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Autore: StewyT    30/04/2019    5 recensioni
Occhi blu lo strinse tra le proprie braccia e lui non si tirò indietro dal poggiare il capo sulla sua spalla e scoppiare in un mare di lacrime. Ormai era da un po’ che si conoscevano e Alec sapeva quanto Magnus fosse diverso da quello che appariva sui giornali e in tv, sapeva che era altro oltre al Bane le cui serie erano amate da tutti.
Magnus si strinse al ragazzo come se fosse stata l’unica ancora che gli restava, e forse era così, forse era proprio lui quello che lo stava facendo precipitare, forse no.
“Andrà tutto bene, vedrai” gli sussurrò in un orecchio e Magnus scosse la testa: no che non andava tutto bene.
Lui era lì in quella camera d’ospedale abbracciato ad un marito che non ricordava e pensava essere solo un suo amico. No che non andava bene.
“Ci sono io al tuo fianco” disse Alec abbracciandolo; qualcosa dentro dentro il suo cuore, nella sua mente, diceva che Magnus era molto di più di quello che riusciva a ricordarsi e lui si fidava di quella parte o forse semplicemente voleva fidarsi perché Magnus era l’unico uomo a cui avrebbe mai pensato di legarsi.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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I was alone but you where there, with me, in my pain.
 

Le cose non potevano continuare ad andare in quel modo; erano ormai passate due settimane da Magnus aveva varcato quella porta e Alec aveva visto le sue spalle larghe allontanarsi lentamente dai suoi occhi per non tornarci mai più. Era stato lui a cacciarlo, certo, ma Magnus non si era opposto. Aveva annuito, si era alzato ed era andato via lasciandolo solo, ancora.
E lui era rimasto lì, su quel divano, per minuti, ore, giorni ad aspettare che tornasse ma non lo aveva mai fatto; non si era presentato neanche per prendere le sue cose. Alec non era uscito come gli aveva promesso, era rimasto lì per guardarlo negli occhi un’ultima volta, per scusarsi e dirgli che aveva sbagliato a pronunciare quelle parole. E invece ad aprire la porta di casa era stato Ragnor con i suoi capelli verdi ed un giaccone di un tono più scuro che lo aveva guardato steso su quel divano, le gambe nella stessa posizione della sera precedente, Presidente tra le braccia. Gli si era avvicinato, si era seduto su una poltrona al suo fianco e lo aveva guardato negli occhi “Ora non capisci” gli aveva detto, ed era vero. Non capiva.
Non era in grado di capire o forse non ci stava provando granché, ma dentro aveva la solitudine più oscura, era in grado di capirla, quella. “Capirò mai?” gli aveva chiesto, quasi stesse parlando con un amico e non un uomo che aveva conosciuto poco prima. Anche in quel caso il suo corpo sapeva qualcosa che il suo cervello ricordava solo in parte. Era così dannatamente fastidioso avere quella maledetta sensazione di conoscere ma non sapere davvero. Ragnor lo aveva guardato e si era schiarito la voce, quasi si stesse maledicendo per essere andato lì al posto dell’amico “Ci sarà un momento in cui i medici si arrenderanno. O forse sarà Magnus ad arrendersi, se il tuo cervello non vorrà ricordare e in quel momento capirai tutto”.
Annuì “Sapete tutti tutto ti me, tutti tranne me. Persino tu, Raphael, persone che conosco da un mese sanno cose di me che io non conosco. Come credi che mi senta?” c’era rabbia nella sua voce, dolore, voglia di riscatto, di tornare quello ce era. “Il fatto che tu non ti ricordi di noi non vuol dire che noi non esistessimo già prima” fece per alzarsi dalla sedia, sarebbe stata una grande uscita di scena ed effettivamente Ragnor sembrava uno da uscite ad effetto, ma Alec gli aggrappò una mano, gli occhi lucidi, le guance rosse “E allora ricordatemi voi chi siete”. Ragnor scosse la testa “Stai male” gli disse e non era una domanda, riusciva a leggerglielo negli occhi, nelle spalle tese, nell’espressione triste “E sta male anche Magnus” disse e quello fu un colpo ancora più duro: una cosa era soffrire in prima persona, un’altra sapere che qualcuno che amava stava soffrendo anche a causa sua. Era sempre stato così, troppo altruista. O forse troppo egoista, in fondo fa più male guardare chi ami morire e restare dopo di lui, che morire in prima persona.
