Bussò alla
porta, traendo un forte respiro.
Quest’ultima si
aprì di scatto, rivelando il proprietario di casa.
< Che
velocità, mi stavi aspettando? > gli sorrise lei.
Mello sospirò
pesantemente, non aveva voglia di vedere nessuno, ne
tantomeno la pel di carota.
Ma ben presto,
il cervello, gli ricordò che era stato lui a invitarla nella sua dimora per
avere informazioni su L.
Si diede
mentalmente dello stupido, e con un movimento repentino afferrò il braccio
della ragazza e la tirò all’interno della casa.
< Wow, lo
devo prendere come un si? >
< Smettila
di fare l’idiota e vieni qui > disse il biondo, sistemandosi comodamente sul
divano.
Amy lo
raggiunse, premurandosi di sedersi il più lontano possibile da lui. Odiava
ammetterlo, ma la sua vicinanza la metteva in soggezione. Soprattutto dopo ciò
che era successo alla prigione.
< Guarda che
puoi avvicinarti, non ti mangio mica > la provocò scartandosi una barretta
di cioccolata.
D’ altra parte
Amy non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi, troppo intimorita dalle
reazioni del suo corpo e della sua mente.
< No sto
bene qui grazie, comunque posso venire a conoscenza anche io della
conversazione che avete avuto tu ed L? > chiese paziente.
Mello, però,
sembrava di tutt’altro avviso. Si sistemò meglio sul divano.
< Avvicinati
e te lo dirò > la spronò il ragazzo con un ghigno stampato in volto.
Non voleva
vedere nessuno, ma vedere Amy in difficoltà gli fece tornare la voglia di
provocarla.
La rossa scosse
la testa in segno di diniego, e lui rispose con un’alzata di spalle tornando a
mangiare la sua cioccolata.
Quel suo
comportamento la infastidì, e non poco.
Allungò
velocemente la mano, andando a rubare il “prezioso tesoro” del biondo, che,
inizialmente, rimase interdetto, ma poi, pian piano, iniziò ad infuriarsi.
< Ti
conviene ridarmela immediatamente, se non vuoi ritrovarti la pancia piena di
piombo > la minacciò alzandosi in piedi.
< Dimmi cosa
ti ha detto L > continuò lei ignorandolo, e facendolo, se possibile, ancora
più infuriare.
< RIDAMMI.
LA. MIA. FOTTUTISSIMA. CIOCCOLATA. >
< DIMMI.
COSA. TI. HA. DETTO. L. > disse addentando un pezzo di cioccolata e
tenendolo tra le labbra.
A quel punto
Mello non ci vide più. Scattò verso di lei con rabbia, costringendola ad
alzarsi ed allontanarsi.
Quando però
sentì la parete fredda dietro di lei, Amy si pentì del gesto appena compiuto.
Si trovava
spalle al muro, e davanti a lei vi era un biondo infuriato che la stava
trucidando con lo sguardo.
Fece scivolare
il pezzo di cioccolata all’interno della sua bocca, mantenendolo però intatto.
Lui le strappò
la barretta dalle mani. Ma, sia per orgoglio che per possessività, la rivoleva
tutta.
< Apri la
bocca > ordinò.
Lei negò con la
testa, serrando ancor più le labbra.
Un ghigno
comparve sul viso di Mello.
Si abbassò
piano sul collo niveo della rossa, iniziando a lasciare leggeri baci per tutta
la sua lunghezza.
Amy provò a
resistere, ci provò con tutta se stessa, ma quando
sentì un morso alla base del collo non potè fare a
meno di schiudere leggermente le labbra, sospirando.
Questo era
proprio ciò che Mello stava aspettando. Alzò la testa riportandosi all’altezza
del viso della ragazza, e senza darle il tempo di accorgersene incollò le
labbra alle sue.
Con un
movimento della lingua si intrufolò nella sua bocca, e si riprese ciò che era
di sua proprietà.
Si staccò poi,
con un sorriso trionfante, masticando il cioccolato e guardandola negli occhi.
Una scioccatissima Amy, invece, se ne stava attaccata al muro
senza saper cosa fare.
Era davvero
sconvolta, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di darlo a vedere.
< Quindi,
ora che hai fatto questa tua sceneggiata, a mio parere se posso permettermi, di
pessimo gusto, posso sapere cosa ti ha detto L? > parlò cercando di sembrare
più ferma possibile.
< Va bene,
ma ciò che sto per dirti non ti piacerà affatto > l’avvertì.
< Avanti
parla > si stava davvero spazientendo, e al biondo questo piaceva da
impazzire.
