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Autore: Sophie Ondine    20/04/2019    7 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8-Il compleanno di Rin, prima parte

 

La città di Tokyo sembrava un mucchio di piccoli pezzi di ferro dal suo ufficio. Agglomerati di ferro e vetro, capaci di poter cadere da un momento all’altro. Eppure gli umani si sentivano così fieri di quelle creazioni, come se potessero essere una valida difesa contro il corso della Natura, come se potessero essere eterni.

Che esseri sciocchi, che vite sprecate a rincorrere qualcosa che non avrebbero mai ottenuto.

Sesshomaru sedeva sulla sua sedia girevole, rivolto verso il panorama che la finestra del suo ufficio gli offriva. Le mani affusolate incrociate e poggiate sulle labbra. Il cielo quella mattina era plumbeo.

La sua giornata era iniziata con l’orripilante vista di Inu-Yasha che girava per casa. Non sarebbe mai riuscito ad abituarsi a quel maledetto tanfo di mezzo demone. Ma nemmeno alla sua faccia o alla sua voce. Sembrava che da quando era tornato non facesse altro che provocarlo, quando lui aveva promesso a loro padre assoluta calma ed una convivenza, più o meno, pacifica. Certo, non era colpa sua se Inu-Yasha sembrava così poco attaccato alla sua vita: se avesse continuato a provocarlo, non avrebbe risposto di sé, prima o poi.

Suo padre quella mattina era sembrato più allegro del solito. Canticchiava e sorrideva ad entrambi i suoi figli, i quali erano più spaventati che deliziati da quell’umore strano.

Una volta finito il pasto, Inu-Yasha aveva afferrato la cartella e si era recato a scuola, mentre lui e suo padre avevano usato un’altra macchina per andare in ufficio, entrambi.

Affiancare il suo vecchio non era facile: tutti gli occhi erano puntati su di lui, pronti a cogliere il minimo segno di debolezza, considerato troppo giovane per riuscire a distinguersi dalla figura di suo padre, così pesante ed ingombrante. Ma lui era Sesshomaru No Taisho, un demone superiore, non si lasciava di certo intimorire da un pugno di miseri umani invidiosi.

Sarebbe riuscito dove suo padre aveva fallito, potevano starne certi.

I suoi pensieri furono interrotti dallo squillare insistente del telefono sulla scrivania.

Si girò lentamente, pigiò con l’indice il tasto rosso, non disse niente ma rimase in attesa.

-No Taisho-sama- disse la voce dall’altra parte dell’apparecchio- c’è il signor Naraku Onigumo che desidera parlare con lei sulla linea 2- lo informò.

-Grazie, prendo la telefonata. E non mi interrompa fino a quando non le dirò di essere di nuovo disponibile- ordinò lui. La segretaria dall’altra parte rispose di sì intimorita.

Sesshomaru si concesse qualche secondo per raccogliere tutte le energie mentali: da quando condivideva il tetto con quel maledetto hanyou di suo fratello, era diventato difficile riuscire tenere testa anche a Naraku.

Prese la telefonata.

-Che cosa vuoi?- domandò duro senza tanti preamboli.

La voce dall’altra parte scoppiò in una fragorosa risata. Appunto, troppi sudici mezzi demoni nella sua vita. Sentì salirgli un desiderio omicida.

-Nemmeno un saluto di cortesia? Dopotutto ora siamo “soci”-

-Non perdo tempo in convenevoli e noi non siamo affatto soci, ricordatelo- gli rammentò Sesshomaru più duro di prima, la risata lo aveva alterato non poco. Storse il naso, come se il puzzo di quell’essere potesse arrivargli tramite la cornetta telefonica.

Naraku, dall’altra parte, non si preoccupò minimamente di quelle parole: sapeva che Sesshomaru doveva sopportarlo perché, al momento, non aveva altre risorse disponibili, era anche consapevole dell’odio che lo youkai nutriva nei suoi confronti, quindi perché non divertirsi un po’ con lui? Era la sua specialità tormentare le persone, dono ereditato da suo padre.