“A causa mia?” chiese, ma la risposta era palese.  “L’ho convinto a far venire me. Sai pensava che tu non volessi rivederlo, voleva persino chiamare prima di passare”. Alec annuì “Lo stavo aspettando” disse lasciandogli la mano in modo che si alzasse e si allontanasse verso la camera dove era stato Magnus per tornarne dieci minuti dopo con una valigia blu scuro dall’aria molto pesante.
“Digli che mi dispiace per quello che ho detto” sbuffò abbracciando ancora di più il gatto, Ragnor si fermò fuori la porta, posando le chiavi su un piccolo mobiletto all’entrata “Anche a lui dispiace per quello che è successo” gli sorrise debolmente e poi si chiuse la porta dietro. Alec sospirò; non riusciva più a vedere un mucchio di persone uscire velocemente così come ci erano entrate, dalla propria vita.
 
Magnus si guardò attorno; aveva provato a restare al DuMort per non dare troppo fastidio a Catarina; la povera ragazza lavorava continuamente, metteva tutta sé stessa in quello che faceva e darle un ulteriore peso non gli sembrava giusto, ma non ci era riuscito. Ogni notte trascorsa da solo in quel posto lo faceva sentire esattamente come a otto anni. Ogni tramonto gli faceva salire la bile in gola, un male al cuore così forte da non permettergli di respirare. La luna sembrava carbonizzargli i pensieri e le stelle sembravano trasformare i suoi migliori sogni in peggiori incubi: non faceva altro che rivedere i genitori morti, Alec volare via in quella macchina e non svegliarsi più, persino la sua morte. Aveva provato a tenerlo nascosto agli amici ma Raphael –che aveva occupato la camera di fianco alla sua per stargli il più vicino possibile- lo sentiva urlare di notte, Ragnor vedeva i tratti delle notti insonni nei suoi occhi e Catarina riusciva a vedere in che direzione stesse andando la sua salute; quindi era stata lei a proporre casa sua, dopodiché Ragnor e Raphael l’avevano seguita e Magnus si era improvvisamente ritrovato con più case di quante ne avesse mai possedute in vita propria. Catarina si era battuta affinchè Magnus andasse da lei, dove sarebbe rimasto tranquillo di giorno e avrebbe potuto dormire al suo fianco di notte e dove ovviamente lei avrebbe potuto tenerlo sotto stretto controllo, quindi i due amici avevano acconsentito e avevano fatto i bagagli al suo posto, Raphael gli aveva sorriso e gli aveva detto, provando a fare una battuta, che avrebbe messo anche quel servigio sul conto, Magnus aveva provato a ridere, poi strisciando si era alzato e aveva seguito l’amica.
In quel momento era sul divano azzurrino di casa sua, lei era lì di fronte a lui così come Raphael, Ragnor e sorprendentemente Jace, con le gambe incrociate e lo sguardo sfacciatamente serio.
Era muto, lo guardava attentamente quasi si aspettasse che fosse Magnus a parlargli da un momento all’altro, ma erano ormai due settimane che si era chiuso in uno scudo di mutezza.
“Avanti, Jace” Raphael alzò gli occhi al cielo “Cosa sei venuto a fare?”.
