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Autore: Sole Walker    20/05/2019    1 recensioni
Francesca Evans ha 16 anni e vive a New York quando si ritrova catapultata in una realtà nuova. Il suo mondo viene stravolto in un' età già delicata di per sé... Lei non avrebbe mai potuto immaginare di essere una semidea, non ha nessuno che puó aiutarla e così lo scopre da sola di colpo.
É fuori per ben quattro anni dalla regola dei riconoscimenti promessa alla fine della guerra dei titani dagli dei su richiesta di Percy Jackson... e la cosa suona molto strana e richia di scatenare un grave litigio sull' olimpo che dovrà essere fermato prima che degeneri... ma forse Francesca non é una semidea qualunque...
PS: siate buoni è la mia prima storia... Recensiteee!!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gli Dèi, Mostri, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il calore era talmente forte da bruciarmi il viso, senza allentare la presa sulle mie braccia Sole indietreggiò mantenendo lo sguardo fisso sulla parete di lava, la bocca leggermente aperta in segno di stupore. -Mi stai facendo male- sussurrai muovendo leggermente il braccio, mi stava involontariamente stritolando e i numerosi tagli peggioravano la situazione. Mollò immediatamente la presa senza dire una parola e distogliendo lo sguardo dalla fontana rossa si passò una mano nei capelli con un’espressione evidentemente preoccupata -Siamo in trappola- borbottò lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
-Poveri ragazzi- una risata echeggiò alle nostre spalle, ci voltammo lentamente per vedere l’espressione soddisfatta sul volto della dea. Gea era ancora in piedi vicino all’altare, un sorriso di scherno mostrava i denti incredibilmente bianchi -Ora che siamo sole che ne dici di avvicinarti per fare quattro chiacchere tra donne?- ignorando Sole si issò sul piccolo altare con un movimento sorprendentemente agile e guardandomi dritta negli occhi picchiettò con il palmo della mano la superficie accanto a lei per invitarmi a sedere sulla pietra liscia. In tutta risposta Sole si chinò per raccogliere la spada che aveva lasciato cadere a pochi passi da noi quando mi aveva afferrata per le braccia, impedendomi di venire investita dalla lava. Purtroppo Gea colse il movimento, con un gesto fulmineo alzò la mano puntandola verso Sole e all’istante dal terreno arido si alzò una nube di sabbia che avvolse il ragazzo, gridai il nome del semidio e feci per avvicinarmi ma una forte ondata di calore me lo impedì. Alzando lo sguardo notai che il ciclone di sabbia stava collidendo con la parete di lava surriscaldando i granelli, sgranai gli occhi terrorizzata e mi portai una mano alla bocca incapace di reagire, dopo pochi secondi la sabbia smise di turbinare e una volta che la polvere si fu diradata mi trovai difronte ad una strana forma sferica. Una sfera di vetro del diametro di circa due metri si era formata dalla sabbia surriscaldata dalla lava e al suo interno stava Sole, il semidio sputò della sabbia e si alzò barcollante. Tirai un sospiro di sollievo, aveva le braccia e il viso graffiati dai granelli ma, incredibilmente, era vivo. Gridai nuovamente il suo nome dirigendomi verso di lui e appoggiai le mani sulla superficie trasparente della sfera, si passò le mani sugli occhi e nei capelli per pulirsi dalla sabbia e dopo un momento di sconcerto notò la mia presenza. Con gli occhi spalancati appoggiò le sue mani sulle mie, era come se si trovasse all’interno di una grossa palla di neve -Stai bene?- gli chiesi preoccupata, ma dalla sua espressione capii che non riusciva a sentirmi. Gridai la stessa domanda ma lui scosse la testa indicandosi l’orecchio con l’indice e mimando con le labbra la frase “non ti sento”, la sfera era troppo spessa. In un attimo mi resi conto che se non poteva sentirmi significava che probabilmente la palla di vetro non aveva neanche una piccola apertura e quindi sarebbe rimasto presto senza aria. Mi guardai attorno allarmata cercando la spada di Sole ma la vidi un attimo dopo incastrata nel vetro fuso ai piedi di Sole, l’elsa fuoriusciva nella mia direzione ma la base della sfera era troppo spessa per farla rotolare e sicuramente non sarei riuscita a sollevarla. Come se non bastasse i sassi sembravano totalmente scomparsi dal terreno, portai una mano alla collana pronta ad impugnare la mia spada ma la voce della dea mi fermò -Io non lo farei se fossi in te-
Dopo quelle parole la sfera cominciò a rimpicciolirsi costringendo Sole a rannicchiarsi, per qualche motivo il vetro caldo sembrava non infastidirlo ma lo spazio a sua disposizione diventava sempre meno.
