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Autore: Sweetserialkiller    29/05/2019    1 recensioni
Tre paia di occhi vennero puntati su di loro, e Amy rimase di stucco nel constatare che il terzo paio di occhi apparteneva al ragazzo di cui, anni prima, aveva tanto pianto la morte.
Le sue gambe si mossero da sole, e in poco meno di un secondo si ritrovò con le gambe attorno al busto dei giovane.
< Oh mio dio… tu sei…>
< Vivo e vegeto> la interruppe lui, tenendole le mani sotto le cosce per sorreggerla.
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< Appena tornati al quartier generale chiederò di cambiare partner>
Queste parole colpirono profondamente la ragazza.
< E per quale motivo, di grazia?> chiese accennando un falso sorriso.
< Perchè non sei professionale> ringhiò frustrato lui.
Lei sgranò gli occhi allibita.
< Io non sarei professonale? Chiedo scusa, ma non sono io quella che deve dimostrare qualcosa a se stessa solo perchè ho dei conflitti interiori>
< Hai iniziato tu però, come vuoi metterla ora?>
Genere: Azione, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bussò alla porta, traendo un forte respiro.

Quest’ultima si aprì di scatto, rivelando il proprietario di casa.

< Che velocità, mi stavi aspettando? > gli sorrise lei.

Mello sospirò pesantemente, non aveva voglia di vedere nessuno, ne tantomeno la pel di carota.

Ma ben presto, il cervello, gli ricordò che era stato lui a invitarla nella sua dimora per avere informazioni su L.

Si diede mentalmente dello stupido, e con un movimento repentino afferrò il braccio della ragazza e la tirò all’interno della casa.

< Wow, lo devo prendere come un si? >

< Smettila di fare l’idiota e vieni qui > disse il biondo, sistemandosi comodamente sul divano.

Amy lo raggiunse, premurandosi di sedersi il più lontano possibile da lui. Odiava ammetterlo, ma la sua vicinanza la metteva in soggezione. Soprattutto dopo ciò che era successo alla prigione.

< Guarda che puoi avvicinarti, non ti mangio mica > la provocò scartandosi una barretta di cioccolata.

D’ altra parte Amy non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi, troppo intimorita dalle reazioni del suo corpo e della sua mente.

< No sto bene qui grazie, comunque posso venire a conoscenza anche io della conversazione che avete avuto tu ed L? > chiese paziente.

Mello, però, sembrava di tutt’altro avviso. Si sistemò meglio sul divano.

< Avvicinati e te lo dirò > la spronò il ragazzo con un ghigno stampato in volto.

Non voleva vedere nessuno, ma vedere Amy in difficoltà gli fece tornare la voglia di provocarla.

La rossa scosse la testa in segno di diniego, e lui rispose con un’alzata di spalle tornando a mangiare la sua cioccolata.

Quel suo comportamento la infastidì, e non poco.

Allungò velocemente la mano, andando a rubare il “prezioso tesoro” del biondo, che, inizialmente, rimase interdetto, ma poi, pian piano, iniziò ad infuriarsi.

< Ti conviene ridarmela immediatamente, se non vuoi ritrovarti la pancia piena di piombo > la minacciò alzandosi in piedi.

< Dimmi cosa ti ha detto L > continuò lei ignorandolo, e facendolo, se possibile, ancora più infuriare.

< RIDAMMI. LA. MIA. FOTTUTISSIMA. CIOCCOLATA. >

< DIMMI. COSA. TI. HA. DETTO. L. > disse addentando un pezzo di cioccolata e tenendolo tra le labbra.

A quel punto Mello non ci vide più. Scattò verso di lei con rabbia, costringendola ad alzarsi ed allontanarsi.

Quando però sentì la parete fredda dietro di lei, Amy si pentì del gesto appena compiuto.

Si trovava spalle al muro, e davanti a lei vi era un biondo infuriato che la stava trucidando con lo sguardo.

Fece scivolare il pezzo di cioccolata all’interno della sua bocca, mantenendolo però intatto.

Lui le strappò la barretta dalle mani. Ma, sia per orgoglio che per possessività, la rivoleva tutta.

< Apri la bocca > ordinò.

Lei negò con la testa, serrando ancor più le labbra.

Un ghigno comparve sul viso di Mello.

Si abbassò piano sul collo niveo della rossa, iniziando a lasciare leggeri baci per tutta la sua lunghezza.

Amy provò a resistere, ci provò con tutta se stessa, ma quando sentì un morso alla base del collo non potè fare a meno di schiudere leggermente le labbra, sospirando.

Questo era proprio ciò che Mello stava aspettando. Alzò la testa riportandosi all’altezza del viso della ragazza, e senza darle il tempo di accorgersene incollò le labbra alle sue.

Con un movimento della lingua si intrufolò nella sua bocca, e si riprese ciò che era di sua proprietà.