Tre paia di occhi si girarono verso il biondo che scosse le spalle “Siamo amici” disse solo, ritornando a guardare Magnus con attenzione. “Hai qualcosa da dirmi?” chiese, finalmente lui, ma Jace scosse la testa “Se non sai cosa dire, non dire niente. Giusto, Herondale?”. Jace annuì e sorrise leggermente.
“Se non sai cosa dire riporta in su il tuo muro di cinismo, no?” rispose invece il biondo.
“Di cinismo me ne parli proprio tu. WoW, il bue che dice cornuto all’asino”.
Catarina alzò gli occhi al cielo e diede uno schiaffo dietro la nuca a Magnus “Jace” disse Ragnor rimasto silenzioso fino a quel momento “Vuoi dirgli qualcosa di Alec?” “No” rispose prontamente lui “Non vedo Alec da una settimana. Non vuole vedere nessuno. Non apre la porta a nessuno. Non risponde al telefono né ai messaggi. È come se fosse scomparso nel nulla” Magnus alzò lo sguardo nel suo, ferito, lucido, addolorato “Hai provato con la chiave di scorta?” chiese e Jace annuì “L’ha tolta da dove era” scoccò la lingua sotto al palato “Ha sempre fatto così. Si chiude nel proprio dolore e questa volta non so proprio come aiutarlo” deglutì e spostò lo sguardo su Catarina, indicando Magnus “Ma non è l’unico ad aver bisogno di aiuto qui” Magnus rise amaramente “Ho loro. Va, Alec non ha nessuno” disse massaggiandosi le tempie, quando tutti sbuffarono “Okay è arrivato il momento di farti vedere che forse anche tu, Magnus Bane” disse Catarina alzandosi “Hai bisogno di qualcuno con cui parlare ogni tato e con qualcuno non intendo me, Raphael o Ragnor. Ci siamo sempre per te ma tu non riesci mai a mettere del tutto da parte la tua corazza con noi” Raphael annuì “E quando lo fai io non riesco ad ascoltarti, faccio in modo che tu la ritiri su” Ragnor si alzò a sua volta “Magari con una testa di cazzo come te riesci a parlarci, no?” Jace rise “Grazie per il complimento” disse solo, guardandoli mentre tutti e tre si allontanavano in cucina.
“Non ci credo” sbuffò Magnus “Davvero. Sto parlando con te. Che situazione di merda è questa? Avanti! Io che parlo con te” Jace rise “Ti capisco, sono fatto della tua stessa pasta” Magnus annuì “E cosa vuoi che ti dica? Quanto sto soffrendo? Sei fatto della mia stessa pasta, dovresti capire che non dico a nessuno quello che mi porto dentro” “A meno che tu non stia per scoppiare…” “E Credi che io stia per scoppiare?” Jace scosse le spalle “Non lo so. Stai per scoppiare?”. Magnus annuì e scosse la testa per poi distogliere lo sguardo lontano, sulla vetrata grande che dava sullo skyline “E anche se fosse? Sono una bomba che non può più essere rimessa a posto, Jace Herondale. Non potete aiutarmi” il biondo rise “Neanche Alec potrebbe?” e forse gli fece male dire quelle parole, forse fu una liberazione, fatto resta che uscirono senza che ci pensasse “È stato Alec ad innestarmi”. Su di loro cadde il silenzio più assoluto fino a quando Jace non prese il proprio cellulare e compose un numero, lo lanciò sul divano e rimase in ascolto di un ‘tu tu tu tu’ fino a quando qualcuno non rispose e quando Magnus capì fu troppo tardi.
“Quando la smetterai di chiamarmi?” era la voce di Alec e per il cuore di Magnus fu come una scossa elettrica di troppi volt da sopportare. Si fermò sul posto, le labbra spalancate, gli occhi ricolmi di lacrime.
“Sono da Magnus” fu tutto quello che disse. Si sentì un sospirò e poi un minuto di silenzio.
