sarebbe stato proprio lui!
«Amh» uscì con i capelli spettinati. «Così non rende, dovrei essere ben truccata e pettinata ma… dici che nel complesso può andar bene?» domandò poi allargando le braccia.
On Dal si perse a guardarla. Lei era così bella. Lei era una figura così lontana, ma anche così vicina. Gli sarebbe bastato allungare una mano.
«Sei bellissima», sussurrò.
Si era fatto più vicino e Soo-Jung aveva sentito il cuore balzare via dal petto. Lui era caldo, era vivo, era il pensiero fisso nella sua mente, era qualcosa che aveva a che fare con i suoi ricordi perduti. Era ciò che aveva perso di se stessa.
Abbassò lo sguardo, mentre un sorriso le si dipinse sulle labbra.
Sembravano venire da due epoche totalmente diverse, così per com’erano.
«Sai… dovrò fare un’intervista», disse poi all’improvviso, senza neanche sapere il perché. «E dovrò fingere di stare insieme a Woo-Bin. Può sembrare una cosa assurda, ma nel mondo dello spettacolo molto spesso si sta insieme per facciata e nulla più.»
Perché glielo stava dicendo? Lo avrebbe scoperto comunque, ma si era sentito in dovere di dirglielo.
«Sei sicura che non state insieme davvero?» domandò lui.
«Accidenti, no. Te l’ho già detto. Woo-Bin sarebbe sicuramente il mio ideale  secondo tutti ma… ma non per me. Non so ben spiegarmi.»
«Io… capisco. Allora, se davvero è così… io potrei… potrei…»
Non concluse la frase, ma Soo-Jung capì nel momento in cui poggiò una mano sul suo viso. Tremò profondamente, non voleva che smettesse mai di toccarla, ma allo stesso tempo aveva paura.
Ho paura di sapere. Anche se da un lato vorrei, ho paura che baciandoti tutto il mio mondo e tutto ciò che conosco possa cambiare.
Chiuse gli occhi. Sentì il respiro di On Dal su di sé.
Questo tocco, questo respiro. Ha qualcosa a che fare con quella voce che tormenta i miei sogni? E se così fosse… come cambierebbero le cose?
Entrambi avevano la sensazione che nulla sarebbe più stato come prima, nel momento in cui le loro labbra si sarebbero sfiorate.
E terrorizzata, spaventata a morte da tale consapevolezza, Soo-Jung si scostò, quasi con violenza, al punto che On Dal si ritrovò a sussultare.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, scorgendo negli occhi di lei un certo sgomento.
Era ritornato in sé, si era reso conto del suo gesto. Aveva forse sbagliato? Aveva forse esagerato? E perché lei lo guardava ora così, come se fosse stata ferita?
«Soo-Jung, io… mi dispiace. Mi dispiace, io non volevo…»
Volevo sì, ma questo era uno dei motivi per cui volevo anche trattenermi.
Tu non vuoi me, dico bene? Hai paura?
La ragazza deglutì pesantemente. Adesso iniziava a sentirsi soffocata, sentiva il bisogno viscerale di scappare via di lì e di riprendere aria.
«Scusa, On Dal. Scusa, devo andare» disse frettolosamente.
Non si premurò neanche di togliersi l’hanbok, e d’altro canto On Dal non riuscì a richiamare la sua attenzione. La lasciò andare, non potendo fare a meno di sentirsi un totale idiota.
 