-Non so se ne sei a conoscenza del fatto che la nostra cara signora Midoriko ha intenzione di allestire uno spettacolo a marzo, del tutto imprevisto-

Sesshomaru emise un sospiro: quella donna li stava sfidando ancora un volta.

-Non dirmi che non ne sapevi niente, eppure il tuo fratellino passa molto tempo con i ragazzi della compagnia…- insinuò il mezzo demone.

A quelle parole Sesshomaru strabuzzò gli occhi incredulo.

Inu-Yasha stava davvero fraternizzando con quelli che ora erano il nemico da distruggere? Non perdeva mai occasione per mettersi sulla sua strada, che essere fastidioso.

Ma la cosa che lo lasciò più basito fu la preparazione di Naraku sull’argomento: come poteva essere sempre un passo avanti a lui?

-Allora è così, non ne eri a conoscenza- sibilò trionfante.

Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

-Sei così disperato da spiare Inu-Yasha- disse prima di riagganciare la cornetta furiosamente.

Sesshomaru si portò le mani alla fronte, confuso.

Maledetto Inu-Yasha!

 

***

 

20 marzo. Era quella la data prefissata per la messa in scena dello spettacolo. Rin non poteva essere più elettrizzata all’idea di festeggiare il suo compleanno su un palcoscenico.

Le settimane si stava susseguendo veloci ed incalzanti. In quel periodo Rin non aveva davvero tempo per pensare ad altro all’infuori del teatro e della scuola: la fine dell’anno si avvicinava inesorabile e avrebbe dovuto tentare il test per entrare al liceo. Sperava con tutto il cuore di essere accettata nello stesso complesso scolastico che ospitava i suoi amici, sarebbe stato bello vederli tutti i giorni tra una lezione e l’altra.

Rin era seduta all’ombra di un albero del giardino, aveva finito il suo pranzo e di voleva godere l’aria primaverile alle porte. A fianco a lei sedeva Kanna. Le due amiche avevano ripreso i normali rapporti di prima, ma Rin continuava a sentire dentro di sé la spiacevole sensazione che qualcosa si fosse rotto. Sperava con tutta sé stessa di sbagliarsi.

La prima avvisaglia l’aveva avuta quando era arrivato il momento di riempire i moduli per la scelta dell’istituto scolastico, ovviamente Kanna aveva fatto ricadere la sua scelta su un liceo ben più costoso di quello di Rin. Non era di certo un crimine avere soldi a sufficienza. Eppure una vocina nella sua testa non poteva farle ignorare quella sensazione di amarezza che aveva provato quando Kanna aveva detto ad alta voce che non sarebbero state nello stesso istituto. Temeva che un muro si stesse alzando tra di loro, lo aveva confidato anche a sua nonna quella sera, la quale aveva provveduto a dissipare ogni dubbio dalla mente di sua nipote. Eppure la sensazione rimaneva.

-Kanna, è tutto a posto?- domandò poi la ragazzina, leggermente preoccupata. L’altra si girò nella sua direzione.

-Certo, perché me lo chiedi?-

-è da un po’ di tempo che ti vedo strana, distante. Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?-

Kanna si sentì immediatamente in colpa. Adorava Rin e lei a causa di una stupida gelosia rischiava di mandare tutto a rotoli. Prese le mani della sua amica tra le sue. Le strinse leggermente.

-Assolutamente no, Rin. Sei la mia migliore amica, non potrei mai odiarti-

Gli occhi dell’altra si illuminarono seduta stante. Si lanciò in un abbraccio appassionato.

-Oh Kanna, non sai quanto temevo di averti fatto qualche torto-

La diretta interessata chiuse leggermente gli occhi.

Non era certo colpa di Rin se lei era sempre la numero due…

 

***

 

Inu-Yasha era a casa, poteva sentirne il nauseabondo odore per tutta casa. Arricciò il naso disgustato.

Buttò la valigetta da lavoro sul pavimento. Era furioso.