< Ok ok, poi però non dirmi che non ti ho avvertita > fece
una piccola pausa, per prepararsi alla reazione della rossa.
< L ci ha
spiati di nuovo. Ha impiantato delle microspie nei nostri bracciali e di
conseguenza ha sentito ogni cosa. Dopo avergli riportato i nostri sospetti e le
nostre scoperte l’unica cazzo di cosa che è riuscito a chiedermi è come sia
stato baciarti > spiegò.
Ad ogni parola,
però, sentiva un senso di fastidio crescente. Non poteva permettere che il suo
capo venisse forviato così da una ragazza.
Al tempo
stesso, Amy era rossa di rabbia. In quel momento L non le sembrava poi tanto un
genio. Aveva fatto lo stesso errore di nuovo, nonostante lei gli avesse fatto
capire chiaramente che la cosa l’aveva fatta imbestialire.
< Maledetto…
>
Mello però fu
più veloce, e le saltò sulla voce.
< Senti non
voglio intromettermi nelle vostre faccende, ma io ho intenzione di risolvere
questo caso, e ho bisogno che L ci stia con la testa. Non so quale sorta di
maledizione tu gli abbia fatto, ma ora tu vai da lui, metti le cose in chiaro e
poi risolviamo questo dannato caso > disse fermamente fissandola.
Le sembrava di
rivivere un dejavu. L che la mandava da Mello, Mello
che la mandava da L. Si sentiva quasi la pedina di un qualche loro gioco
perverso.
<
Tranquillo, posso dirglielo anche da qui, tanto sicuramente ci starà
ascoltando… VERO L? > urlò le ultime due parole, ma Mello la bloccò subito.
< Credi
davvero che io non ci abbia già pensato? Puoi stare tranquilla non ci sono
telecamere qui. Nessuno sa cosa accade qui dentro. > parlò fiero di se, con un sorrisetto stampato in volto.
< Bene vorrà
dire che andrò a scambiare due paroline con lui di persona > si girò di
scatto, avviandosi verso la porta.
Nel mentre
Mello si era appoggiato al muro, beandosi della visione di quella ragazzina
arrabbiata.
Prima di uscire
però, Amy si girò verso il biondo con aria astiosa.
< Ah e se
provi a baciarmi un’altra volta sappi che non esiterò un secondo a castrarti
> e con questo, uscì definitivamente di scena.
Rimasto solo,
Mello andò in cucina, si prese una birra e una barretta di cioccolato e tornò
in salotto. Buttandosi a peso morto sul divano iniziò a maledire se stesso.
Cosa diavolo
gli stava succedendo? Non poteva farsi piacere la pel di carota.
Si prese la
testa tra le mani, e sperò con tutto se stesso che con
un po' di cioccolata e una bella dormita gli sarebbe tornato il lume della
ragione.
Intanto nel
corridoio, Amy sfrecciava verso l’ascensore. Per tutto il tragitto non aveva
fatto altro che pensare a come avrebbe approcciato L. Quell’uomo era
impossibile. Era infantile, cinico, superbo, non l’avrebbe mai avuta vinta con
lui.
L’ascensore si
fermò aprendosi e lasciando l’intera visuale della stanza alla ragazza.
L se ne stava
in piedi vicino alle vetrate, guardando fuori dal palazzo.
La ragazza si
avviò a passo spedito verso di lui, ritrovandosi poi a distanziarlo di pochi
metri.
< Buonasera
Amy, posso aiutarti? > chiese con calma L, noncurante dell’ira della
ragazza.
< Davvero Lawliet? Davvero?
Non mi rivolgi uno sguardo da una settimana, ed ora fai finta che non
sia successo nulla? > sbottò, non riuscendo più a sostenere tutta la rabbia
che le ribolliva dentro.
< Che cosa
vuoi da me L? > mormorò sconsolata.
Dopo essersi
sfogata la tristezza la pervase. Non capiva per quale motivo quell’uomo si
ostinasse a torturarle la mente. Non poteva semplicemente essere chiaro e
coinciso?
Il detective, però,
non sembrava aver compreso il motivo del turbamento della ragazza. Così si
limitò a rispondere alla domanda.
< Credevo di
avertelo già detto > le spiegò tranquillo.
< Beh allora
io non credo di aver recepito il messaggio, quindi per favore, potresti
spiegarmelo? >
L rimase di
stucco nel vedere Amy in quello stato. Era agitata, confusa, ma soprattutto era
arrabbiata. Non l’aveva mai vista infuriata con lui in quel modo.
Improvvisamente,
le parole dette da Mello gli tornarono in mente.
< Non sono
sicuro tu lo voglia sapere davvero > disse grattandosi, con fare insicuro,
la nuca.