-SOLE!- gridai -Fermati, ti prego. Non fargli del male- implorai guardando Gea, la donna mi rivolse uno sguardo inespressivo -Ascolterai quello che ho da dirti?- mi chiese. Guardai Sole in ginocchio nella sfera lottare contro il vetro denso, stava tentando di respingere le pareti dal proprio volto per evitare di soffocare e mi resi conto che non poteva resistere più a lungo di così.
-Va bene- risposi guardandola negli occhi -ma non fargli del male- la dea in tutta risposta schioccò le dita e la sfera tornò ad ingrandirsi fino a raggiungere le dimensioni originali. -Lascialo libero- dissi indicando Sole, ma la dea scosse la testa -Non fino a quando non avremo finito di parlare-
Sbuffai e, ignorando Sole che tentava di attirare la mia attenzione battendo i pugni sulla superficie trasparente della sua prigione, mi diressi esitante verso la dea lasciandomi alle spalle lo zaino e la sfera di vetro. Mi rendevo conto che quello che stavo facendo era un grosso errore, o quantomeno un enorme rischio, ma non potevo fare altro: non avrei permesso a nessuno di fare del male a Sole. Raggiunsi l’altare senza guardarmi indietro, Gea mi fece segno di prendere posto sulla pietra accanto a lei ma il mio sguardo diffidente le fece capire che non avevo alcuna intenzione di sedermi, quindi con un agile salto si mise in piedi accanto a me. Sbuffando appoggiò i gomiti sulla lastra di pietra prendendosi il volto tra le mani e dandomi la schiena si perse con lo sguardo nella parte di lava. Tentai di organizzare una strategia ma non mi venne in mente nulla che potesse funzionare, quindi provai ad accelerare i tempi per evitare che Sole morisse soffocato -Quindi- accennai -di cosa voleva parlarmi?-
-Hai fretta ragazzina?- chiese lei girando leggermente la testa per guardarmi, sentii la pazienza esaurirsi in un attimo -In realtà sì- sbottai -mi piacerebbe tornare a casa il prima possibile, è stato un lungo viaggio-
-E così vorresti tornare a casa eh?- la donna si voltò verso di me appoggiando la schiena all’altare, per la prima vola mi resi conto che sembrava ringiovanita rispetto a quando era comparsa davanti a tutti gli altri. Se prima l’avrei potuta definire un’anziana, probabilmente una nonna, ora non dimostrava più di cinquant’anni. Mi rivolse un sorriso sarcastico -Cosa intendi con casa Francy?- la domanda mi lasciò perplessa -la Family of Orphans? Non credo- disse scuotendo la testa -magari ti riferisci a quel campeggio estivo per semidei in cui sei stata solo pochi giorni. Come si chiama?-
-Campo Mezzosangue- mormorai tra i denti -Ah, giusto. “Campo Mezzosangue”- rispose lei con sguardo pensieroso rivolto al cielo -strano, mi sembrava di aver capito che non ti trovassi molto a tuo agio tra i tuoi fratelli della casa IV- l’affermazione mi colpì come un pugno nello stomaco. Non ci avevo ancora pensato, mentre mi trascinavo nel Tartaro avevo sempre desiderato tornare a casa, ma conoscevo davvero un luogo simile? Il periodo più lungo della mia vita l’avevo passato alla Family of Orphans, ma decisamente non avrei chiamato quel posto “casa”, piuttosto l’avrei definito un inferno. Gli unici ricordi felici erano quelli che fino a pochi attimi prima avevo dimenticato: le visite di quel gentile signore che avevo scoperto essere mio padre.