 
Soo-Jung afferrò due lembi della lunga gonna e con gli occhi velati di lacrime si sbrigò a raggiungere l’auto in cui Sam-Yong la stava aspettando.
L’amico stava tranquillamente ascoltando la musica a tutto volume alla radio, motivo per cui si ritrovò a sussultare violentemente quanto sentì lo sportello aprirsi.
«Soo-Jung? Ma che succede?» domandò.
«Sam-Yong, andiamo via di qui. Portami da qualche parte, dove c’è aria.»
«Ma come, vestita così? Sicura che non vuoi cambiarti?»
«No, Sam-Yong, andiamo!»
Non osò porgere ulteriori domande. Soo-Jung era sconvolta e assolutamente doveva capirne il motivo. Guidò a lungo tra le strade trafficate di Seoul, fin quando non giunsero allo stesso parco in cui, qualche tempo prima, lei era stata assieme ad On Dal.
Fra tutti i posti, proprio questo.
Si ricordò di quando avevano camminato sotto gli alberi in fiore, e a ripensarci provò qualcosa che identificò come malinconia.
Rimase in silenzio a lungo mentre si affacciava dalle ringhiere e osservava il piccolo torrente scorrere sotto di sé, sapendo che Sam-Yong la guardava e sapendo che di lì a poco le avrebbe domandato qualcosa.
«So che probabilmente la cosa ti farà arrabbiare, ma ho diritto di chiederti che è successo. Perché sono il tuo migliore amico e perché se fosse qualcosa di grave non potrei perdonarmelo. Allora?»
Lei si lasciò andare ad un profondo sospiro. Poteva parlare con lui, poteva fidarsi, probabilmente aveva capito.
«On Dal ha provato a baciarmi», disse tutt’ad un tratto, senza smettere di guardare dritto davanti a sé.
Sam-Yong spalancò gli occhi e la bocca.
«Che?! Cosa?! Che significa “ha provato”? Lo hai rifiutato?»
«Certo! Mi sono allontanata prima che le sue labbra potessero sfiorare le mie.»
«Ma perché?!»
«Come sarebbe a dire perché? È veramente così strano?» domandò visibilmente nervosa.
L’amico tentò di mantenere i toni abbastanza tranquilli.
«Non è questo. E solo che pensavo provassi qualcosa per lui.»
Soo-Jung borbottò qualcosa di indefinito e poi si passò una mano tra i capelli.
«Non è questo. È solo che… è tutto un casino, Sam-Yong. Ho la netta sensazione che lui abbia a che fare con i sogni che faccio. Abbiamo una storia troppo simile, siamo collegati in un modo che mi fa paura. E quando ha provato ad avvicinarsi a me più del dovuto… ho avuto paura. Forse è meglio così, dopotutto siamo così diversi… Sam-Yong?»
Lo vide assumere un’espressione fin troppo seria.
«Adesso non mi dirai che ce l’hai con me! Ho capito che On Dal ti sta simpatico, ma non puoi pretendere che stiamo insieme.»
«Soo-Jung, tu non capisci proprio nulla.»
«Come osi dirmi che non capisco nulla?»
«È così, accidenti! Possibile che non te ne rendi conto? Tu e On Dal siete collegati, c’è un motivo se fai quei sogni!»
Si spaventò. Non stava scherzando, non stava scherzando affatto.
«Cosa… vuoi dire?»
Il ragazzo si lasciò andare ad un profondo sospiro.
«Il coma ti ha fatto dimenticare, ma non tutto. Le sensazioni e i sentimenti sono rimasti. Ricordi quando poco più di un anno fa sei scappata dal set sul nostro furgoncino? Non hai avuto un’incidente! Tu, anzi, entrambi, siamo andati nel passato, siamo stati teletrasportati lì!»
Soo-Jung lo guardò come se davanti avesse avuto un pazzo. Se aveva iniziato a prenderlo sul serio, ovviamente adesso non ne era più in grado.
«Ti sei drogato?»
«Ascoltami! Sto dicendo la verità! Io e te siamo tornati mille anni indietro. Ed è lì che hai conosciuto On Dal. E Pyeong-gang, Moo-Myung, tutti loro! Tu e On Dal vi siete innamorati, voleva anche sposarti! Poi lui è andato in guerra, ma dopodiché siamo ritornati qui e… ed è allora che tu hai perso i sensi!»
Parlava veloce, con affanno, stava vomitando letteralmente tutte quelle informazioni, come se le avesse tenute per sé per tutto quel tempo.
Avrebbe voluto prenderlo in giro, dirgli di smetterla con quello scherzo, ma non ci riuscì. C’era qualcosa di inquietantemente reale nelle sue parole.
«Ma cosa stai dicendo…?»
«È vero», sospirò più calmo. «Forse per il tuo corpo è stato un trauma e sei rimasta priva di sensi per qualche giorno. Quando poi ti sei risvegliata e ho capito che non ricordavi più nulla, non sapevo che fare. Perché io invece ricordavo tutto…»
Ad un tratto divenne triste. Soo-Jung ci impiegò un po’ ad assimilare quelle informazioni.
«Quindi mi stai dicendo che prima che perdessi i sensi, io e te abbiamo vissuto nel passato e io e On Dal siamo stati insieme?»
Era assurdo anche solo a dirlo. Eppure non si poteva dire che non avesse senso, perché in questo modo tutto tornava.
«È esatto. E stavo perdendo le speranze, non sapevo come farti riacquistare la memoria senza sembrare un pazzo. Poi, qualche settimana fa… l’ho visto… ho visto On Dal. E lì ho capito. Lui deve aver attraversato il portale temporale che collega la nostra epoca alla sua, lui era venuto a cercarti! Ma una volta arrivato deve aver perso la memoria esattamente come te. Capisci? Siete stati vicini senza saperlo! Ti prego, Soo-Jung. Tu devi ricordare! Non puoi aver dimenticato tutto!»
Si sentì male. La testa aveva preso a girare, il cuore a battere veloce. Sam-Yong doveva star mentendo. Sì, doveva essere per forza così.
Allora perché quella piccola vocina nella sua testa continuava a ripeterle che no, non era una bugia quella, bensì una verità che aveva dimenticato? Dei ricordi che aveva lasciato alle spalle, che le erano stati strappati via?
Le venne poi da piangere. E provò una sensazione di malinconia.
«Pensi che io… possa credere ad una cosa del genere?»
«E allora che spiegazione avresti a tutto ciò? È per questo che fai quei sogni, è per questo che ti senti vuota. Il vostro è un amore che va oltre il tempo, oltre ogni ragione. Non so se funzioni, ma se magari provassi a baciarlo, qualcosa in te si risveglierebbe… Dico sul serio, Soo-Jung. Non ti sto prendendo in giro.»
Sam-Yong tentò di allungare una mano nella sua direzione, ma lei prontamente si scostò. Tremava incontrollata, aveva iniziato a provare paura.
«Io… adesso vorrei andare a casa.»
Lui sospirò. Forse era stato avventato a dirle tutto così, ma non aveva visto altra soluzione.
«Allora ti accompagno.»
«Preferisco andare da sola.»
«Stravolta per come sei, preferisco non farti andare da sola. Prometto che non dirò una parola.»
Ed effettivamente, Sam-Yong mantenne la promessa. Non accennò minimamente al discorso mentre la riaccompagnava a casa. Soo-Jung, dal canto suo, aveva un’espressione indefinibile, sembrava persa nei suoi pensieri più profondi.
Quando fu finalmente a casa, gettò il telefono in un angolo e si lasciò cadere con la testa sul cuscino. E rifletté.
Sam-Yong le era sembrato incredibilmente serio ed esasperato, e doveva ammettere che per quanto assurdo fosse, nella sua assurdità tutto aveva senso, tutto veniva automaticamente collegato.
Ma era davvero possibile che fosse tornata indietro nel tempo e si fosse innamorata di On Dal? E che poi lui fosse venuto a cercarla dopo che lei era andata via?
Si portò le dita sulle tempie a applicò una leggera pressione.
Avrebbe senso, sì. On Dal sogna una donna chiamata Nan-nyeon, io sogno che qualcuno mi chiami con questo nome. Ma non conosco il viso di chi mi chiama così. È tutto assurdo, confuso.
Si rigirò da un lato e allora pensò che forse, se si fosse addormentata, avrebbe avuto la possibilità di sognarlo ancora, di captare qualcosa che fino a quel momento aveva ignorato.
Tentò di rilassarsi il più possibile e di svuotare la mente. Dovette andare circa venti minuti prima di addormentarsi.
 
