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Autore: Cara93    20/06/2019    3 recensioni
[STORIA INTERATTIVA ISCRIZIONI CHIUSE]
La truffa è un'arte, anche nel Mondo Magico. Tre tra i migliori truffatori al mondo, che lavorano per il misterioso Master, lo sanno molto bene.
Ma cosa accadrebbe se alcune delle loro vittime decidessero di dar loro la caccia?
Genere: Azione, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
Capitoli:
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La “vacanza” di Rhett a Stoccolma era agli sgoccioli. E, finalmente, dopo un assurdo carteggio e corteggiamento che aveva portato la pazienza di Rhett al limite, quel pomeriggio avrebbe incontrato Adele Lindgren. Con l’orgoglio ferito dello stallone respinto, Rhett aveva intenzione di sedurre e abbandonare con un certo sprezzo la potenziale preda che aveva osato rendergli la vita difficile. Prima, però, doveva raggiungerla. Adele abitava in una tranquilla via della capitale, estremamente pulita e borghese. L’edificio era solido e moderno, la divisione degli appartamenti funzionale e pratica. Se l’aspetto della casa rispecchiava anche solo minimamente il carattere della proprietaria, gli avrebbe dato del filo da torcere.
-Ah, lei è l’Auror inglese. Si accomodi- commentò la donna, monocorde. L’aspetto di Adele Lindgren era totalmente differente da come si fosse immaginato: non era la tipica svedese alta, bionda, sorridente e dal fisico perfetto; praticamente la descrizione superficiale di tutte le donne che aveva avuto il piacere di intrattenere in quella parentesi pagata dal Ministero. Adele aveva capelli di un rossiccio slavato, occhi scuri e il viso tondo puntellato di lentiggini. Non era molto alta, per gli standard teutonici, ma non la si poteva definire bassa. Come non la si poteva definire grassa, ma sicuramente non era né filiforme nè dal fisico scolpito. Non aveva nessun tratto interessante che potesse attrarre un dongiovanni impenitente come lui. -Le sono arrivati i miei messaggi, Miss Lindgren?- La donna annuì con indifferenza, cosa che fece infuriare Rhett. Sembrava che nessuno, in quel paese del cazzo prendesse sul serio il suo lavoro. -E quindi?- ribadì, spazientito.
-Quindi non capisco perché Esu le interessi tanto. È una donna sfortunata. Punto-
-E appaga il suo ego, tirarla fuori dai guai?- chiese, provocatorio.
-No, Auror Montague. È solo la mia migliore amica e, come i rapporti sociali a stampo paritario comportano, cerchiamo di aiutarci a vicenda-
-Anche se sembra che sia Miss Nesbø a beneficiare di questo “rapporto sociale paritario”?-
-Il punto cruciale è “sembra”, Auror Montague. Ha detto bene- lo freddò. Rhett si sentiva frustrato. Quella donna, che sulla carta sarebbe dovuta essere grata di ricevere attenzioni di ogni tipo da parte di un uomo come lui, sembrava invece decisa ad ignorarlo.
-Sa dove si trova ora Miss Nesbø?-
-Non dovrebbe saperlo, dato che è il suo lavoro?-
Rhett esibì un sorrisino di circostanza, decidendo di soprassedere su quella domanda impertinente.
-Ha avuto contatti recenti con Mister Haig?-
-Nessuno con un briciolo di autoconservazione vorrebbe avere dei contatti volontari con Kenneth Haig-
Quell’informazione poteva essere interessante. Adele stava forse insinuando che Else non ci stesse con la testa? Provò a porre altre domande, più o meno innocenti, ma dalla reazione della donna, Rhett era giunto alla conclusione che non avrebbe tratto altro.
-So che abita o ha abitato da lei, per un certo tempo. Posso esaminare le sue cose?-
-Prego. Anche se non troverà niente di particolare-
-Ah, e verrebbe a cena con me stasera?- La donna lo ignorò completamente, inconsapevole di aver risvegliato nell’Auror quel gusto della sfida che lo aveva convinto a scegliere proprio quella professione. Aveva ancora un paio di giorni da passare in Svezia e, che Merlino lo fulminasse, si sarebbe portato a letto Adele Lindgren prima di tornare a casa. Questa lo accompagnò in silenzio nella stanza degli ospiti, dove c’erano ancora molti degli effetti personali di Esu, lasciandolo solo. Come gli aveva anticipato, non c’era nulla che saltasse particolarmente all’occhio. C’erano vestiti spiegazzati, documenti incomprensibili in svedese, aggeggi metallici presumibilmente babbani e una quantità smisurata di album fotografici, che, in mezzo a tutto quel marasma, sembravano essere la cosa più ordinata nella stanza. E, in mezzo all’ordine maniacale delle fotografie, una pagina di pergamena in cui venivano elencati nomi ed indirizzi utili del Regno Unito magico. Tutto portava a credere che Else si trovasse in Inghilterra, presumibilmente a Londra.