D’altra parte, su un ipotetico modulo per la valutazione della mia esperienza al Campo Mezzosangue avrei potuto scrivere “breve ma intensa”. Nell’arco di due giorni avevo scoperto di essere una semidea, ero quasi morta un paio di volte, Demetra mi aveva riconosciuta come sua figlia e per finire in bellezza avevo ricevuto la mia prima (e ultima si spera) profezia con allegata missione suicida. Ma con tutti questi avvenimenti non ero riuscita ad ambientarmi, i miei stessi fratellastri mi avevano trattata come spazzatura cacciandomi dalla stanza. Quindi nella mia vita c’era davvero un posto che potevo chiamare casa? Probabilmente no.
Gea colse la mia espressione pensierosa e mi rivolse uno sguardo materno, al quale non ero minimamente abituata e che mio malgrado trovai in qualche modo rassicurante. -Hai sofferto molto non è vero?- mi chiese, ci pensai un po’ su e alla fine risposi con un sorriso amaro -Non più degli altri probabilmente-
-Beh in effetti praticamente tutti i semidei hanno una vita difficile, ma fidati- la dea mosse lentamente una mano verso il mio viso per poi appoggiarla sulla mia guancia, solo simbolicamente dato che non poteva toccarmi, eppure mi parve quasi di poterne sentire il calore -pochi hanno vissuto quello che hai dovuto passare tu- terminò.
-Voglio dire- aggiunse dopo un attimo di silenzio -scoprire di essere il figlio di un dio è dura per tutti, in un attimo ti trovi catapultato in un mondo che credevi esistere solo nei libri di storia- un sorriso comparve sul mio volto al ricordo della confusione che avevo provato -ma vivere in un orfanotrofio per tanti anni e poi scoprire di avere una madre che ti ha messo al mondo esclusivamente per compiere il proprio disegno di grandezza- mi guardò per poi concludere -diciamo che è difficile da digerire-
Strinsi i denti mentre rivivevo il momento in cui mia madre mi lasciava avvolta in una coperta davanti a mio padre, lui non aveva possibilità di opporsi e non l’avrebbe fatto perché sapeva che lei non sarebbe tornata a prendermi, ed io ai suoi occhi ero solo una bambina innocente -Lei lo ha ucciso- dissi alla fine -lo ha condannato a morte lasciandomi con lui senza nemmeno una protezione- la rabbia iniziava ad assalirmi, guardai Gea che mi stava ascoltando attentamente scrutandomi con i grandi occhi scuri -sapeva che i mostri non gli avrebbero dato tregua ma non ha fatto nulla per aiutarci- le lacrime mi offuscarono la vista ma le ricacciai indietro -è colpa sua se è morto. Li ha uccisi entrambi, mio padre e Claire. Per colpa sua Sole ha perso sua madre- la donna pose una mano sulla mia spalla e mi sorrise dolcemente.