C’era qualcosa di diverso dalle altre volte. Le immagini non erano sfocate, tutto era chiaro, colorato, intenso. Attorno a lei c’erano tanti alberi, un fiume d’acqua cristallina che scorreva. E lei indossava un bellissimo hanbok viola. Al collo la sua collana rossa e azzurra. Quel luogo, quei boschi, quel cielo infinito, doveva averlo visto da qualche parte, in una vita che non era poi così lontana.
«Nan-nyeon.»
Ancora quella voce, questa volta non così distante. Si voltò di scatto e allora vide distintamente un uomo. Eppure non riusciva a vederne il viso, quest’ultimo appariva quasi sfocato. E sebbene le parole pronunciate fossero chiare, non riusciva a capire se conoscesse o meno quella voce.
«Allora ha funzionato», sussurrò fra sé e sé. «Questo posto… io ci sono già stata…?»
«Probabilmente è così, Nan-nyeon. Tutto ciò che c’è sogni sono frammenti di ciò che hai vissuto o sentito.»
La figura stava a debita distanza da lei, di qualche metro.
«Perché mi chiami così?»
«È il tuo nome. O almeno, quello con cui ti chiamo io.»
«Sei On Dal?»
«Forse. Ma anche se ti dicessi di sì, ci crederesti?»
«Io onestamente non credo a nulla di tutto ciò sta accadendo. È assurdo», mormorò rendendosi conto di quanto la sua irrequietezza cozzasse con la tranquillità di quel posto.
«Non credo sia così. Il fatto che il luogo in cui siamo ha assunto un aspetto più definito, vuol dire che in fondo hai cominciato a crederci. Anche io ho assunto finalmente una forma.»
«Ma non il tuo viso. Che devo fare? Per me non è affatto semplice. Queste cose sono… impossibili. E poi perché ho dimenticato?»
«Avrai dimenticato gli eventi, ma non le sensazioni, non ciò che hai sentito. Ami On Dal?»
Sentì il cuore prendere a battere forte.
«Come potrei farlo? Non lo conosco neanche. Anche se sento di conoscerlo molto più di quanto pensi. Ma è ridicolo. Ho dovuto rimettere la mia vita a posto dopo il mio incidente, eppure c’è qualcosa che mi tormenta. Ma ho paura, ho paura perché non riesco a capire fino in fondo.»
La figura allungò una mano nella sua direzione.
«Devi provare a credere che non è impossibile, provare a credere a ciò che senti. Hai trovato ciò che ti manca, devi solo allungare una mano e…»
«Aspetta!»
-
Tutto sfumò e lei si alzò di scatto. A svegliarla era stato l’insistente squillare del telefono. Imprecò mentre si alzava per cercarlo e si innervosì ancora di più quando vide il mittente della chiamata, ovvero proprio On Dal.
Tentò di darsi un controllo, per poi rispondere.
«Pronto?»
«Ehi, Soo-Jung. Scusa, per caso ti disturbo?» la sua voce era particolarmente imbarazzata.
«On Dal, no. Dimmi, che cosa c’è?»
«Ascolta… so che probabilmente una persona normale ignorerebbe ciò che è successo, ma… ho bisogno di vederti per…»
«Facciamo tra un’ora da te», affermò con un tono che non permetteva repliche.
Si sentiva arrabbiata e probabilmente sarebbe esplosa di lì a poco.
 