Tese le orecchie per poter capire dove fosse sua fratello e capì che doveva trovarsi in camera sua.

A grandi falcate si diresse verso la stanza di Inu-Yasha. Spalancò la porta.

Il mezzo demone, che era a letto intento a giocare con un videogioco, si alzò subito, sorpreso e infastidito da quell’intrusione non gradita.

-Ehi, non so tu cos’abbia ma sarebbe buona educa…-

Ma non finì la frase, perché la sua gola si trovò chiusa in una morsa letale.

Inu-Yasha strabuzzò gli occhi, agitò le gambe, che penzolavano a mezz’aria in cerca di un piano saldo su cui poggiarsi, ma invano.

Sesshomaru non lo aveva nemmeno fatto finire, che subito si era avventato su di lui, afferrandolo per il collo, sollevandolo a mezz’aria. Inu-Yasha annaspava con la bocca, in cerca di aria.

-Ma… sei…p-p-pazzo?-riuscì a dire.

Sesshomaru strinse di più la mano artigliata, qualunque cosa potesse uscire dalla bocca di quell’essere non poteva fare altro che accrescere la sua rabbia.

-Ascoltami bene, posso sopportare la tua presenza in questa casa, posso tollerare il fatto che non perdi occasione per provocarmi. Ma non ho nessuna pietà se qualcuno si intromette nei miei piani- disse Sesshomaru con ferocia.

Inu-Yasha continuava a non capire, l’aria gli mancava e desiderava solo essere lasciato andare.

All’improvviso sentì un vuoto e cadde sul pavimento. Sesshomaru aveva mollato la presa. Si era trovato steso sul pavimento, una mano intorno al collo. Tossì diverse volte prima di riuscire a prendere fiato normalmente.

Quando fu capace di parlare di nuovo si voltò verso il fratello e lo guardò adirato.

-Ma che ti è saltato in mente? Cosa avrei fatto?-

-I tuoi nuovi amichetti. Devo forse pensare che il fatto che tu sia diventato amico con i ragazzi della compagnia Sengoku non sia un semplice caso?- domandò Sesshomaru, abbassandosi al suo livello e inchiodandolo con lo sguardo.

Inu-Yasha era sempre più confuso.

-Tu sei pazzo…- tossì, del tutto incapace di formulare altro.

-Ricordati una cosa, Inu-Yasha, sarò io ad ottenere i diritti di rappresentazione del “Sengoku Monogatari”, tu cerca di starne fuori. Se pensi che entrare in contatto con quegli attori sia la mossa ideale, hai sbagliato i tuoi calcoli-

L’hanyou sbattè gli occhi, sempre più basito e a corto di parole. Quel maledetto libro, ma perché ossessionava suo padre e suo fratello fino a quel punto? Poteva forse giustificare il padre, perché era il libro preferito di sua madre. Ma Sesshomaru cosa c’entrava?

-A me non interessa assolutamente niente di quel maledetto libro. E sì, è un caso che io li abbia conosciuti: molti di loro frequentano il mio stesso istituto-

Sesshomaru sorrise appena. A quanto pareva quell’essere dalle sembianze umane capiva meglio di quanto credesse. Forse non era così stupido come pensava. Si rialzò da terra, mentre Inu-Yasha rimase ancora a contatto con il pavimento.

-Vedo che iniziamo a capirci- disse poco prima di uscire, lasciando un Inu-Yasha ancora scosso a terra.

 

 

***

 

Le settimane erano volate. Letteralmente.

La compagnia aveva lavorato duramente, provato fino a tardi e anche nei week-end. La primavera era alle porte, così come lo spettacolo e il compleanno di Rin. La ragazza non stava più nella pelle.

Anche se l’agitazione e la preoccupazione erano palpabili nell’aria, doveva ammettere che quei giorni erano stati bellissimi da vivere.