-Demetra deve pagare per quello che ti ha fatto- la sua mano si spostò dalla mia spalla alla superficie liscia dell’altare, quando le sue dita sfiorarono la pietra un leggero bagliore si sprigionò dal centro di essa e delle lettere greche comparvero incise sulla superficie. Inclinai la testa per leggere, quattro parole erano incise attorno ad una piccola conca circolare comparsa dal nulla al centro dell’altare: αμα, θυσα, γ e ναβισκομαι; ovvero sangue, sacrificio, Gaia e richiamare alla vita. Rabbrividì comprendendo il significato di quelle parole e lo scopo dell’altare, con una mano sfiorai una delle incisioni irregolari che partendo dal centro si diramavano su tutta la pietra come radici, probabilmente per convogliare il sangue nell’imbuto centrale. Mi sporsi verso la piccola conca notando che aveva un piccolo buco centrale per far scendere il liquido sul vecchio albero, la dea notò il mio sguardo preoccupato. Una risatina uscì dalla sua bocca, la guardai perplessa dalla sua reazione -Stai tranquilla non ho intenzione di ucciderti- si affrettò a spiegare agitando le mani -Posso?- chiese indicando la mia collana, senza lasciarmi il tempo di rispondere evocò un germoglio dal terreno e toccò il ciondolo a forma di croce, questo iniziò a vibrare e dopo un paio di secondi la spada prese forma con riluttanza. La giovane piantina afferrò saldamente l’elsa avvolgendosi attorno ad essa -Devo fare i miei complimenti ad Ecate più tardi- disse la dea con un sorriso compiaciuto -il sigillo ha fatto più resistenza di quanto mi aspettassi e la spada è magnifica-
Indietreggiai di qualche passo mettendomi sulla difensiva, vedere quella spada nelle mani di qualcun altro mi metteva a disagio. Come se mi avessero preso qualcosa di molto personale, quasi una parte di me. Gea ignorò la mia reazione e continuò a spiegare -Il tuo sangue può risvegliarmi. Puoi decidere di donarmene un po’ e io, per ringraziarti, mi assicurerò che Sole, Claire e Paul possano stare insieme per l’eternità- disse con un sorriso gentile ma con uno strano bagliore negli occhi, dopodiché assunse un’espressione più determinata -Ti vendicherò, assicurandomi che Demetra soffra quanto avete sofferto voi- distolsi lo sguardo fissando il terreno davanti ai miei piedi pensierosa, il suono della battaglia al di là della barriera di lava era troppo debole perché potesse giungere alle mie orecchie e i pugni di Sole contro la solida superficie di vetro erano solo un flebile sottofondo. -Altrimenti- la punta di una lama luccicante molto famigliare comparve pericolosamente vicino al mio collo -ti incatenerò a questo altare e mi prenderò tutto il tuo sangue con la forza- appoggiando la lama al mio mento mi costrinse ad alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi freddi e decisi -non prima di aver distrutto tutto ciò che ti è rimasto- a queste ultime parole le mie pupille si dilatarono riempiendosi di paura.
-A te la scelta- concluse Gea sorridendomi, con un gesto comandò la piantina di lasciar andare la spada facendo cadere l’elsa nella mia mano. Osservai il mio riflesso nella lama, strinsi entrambe le mani attorno all’elsa vedendo la mia espressione terrorizzata. Il mio cuore stava battendo ad un ritmo che non credevo possibile, sentivo il peso di tutto il mondo sulle spalle e non vedevo alcuna via di fuga. -Perché non ti sei già presa il mio sangue con la forza?- chiesi nel disperato tentativo di prendere tempo.