 

 

-Chi sarebbe questo Dominick?- chiese Kai, interessato.
-Quello che credevo essere mio suocero- rispose Olimpia, blandamente. Sorseggiò il suo drink, acciambellandosi meglio sul divano su cui era seduta. -Bene, perché il nostro ospite non comincia a raccontarci qualcosa?- chiese, cambiando argomento, con civetteria crudele.
-Tutto quello che c’è da sapere l’ha già scritto la “Gazzetta del Profeta”- cercò di tagliare corto Marcus. Calò un silenzio colmo di disagio, spezzato pochi secondi dopo sempre da Olimpia, decisa a ricevere una risposta.
-Non vuoi darci la tua versione, co-marito?-
-Prego?-
-Io sarei piuttosto interessata a sapere come tu abbia incontrato mia moglie-
-Olimpia...- cercò di intervenire Kai.
-Statene fuori, voi! È un mio sacrosanto diritto!-      

 

 

Bas si aggirava per gli uffici con furia trattenuta. Non era riuscito a scoprire nulla di più sul suo “protetto”, Marcus Rosier. A niente era servito intrufolarsi nelle aree top secret, approfittando del suo status di Animagus non registrato. Non gli piaceva quella pulsazione che avvertiva alla base delle tempie, una sorta di battito regolare e tormentoso, a memento del proprio fallimento. Avrebbe preferito essere ovunque, tranne che al Ministero della Magia, sottosezione Auror. Invece, per sua sfortuna, era suo dovere essere lì. Dal messaggio sbrigativo e poco chiaro che Aarons gli aveva fatto pervenire, sembrava che Montague non avesse fatto chissà quali passi avanti, ma quei pochi si stavano rivelando di qualche interesse per l’indagine. Se possibile, la pulsazione aumentava, più ripensava a Montague: non riusciva a concepire che un cialtrone come lui avesse trovato delle informazioni rilevanti, quando lui, con le sue capacità e la sua motivazione, si era trovato in un’impasse tremenda. Strinse i denti, rallentando il passo. Doveva rimediare e alla svelta.
-Oh, eccoti!- esclamò Jessie, con il suo solito frustrante e nauseante entusiasmo. Come Dex, anche se non lo avrebbe mai saputo, condivideva una sorta di fastidio di fondo per quella sfumatura del carattere di Aarons. Ma, a differenza di Dex, riusciva a mascherare meglio l’esasperazione. E Bas aveva più di un generico senso di avversione verso la naturale tendenza di Jessie a trovare il buono ed il lato positivo di ogni cosa. Gli ricordava Cornelia e non poteva permettersi debolezze, non in quella fase delicata della sua vita.

 L’ossessione paterna per l’Europa e la cultura continentale era sempre stato uno dei perni delle discussioni dei suoi genitori. Rachel Zabini, cittadina inglese e strega Purosangue discendente di una famiglia particolarmente agiata, non riusciva davvero a capire il fascino che in suo marito, Pascal LeFevre, canadese che fino allo sbocciare della sua carriera da diplomatico non era mai uscito dai confini del suo paese se non per frequentare la scuola, esercitasse l’idea stessa di “cultura europea”. Per lei, che aveva avuto modo di viaggiare fin dalla più tenera età, non rappresentava chissà quale traguardo, anzi, dal suo punto di vista, un viaggio in Asia o in Africa, alla scoperta delle culture magiche più nascoste ed insidiose poteva essere uno sprone per il figlio turbolento. Magari, se fosse stato costretto a sfruttare tutte le sue doti, e Rachel era più che sicura che Baptiste ne avesse, si sarebbe dato una calmata. Non era servita a nulla la rigida disciplina e la blanda, ma costante supervisione di Rachel per prepararla alle continue lettere del Preside di Ilvermorny. Il ragazzino che aveva cresciuto, il bambino che aveva cercato di plasmare e contenere, recava ancora quelle tracce oscure ed inquietanti che tanto l’avevano spaventata. Più di una volta, era stata costretta ad implorare e corrompere il personale della scuola per evitargli l’espulsione; evento che grazie alla sua propensione alle risse e alla sistematica uccisione e tortura di Ricciocorni e piccoli mammiferi che Bas non si curava neppure di nascondere, sembrava più che mai prossimo. Era preoccupata Rachel e quella sorta di sesto senso che l’aveva guidata in tutta la sua carriera di Auror l’avvisava che da quel viaggio che Pascal aveva tanto insistito che il suo secondogenito facesse non sarebbe scaturito nulla di buono.

