Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: katyjolinar    13/05/2019    8 recensioni
La storia parte dalla battaglia di Liberio, dopo il time gap, ma la stessa battaglia ha svolgimento e esito differenti rispetto al manga.
Il gruppo di Paradis torna a casa, ma qualcosa di strano è successo durante il viaggio di ritorno. ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER PER CHI SEGUE SOLO L'ANIME
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Si cambiarono in fretta, dandosi appuntamento all'ingresso della caserma.
Levi era eccitato, e sgambettava allegro da dentro il marsupio in cui l'aveva messo Eren per trasportarlo più facilmente.
Stava chiacchierando con Armin, in attesa dell'arrivo degli altri, quando tre reclute si avvicinarono, quasi intimidite.
Levi li fissò per un secondo, per poi afferrare la manica della felpa di Eren, facendo un verso che suonava protettivo. Il giovane non si mosse, guardando i tre in modo interrogativo.
Non erano delle facce nuove, li aveva già visti da qualche parte.
Erano due ragazzi e una ragazza, tutti e tre quindicenni al massimo. La ragazza aveva i capelli chiari e la corporatura esile, uno dei due ragazzi era biondo, alto, con i capelli raccolti in una coda bassa, e l'altro era bruno, cicciottello ma muscoloso, di altezza media, con corti capelli scuri e occhiali.
"Tenente Jeagger, vi chiediamo scusa per il disturbo." salutò il bruno, poggiando la mano sul cuore "Sono il cadetto Frantz Stern, e loro sono i cadetti Liz Heintz e Heinrich Otto, del distretto di Orvud. Volevamo ringraziarvi per aver salvato il distretto dall'arrivo di quel gigante, quattro anni fa; vi siamo molto grati e volevamo dirvi che è grazie a voi se abbiamo deciso di diventare dei soldati."
"Ehm... Non... A dire il vero non è stato solo merito mio." ammise il giovane uomo, spostando delicatamente le manine di Levi dalle d'ordine del colletto della sua felpa "È stato un lavoro di squadra, e chi ha fisicamente ucciso il Gigante è stata sua maestà."
"Lo sappiamo, signore." continuò la ragazza, visibilmente nervosa "Ma noi eravamo vicino alle mura, vi abbiamo visto mentre preparavate la battaglia..."
Eren annuì, prendendo le manine di Levi, il quale cercava di attirare la sua attenzione in ogni modo. Sorrise, tornando a rivolgersi alle tre reclute.
"Mi ricordo di voi." ammise "Vi ho visti raccolti sotto le mura mentre preparavamo la difesa, e devo ammettere di essere in qualche modo contento di vedervi qui: significa che quello che abbiamo fatto ha motivato qualcuno a continuare sulla stessa strada."
"Sapete, quando è successo a noi, cinque anni prima, non c'era nessuno a proteggere seriamente le mura." continuò Armin "Abbiamo semplicemente fatto quello che avremmo voluto che fosse stato fatto a Shigashina."
"In ogni caso, come ho detto nel discorso di benvenuto, stare qui non sarà una passeggiata, e spero lo abbiate capito." concluse il ragazzo, facendo un cenno agli altri del gruppo, che li stavano raggiungendo "Ora andate, in quanto reclute avete molto da fare, non perdete tempo."
I tre ragazzini salutarono e si allontanarono, proprio mentre Connie, Jean, Sasha, Annie e Mikasa li raggiungevano.
Senza perdere altro tempo uscirono dal cancello e salirono sulla carrozza che li stava aspettando appena fuori, diretti al centro abitato di Shigashina.
Eren si sistemò vicino al finestrino, in modo che Levi potesse vedere il paesaggio; accanto a lui era seduta Mikasa, e dopo di lei Jean. Di fronte a Eren si era seduto Armin, accanto a lui, la mano serrata nella sua, Annie, poi Connie e Sasha.
Ci fu qualche minuto di silenzio, rotto saltuariamente dalle esclamazioni estasiate di Levi, finché il ragazzo di Trost non si decise a esternare i suoi pensieri, rivolgendosi alla bionda.
"Ehi, tu!" la chiamò, rabbioso "So cosa avete fatto a Marco, Armin ce l'ha detto, appena i ricordi di Berthold si sono sbloccati. E ti avverto che se ne combini una delle tue ti faccio fare la stessa fine!"