La dea sbuffò -Volevo darti la possibilità di vendicarti- fece scorrere il dito lungo una delle incisioni sulla pietra con aria impaziente prima di aggiungere -inoltre il sangue donato è molto più potente di quello rubato, ne basterebbe davvero una quantità minima- alzò le spalle con aria indifferente -non amo sporcarmi troppo le mani, ma sono disposta a farlo-
Abbassai nuovamente lo sguardo fissandomi le mani con aria pensierosa, il mio petto si alzava e si abbassava ad un ritmo frenetico seguendo il respiro, avevo la fronte imperlata di sudore. La disperazione mi stava riempiendo gli occhi di lacrime, ne sentii una scorrermi lungo la guancia sporca di terra lasciandosi dietro una scia calda. Non mi curai nemmeno di asciugarla con la mano e tenni lo sguardo basso mentre molte altre la seguivano. Attraverso la vista offuscata vidi la piantina protendersi verso di me toccando le mie mani tremanti, girò attorno al mio braccio sinistro una volta per poi raggiungere il viso. Una foglia mi sfiorò la guancia teneramente raccogliendo una lacrima -Di cosa hai paura bambina?- la voce gentile mi invitò ad alzare lo sguardo. Presi fiato tra i singhiozzi e con voce tremante dissi -N-non voglio che…- feci un altro respiro profondo tentando di calmarmi e continuai -…che altri soffrano per colpa m-mia- la dea sospirò e senza smettere di accarezzarmi la testa attraverso il germoglio disse -Tesoro, tu non devi nulla a queste persone- guardai i suoi grandi occhi gentili ma decisi -non hai una casa e una famiglia degne di essere chiamate tali, questo mondo ti ha dato solo sofferenze- con un cenno alle sue spalle si corresse -vi ha dato solo sofferenze- capì subito che si riferiva Sole, la pianta aumentò la presa sul mio braccio tirandomi delicatamente verso l’altare, mossi qualche passo esitante fino ad arrivare nuovamente davanti alla pietra bianca senza distogliere lo sguardo dall’espressione incoraggiante di Gea.
-Lascia che distrugga la causa delle vostre sofferenze- continuò la donna -Sole sarà più felice insieme a sua madre, tu potrai andare a trovarlo ogni volta che vorrai e nel frattempo starai al mio fianco per forgiare una nuova era-
-E gli altri?- chiesi, la dea fece una smorfia prima di rispondere -Mi vedo costretta a spazzarli via- sentii il cuore stringersi a queste parole -cerca di capirmi- continuò lei -non accetterebbero mai questa realtà, sarebbero solo una noiosa spina nel fianco-
-in ogni caso non hai molta scelta- mi ricordò con uno sguardo serio -seguirmi e avere la vita che hai sempre voluto o morire e passare l’eternità nel punto più profondo del Tartaro- la pianta mi sollevò il braccio portando la spada sull’altare -qualunque decisione prenderai il mondo che conosci ora cesserà di esistere-
Vedendo che continuavo ad esitare un sorriso malizioso comparve sul suo volto per essere subito sostituito da un’espressione seria -Non vorrai dare questa soddisfazione a Demetra- sgranai gli occhi a quelle parole mentre nello sguardo di Gea si intravedeva la luce soddisfatta di chi sa di aver toccato il tasto giusto -tentare di salvare questo mondo fino alla fine, proprio quello che lei si aspetta dalla sua perfetta creatura- trattenni il fiato mentre pensavo a questa eventualità, il sorriso compiaciuto sul volto di mia madre era stampato nella mia mente, una vista insopportabile. Mentre ero sempre più convinta di non avere un’altra possibilità i rumori della battaglia alle mie spalle si facevano sempre più forti, la presa attorno al mio polso si fece più decisa mentre Gea mi sibilava nell’orecchio -Non abbiamo più molto tempo ragazzina e io non mi lascerò certo sfuggire quest’occasione d’oro- un altro ramo si avvolse attorno al mio polso sinistro avvicinando la mano alla lama della spada -basta un solo taglio deciso, sentirai un po’ di dolore ma nulla che una come te non possa sopportare- annuì mentre le parole della dea mi risuonavano