Andò a casa di On Dal più nervosa che mai, mentre le parole di Sam-Yong e quelle del suo maledetto sogno continuavano a rimbombargli per la testa.
On Dal la accolse con un timido sorrise, era evidente che fosse in imbarazzo per il loro quasi bacio. E lei lo trovò adorabile nel suo modo di fare, ma non doveva dimenticarsi del motivo per cui era lì.
Quindi si accomodò, sentendosi sul divano con fare molto impettito, mentre On Dal cercava di essere ospitale.
«Emh… grazie per essere venuto. Volevo dirti che… insomma, mi spiace per quanto successo oggi», si scusò subito sedendosi accanto a lei però a debita distanza.
«Perché lo hai fatto?» domandò guardando il vuoto.
«Cosa intendi?»
«Mi ami, On Dal? È per questo?»
Il ragazzo si ritrovò spaesato a quella domanda.
«Io non so quello che sento, ma sento che è qualcosa di forte e… sento che non posso trattenermi. Tra noi deve esserci un legame che non possiamo conoscere …»
«Oh, no. Ti prego! Tu e Sam-Yong vi siete messi d’accordo? Quali assurdità andate dicendo adesso?!»
«Nan-nyeon, aspetta, lasciami spiegare,  io…»
Lei si voltò a guardando con la fronte corrugata. Quel nome, quel maledetto nome che tanto la tormentava.
«Come mi hai chiamato…?»
«Io… mi dispiace, ma mi è venuto naturale. Nan-nyeon, forse sei tu quello che cerco, io..»
«Io non mi chiamo Nan-nyeon! Io sono Soo-Jung Song, sono una star e non ho mai viaggiato nel tempo e non ti ho mai incontrato se non in questa vita!»
Aveva perso la ragione. Forse era per questo che adesso On Dal la guardava con fare sconvolto.
Decise che era giunto il momento di andare.
«Io… mi dispiace On Dal. Non sarei dovuta venire, domani ho un intervista. Scusami.»
E se ne andò, mentre lui cercava invano di trattenerla. Ebbe la spiacevole sensazione che non l’avrebbe più rivista.
 