La ragazza sussultò, guardando diritto di fronte a sé. Il braccio di Armin, che le cinse le spalle, la fece nuovamente rilassare, ma non parlò.
"Jean, basta!" lo ammonì Mikasa "Ne abbiamo già parlato ieri, non è il caso di..."
"No, Mikasa, mi dispiace ma non lascio perdere!" la interruppe l'altro, guardandola rabbioso "Lei ha ucciso il mio migliore amico, e che ora si limoni uno dei nostri non cancella ciò che ha fatto!"
"Mi dispiace, Jean." disse, finalmente, la bionda "So che quello che ho fatto è imperdonabile, e non mi aspetto che tu lo faccia. Io... noi... noi eravamo solo dei bambini quando siamo stati mandati qui... ci avevano detto che eravate dei demoni da sterminare... non pensavamo di trovare persone come noi, come... come voi. Io... è stato terribile vederlo morire, credimi..."
Un singhiozzo la scosse e, senza dire altro, nascose il volto contro il petto del compagno, che la strinse, lasciandola sfogare.
Jean stava per replicare, ma bastò un'occhiata truce di Armin per zittirlo.
Calò di nuovo il silenzio, spezzato poco dopo da un urletto allegro di Levi, che indicò fuori dal finestrino, guardando Eren. Il giovane guardò nella direzione indicata e sorrise: Wall Maria era vicino, e già si vedevano le cicatrici delle passate battaglie attorno al portale d'ingresso della città di Shigashina.
"Hai ragione, Levi, sono magnifiche." disse, dandogli un buffetto "Tra poco le vedrai più da vicino."
Il bambino sorrise, afferrandogli forte la mano e riprendendo a guardare il paesaggio; questo suo intervento bastò per rilassare gli animi, così fino all'ingresso della città, quando la squadra di guardia del Corpo di Guarnigione fermò la carrozza per eseguire il controllo documenti.
Un ragazzo più o meno della stessa loro età si affacciò al finestrino, e Eren gli porse i documenti di tutti, ma non ci fu bisogno del controllo: il soldato li guardò uno per uno, con stupore crescente, poi si allontanò e, pugno sul cuore, fece loro il saluto militare.
"Signori, perdonatemi!" si scusò "Non era mia intenzione mettere in dubbio l'identità degli Eroi di Shigashina!"
"Stai facendo il tuo lavoro." rispose l'altro, facendo spallucce "Allora possiamo entrare?"
Il soldato annuì e fece cenno ai commilitoni, che lasciarono passare la carrozza.
Si fermarono nella piazza, poco oltre il portale d'ingresso, e scesero, per continuare a piedi.
Erano passati quattro anni dalla cruenta battaglia di riconquista di Wall Maria, e ancora la città mostrava alcune delle ferite inflitte: macerie ancora non del tutto sgombrate, le brecce che erano state tappate dalla cristallizzazione di Eren ancora non del tutto riparate e rimesse a nuovo, e, in fondo, verso la dogana esterna, una statua di 15 metri svettava sulle case, a ridosso delle mura: si trattava del corpo cristallizzato del Gigante Eren, rimasto lì a ricordo della sanguinosa lotta che aveva portato alla morte di centinaia di soldati.
Con calma, si incamminarono lungo le strade strette della cittadina. Mikasa affiancò Eren, guardandosi intorno con aria nostalgica.
"La gente è tornata, ma non è più come prima." ammise il ragazzo "Sono cambiate tante cose."
"Chissà se casa nostra è stata sgombrata dai detriti..." sussurrò la giovane, abbassando lo sguardo.
"Un giorno andremo a controllare." la rassicurò, fermandosi e osservando Sasha, che si era bloccata in mezzo alla strada e annusava l'aria, dubbiosa.
"Ehi, ragazza patata, che ti prende?" chiese Connie, afferrandole il braccio.
"Queste sono... Sento odore di frittelle di mele!" esclamò, iniziando a correre lungo i vicoli, seguita a poca distanza dagli altri.
Si fermò di fronte a una locanda dall'aspetto trasandato, non troppo lontana dall'ingresso meridionale della città.
