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Autore: AlsoSprachVelociraptor    15/06/2019    1 recensioni
Lloyd Richmond, giovane film-maker dal fisico fragile, la mente contorta, il cappello della Planet Hollywood calato sui suoi cinici occhi azzurro ghiaccio e il fidato coltellaccio appeso alla cinta, è pronto a tutto per diventare il regista che ha sempre sognato di essere.
Anche essere mandato dalla BBC a Ronansay, un'isola sperduta a nord delle fredde coste della Scozia e bagnata del tremendo mare del Nord a indagare su un misterioso hotel che si dice essere infestato dai fantasmi.
All'albergo, tuttavia, Lloyd troverà segreti ben peggiori di uno spirito; scheletri nell'armadio, doppiogiochisti pericolosi, destini segnati nel sangue, porte chiuse a chiave, il mare del Nord affamato che chiederà sempre più sacrifici umani.
E sì, anche un fantasma.
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[Storia liberamente tratta alla serie tv "Two Thousand Acres of Sky" della BBC, anche se NON c'è bisogno di conoscere la serie per leggere la storia, dato che ne è solo ispirata. Anzi, se non la conoscete è molto meglio]
Genere: Comico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Jo borbottò sottovoce tenendo la gonna sollevata con le mani, anzi, solo con le dita. La gonna era impiastricciata e bagnata e piena di sabbia e acqua salata e sale che continuava a sbatterle contro le gambe nude. I collant se li era già tolti prima, ed erano ancora più fradici della gonna.

Kenny la guardò arrancare nella sabbia verso la cabina vicina al molo, dove aveva lasciato i suoi vestiti moderni.

-Non ero mai stato in un film- disse sovrappensiero a Lloyd, seduto al suo fianco, che stava guardando il piccolo schermo della videocamera portatile e allo stesso tempo stava cercando qualcosa sullo smartphone, gli occhi coperti dal suo fido, perenne e vecchissimo cappellino. Annuì senza ascoltarlo davvero.

Ormai era mattina inoltrata. Era sabato e Jo non aveva scuola, e nemmeno amici di cui preoccuparsi.

Per pranzo Kenny aveva fatto per loro una semplice torta salata che aveva cucinato nella camera chiusa a chiave di Lloyd, e l'aveva portata ai due ragazzi che l'avevano quasi fagocitata come dei coccodrilli a mollo.

-Sei stato bravo.- continuò Kenny. Questa volta l'attenzione di Lloyd fu catturata, e si voltò con un'espressione confusa sul viso rotondo e giovanile. -A girare?-

-Anche- rispose Kenny, con un sorriso più imbarazzato. Con coraggio passò un braccio dietro le spalle tese del ragazzo. -Ma… intendo in generale. Ti sei arrabbiato solo una volta, e ti sei calmato quasi subito. Sei stato davvero bravo. Ora mi fido a lasciarti da solo con Jo. Però non mi fido di voi due assieme, sia chiaro.-

-Wow, l'hai notato…- disse solo Lloyd, abbassando lo sguardo di nuovo sulla videocamera, questa volta però senza davvero concentrarsi su essa. Se era spregiudicato e rude solitamente, quando si parlava di sé stesso o dei suoi sentimenti non si rivelava altro che un bambino in difficoltà.

Tentò di accarezzargli una spalla, coperta dal suo solito, pesante, larghissimo cappottone. -Ti stai impegnando tanto. Sono davvero fiero di te.-

Lloyd continuò a non alzare lo sguardo, ma si avvicinò a lui, appoggiandosi al suo corpo.

Sì, aveva la sua attenzione ora.

Kenneth sfilò con delicatezza il cappello dalla sua testa e si appoggiò con la tempia ai suoi capelli, rimanendo a fissare il mare, con sguardo mesto.

Il mare…

-Ero qui… ero chiuso nel mare prima di essere chiuso nell'hotel. Vedevo solo il mare, non ricordo molto. Poi mi sono ritrovato in quell'hotel, nel mio hotel, e… Jo. Era appena nata. Ho sempre dato a lei la colpa della mia evocazione all'hotel, ma con quel teschio non ne sono più sicuro. Le ho dato delle colpe che non ha.-

Lloyd era rimasto a guardarlo tutto il tempo durante il suo monologo, con tutta la curiosità dei suoi grandi occhi azzurro chiaro. -Il tuo cranio nella cantina… hai trovato altro?-

Kenny aveva controllato quel luogo di cui non aveva conoscenza dopo che sua figlia vi era stata chiusa dentro… ora che ci pensava, non aveva la benché minima idea del motivo per cui, in quegli anni, non era mai potuto entrare nello scantinato.

Poteva passare le pareti, raggiungere qualsiasi posto dell'hotel, tranne quella maledetta cantina.

Fino all'altro giorno.

Ora gli era accessibile, come e quando voleva. Ogni tanto si divertiva a spiluccare tra gli oggetti della sua vita passata chiusi a marcire lì dentro.