 
Era stata una nottata orribile. Soo-Jung non aveva chiuso occhio, ma forse da un lato era meglio così. Sicuramente gli incubi l’avrebbero tormentata se solo avrebbe provato a dormire. Era finita.
Probabilmente aveva perso la ragione. Sì, sarebbe finita con l’essere rinchiusa in qualche casa di cura. Alla fine, lui non aveva  fatto nulla di male. Aveva semplicemente detto delle cose che non voleva sentire, e poiché lui e Sam-Yong la pensavano allo stesso modo, non è che era forse lei quella a sbagliarsi?
Il fatto è che non riesco proprio a capacitarmi. Io non pretendevo tanto, volevo soltanto una vita normale, tranquilla per quanto possibile. Ma quel maledetto incidente – che a detta loro è stata preceduto da altro e che non è un vero incidente – ha cambiato tutto. E adesso il vuoto sembra essere diventato più profondo.
Il telefono non aveva squillato neanche una volta. E neanche uno straccio di messaggio. Cosa si aspettava, che On Dal la cercasse? Dopo come lo aveva trattato, non meritava proprio nulla.
Non era dell’umore giusta per l’intervista, ma si trovava ormai in auto. Sam-Yong era seduto accanto a lei, eppure non diceva una parola. Non voleva forzarla o turbarla ulteriormente, ma allo stesso tempo sapeva che se non avesse insistito, Soo-Jung sarebbe stata infelice per sempre.
Quando l’auto si fu fermata, la ragazza sospirò.
«Ah, Woo-Bin mi starà sicuramente già aspettando. Beh, se proprio dobbiamo, facciamo questa cosa», sospirò.
Il ragazzo le sorrise, apparendo tuttavia poco convinto.
«Quindi con On Dal è proprio finita?»
«Non so. Forse semplicemente non eravamo destinati. Può succedere. No?»
«Può succedere, sì. Ma non credo sia questo il vostro caso.»
Soo-Jung lo osservò meglio.
«Perché ti sforzi di farmi capire? Alla fine non è una cosa che ti riguarda.»
«Mi riguarda eccome, invece. Per me sei una sorella. E io ho visto il vostro amore sbocciare. È come se fosse il mio compito. Soo-Jung, io non so cosa accadrà in futuro. L’unica certezza che ho, è che tu e On Dal dovete stare insieme. Non devi scappare. Fermati, rifletti. E se è il caso torna indietro.»
Ma da quando in qua è diventato così saggio? Il ragazzino è cresciuto.
Cosa vedrò se deciderò di voltarmi indietro?
«D’accordo. Adesso però dobbiamo andare.»
«Certo. Andiamo.»
Sarebbe finita in fretta. Tutto quello che doveva fare era rispondere alle domande di Ae Heun e fingersi la fidanzata di Woo Bin. Quest’ultimo l’aveva accolta con uno splendido sorrise.
Certo, se stessi con lui sarebbe molto più semplice. Ma c’è qualcosa che mi frena, sento che non è quello che devo fare. Forse dovrei credere di più alle mie sensazioni come mi ha detto Sam-Yong?
I due attori furono fatti accomodare in studio. Ae Heun, elegantemente vestita e con le unghie placcate di rosso, teneva la sua cartella con su scritte le domande che avrebbe fatto ai due. Accolse calorosamente Woo-Bin, in maniera più distaccata Soo-Jung, ma dopotutto era nella norma.
«Vi prego, accomodatevi pure! È un vero onore avere qui la coppia più discussa del momento, ma a questo ci arriveremo dopo! Come state cari?»
«Molto bene Ae Heun. È un piacere per noi essere qui», rispose Woo Bin.
«Sei davvero un caro ragazzo. Ma veniamo subito al dunque. In questi giorni sono circolati parecchi pettegolezzi circa la vostra relazione e un eventuale… triangolo.»
Soo-Jung si lasciò andare ad una smorfia.
Grazie tante, sei stata tu a diffondere delle notizie false.
«Sì, io e Soo-Jung stiamo insieme. È una storia nata di recente, non volevamo che si sapesse troppo in giro ma… immagino sia normale con la notorietà»
La giornalista si lasciò andare ad una risata stridula.
«Oh, allora è confermato, state insieme! E per quanto riguarda quel giovane uomo che è stato avvistato in tua compagnia, chi è? Forse un tuo spasimante, Soo-Jung?»
Era stata chiamata in causa. Non avrebbe potuto non rispondere.
Sospirò e si sedette dritta con la schiena.
Chi è On Dal?
Chi è lui per me?
Uno stolto, un idiota attaccato ai soldi. Colui che mi fa ridere, divertire, che mi fa sentire bene, che mi aiuta. Colui che tormenta i miei sogni.
Colui che forse io ho dimenticato.
«Non è un mio spasimante. Non è proprio da lui.»
«Sembra che tu lo conosca bene», disse Ae Heun interessata.
È vero? Forse io l’ho conosciuto, in un altro tempo, in una vita che non è questa, l’ho solo dimenticato.
«Cosa dire di On Dal?» sussurrò portandosi la collana tra le dita. «È così diverso ma anche tanto simile a me. In un’altra vita devo averlo incontrato, ma quei ricordi mi sono stati strappati via. Sono certa che in un altro tempo la nostra storia d’amore sarebbe stato qualcosa di epico», sussurrò assorta, come se stesse parlando da sola.
«Soo-Jung, ma che dici?» bisbigliò Woo-Bin.
Sam-Yong, dietro le quinte, aveva drizzato le orecchie. Forse qualcosa stava accadendo? Soo-Jung si stava finalmente svegliando?
La stessa giornalista parve non capire.
«Non capisco. Sei innamorata di lui?»
Soo-Jung sollevò lo sguardo.
Strinse forte la collana.
 