“Ciao, Magnus” disse Alec, in fine e Magnus ingoiò una risata amara “Sei felice ora, Jace? Sono ritornato a parlare” Jace rise “Magnus ancora no. Aiuto uno e non riesco ad aiutare l’altro. Mi sento così inutile” sbuffò, buttandosi i capelli biondi all’indietro “E io sono Jace. Non sono abituato a sentirmi così inutile” Magnus rise “Bene, ora sai esattamente come ci si sente” Jace inarcò un sopracciglio “Ad essere te?” rise quando Magnus scosse la testa “A starti attorno senza poterti chiudere il becco” disse e Alec rise leggermente, nonostante non volesse. “Alexander Gideon Lightwood ride e Magnus Bane,- a proposito hai un secondo nome? – fa battute. Cavoli, stiamo migliorando, vero. Bene, ora volete dirvi qualcosa?”.
Vide il viso di Magnus contrarsi in un’espressione  di dolore “Mi dispiace” disse solo per poi alzarsi, raccogliere tutte le forze del proprio corpo nelle mani, alzare Jace di peso e spingerlo fuori dalla porta con tanto di: “Va all’inferno” ripetuto anche da un Alec stranamente divertito che gli ripose poi il telefono in faccia. “Mhm questa è quella che si suol dire una Power Couple” fece spallucce e rassegnato andò a lamentarsi da Isabelle. Forse lei avrebbe trovato una soluzione che lui proprio non riusciva a vedere.
 
“Da quando non vi vedete o sentite?” Isabelle, con sguardo apprensivo, lo scrutava dalla poltroncina su cui era seduta: i capelli neri tirati su una spalla, gli occhi circondati di un sottile strato di eyeliner e labbra sensualmente rosse. Eppure aveva quello sguardo così apprensivo, così da lei.
“Da quando Jace non ha tentato di incastrarci” rispose Alec tirando le ginocchia verso il viso “Ma va bene”.
Izzy annuì “Quindi dici che va bene? Lui buttato da un lato, tu dall’altro, lui a piangere da un lato e tu dall’altro? Vi mancate e lo sapete, diavolo. Perché non fate nulla per mettere fine a questa sofferenza?”.
“Perché il mio cervello non ricorda” sbuffò lui “E vorrei chiudere qui l’argomento” Izzy scosse la testa “No che non lo chiudiamo qui l’argomento. Avevate un futuro splendete avanti, perché lasciarlo andare solo per un intoppo?” “Intoppo?” rise amaramente lui “Io che non ricordo chi sia lui e lui che sembra non sapere più chi sono io è un intoppo? Come staresti se fosse successo a te? Se non ricordassi chi è Simon ma sentissi nelle vene che è qualcuno che ti è estremamente vicino? Come staresti se volessi baciarlo, farci l’amore, amarlo, solo dopo pochi mesi senza neanche sapere perché sembra così naturale al tuo corpo?”.
Alec non era solito alzare la voce, né gesticolare in quel modo, con le guance rosse e gli occhi lucidi di rabbia, eppure quando lo faceva riusciva sempre in un certo senso a sconvolgere Isabelle, perché era proprio in quei momenti che capiva che più di qualcosa non andava.
“Male” disse solo lei “Male. Ma non stai facendo nulla, Alec. Non stai provando ad andare oltre, a capire perché diavolo Magnus si è allontanato” “PERCHÉ” urlò lui “Non vedo futuro per noi. Perché Magnus non è solo, perché io non sono più quello che Magnus conosceva, lo leggo nei suoi occhi e forse non lo sarò mai più”. Lei sbuffò “E se lui ti amasse comunque?” Alec alzò gli occhi al cielo “Come potrebbe mai amarmi se ama un altro?” lei rise amaramente “Ti ha mai parlato di un altro, razza di idiota senza ragione?” urlò lei e quello per lui fo come uno schiaffo. Lo ricevette in pieno colpo, restò in silenzio, lo sguardo abbassato sulle proprie mani mordicchiate strette in grembo. “Ti sei mai chiesto chi fosse quest’altro? Lo hai mai chiesto a lui?” “Sì” rispose quella volta lui “E Magnus?” “Ha cambiato discorso tutte le volte” Isabelle sorrise “E quando gli hai chiesto di voi o di te?” “Ha cambiato discorso. I medici gli hanno vietato di parlarmi di qualsiasi cosa riguardasse il passato…” “Quindi chi pensi che possa essere il suo ragazzo?”.