Con il passare del tempo Inu-Yasha aveva iniziato a fare delle comparse nella compagnia, dapprima sporadiche fino a diventare sempre più frequenti. Sembrava che con Miroku fosse riuscito ad instaurare un’amicizia solida e distesa, con Koga invece non perdevano occasione per provocarsi. Jakotsu, al contrario, approfittava di ogni minima occasione per toccargli le orecchie, infastidendo non poco Inu-Yasha.

Rin, come Sango e Koga, all’inizio si era mostrata un po’ titubante nell’accogliere Inu-Yasha nel gruppo: aveva paura che si sarebbe rivelato spiccicato a Sesshomaru, in tutto e per tutto. Alcune volte le era passata per la testa anche la malsana idea che potesse “lavorare” per lui e si fosse infiltrato per passare al glaciale fratello delle informazioni, fortunatamente dopo pochi secondi Rin si rendeva conto dell’assurdità dei suoi pensieri. Forse guardava troppi film. La sue convinzioni avevano cominciato a cambiare forma quando, giorno dopo giorno aveva notato quanto fosse diverso dal fratellastro: Inu-Yasha era chiassoso, parlava tanto, si scaldava per ogni minima cosa, ma soprattutto, anche se con modi un po’ bruschi, si affezionava alle persone. Con Shippo, ad esempio, litigavano spesso, ma si vedeva che i due si volevano bene.

Ciò che Rin notò con stupore fu quanto fossero vicini Inu-Yasha e Kagome, e non solo per il semplice fatto che quando andavano ad assistere alle prove si sedevano in fondo all’aula l’uno vicino all’altra, ma anche per il modo che avevano di interagire, come parlavano e come si sorridevano. Non mancavano le litigate, molto appassionate, durante le quali Kagome urlava “Osuwari!”, scatenando le risate degli spettatori.

Molte volte Rin si era chiesta se non ci fosse dell’altro, qualcosa di più di una semplice amicizia. Secondo il suo modesto parere, sembrava proprio così e doveva ammettere a sé stessa che, nonostante alcune differenze caratteriali fin troppo evidenti, formavano una coppia simpatica e ben assortita.

Fu durante un freddo pomeriggio di febbraio che Rin cambiò idea su Inu-Yasha: quel giorno la ragazza aveva dovuto fermarsi a scuola oltre l’orario delle lezioni perché toccava a lei fare le pulizie in classe. Aveva cercato di fare il prima possibile, pulendo al meglio che poteva, ma il tempo era passato velocemente e lei era in ritardo per le prove. Sapeva che Saya non gliel’avrebbe perdonata, un po’ perché mancava poco alla data prevista per la messa in scena, un po’ perché visto il suo ruolo, l’impertinente cameriera Toniette, era una delle prime ad entrare in scena, quindi il suo ritardo avrebbe gravato anche sui suoi compagni. Correva veloce per le strade di Tokyo, quanto le potevano consentire le sua gambe non propriamente chilometriche. Aveva il fiatone, ma non accennava a fermarsi o a rallentare: le prove prima di tutto.

Quando arrivò al palazzo della scuola, entrò subito senza nemmeno rivolgere una parola di saluto alla segretaria e si catapultò nella sala prove. Come aveva previsto, Saya la rimproverò per il ritardo e lei non potè fare altro che scusarsi, per poi cominciare subito con le prove.

Quando si presero una pausa, Rin andò a sedersi in disparte per poter ripassare le sue battute. Mentre leggeva il copione, sentì dei passi avvicinarsi ed una tazza di thè fumante le si materializzò di fianco alla guancia destra. Rin si sorprese nel vedere il viso di Inu-Yasha, che sorrideva timidamente, collegato a quella mano gentile.

-Ho pensato che potesse farti piacere una bevanda calda- disse lui, leggermente imbarazzato.

Rin era rimasta senza parole. Allungò la mano e prese il bicchiere di carta, stando ben attenta a non scottarsi.

-Grazie, Inu-Yasha! In effetti ne avevo proprio bisogno!- trillò poi, sorridendogli grata.

Quel giorno, non solo si godette il thè, ma cambiò completamente idea sul mezzo demone.

