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Autore: Ghost Writer TNCS    04/05/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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25. Cacciatori e prede

Persephone e Leonidas, stretti nei loro abiti pesanti, avanzavano cauti tra gli imponenti alberi. Ogni rumore li metteva in allerta, ogni scricchiolio poteva tramutarsi in un agguato. Non sapevano cosa aspettarsi, e questo non faceva che aumentare ulteriormente la loro tensione.

Dopo la loro precipitosa fuga dai grifoni selvatici, avevano deciso di tornare indietro per verificare se potevano recuperare qualcosa dai loro bagagli. Non si aspettavano niente, in realtà non erano nemmeno sicuri di trovare qualcosa. Avevano ripercorso a ritroso la strada fatta, riuscendo così ad arrivare nel punto dove le loro cavalcature erano state uccise. Una carcassa era ancora lì, quasi completamente spolpata, l’altra invece era sparita: forse uno dei predatori l’aveva portata via.

Tutto intorno c’erano alcuni dei loro bagagli, molti dei quali strappati via a morsi e poi sputati. Riuscirono a recuperare un paio di sacche ancora integre da tenere in spalla, qualche provvista e soprattutto i collari anti-magia: il complice di Tenko era un mago, portarlo indietro senza quella costrizione sarebbe stato molto più complicato e rischioso.

Ora stavano avanzando verso sud, sempre guidati dal pendolo. Il piccolo oggetto magico riusciva ancora a captare la presenza della demone, segno che i due eretici non si erano allontanati troppo. Questo era un bene, avevano una traccia da seguire, ma lasciava anche spazio a scenari poco graditi: per cominciare il loro grifone poteva essere morto, privando così anche i due militari di un preziosissimo mezzo di trasporto in vista del ritorno a casa. Difficilmente l’eretica era morta: in quel caso il pendente avrebbe dovuto smettere di funzionare, o almeno lo speravano: l’ultima cosa che volevano era camminare per giorni in quella landa gelata solo per finire tra le fauci di un’altra bestia affamata.

Camminarono fino al calar del sole, a quel punto accesero un fuoco e mangiarono qualcosa. Dovevano preservare il più possibile le loro provviste, ma allo stesso tempo dovevano mangiare abbastanza da tenersi in forze: se non si nutrivano a dovere, il clima rigido poteva rivelarsi perfino più letale delle bestie feroci.

«Dobbiamo procurarci altro cibo» constatò Leonidas una volta finita la sua misera cena. «Per caso conoscete qualcuna di queste piante?»

Persephone scosse il capo. «Tu?»

«Purtroppo no. Dovremo trovare qualche animale.»

La metarpia annuì. «Riposati, faccio il primo turno di guardia» disse dopo un momento di silenzio.

«Sì, Persephone» rispose il felidiano, serio e marziale come sempre.

Una simile risposta riuscì a instillare un pizzico di inaspettato buon umore nella mente della metarpia: almeno una cosa non era cambiata. Guardò il cielo stellato, per lo più coperto dai rami degli alberi, dopodiché rivolse la sua attenzione ai dintorni. Con il calare delle tenebre la sua vista avrebbe perso affidabilità, in più – in quanto devota a Horus – durante la notte i suoi poteri sarebbero stati meno efficaci.

Col passare dei minuti l’oscurità divenne sempre più opprimente e i rumori cominciarono a moltiplicarsi: le sembrava che ogni predatore della foresta fosse lì intorno, pronto ad attaccarli. Persephone tremava, ma non per paura. Gli inquisitori non hanno mai paura. La temperatura stava calando e il fuoco faceva sempre più fatica a scaldarla.

Si strinse di più nei suoi abiti pesanti, la mano pronta sulla spada, all’erta. Costi quel che costi, avrebbe portato a termine la sua missione. O sarebbe morta provandoci.

Quando, il mattino seguente, i primi timidi raggi di sole cominciarono a filtrare nella fitta foresta, Persephone e Leonidas avevano già radunato le loro cose e si erano rimessi in cammino. L’inquisitrice sapeva che ogni istante passato in quella foresta era fonte di pericoli, ma per lei era anche motivo di profondo disonore: doveva trovare al più presto gli eretici e assicurarli alla giustizia.

«Persephone, aspettate» disse Leonidas.

Lei, in allerta, portò una mano alla sua spada. «Che succede?»

«Sentite? Rumore di acqua: ci deve essere un fiume qui vicino.»

La metarpia, che non poteva vantare le orecchie feline del capitano, non riuscì a captare nulla di anomalo: solo i consueti rumori della foresta.