Il viso di Alec sbiancò immediatamente: risaltavano solo gli occhi incredibilmente lucidi, due chiazze rosse e febbrili sulle guance e i capelli scompigliati. “Cosa stai tentando di dirmi, Isabelle?”.
Lei si alzò, sorridendo malignamente “Che non credo che arrivati a questo punto possa esserci qualcosa in grado di danneggiarti. Avevi dei sogni su Max e sai che non erano solo incubi. Ne hai anche su Magnus?” Alec annuì “E sai che non sono solo sogni, vero?” quella volta non annuì, Magnus non gli aveva tolto dubbi su quello. “Sai cosa, Alexander? Quelli che fai su Magnus non sono solo sogni. Magnus non ha un ragazzo ma un marito” sorrise dolcemente “E credo che sapere la verità non possa comportarti problemi. Non riesco più a vederti così. Sei il mio fratellone, non ho forza per vederti soffrire ulteriormente e lui è uno dei miei migliori amici, non voglio più vederlo così. Non voglio più vederti così”.
Estrasse qualcosa dalla propria borsa nera lucida, lo buttò sul tavolino e si avviò verso la porta.
“Fa quello che ritieni giusto, Alexander Gideon Lightwood. Vi ho aiutato la prima volta, lo farò ora e per sempre”.
Alec la guardò a bocca aperta chiudersi la porta alle spalle, guardò la cartellina che aveva buttato sul proprio tavolino, la prese tra le mani e la guardò con diffidenza. Forse quello conteneva la soluzione a tutti i suoi problemi o forse l’inizio di tutti i suoi problemi? Ma peggio della situazione in cui era…
Quelli che c’erano dentro la cartellina erano fogli pieni di foto e parole accomunati tutti da due persone: un bellissimo uomo dai capelli a spuntoni neri e gli occhi verdi ed un ragazzo altrettanto alto con gli occhi blu e i capelli neri timido nelle prime foto, più sciolto nelle foto seguenti: quei due ragazzi erano loro.
Loro che camminavano fianco a fianco in una foto, Mano nella mano in un’altra, si baciavano in un’altra, erano sotto un arco di fiori a central park in un’altra foto in cui erano vestiti in abiti da cerimonia, sorridevano su una spiaggia bianca e luminosa, e poi Magnus in una foto al lato, con un occhio nero ed una fascia bianca attorno alla testa, una macchina nera lucida nella foto al fianco; si susseguivano più foto come quelle, fino ad una foto in cui una foto di Magnus era separata da una sua foto da una striscia zigzagata rossa ed una scritta: “La rottura dei Malec?”.
E contemporaneamente si susseguivano ricordi su ricordi sempre meno sbiaditi e più vividi: la prima volta che si erano parlati al telefono, la prima volta che si erano visti, il loro primo appuntamento, lui a casa di Magnus con la maglia mezza sporca di alcool, loro che si baciavano con tutto l’amore che avevano in corpo, loro che facevano progetti sul divano di casa di Magnus, lo stesso su cui era seduto in quel momento, loro che facevano l’amore sul divano di Magnus, loro che si promettevano di amarsi per sempre sommersi dagli applausi degli amici, loro che facevano l’amore in doccia prima di scendere in macchina e parlare tranquillamente mentre raggiungevano Daniel’s, prima di volare nel vuoto più assoluto, nel vuoto che aveva inondato anche la sua mente. Erano ricordi, dunque, quelli?