Sospirò pesantemente, socchiudendo gli occhi e parlando a bassa voce contro i folti capelli di Lloyd. -La mia roba di quando ero vivo. La mia chitarra, i miei vestiti, il mio portafoglio… tutto ciò che era mio.-

-E la tua testa- continuò Lloyd, appoggiandosi con la guancia alla sua spalla. -Chiunque sia stato, deve averla presa quando non era ancora solo ossa, dalla frattura si vede bene. Ma ha dimenticato la mandibola.-

Kenny lo lasciò parlare ma tirò fuori l'osso dalla tasca, dandolo al ragazzo dagli occhi sgranati. -Era solo qualche metro più in là. Gli animali che hanno mangiato la carne devono averla strappata e portata via. La lingua è un elemento molto pregiato nella cucina, e credo che non sia differente per quella umana...-

Lloyd si rigirò l'osso tra le dita, con uno sguardo più tetro e arrabbiato. No! L'aveva fatto innervosire? Era stato così bravo fino a quel momento…

-Guarda cosa hanno fatto al tuo corpo. Guarda! Non sei…?-

-No, Lloyd, e non devi esserlo nemmeno tu.-

Il più giovane alzò la testa come se Kenneth l'avesse appena colpito con uno schiaffo immotivato. Era incredulo, arrabbiato, ferito.

Negò, tentò di parlare ma Kenny lo interruppe ancora, premendo un dito sulle sue labbra sottili. -Non importa più, Lloyd. Non importa chi ha staccato la testa al mio cadavere e l'ha preso a martellate e chi ha mangiato la carne dalle mie ossa. Non importa più nemmeno chi mi ha mandato a morire o chi mi ha picchiato o insultato quando ero vivo. È finito tutto. È passato tutto. Io non sono turbato, non esserlo tu per me. Non ne ho bisogno, e nemmeno tu.-

Lloyd non rispose sulle prime, rimanendo appoggiato con le mani al suo petto e lo sguardo che vagava ovunque, senza mai fermarsi un istante. Non sapeva cosa stesse pensando, non lo seppe mai, e a quel punto si chiese se davvero voleva saperlo. No, probabilmente no.

-Ehi. Lloyd.- cercò di riscuoterlo il fantasma, ma il ragazzo non dava segno di volersi schiodare dai suoi pensieri, scacciando con uno schiaffo la mano di Kenneth che tentava di scuoterlo per una spalla. Provò anche ad alzare il suo mento, prendendolo tra le sue grosse dita, ma ancora non trovava pace. Non voleva o era perso nel suo mondo, come ogni tanto capitava?

Non importava nemmeno quello.

Gli schioccò un lieve bacio sull’angolo delle sue labbra e finalmente il ragazzo sembrò tornare col pensiero su quel mondo. -Torniamo a casa. Non voglio che Abby e Rob si arrabbino con voi.-

Lloyd annuì, rimanendo stretto a lui. Si alzò in piedi e gli strappò di mano il proprio fidato cappello con modi grezzi come suo solito, allontanandosi da Kenny come se tutto ad un tratto il suo corpo avesse preso a fumare e bruciare, e raccolse tutta la roba che aveva lasciato sulla scogliera deserta: attrezzatura da cinema, zainetto e aggeggi tecnologici che Kenny non conosceva, non tutti.

Era pur sempre morto diciotto anni prima.

Senza voltarsi Lloyd lo salutò e quasi corse su per la stradina rocciosa che si inerpicava nella parte alta dell’isola, dove si trovava l’hotel.

Kenny fece per ritornare in mare, ma qualcosa non gli permise di andarsene tranquillo.

Sulla spiaggia c’era qualcuno.

Jo.

Ancora stringeva il teschio che lui e Lloyd assieme avevano ricostruito, stretto al petto. Lo sguardo fisso sul mare, sul nulla, immobile nei suoi vestiti moderni.

-Jo?- la chiamò il fantasma. La ragazza reagì subito a differenza di Lloyd, anche se lo stato di trance era decisamente diverso da quello del ragazzo. Se lui stava tramando qualcosa, lei invece… era solo persa. Lei quasi saltò dallo spavento e rimase a fissare il padre come se fosse spuntato dal nulla.

-Eh?-

-Cosa stai facendo?-

-Io..?-

Sembrava sinceramente attonita. Non gli piaceva.

Doveva allontanarsi dal mare.

Si avvicinò a lei solo per prenderla per le spalle, voltarla di peso e spingerla verso la città e lontana dal Mare del Nord. -Vai, c’è freddo e tua madre ti starà cercando.- sbottò lui, stranamente nervoso.

Di solito non era nervoso… non dopo essere morto. Non aveva nessun motivo per esserlo. Ora… ora però…

Sua figlia decise di non fare domande e, salutandolo timidamente, quasi corse sulla strada di casa, nascondendo il teschio nello zainetto che non era decisamente stato creato per contenere ossa umane.

Qualcosa non quadrava.

Con orrore si accorse che la marea aveva già iniziato a crescere, con un ritmo che non avrebbe dovuto avere. Avrebbe portato una tremenda mareggiata.

Come dita di un mostro l’acqua gli sfiorò le caviglie, cercando di prenderlo e portarlo a fondo, come aveva fatto allora. Ora però quelle mani voraci non potevano scalfirlo, perchè avevano già banchettato col suo corpo e con il suo spirito troppo tempo prima, ma ancora osavano spingersi verso di lui come per torturarlo, distruggerlo un’ultima volta ancora.

Cosa stava complottando il mare del Nord, ora? Cosa voleva ancora da lui?

 
   
 
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