Leonidas per un po’ rimase in silenzio, forse aspettando una risposta da parte dell’inquisitrice, poi proseguì: «Abbiamo bisogno di acqua, e se siamo fortunati troveremo anche delle tracce. Le provviste sono quasi finite.»

Persephone, che non aveva considerato la questione, riuscì comunque a mantenere un’espressione fredda e distaccata. «D’accordo. Fai strada.»

«Sì, Persephone. Da questa parte.»

Guidato dal suo fine udito, Leonidas avanzava nella foresta con passo attento ma sicuro. Quando era più giovane andava spesso a caccia, prima con i suoi fratelli, poi con i colleghi, ma anche in solitaria. Era proprio grazie alle battute di caccia in famiglia che aveva scoperto il suo talento nel tiro con l’arco, abilità che negli anni aveva ampiamente sviluppato e affinato.

Pur non conoscendo quella foresta, non gli ci volle molto per trovare il corso d’acqua. Era un fiume di discrete dimensioni, la cui corrente era abbastanza forte da prevenire la formazione di uno strato di ghiaccio sulla superficie.

I due guerrieri del Clero ne approfittarono per riempire i loro otri, dopodiché il felidiano studiò attentamente il terreno alla ricerca di tracce. Ce n’erano diverse, ma doveva concentrarsi su quelle più recenti. Doveva anche stare attento a distinguere i predatori dalle prede: molte delle orme avevano forme inusuali, se non completamente nuove. Non che la cosa lo stupisse: di sicuro in quella landa gelida vivevano molti animali che non aveva mai visto.

Dopo qualche minuto il felidiano fece cenno alla metarpia. «Di qua, ho trovato una pista.»

Persephone si limitò ad accodarsi in silenzio, stando attenta a fare meno rumore possibile. Anche se cercava di non darlo a vedere, dentro di lei era profondamente sollevata dal fatto che Leonidas avesse preso l’iniziativa. Il capitano aveva perfettamente ragione: avevano bisogno di provviste, ma lei si era fatta assorbire dalla missione a tal punto da dimenticarsene. Doveva riprendere il controllo, doveva ritrovare quella freddezza che la contraddistingueva da quando aveva indossato l’uniforme degli inquisitori. Non doveva farsi coinvolgere troppo dalla missione, e soprattutto non doveva farne un fatto personale. L’aver perso un occhio era un duro colpo, ma abbandonarsi al desiderio di vendetta sarebbe stata un’onta ancora peggiore.

La mano di Leonidas si sollevò improvvisamente, facendola immobilizzare. Lui indicò davanti a sé e subito l’inquisitrice individuò ciò che stavano inseguendo: un animale simile a un cervo. Aveva il manto candido con delle piccole macchie più scure e un paio di piccole corna a tre punte.

Senza fare rumore il capitano prese il suo arco e incoccò una freccia. Subito un insieme di sensazioni familiari lo avvolse: il mondo intorno a lui svanì, proiettandolo completamente verso il bersaglio. Doveva percepire ogni cosa, dal ritmo del vento al ritmo del suo respiro.

Non poteva sbagliare: avevano bisogno di cibo. Non avrebbe sbagliato.

Scoccò all’improvviso, quando il suo istinto gli disse che era il momento giusto. La freccia sibilò nell’aria, diretta con precisione verso il cuore del cervo bianco. Sembrava un colpo perfetto, era un colpo perfetto. L’animale ebbe appena il tempo di ruotare il capo, le sue corna si illuminarono e una raffica di vento lo avvolse, scaraventando lontano la freccia.

Leonidas, completamente colto alla sprovvista, rimase immobile con il braccio sollevato. L’animale, più arrabbiato che spaventato, si voltò verso gli aggressori e puntò le zampe, deciso a combattere. Di nuovo le sue corna si illuminarono e un vortice d’aria lo circondò. Partì alla carica in un lampo, agilissimo sulle sue lunghe zampe. Le lingue di vento che lo avvolgevano sembravano lame che scalfivano i tronchi e tranciavano gli arbusti al loro passaggio. Il felidiano si riscosse e scoccò un’altra freccia, ma anche questa venne neutralizzata. Il cervo spiccò l’ultimo balzo, ma Persephone lo bloccò con una barriera. L’animale provò a colpire con le corna, ma lo scudo della metarpia era impenetrabile e lo costrinse a indietreggiare.

L’animale, probabilmente un giovane maschio, aveva fallito la sua carica, ma non intendeva rinunciare.

«Vi prego, Persephone, lasciatelo a me» chiese Leonidas. Preparò una nuova freccia. «Questa volta non sbaglierò.»