< Non mi
importa. A questo punto farei qualsiasi cosa pur che tu ti decida a
focalizzarti sul caso >
Quelle parole
colpirono L che, pur sapendo di star male interpretando, si avvicinò
maggiormente alla rossa.
La studiò
attentamente, soffermandosi sulla pelle nivea del viso, dove spiccavano due
belle labbra carnose color pesca.
< L,
davvero, che succede? Mi stai spaventando > si scostò la ragazza, tentando
di far tornare in se il corvino.
< So di te e
Mello > disse tutto ad un tratto, prendendola in contropiede.
< Non c’è
niente da sapere, l’ho baciato per uno scopo ben preciso, che era quello di
liberarmi. Caso chiuso > sbuffò Amy, facendo per andarsene.
Ma la mano
ossuta di L la bloccò per un braccio, costringendola a girarsi verso di lui.
Stava per
ribattere, quando due labbra tiepide si poggiarono sulle sue, facendole
sgranare gli occhi. Sentiva le mani dell’uomo aggrappate alle proprie braccia.
Con uno scatto
si staccò, portandosi una mano alla bocca.
< Che cazzo
fai L, sei forse impazzito? > sputò cattiva.
Poco le
importava di essere scortese, scurrile e insensibile. Quel comportamento
l’aveva a dir poco scioccata.
< Ti chiedo
di perdonarmi Amy, non ho resistito al mio istinto e me ne vergogno
immensamente. Ora però mi vedo costretto a fare una cosa che proprio non vorrei
fare > si fermò un secondo, sospirando. < Ti devo chiedere di stare fuori
dal caso. Ho promesso a tuo padre che ti avrei protetta, perciò potrai
continuare a vivere qui, a patto che io ti veda il meno possibile. E’ tutto, puoi andare > tornò a parlare, con la sua voce
monotona.
Questa volta fu
lei a fermarlo, rivolgendosi a lui quasi disperatamente.
< Ma che
stai dicendo, non puoi farmi questo. Sai bene quanto per me sia importante
aiutare in questo caso > cercò, invano, di fargli cambiare idea.
< Si lo so,
e so anche bene che non posso tenerti dentro al caso quando costituisci una
fonte di distrazione per me e per i miei sottoposti >
Amy non
riusciva a credere alle sue orecchie. Era stata cacciata dal caso solo perché
quei tre idioti non riuscivano a tenere a bada i loro ormoni.
< Bene, se
tu la pensi in questo modo, e credi davvero che io non faccia altro che
intralciare le indagini me ne andrò. Ma vedi di non osare mai più mostrare la
tua faccia in mia presenza. >
L’aveva ferita
ne era consapevole, ma aveva troppa paura che se non avesse fatto qualcosa
quello ad uscirne ferito sarebbe stato lui.
< Perdonami
> sussurrò tra se e se, ma abbastanza forte da
essere sentito dalla ragazza.
< E per cosa
dovrei perdonarti esattamente? > chiese sarcastica < Per avermi baciata?
O per avermi cacciata dal caso? >
Sentiva di star
per crollare. Odiava il fatto che ultimamente con L non faceva altro che
litigare, ma odiava ancora più il modo in cui lui le si approcciava.
< So di
essere infantile, ma non riesco ad accettare un rifiuto, ne
tanto meno una sconfitta >
Un’espressione
turbata apparve sul viso della rossa.
< Sconfitta?
Di quale sconfitta parli? Non devi vedere tutto come una sfida L > spiegò,
ormai arrivata ad un punto di non ritorno.
L
accennò qualcosa
simile ad una smorfia.
< Quando
Mello deciderà di mettersi in gara per me e Matt sarà sicuramente una sconfitta
>
Questa frase la
lasciò ancora più perplessa. Ma non appena fece per chiedere altre spiegazioni,
il detective le pose una mano dietro la schiena e la spinse delicatamente
all’interno dell’ascensore.
< Aspetta,
che cosa c’entra…> le porte si chiusero facendo scomparire, forse per
sempre, L dalla sua vista.
< Mello?
> finì la frase, abbassando lo sguardo verso il pavimento ed emettendo un
verso di frustrazione.
Come diavolo si
era cacciata in quella situazione? L che le si dichiarava e poi la cacciava dal
caso, Mello che un attimo prima la baciava e l’attimo dopo la voleva morta, e
infine Matt, che era ancora ignaro di tutto e che non voleva per nessuno motivo
al mondo perdere.
Doveva
assolutamente mettere fine a quel disastro.
Non voleva
soffrire, ne voleva fare soffrire loro. E purtroppo l’unico modo per farlo, a
suo rischio e pericolo, era andarsene da li.