On Dal, non andare.
 
Ti amo
 
Non andare.
 
Ti amo.
 
Ti amo anche io
 
Non dirò addio… perché noi ci rivedremo.[1]
 
Cos’era stato quello? Un sogno ad occhi aperti? Un frammento dei suoi ricordi?
Spalancò gli occhi e immediatamente capì una cosa. Quella collana le era stata donata di On Dal. Non in quel mondo, ma in un mondo molto più lontano.
Quello era stato il suo dono prima di andare in guerra.
È successo. Io non l’ho sognato.
«On Dal è… è sempre stato lui. Sarà sempre lui», sussurrò.
Non era pazza, nessuno di loro era impazzito. Soltanto che la sua vita aveva avuto una svolta straordinaria, l’aveva dimenticato, ma adesso iniziava a ricordare.
La giornalista fece una smorfia confusa.
«Non riesco a capire.»
La ragazza si alzò in piedi, guardando il vuoto.
«Mi dispiace, Woo-Bin. Sei un bravo ragazzo e un ottimo attore, ma non posso neanche fingere di stare con te. Non è giusto. Adesso ricordo, adesso so quello che dovevo fare. Scusatemi!»
Si udirono dei sussurri di sgomento. Ae Heun era sconvolta e lo stesso Woo-Bin non sapeva che dire. L’unico che sembrava aver compreso e ora sorrideva era proprio Sam-Yong, il quale si era ritrovato ad esultare silenziosamente.
Soo-Jung guardò l’amico.
«Sam-Yong, tienili tu a bada per me.»
«Sarò fatto!» esclamò lui entusiasta.
E fu così che la super star della Corea, sotto gli occhi di milioni di fan e telespettatori, lasciò lo studio con un obiettivo bene in mente.
 