L’inquisitrice vide i soffi di vento intorno alla punta metallica e le saette che attraversavano tutta l’asta, e capì che il capitano era determinato a superare lo scudo di vento della sua preda. Dissolse la barriera e subito il cervo ne approfittò per partire alla carica.

Leonidas non si fece impressionare e attese il momento giusto, focalizzandosi sul punto migliore per colpire. Quando lasciò la presa, la freccia partì come un lampo, lasciando dietro di sé una scia di luce. La punta metallica, protetta da un vortice d’aria, perforò le lame di vento del cervo e affondò nel suo petto, scaricando su di esso tutta la sua potenza elettrica. L’animale parve bloccarsi, come paralizzato, inciampò e ruzzolò a terra, fino a immobilizzarsi.

Leonidas e Persephone rimasero un attimo in attesa, guardinghi, poi il felidiano cominciò ad avvicinarsi. Ripose l’arco ed estrasse la spada. La freccia aveva causato danni considerevoli all’animale, sembrava impossibile che fosse ancora vivo, tuttavia quella terra ostile aveva presentato abbastanza brutte sorprese da indurlo a tenere alta la guardia.

Una volta certo che il giovane cervo era morto, il capitano cominciò a scuoiarlo. Non potevano portare via tutta la carcassa, quindi era importante prendere tutte le parti migliori prima che il sangue attirasse qualche predatore.

«Persephone, se potete, avrei bisogno di una mano» si azzardò a dire il felidiano notando che la metarpia era rimasta immobile a fissarlo.

L’inquisitrice esitò. Sembrava a disagio, ma non per la vista della carcassa. «Mi dispiace, non è il mio compito.» Rimase un attimo in silenzio, poi proseguì: «Non ho mai partecipato a una battuta di caccia, né ho mai macellato un animale» ammise. «Non saprei cosa fare.»

Da piccola, quando ancora viveva con la sua famiglia, nessuno si sarebbe mai sognato di farle fare cose del genere, e di certo l’addestramento degli inquisitori non richiedeva tali competenze. Ora che ci rifletteva, sentiva di essere cresciuta fuori dal mondo, proprio come i nobili che la prendevano in giro, o forse ancora più di loro. Si era concentrata a tal punto sull’idea di diventare un’inquisitrice da dimenticare tutto il resto.

Leonidas dal canto suo aveva le orecchie basse, profondamente in imbarazzo. Il Clero gli aveva insegnato che gli inquisitori sono esseri perfetti e capaci di tutto, ma evidentemente non era così. E ora non sapeva cosa dire per uscire da quella situazione.

«Sbrigati, io farò la guardia» affermò Persephone con la consueta freddezza, e senza tante cerimonie gli voltò le spalle.

Il felidiano avvertì un immediato sollievo per la decisione della metarpia, fece per rimettersi al lavoro, ma si bloccò. Una sgradevole sensazione si era fatta strada dentro di lui, alimentando un senso di dubbio e sfiducia nei confronti di Persephone: era davvero una buona idea lasciare a lei il comando? Lei era un’inquisitrice, la sua carica era infinitamente più importante rispetto a quella di capitano delle guardie, ma in quella situazione era davvero il caso che fosse lei a prendere le decisioni?

Fino a quel momento aveva visto solo la messaggera di Horus, la paladina di tutto ciò che è buono e giusto, ma ora vedeva anche la persona dentro l’uniforme: una donna ferita, che non sapeva come sopravvivere in quella gelida foresta, e forse bramosa di vendetta. La notte prima aveva temuto di morire di freddo e, se non fosse stato per lui, entro sera si sarebbero ritrovati senza cibo né acqua.

Ricominciò a scuoiare il cervo, sperando che il lavoro attenuasse i suoi dubbi, ma una domanda continuò ad aleggiare nella sua mente: era davvero la cosa giusta continuare a seguire Persephone?


Note dell’autore

Ben ritrovati!

Persephone e Leonidas sono ancora nei guai, ma almeno sono insieme e sono riusciti a recuperare alcuni dei loro bagagli.

Tra i due, la metarpia è quella più in difficoltà: non sa come comportarsi in quel territorio selvaggio e il peso delle sue responsabilità si fa sempre più schiacciante.

Il felidiano ha sicuramente più esperienza per quanto riguarda la caccia e la sopravvivenza nella natura, ma per uno come lui – serio e rispettoso delle gerarchie – l’idea di dare ordini a un’inquisitrice è inconcepibile.

Chi dei due sarà costretto a cambiare per permettere a entrambi di sopravvivere?

Il prossimo capitolo sarà dedicato a Tenko, Zabar e i teriantropi, a presto! ^.^


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