nella mente e la rabbia verso Demetra si faceva sempre più strada dentro di me offuscandomi la mente ed impedendomi di ragionare. Mi portai più vicino all’altare mettendo la mano sinistra sopra la conca e avvicinando la lama al mio palmo, il germoglio allentò la sua presa ritirandosi, mentre mille pensieri mi travolgevano la mente sentii il metallo freddo premere contro la pelle e presi a respirare più velocemente. Avrei voluto gridare e scomparire, sentii persino la mancanza del Tartaro con la sua aria tossica e la solitudine che avevo provato, volevo correre nella casa nella palude, infilarmi sotto le coperte dell’enorme letto e rimanere lì per sempre. Chiusi gli occhi e trattenni il fiato mentre mi preparavo a muovere la lama lungo la mano tagliando la pelle, riuscivo a percepire lo sguardo penetrante di Gea e riuscivo ad immaginare il sorriso allargarsi sul suo volto in modo maniacale. Proprio mentre stavo per trascinare la mano una voce giunse alle mie orecchie, così inaspettata che pensai di essermela immaginata fino a quando non chiamò nuovamente il mio nome. Anche senza voltarmi capii subito che si trattava di Percy, il semidio cercava disperatamente di respingere la lava che si stava sempre più ritirandosi e mi chiamava disperatamente facendo ricorso alle sue ultime forze. Mi voltai leggermente incontrando la sua espressione stanca e per un attimo scorsi il viso di tutti quelli dietro di lui: i gemelli Stoll, Annabeth, Chirone e persino Reyna stavano lottando disperatamente per raggiungermi. Davanti ai miei occhi vidi scorrere le immagini dei loro volti felici nella vita di tutti i giorni, potevo davvero cancellare la loro felicità per la pura soddisfazione di vedere mia madre sconfitta? Guardando più lontano vidi Demetra osservarmi con espressione neutra, sentii l’odio pervadermi nuovamente la mente e le lanciai uno sguardo pieno di rabbia, dopodiché cercai disperatamente di reprimere quei sentimenti stringendo la presa attorno all’elsa.
Fu in quel momento che incontrai lo sguardo di Sole. In un attimo tutto divenne chiaro, non potevo sacrificare la felicità di tutti per una vendetta contro il mondo che ci aveva dato solo dolore. Oltretutto Sole non sarebbe mai stato felice in una vita del genere, non potevo farlo. Allentai la presa sulla lama della spada abbassando leggermente le braccia mentre chiudendo gli occhi ragionavo sul da farsi.
-Non posso- dichiarai, Gea mi rivolse uno sguardo perplesso mentre il sorriso spariva lentamente dalla sua faccia lasciando spazio ad un’espressione furiosa -Come? Che significa?- gridò lei stringendo i pugni -Non posso farlo!- gridai -Non posso cancellare la felicità di chi dopo tante battaglie ha trovato il suo posto solo perché io non ne ho uno mio- continuai -non posso distruggere questo mondo per vendicarmi di mia madre, la mia felicità non vale più di quella di tutte le altre persone- portai entrambe le mani sull’elsa, stringendo la presa mentre la folle e spaventosa scappatoia da quella situazione apparentemente senza uscita si faceva strada nella mia mente -La mia vita non vale così tanto- bisbigliai. -Hai preso la tua decisione ragazzina ingrata- borbottò la dea -ora muori!- gridò e si apprestò a comandare alle piante di attaccarmi, in quel momento con un colpo deciso conficcai la spada nel centro dell’altare spingendo la lama in profondità con tutte le mie forze. Le incisioni nella pietra divennero crepe, la dea lanciò un grido d’orrore mettendosi le mani nei capelli mentre la sua immagine tremolava. I germogli si scagliarono furiosamente verso di me, lasciai la presa sull’elsa scansandomi velocemente mentre le piante si affrettavano ad afferrare la spada tentando di estrarla. Sapevo di non avere molto tempo, non ero in grado di distruggere completamente l’altare che era chiaramente la fonte del potere di Gea, quindi non mi restava che portare a termine il mio piano.