Una volta tornata a casa, dopo aver cenato con nonna Kaede e aver lavato tutti i piatti, le ritornò alla mente un fatto curioso: la sua sensei, la signora Midoriko, non aveva fatto una piega quando Kagome aveva portato Inu-Yasha per la prima volta alla scuola di recitazione, al contrario si era mostrata estremamente cordiale. Molti degli allievi erano rimasti interdetti da tale scena: pensavano che non lo avrebbe mai e poi mai accettato per via della sua parentela. Rin aveva sempre considerato la signora Midoriko una donna di giudizio e quel gesto nei confronti di un No Taisho avrebbe dovuto farla riflettere prima. Era evidente che la sua maestra aveva visto prima di molti altri qualcosa di buono in Inu-Yasha, non aveva permesso al pregiudizio di offuscare la sua mente, contrariamente a quello che aveva fatto lei. Si vergognò di sé stessa.

Nel frattempo, mentre Inu-Yasha entrava sempre più nelle sue simpatie, Sesshomaru le diventava presenza sgradita ogni volta che lo vedeva: in quei tre mesi lo aveva visto spesso uscire dall’ufficio della signora Midoriko, sempre con la sua aura di glacialità al seguito.

Un giorno, poiché era assorta nei suoi pensieri, gli andò a sbattere letteralmente contro.

-Stai attenta, ningen- ordinò la sua voce.

Rin, mentre si massaggiava il naso, alzò lo sguardo e lo vide, impassibile come sempre.

-Credo che lei non mi abbia sentito bene l’ultima volta, Sesshomaru-sama! Io non sopporto questo nomignolo in bocca ad un demone-

-Ma è quello che sei- ribattè lui.

-Non sto dicendo di non essere un’ umana, dico solo che è il modo in cui lei lo usa che mi da sui nervi- sbottò Rin, visibilmente offesa.

Sesshomaru alzò un sopracciglio, indeciso. Non sapeva se quell’insolenza gli piaceva su di lei o se non fosse meglio sollevarla da terra per il collo come aveva fatto con Inu-Yasha qualche settimana prima.

Rin, invece, avrebbe tanto voluto capire cosa diavolo gli passasse per la testa: era un essere indecifrabile. Si chiese se anche la sua stessa madre non si trovasse in difficoltà di fronte a quel figlio-sfinge.

Ad ogni modo non lo sopportava, questo era chiaro.

Quanto ai suoi sogni, ancora nessuna traccia.

In men che non si dica, il giorno dello spettacolo era arrivato. La mattina era cominciata insolitamente presto: si era svegliata prima del trillo della sveglia. Niente risvegli bruschi, almeno per una volta. Si chiese che ore fossero, controllò la luce che filtrava dalla finestra e pensò che dovessero essere più o meno le sei del mattino. Si concesse qualche minuto in più sotto le coperte, poi, poiché l’agitazione la stava attanagliando, si alzò e aprì la finestra. La luce del sole era ancora fioca, pallida mentre la natura intorno a lei dormiva ancora, incurante del fatto che di lì a poco sarebbe cresciuta in fretta. L’aria era fresca e accarezzava il viso della dolce Rin delicatamente. Chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni quella brezza.

Doveva ammetterlo, non poteva essere giorno più bello quello.

Andò in cucina a preparare la colazione, ormai era diventata grande e sua nonna molto anziana: sarebbe stata lei a farle una sorpresa.

Trafficò con i vari utensili in cucina e quando un’ora dopo Kaede si svegliò, trovò sua nipote intenta a sistemare pietanze e piatti sul tavolo.

Le sorprese però non erano finite quella mattina: mentre Rin si sistemava per recarsi a teatro, qualcuno bussò alla porta.

Quando aprì la porta non potè credere ai suoi occhi: una cascata di stelle filanti e coriandoli la investirono, così come un coro di voci che urlava “Buon compleanno, Rin!”. Le ci vollero alcuni minuti per riprendersi e capire chi fossero quel gruppo di persone, poi li vide: i ragazzi della compagnia.