"Qui hanno delle frittelle di mele!" ripeté la ragazza, già con la bava alla bocca, correndo dentro.
"Seguiamola, prima che mandi in fallimento questo posto!" intervenne Connie, senza mollarla.
Entrarono tutti, sorprendendosi di quanto il locale fosse affollato, nonostante la città non fosse ancora tornata allo splendore di un tempo. Evidentemente la gente voleva distrarsi, nonostante tutto. Si avvicinarono all'unico tavolo libero, piuttosto piccolo per starci tutti e sette.
"Beh, sediamoci!" li incitò Sasha.
"Ma non ci stiamo..." obiettò Connie, alzando gli occhi al cielo.
"Ci stringiamo un po'. Dai! Abbiamo superato prove più complicate!" concluse lei, prendendo posto.
I suoi amici si guardarono rassegnati: quella ragazza era irrecuperabile.
Senza obiettare oltre si sistemarono attorno al tavolo; Armin non attese che la compagna prendesse una sedia, le passò un braccio attorno ai fianchi e la fece accomodare sulle sue ginocchia, in un gesto tanto galante che la fece arrossire.
Ma quando tutte le sedie furono occupate, Connie era rimasto senza.
Senza troppi complimenti sollevò Sasha di peso e la fece cadere a terra, prendendo velocemente il suo posto; questo la fece arrabbiare, gli saltò addosso e gli azzannò un orecchio, tanto che al poveretto scappò un urlo. Ci volle l'intervento autoritario di Jean per calmare la rissa e farli stare fermi, seduti una in braccio all'altro, in tempo perché la proprietaria del locale, che si stava avvicinando, non li buttasse fuori.
"Buongiorno!" li salutò la proprietaria, una donnona alta e prorompente sulla quarantina, che in gioventù doveva essere molto bella "Che bel gruppo! E che belle coppiette! E raro vederne in giro di così affiatate di questi tempi, e anche famiglie con bambini piccoli..." continuò, voltandosi verso Eren, che aveva liberato Levi dal marsupio e lo teneva seduto sulle ginocchia "Che bel bimbo! E cosa indossa? Un'uniforme militare?"
"Ehm... noi siamo dell'Armata Ricognitiva." rispose Eren, prendendo meglio il piccolo e cercando di essere naturale "Viviamo nella caserma fuori città, e lui è mio figlio, questa uniforme è un regalo che gli hanno fatto, e gli è piaciuta tanto che la vuole mettere in ogni occasione."
"Ma che carino!" esclamò la donna, dando un buffetto a Levi, che si strinse contro il petto del padre adottivo "Fa anche il timido, è proprio dolce!" fece una pausa e osservò Eren, corrucciando la fronte "Giovanotto, sai che somigli a una persona che conoscevo? Era una mia collega, ha lavorato qui prima di sposarsi, circa 20 anni fa. Si chiamava Carla."
"Carla Jaeger? Era mia madre." confermò il ragazzo, abbassando lo sguardo "È morta il giorno della breccia delle mura."
"Oh... Mi dispiace... Tua madre era davvero una persona solare, le volevano tutti bene." si scusò, dandogli una pacca su una spalla "Sai cosa? Ordinate quello che volete, offre la casa."
"Ma non è il caso..." cercò di obiettare il giovane.
"Invece sì, in ricordo di tua madre. E poi dico davvero, di sono delle belle coppie in questo gruppo, molto affiatate, quindi non fate complimenti."
"Ma veramente io e lei non siamo..." protestò Connie, ma Sasha gli tirò una gomitata in pancia che lo zittì, mentre la donna si allontanava.
"Stai zitto! Oggi si mangia gratis!" lo ammonì.
Eren scosse la testa, guardandosi intorno.
Alcune brevi immagini gli comparvero nella mente: i ricordi di suo padre.
Quindi era lì che i suoi genitori si erano conosciuti?
Sorrise, tornando a concentrarsi sul gruppo, e scoppiò a ridere quando Levi sedò la rissa tra Connie e Sasha con un breve urletto.
Quelli erano ricordi del passato, ma doveva costruirsene di nuovi, soltanto suoi, anche in vista del breve tempo che gli restava.

   
 
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