Si staccò poi, con un sorriso trionfante, masticando il cioccolato e guardandola negli occhi.

Una scioccatissima Amy, invece, se ne stava attaccata al muro senza saper cosa fare.

Era davvero sconvolta, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di darlo a vedere.

< Quindi, ora che hai fatto questa tua sceneggiata, a mio parere se posso permettermi, di pessimo gusto, posso sapere cosa ti ha detto L? > parlò cercando di sembrare più ferma possibile.

< Va bene, ma ciò che sto per dirti non ti piacerà affatto > l’avvertì.

< Avanti parla > si stava davvero spazientendo, e al biondo questo piaceva da impazzire.

< Ok ok, poi però non dirmi che non ti ho avvertita > fece una piccola pausa, per prepararsi alla reazione della rossa.

< L ci ha spiati di nuovo. Ha impiantato delle microspie nei nostri bracciali e di conseguenza ha sentito ogni cosa. Dopo avergli riportato i nostri sospetti e le nostre scoperte l’unica cazzo di cosa che è riuscito a chiedermi è come sia stato baciarti > spiegò.

Ad ogni parola, però, sentiva un senso di fastidio crescente. Non poteva permettere che il suo capo venisse forviato così da una ragazza.

Al tempo stesso, Amy era rossa di rabbia. In quel momento L non le sembrava poi tanto un genio. Aveva fatto lo stesso errore di nuovo, nonostante lei gli avesse fatto capire chiaramente che la cosa l’aveva fatta imbestialire.

< Maledetto… >

Mello però fu più veloce, e le saltò sulla voce.

< Senti non voglio intromettermi nelle vostre faccende, ma io ho intenzione di risolvere questo caso, e ho bisogno che L ci stia con la testa. Non so quale sorta di maledizione tu gli abbia fatto, ma ora tu vai da lui, metti le cose in chiaro e poi risolviamo questo dannato caso > disse fermamente fissandola.

Le sembrava di rivivere un dejavu. L che la mandava da Mello, Mello che la mandava da L. Si sentiva quasi la pedina di un qualche loro gioco perverso.

< Tranquillo, posso dirglielo anche da qui, tanto sicuramente ci starà ascoltando… VERO L? > urlò le ultime due parole, ma Mello la bloccò subito.

< Credi davvero che io non ci abbia già pensato? Puoi stare tranquilla non ci sono telecamere qui. Nessuno sa cosa accade qui dentro. > parlò fiero di se, con un sorrisetto stampato in volto.

< Bene vorrà dire che andrò a scambiare due paroline con lui di persona > si girò di scatto, avviandosi verso la porta.

Nel mentre Mello si era appoggiato al muro, beandosi della visione di quella ragazzina arrabbiata.

Prima di uscire però, Amy si girò verso il biondo con aria astiosa.

< Ah e se provi a baciarmi un’altra volta sappi che non esiterò un secondo a castrarti > e con questo, uscì definitivamente di scena.

Rimasto solo, Mello andò in cucina, si prese una birra e una barretta di cioccolato e tornò in salotto. Buttandosi a peso morto sul divano iniziò a maledire se stesso.

Cosa diavolo gli stava succedendo? Non poteva farsi piacere la pel di carota.

Si prese la testa tra le mani, e sperò con tutto se stesso che con un po' di cioccolata e una bella dormita gli sarebbe tornato il lume della ragione.

 

Intanto nel corridoio, Amy sfrecciava verso l’ascensore. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che pensare a come avrebbe approcciato L. Quell’uomo era impossibile. Era infantile, cinico, superbo, non l’avrebbe mai avuta vinta con lui.

L’ascensore si fermò aprendosi e lasciando l’intera visuale della stanza alla ragazza.

L se ne stava in piedi vicino alle vetrate, guardando fuori dal palazzo.

La ragazza si avviò a passo spedito verso di lui, ritrovandosi poi a distanziarlo di pochi metri.

< Buonasera Amy, posso aiutarti? > chiese con calma L, noncurante dell’ira della ragazza.

< Davvero Lawliet? Davvero?  Non mi rivolgi uno sguardo da una settimana, ed ora fai finta che non sia successo nulla? > sbottò, non riuscendo più a sostenere tutta la rabbia che le ribolliva dentro.

< Che cosa vuoi da me L? > mormorò sconsolata.

Dopo essersi sfogata la tristezza la pervase. Non capiva per quale motivo quell’uomo si ostinasse a torturarle la mente. Non poteva semplicemente essere chiaro e coinciso?

Il detective, però, non sembrava aver compreso il motivo del turbamento della ragazza. Così si limitò a rispondere alla domanda.

< Credevo di avertelo già detto > le spiegò tranquillo.