Erano lì, sulla soglia di casa sua, tutti presenti, compresi Kagome ed Inu-Yasha.

-Buongiorno, festeggiata!- urlò Ayame saltandole addosso.

-La nostra piccola Rin diventa adulta- gracchiò Jakotsu con il suo solito tono femminile.

-Non potevamo non festeggiarti- esclamò Sango, la quale portava in mano una scatola di cartone con su stampato il logo di una pasticceria.

Rin sentì gli occhi pizzicarle, non sapeva come altro esprimere la sua gioia, le parole non le venivano in mente, sembrava come se la lingua fosse attorcigliata. Scoppiò in lacrime, biascicando un impercettibile “grazie”.

-Su, non c’è bisogno di piangere- le disse Miroku dandole delle pacche sulla spalla.

Solo quando si fu ripresa, li invitò ad entrare.

La torta che le avevano comprato era alle fragole ed era a dir poco deliziosa, ma forse era talmente felice che avrebbe potuto mangiare anche cemento armato e le sarebbe piaciuto lo stesso.

-Allora, come ci si sente ad essere un anno più vecchia?- le chiese un sorridente Kohaku.

-Esattamente come ieri- fu la risposta di Rin, mentre trangugiava un grosso pezzo di torta.

Dopo un po’ Kagome prese parola:- Allora, siete pronti per questo spettacolo?-

Tutti gli attori si guardarono, incerti se dare una risposta sincera o meno. C’era nell’aria come la paura di dire la verità, temevano che potesse rovinare quell’atmosfera di festa.

-Carichi ed entusiasti lo siamo… il punto è che temiamo qualche… ehm… imprevisto- rispose Miroku per tutti.

Non ci volle molto per capire a cosa si stesse riferendo il ragazzo: benchè in quell’ occasione fosse ancora a New York, Inu-Yasha era stato messo al corrente del fatto che Sesshomaru avesse cercato di mettere in cattiva luce la loro compagnia e la loro sensei in primis.

-Puoi dirlo, Miroku, non mi offendo per questo. È inutile dire che io non c’entro niente con mio fratello e se potessi trovare un modo per fermarlo lo farei…- disse uno sconsolato Inu-Yasha. La reazione di Kagome non si fece attendere: subito gli posò una mano sulla sua e gli sorrise dolcemente.

-Ehi, Kagome, non fare la smorfiosa con il mio Inu-Yasha!!!- tuonò Jakotsu, riportando l’allegria nel gruppo.

Non si accorsero nemmeno dello scorrere del tempo e fu Bankotsu a riportare i suoi amici alla realtà.

-Sarà meglio andare, si sta facendo tardi!-

E tutti corsero in direzione del teatro.

 

***

-Penso che potrei morire in questo preciso istante- sussurrò una terrorizzata Ayame mentre spiava da uno spiraglio del sipario la gente che stava prendendo posto in platea.

-Non sei d’aiuto!- le disse Hakudoshi, ormai spazientito dall’atteggiamento ansioso della ragazza.

Lo spettacolo era stato pubblicizzato con molta insistenza, Midoriko aveva fatto leva sulle sue conoscenze.

Dopo che Sesshomaru e Naraku le avevano tirato quel colpo basso, aveva avuto il tempo necessario per riprendere le forze e mettere su un piano d’azione efficace. L’articolo dell’ultima volta aveva portato con sè delle ripercussioni: le iscrizioni erano calate, non di molto, ma erano comunque di meno rispetto alla norma.

Aveva lavorato d’anticipo quella volta, si era protetta le spalle.

In più voleva mostrare a quante più persone possibili il talento dei suoi allievi, se lo meritavano. Sapeva che Tsubaki aveva scritto un articolo come quello sotto un lauto compenso, altrimenti non si spiegava la ferocia con cui attaccava dei giovani attori in erba e semi sconosciuti.

Quello spettacolo sarebbe stato anche il loro riscatto. Nutriva una profonda fiducia, se aveva assegnato loro un testo come quello era perché era più che sicura che sarebbero riusciti a creare uno spettacolo degno di quel nome.