Ritornò a guardare le foto, quella linea rossa che li divideva era come uno squarcio in petto che gli urlava che da un momento all’altro sarebbe rimasto dissanguato. “La rottura dei Malec?”.
Con gli occhi colmi di lacrime e le mani che tremavano Alec compose velocemente il numero di Magnus e pregò rispondesse, doveva parlargli. Subito. Dovette aspettare il quarto squillo ma non si arrese prima di sentire la voce di Magnus sorpresa “Alexander?” Alec prese un grosso respiro e parlò, non seppe come fece ma parlò “Voglio che mi racconti tutto, Magnus. Voglio che mi racconti cosa vogliono dire tutti i giornali con questo ‘La rottura dei Malec’. Ora. Devi farlo ora, non mi interessa dei medici. Voglio sapere. Esigo sapere. Ricordo qualcosa. Voglio sapere se è vero quello che ricordo. Voglio sapere se è vero quello che provo per te”.
Magnus non seppe precisamente come aveva attaccato il telefono, era corso a prendere un giubbotto di pelle, le chiavi della moto ed era arrivato fuori casa loro.
Fu cosciente di averlo fatto solo quando il suo indice si fissò sul campanello, sentì le suole delle scarpe di Alec muoversi sul pavimento di legno e poi vide la porta aprirsi, mostrandogli suo marito con le guance rigate di lacrime e un piccolo sorriso sulle labbra.
In fondo Magnus non lo aveva lasciato solo, era sempre rimasto al suo fianco ad ascoltare, contemplare e condividere il suo dolore.
Io, Magnus Bane, accolgo te come mio sposo. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.
Gli aveva promesso cinque anni prima, e aveva rispettato la promessa.


Spazio autrice.
Giusto perchè la 3x20 non ci ha fatto soffrire abbastanza: eccomi tornare!
Scusate se sono mancata per un po' ma sto lavorando a Xo Xo, Baby ~ la mia nuova Malec, e ogni volta che inizio a scrivere sapete che non leggo praticamente nessun'altra mia storia. Ad ogni modo, giuro che non abbandonerò questa per XoXo (se volete leggerla, comunque, mi fa moooolto piacere, è come al solito un esperimento del tutto nuovo, che rileggendo proprio ora il prossimo capitolo di questa storia, mi sono accorta avere radici mooooolto profonde!).
Btw, parliamo un attimo della Serie? Non ci posso credere che è praticamente già finita: come farò?
Ho ansia di fare spoiler quindi taccio.
NEl frattempo, però, vi lascio uno spoilerone del prossimo capitolo ;)
Let me know cosa ne pensate <3

StewyT~

Allora gli aveva fatto capire, una bella notte in cui grazie all’aiuto di Catarina non si era ubriacato, che qualsiasi cosa sarebbe valsa la pena pur di conoscerlo e vederlo dal vivo almeno una volta.
Forse dopo non si sarebbero più parlati, forse sì, non potevano saperlo ma dovevano scoprirlo e prima o poi sarebbe per forza di cosa successo visto che Alec gli aveva venduto i diritti di Utopia – seppur con un contratto molto stretto che lo obbligava a fargli revisionare tutto prima di iniziare le riprese- quindi perché aspettare di vedersi solo per lavoro quando avrebbero potuto farlo prima, come amici?
Ma ovviamente entrambi sapevano che non lo stavano facendo per diventare amici; seppur non lo avesse ancora mai visto dal vivo Magnus provava per Alec una forte attrazione fisica, era il suo prototipo di uomo certo, ma in più aveva quell’aria da intellettuale che lo faceva impazzire ogni volta che vedeva le sue interviste o i suoi interventi in tv – anche se sfortunatamente erano davvero rari. Alec era un tipo dannatamente timido, preferiva stare dietro un desktop a scrivere che avanti alle telecamere -.

 
  
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