«Amh, chiedo scusa. Non siamo sicuri di cosa sia esattamente successo, ma come potete ben vedere, Song Soo-Jung ha lasciato lo studio senza alcuna spiegazione.»
Una sconvolta Ae Heun parlava guardando verso la telecamera. E On Dal, seduto nella solitudine del suo appartamento, aveva un’espressione di piena sorpresa stampata in viso. Non sapeva esattamente cosa fosse successo. Ma Soo-Jung si era comportata in maniera molto strana. Forse c’era qualcosa che non andava?
Ad un certo punto il suo telefono squillò e alla fine il suo dubbio fu risolto, si trattava proprio di lei che lo stava chiamando.
«Soo-Jung? Ma che è successo? Ti stavo guardando in televisione ma… dove sei?»
«On Dal, dobbiamo vederci a Changgyeonggung. Adesso.»
«Adesso? Ma sei sicura che sia tutto a posto?»
«Sono sicura. Ti aspetto lì tra mezz’ora. È importante.»
Soo-Jung non era mai stata così sicura di qualcosa. Era stanca di fuggire, avere paura e avere dubbi. Aveva bisogno di sapere, voleva ricordare ciò che aveva dimenticato. E, sì, voleva credere a quell’impossibile probabilità e al sentimento assurdo che le scoppiava in petto.
Si presentò a con largo anticipo, pregando intensamente che On Dal non avesse cambiato idea sul suo conto, dopotutto ne avrebbe avuto diritto per come l’aveva trattato. Congiunse le mani e guardò il cielo azzurro. Il vento fece ondeggiare lentamente la sua collana.
L’aria profuma di fiori di ciliegio.
Pensò ad occhi chiusi.
«Soo-Jung?»
Spalancò gli occhi e si voltò. On Dal aveva il fiato corto, sembrava affannato, era stravolto ma evidentemente contento di trovarsi lì.
«Allora sei venuto», disse lei seria.
«Certo che sono venuto. Ma cosa è successo, perché sei scappata?»
È vero. Ho continuato a scappare fino ad ora, ma adesso basta. È giusto che entrambi sappiamo.
Compì un sospiro  e sollevò lo sguardo.
«Per tutto questo tempo ho avuto un profondo vuoto. Probabilmente è una sensazione che hai avuto anche tu, e da quando ti ho incontrato quel vuoto sembra essersi colmato. Pensavo fosse assurdo… in realtà penso ancora che sia assurdo. Ma non mi importa. Voglio crederci.»
«Credere a cosa?»
A noi.
«A noi. Credere che io e te siamo molto più di quello che pensiamo. Perdonami se non l’ho fatto prima.»
On Dal non capì. Ma comprese un attimo dopo, quando le sue labbra si furono avvicinate alle proprie, quasi sfiorandole. Rabbrividì profondamente e non si tirò indietro, perché non aveva aspettato altro che quel momento.
Inizialmente avvertirono un dolcissimo calore. E poi fu come se il cielo si fosse rischiarito dopo la tempesta. Soo-Jung iniziò a ricordare, la sua mente si affollò di mille immagini e suoni, non sogni, non illusioni, ma ricordi.
Si ricordò di essere finita nel passato, della prima volta che lo aveva incontrato, chiusa in una cella. Si ricordò di quando si erano innamorati, di quando lui le aveva chiesto di sposarlo, quando l’aveva salvata, più di una volta, ed infine la sua partenza in guerra. L’ultima immagine che aveva avuto di lui, prima di andarsene, era una spada che lo trafiggeva.
Si staccò e annaspò come se le mancasse d’aria. Osservò On Dal per qualche istante e attese.
Lui batté le palpebre.
Silenzio.
«… Nan-nyeon…»
Le venne da piangere. Aveva finalmente trovato il volto a quella voce che per mesi l’aveva chiamata. Lui era sempre stato lì, così vicino.
«Sono io. Sono io, sei tu, siamo sempre stati noi!» gridò piena di gioia, abbracciandolo stretto e soffocando le lacrime sul suo petto. On Dal sospirò sollevato, accarezzandola.
«Allora non ero pazzo. Tutto quello che sentivo… era… è reale. Mi ricordo, Nan-nyeon. Ho viaggiato per giorni cercandoti. E poi, non so come, sono arrivato qui, ma quando mi sono risvegliato non ricordavo più nulla.»
«On Dal! Prima di sparire ho visto la spada di Ko che ti trafiggeva!»
«Lo so, ma non è riuscito ad uccidermi. Sono io che ho ucciso lui. Quando ho saputo che eri andata via, ho deciso che dovevo trovarti. E ci sono riuscito.»
«Mi dispiace, mi dispiace! Perdonami se non ho capito prima!»
«Non chiedermi perdono. Ma com’è che hai cambiato idea?»
Soo-Jung si asciugò il viso.
«Sam-Yong. È lui che ci ha fatti rincontrare. Lui non ha mai dimenticato.»
«Ah, quel ragazzino! Ha fatto un ottimo lavoro!» afferrò con due dita il mento della sua dolce metà e la guardò negli occhi. «Nan-nyeon. Questa volta nessuno dei due dovrà scomparire. Io sono venuto fin qui… per restare.»
La ragazza sorrise radiosa.
«Lo sapevo. Ti amo, stolto On Dal.»
«Ti amo anche io, mia Nan-Nyeon.»
E si baciarono ancora, questa volta non riuscendo più a staccarsi.
E l’aria profumava ancora di fiori di ciliegio.
 