Midoriko si trovava nella sala audio e stava istruendo il tecnico sui tempi da seguire durante la rappresentazione, quando li vide: Sesshomaru e Naraku.

Ma quella volta non erano da soli, entrambi erano accompagnati dai loro padri.

Le labbra rosse le si incurvarono leggermente, in un sorriso ironico: chiunque nel mondo dello spettacolo sapeva la rivalità che scorreva tra Inu No Taisho e Ryokotsusei. Chissà, forse dopo la loro commedia sarebbe stato possibile assistere ad un altro tipo di spettacolo.

“Che la mia battaglia abbia inizio” pensò soddisfatta Midoriko per poi andare a salutare i suoi finanziatori.

Anche Kagome ed Inu-Yasha avevano preso posto, lontani da Sesshomaru e suo padre.

-Inu-Yasha, non vuoi andare a salutare tuo padre?- chiese Kagoeme, guardando i due uomini da sopra la spalla del ragazzo, il quale a quella domanda sbuffò leggermente.

-Non è necessario- rispose, eludendo la domanda.

Kagome si chiese che razza di rapporto ci fosse tra lui e Sesshomaru. Alternava dei momenti in cui si stupiva dell’astio che c’era tra i due ad altri momenti in cui capiva perfettamente come potesse sentirsi l’hanyou. Non c’era niente di diverso da quello che provava con sua sorella Kikyo, la perfetta Kikyo.

Presero posto vicino a Kaede e Jinenji accompagnato dalla burbera madre, i quali ormai formavano un terzetto bizzarro ma simpatico a vedersi.

-A quanto pare tuo fratello è stato più furbo di te ed ha stretto amicizia con la nipote di Midoriko- disse Inu a suo figlio maggiore, qualche fila più dietro.

Lo youkai non raccolse la provocazione, altrimenti avrebbe volentieri rotto qualche sedia, ma mantenne la calma e rispose:-Reputi quel mezzo demone così intelligente? Non pensa minimamente all’azienda o a quel dannato libro che vuoi con tanta foga-

Non ottenendo una risposta, Sesshomaru capì di aver fatto centro.

Ma dopo poco suo padre disse:-Magari in un futuro la sua amicizia con quella ragazza potrà tornarci utile, nel caso in cui tu non riuscissi ad ottenere nulla-

-E tu credi davvero che io non riuscirò ad averlo prima di allora?-

Nessuno dei due nominò la presenza dei rivali di sempre nel teatro, stavano cercando di prepararsi allo scontro verbale che sarebbe seguito a fine spettacolo.

Ma la mente di Sesshomaru era attraversata anche da un altro pensiero: chissà quella piccola umana come sarebbe stata sul palco quella volta. Sentiva un leggero formicolio alla bocca dello stomaco. Che fosse agitazione?

Nemmeno lui sapeva spiegarsi la natura di quella sensazione, ancora una volta si trovava del tutto sprovvisto di risposte. Sapeva per certo che quella ragazzina era un soggetto che lo incuriosiva tantissimo, cosa rara per un essere come lui, che dava importanza a poche cose nella vita e in questa categoria era impensabile pensare di infilarci un umano. Eppure lei era come una piccola calamita. Inoltre era divertente vederla prendersela quando lui la chiamava “ningen”, assumeva un’espressione buffa a detta sua.

Doveva ammettere però che sul palco si trasformava completamente: diventava un’altra persona, cambiava atteggiamento, modo di parlare e di muoversi. Quando l’aveva vista per la prima volta, sembrava davvero un folletto uscito da qualche libro di fiabe per bambini: così eterea, irriverente e leggera, quando saltava pareva volasse.

Era curioso di vedere come avrebbe interpretato il ruolo della simpatica cameriera.

Si sistemò meglio sulla poltrona ed attese paziente che lo spettacolo iniziò.

Poi le luci si abbassarono e il sipario si aprì.

Lo spettacolo aveva inizio.