Raccolsi tutto il coraggio e la determinazione che mi erano rimasti e corsi verso il mio zaino, incrociai per un secondo lo sguardo perplesso ma fiducioso di Sole, un sorriso speranzoso si stava facendo lentamente strada sul suo viso mentre si accarezzava le nocche violacee e sporche di sangue per i pugni dati alla parete. Caddi in ginocchio e iniziai a frugare freneticamente nello zaino, dietro di me sentii il respiro affannoso di Gea e un lamento seguito dal suono della spada che veniva estratta dalla pietra e cadeva successivamente a terra. Mi voltai e vidi Gea in ginocchio vicino all’altare aggrapparsi ad esso per alzarsi con fatica, scostai il computer di Dedalo e finalmente la mia mano incontrò l’oggetto che stavo cercando. Estrassi il pugnale che era appartenuto ad Annabeth mentre le lacrime iniziavano a solcarmi il viso, mi voltai a guardare Percy, lui mi guardò perplesso per un attimo e poi sgranò gli occhi abbassando la spada, distolsi lo sguardo per lanciare un’ultima occhiata a Sole. Il ragazzo mi guardava da dentro la sfera di vetro, le mani appoggiate alla parete e sul viso un’espressione terrorizzata. Gli rivolsi un sorriso dolce tra le lacrime, lui scosse la testa lentamente bisbigliando qualcosa, dopodiché prese a picchiare con le mani sul vetro gridandomi di non farlo. Stringendo i denti aumentai la presa sull’impugnatura del pugnale, sapevo di fare la cosa giusta ma ero terrorizzata, chiusi gli occhi e dopo aver preso un bel respiro guardai Sole negli occhi -Scu sa mi- bisbigliai facendo attenzione a scandire bene le sillabe, il ragazzo non smise di gridare e battere i pugni in preda alla disperazione ma io alzai le braccia tremanti. La lama scintillò alla luce del sole, per la prima volta notai che la luna era ormai praticamente sovrapposta al sole, un sorriso amaro si formò sul mio volto mentre i versi della profezia mi tornavano in mente e dopo aver preso un bel respiro mi impressi nella memoria quell’immagine. Con un sospiro, e senza distogliere lo sguardo dall’eclissi, calai il pugnale sul mio petto con tutta la forza che riuscii a trovare. La lama mi attraversò il cuore lasciandomi senza fiato, un dolore mai provato prima mi travolse mentre la bocca si riempiva di sangue. Due voci distinte mi arrivarono: quella di Gea ricolma di rabbia e quella disperata di Percy; guardai il semidio con gli occhi sgranati e dietro di lui vidi l’odiosa espressione soddisfatta di Demetra ma non le diedi peso, ormai non aveva più importanza. Sentii le forze abbandonarmi e caddi sulla schiena in modo scomposto, i miei occhi incrociarono quelli di Sole e l’ultima cosa che vidi prima di perdere i sensi fu la sua espressione distrutta mentre con le mani contro la sfera di vetro assisteva impotente alla mia morte. Improvvisamente cessai di sentire dolore e la vista sfumò così come i suoni attorno a me, il sangue caldo scorreva nel terreno arido lontano dal prezioso altare di Gea mentre il mio corpo ormai inutile sembrava diventare sempre più pesante. Un’ultima lacrima mi scese lungo la guancia e un sorriso triste si formò sul mio volto, mi consolai con l’idea di essere riuscita a fare ciò che andava fatto, dopodiché fu il buio assoluto.


ANGOLO AUTRICE:
Eeeeeeeeeee sono tornata gente, scusate il ritardo ma sono pigra. E malvagia a quanto pare. MOOOOOLTO malvagia. Ebbene si la vostra Francy ha appena compiuto l'estremo sacrificio nel disperato tentativo di salvare i suoi amici. Cosa farà ora Gea? Ma sopratutto: come reagiranno gli altri semidei? In particolare Sole.
Per scoprirlo tenete d'occhio gli aggiornamenti perchè ormai manca davvero poco alla fine di questa storia ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo pls <3
vi amo

Sole Walker
   
 
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