 
Un anno dopo…
 
«Io non voglio uscire di qui», proclamò On Dal, stretto nel suo elegantissimo smoking. Soo-Jung alzò gli occhi al cielo, sistemandosi il lungo abito rosso.
«Non fare l’idiota. È la prima assoluta del mio nuovo film, non possiamo mancare.»
«Allora vacci tu. Non ci tengo a vedere scene di te e Woo-Bin che vi baciate.»
«Non ci sono poi tutte queste scene! E poi tu e Woo-Bin siete amici alla fine. Andiamo, non avrai paura di quattro giornalisti?»
«A me non sembrano quattro», borbottò lui guardando dal finestrino della limousine.
«Cioè, hai combattuto guerre, affrontato eserciti e sei sfuggito alla morte e hai paura dei paparazzi? Oh, che razza di idiota! Questa è la mia serata e tu devi esserci in quanto mio fidanzato, nonché promesso sposo! Hai capito?»
«Va bene, d’accordo, ho capito!!» tentò di rabbonirla. «E sia, facciamo questa cosa»
Soo-Jung sorrise soddisfatta, dopotutto otteneva sempre quello che voleva. Lei e On Dal scesero dalla limousine e furono subito acciecati dal flash delle fotocamere puntate su di loro.
Essere il fidanzato di una super star non era affatto semplice, ma prima o poi On Dal ci avrebbe fatto l’abitudine. Non poteva essere peggio che andare in guerra, o almeno sperava. Camminarono sul tappeto rosso e raggiunsero il signor Park e Woo-Bin, il quale fece il baciamano a Soo-Jung.
«Soo-Jung, sei davvero splendida stasera! Anche tu stai bene, On Dal.»
«Grazie. Rimpiango il mio hanbok comodo», sussurrò.
«Cosa?»
«Non ho detto nulla! Oh, guardate, c’è Sam-Yong!»
Quest’ultimo, tirato a lucido, se ne stava a salutare i giornalisti e i fan come se fosse il protagonista indiscusso.
«Soo-Jung, On Dal! Siete davvero la cosa più bella che i miei occhi abbiano mai visto!»
«Santo cielo, datti un contegno!» lo rimproverò lei.
La giornalista Ae Heun si avvicinò con la sua truppa, con molto brio.
«Cara Soo-Jung, sei un vero splendore! Come ti senti ad assistere alla prima del tuo film?»
«Oh, bene, è come sempre una grande emo-»
«E cosa mi dici invece, On Dal?» la donna si era subito rivolta a lui. «So che ai chiesto a Soo-Jung di sposarla. A quando le nozze?»
«Quando? Fra otto mesi circa»,  rispose un po’ a disagio.
«E io faccio da testimone!» intervenne Sam-Yong.
«Che bella notizia! Immagino che non sia facile stare accanto ad una popstar come lei! Ti darà del filo da torcere!»
«In effetti è così.»
«Bene, vedo che siete diventati amici», borbottò la ragazza. Subito On Dal le portò un braccio intorno alle spalle.
«Ma ne vale la pena. Noi ci amiamo molto.»
«Che cosa tenera! Ma diteci, ci racconterete mai come vi siete incontrati e innamorati?»
I due si guardarono, sorridendo.
«Forse», rispose Soo-Jung.
In effetti la nostra è proprio una bella storia.
Sei sempre stato tu, sempre io, sempre noi.
Dovevamo solo ricordare
 
[1] Dialogo preso dalla serie
 
Nota dell’autrice
Ed è finita :D Sono felice di aver scritto questo finale alternativo, è stato divertente. In verità c’è una cosa di cui non ho parlato, e cioè della love story di Sam-Yong. Sì, perché nella serie, una volta tornato nel suo presente, lui incontra niente meno che Gwan-nyeon (non c’è dato sapere se sia davvero lei o magari una sua… discendente [?])), comunque, anche lui ha il suo lieto fine, solo che qui ho preferito mettere un attimo da parte la cosa.
Anche se, è stato proprio Sam-Yong il salvatore di questa storia. Lui sapeva tutto fin dall’inizio e ha fatto riavvicinare On Dal e Soo-Jung, che adesso vivranno felici e contenti nel nostro mondo. C’è voluto un po’, ma ce l’abbiamo fatta. Grazie a tutti i coloro che sono arrivati/arriveranno fin qui <3
   
 
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