 

***

 

-Io, signora, ma che qualcuno mi fulmini se dico bugie. Non so proprio di cosa il signore stia parlando- disse Rin rivolta a Sango.

La ragazza sentiva le risate delle persone alle sue entrate ed alle sue battute. Era gratificante come sensazione.

Doveva ammettere che si era divertita da morire a studiare il personaggio di Toniette, l’insolente cameriera del malato immaginario. Molte delle scene erano con Miroku, ma anche con Ayame e Koga.

Dietro le quinte gli altri attori seguivano con attenzione i movimenti dei compagni sul palco, in particolare Kanna. Con una mano appoggiata alla parete analizzava dettagliatamente ogni movimento di Rin. Si vergognava ad ammetterlo, ma la gelosia che si era sforzata di reprimere era sgorgata prepotentemente, più forte di prima. Non era solo per Kohaku, ma anche a causa della recitazione. Sempre i ruoli più belli, quelli che desiderava lei.

Poteva ignorare quel sentimento quante volte le pareva, ma trovava sempre un modo per farsi notare.

Eppure ci aveva provato, aveva fatto uno sforzo per far finta che tutto fosse come sempre tra lei e Rin, ma la realtà dei fatti era ben diversa.

Kanna strinse istintivamente il pugno della mano sinistra attorno alla stoffa del suo costume di scena.

Gli occhi le pizzicavano, ma fece di tutto per ricacciare le lacrime.

Dall’altra parte delle quinte Hakudoshi osservava attento ogni movimento di Kanna.

 

***

 

Il suono scrosciante dei battiti di mani del pubblico gonfiò il cuore di Rin. Lo spettacolo era finito e gli attori erano sul palco per i saluti finali. Stringeva la mano dei suoi compagni e, come voleva la tradizione, si inchinava a mo’ di ringraziamento.

Era felice, estatica, eccitata. Era un ciclone di emozioni.

Per la prima volta vide bene il volto di alcuni spettatori: notò lo sguardo dolce della nonna, l’espressione entusiasta di Kagome affiancata dal buon Jinenji.

Vagando qualche fila più in là notò anche un altro tipo di sguardo: freddo e immobile.

Sesshomaru era lì, con la sua presenza silenziosa. Chissà cosa pensava di lei come attrice.

Improvvisamente si domandò se fosse presente anche quell’ammiratore, colui che le aveva mandato i garofani bianchi. Una piccola parte del suo cuore sperò proprio di sì.

Quando il sipario si chiuse definitivamente, tutti i ragazzi si lasciarono andare ad abbracci collettivi, travolti da un’ondata di entusiasmo e di adrenalina.

Si cambiarono velocemente e si tolsero il trucco dalla faccia, troppo pesante sulla pelle.

Rin era al settimo cielo. Niente, secondo lei, poteva andare storto quel giorno, che stava anche per terminare.

Ma non sapeva che quella sera sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe dato il via ad un cambiamento nella sua vita.

 

 

Buongiorno a tutti voi, miei cari lettori. Questa volta sono stata più che veloce, consideratelo come una sorta di regalo di Pasqua. L’ispirazione ha preso il sopravvento (oltre al tempo libero che in questi giorni è stato davvero tanto) ed ho deciso di postare il nuovo capitolo per darvi una gioia (almeno spero che sia così!).
Come abbiamo visto molte cose stanno succedendo, ma la strada è ancora lunga e a questa piccola autrice piace inerpicarsi su sentieri tortuosi, ergo ci saranno ancora tanti, ma tanti capitoli. Ho deciso di dividere in due parti questo perché mi ero resa conto che sarebbe stato troppo lungo per voi lettori… e poi volete mettere il gusto di lasciarvi un po’ con il fiato sospeso, mentre immaginate cosa possa accadere? Ma, tranquilli, non sono così sadica e cercherò di completare la seconda parte (già in fase di elaborazione) il prima possibile.

Ringrazio di cuore le persone che hanno commentato il capitolo precedente, mi riempite il cuore di gioia.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

Al prossimo capitolo!
  
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