< Beh allora io non credo di aver recepito il messaggio, quindi per favore, potresti spiegarmelo? >

L rimase di stucco nel vedere Amy in quello stato. Era agitata, confusa, ma soprattutto era arrabbiata. Non l’aveva mai vista infuriata con lui in quel modo.

Improvvisamente, le parole dette da Mello gli tornarono in mente.

< Non sono sicuro tu lo voglia sapere davvero > disse grattandosi, con fare insicuro, la nuca.

< Non mi importa. A questo punto farei qualsiasi cosa pur che tu ti decida a focalizzarti sul caso >

Quelle parole colpirono L che, pur sapendo di star male interpretando, si avvicinò maggiormente alla rossa.

La studiò attentamente, soffermandosi sulla pelle nivea del viso, dove spiccavano due belle labbra carnose color pesca.

< L, davvero, che succede? Mi stai spaventando > si scostò la ragazza, tentando di far tornare in se il corvino.

< So di te e Mello > disse tutto ad un tratto, prendendola in contropiede.

< Non c’è niente da sapere, l’ho baciato per uno scopo ben preciso, che era quello di liberarmi. Caso chiuso > sbuffò Amy, facendo per andarsene.

Ma la mano ossuta di L la bloccò per un braccio, costringendola a girarsi verso di lui.

Stava per ribattere, quando due labbra tiepide si poggiarono sulle sue, facendole sgranare gli occhi. Sentiva le mani dell’uomo aggrappate alle proprie braccia.

Con uno scatto si staccò, portandosi una mano alla bocca.

< Che cazzo fai L, sei forse impazzito? > sputò cattiva.

Poco le importava di essere scortese, scurrile e insensibile. Quel comportamento l’aveva a dir poco scioccata.

< Ti chiedo di perdonarmi Amy, non ho resistito al mio istinto e me ne vergogno immensamente. Ora però mi vedo costretto a fare una cosa che proprio non vorrei fare > si fermò un secondo, sospirando. < Ti devo chiedere di stare fuori dal caso. Ho promesso a tuo padre che ti avrei protetta, perciò potrai continuare a vivere qui, a patto che io ti veda il meno possibile. E’ tutto, puoi andare > tornò a parlare, con la sua voce monotona.

Questa volta fu lei a fermarlo, rivolgendosi a lui quasi disperatamente.

< Ma che stai dicendo, non puoi farmi questo. Sai bene quanto per me sia importante aiutare in questo caso > cercò, invano, di fargli cambiare idea.

< Si lo so, e so anche bene che non posso tenerti dentro al caso quando costituisci una fonte di distrazione per me e per i miei sottoposti >

Amy non riusciva a credere alle sue orecchie. Era stata cacciata dal caso solo perché quei tre idioti non riuscivano a tenere a bada i loro ormoni.

< Bene, se tu la pensi in questo modo, e credi davvero che io non faccia altro che intralciare le indagini me ne andrò. Ma vedi di non osare mai più mostrare la tua faccia in mia presenza. >

L’aveva ferita ne era consapevole, ma aveva troppa paura che se non avesse fatto qualcosa quello ad uscirne ferito sarebbe stato lui.

< Perdonami > sussurrò tra se e se, ma abbastanza forte da essere sentito dalla ragazza.

< E per cosa dovrei perdonarti esattamente? > chiese sarcastica < Per avermi baciata? O per avermi cacciata dal caso? >

Sentiva di star per crollare. Odiava il fatto che ultimamente con L non faceva altro che litigare, ma odiava ancora più il modo in cui lui le si approcciava.

< So di essere infantile, ma non riesco ad accettare un rifiuto, ne tanto meno una sconfitta >

Un’espressione turbata apparve sul viso della rossa.

< Sconfitta? Di quale sconfitta parli? Non devi vedere tutto come una sfida L > spiegò, ormai arrivata ad un punto di non ritorno.

L accennò qualcosa simile ad una smorfia.

< Quando Mello deciderà di mettersi in gara per me e Matt sarà sicuramente una sconfitta >

Questa frase la lasciò ancora più perplessa. Ma non appena fece per chiedere altre spiegazioni, il detective le pose una mano dietro la schiena e la spinse delicatamente all’interno dell’ascensore.

< Aspetta, che cosa c’entra…> le porte si chiusero facendo scomparire, forse per sempre, L dalla sua vista.

< Mello? > finì la frase, abbassando lo sguardo verso il pavimento ed emettendo un verso di frustrazione.

Come diavolo si era cacciata in quella situazione? L che le si dichiarava e poi la cacciava dal caso, Mello che un attimo prima la baciava e l’attimo dopo la voleva morta, e infine Matt, che era ancora ignaro di tutto e che non voleva per nessuno motivo al mondo perdere.

Doveva assolutamente mettere fine a quel disastro.

Non voleva soffrire, ne voleva fare soffrire loro. E purtroppo l’unico modo per farlo, a suo rischio e pericolo, era andarsene da li.

 

 

   
 
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