 A differenza di Margot, “la Principessina”, a suo avviso affetta da una patologica condiscendenza verso i desideri paterni e che non solo aveva insistito per frequentare Bauxbatons, tormentando la madre, ma si era pure imbarcata in una sorta di riscoperta delle tradizioni dei paesi dell’Europa centrale; Bas aveva iniziato e terminato la sua esperienza giovanile in Europa in Inghilterra, più precisamente in Cornovaglia. Inizialmente, si sarebbe dovuto limitare ad una breve settimana, ospite della residenza dello zio materno, però per qualche strana ragione, aveva deciso di cambiare i suoi piani. Una ragione con un nome ed un cognome: Cornelia Zabini. All’inizio, quella ragazzina così delicata e fragile, poco più giovane di lui, lo metteva a disagio. Chissà come, quella superiorità nei confronti del resto del mondo, che lo aveva portato a disprezzare e a guardare con alterigia il prossimo, non scalfiva minimamente Cornelia. Non solo la ragazza sembrava non accorgersene, ma più passava il tempo, più il suo atteggiamento nei confronti della cugina diventava sempre più una posa. Provava una strana attrazione, che non riusciva a spiegare razionalmente: certo, Cornelia era bella, di una bellezza quasi malata, mefitica; di sicuro non la tipica bellezza che lo attirava fin da quando aveva scoperto quella particolare scorciatoia per sfogare i suoi istinti. Scorciatoia che gli aveva permesso in più di un occasione di ricattare i suoi insegnanti, perlomeno con quelli con cui aveva intrapreso una consapevole, soddisfacente, quasi diabolica relazione sessuale. Grazie al suo intuito, unito ad una certa tendenza machiavellica, aveva trovato in quelle relazioni la compensazione ideale alla sua indole più crudele e sadica. Con Cornelia, niente di tutto questo sarebbe mai stato possibile. Una relazione carnale era esclusa, era troppo americano per poter anche solo concepire di scoparsi sua cugina. Per contro, Cornelia mitigava i suoi istinti peggiori ed era in grado di portarlo a credere che il suo disgusto per il mondo intero non fosse del tutto giustificato. Anche quando trovò il suo gatto in fin di vita e dopo aver intuito che Bas c’entrasse qualcosa, aveva cercato di scusarlo in ogni modo. Per quanto avesse cercato di ferirla, Cornelia gli avrebbe sempre riservato quella dolcezza e quella compassione che erano insite nel suo carattere. Era disarmante. Era la prima anima pura che aveva avuto il privilegio di incontrare.

 Anche per questo, voleva preservarla ad ogni costo. Si disse che era per quello che continuava la sua relazione con Kevin Teller. L’affascinante e giovane mago che gli aveva fatto girare la testa e che, per sua sfortuna, era il promesso sposo di Cornelia. I folti e ricciuti capelli scuri del giovane, che creavano un affascinante quanto strano contrasto con i suoi magnetici occhi verdi; il suo corpo scolpito, il viso finemente cesellato e la pelle bronzea erano come una droga per lui.
“Cornelia deve sapere con chi ha a che fare”, pensava, istintivamente facendo di tutto per mostrare al mondo quanto Teller lo affascinasse e quanto ascendente avesse su di lui. Ma questo sembrava non importare né a Cornelia, che ne sembrava del tutto ignara, nè allo zio Prometheus, deciso a mantenere la propria facciata ipocrita il più a lungo possibile. Importava però alla sua famiglia: nel giro di poco tempo, ricevette una selva di lettere irose dai suoi genitori e da Margot, ancora più ipocrita di loro zio, se possibile, data la situazione famigliare della stessa, intrappolata in un matrimonio d’interesse condito da un mare di tradimenti da ambo le parti. La sua storia con Teller era partita da un capriccio, ma si stava rivelando sempre più importante, tanto che, per la prima volta nella sua giovane vita pensava davvero di aver capito cosa fosse quello che tutti definivano “amore”. Come avrebbe potuto, la dolce ed innocente Cornelia comprendere a fondo la complessità del carattere di Kevin? Il suo fascino carismatico ed esuberante, la baldanzosità strisciante e pericolosa. E la ferocia. Soprattutto la sua ferocia, che sfociava in una carnalità istintiva e distruttiva. Come avrebbe potuto sopravvivere a tanto, Cornelia? No, solo lui era degno di Kevin Teller.

 

 

-Sapete cos’è successo: ho incontrato una giovane donna e l’ho sposata. Lei non solo mi ha derubato, ma mi ha pure distrutto la carriera- rispose Marcus, laconico. Non aveva alcuna intenzione di raccontare loro proprio tutto. Non solo non era nella sua natura, ma molte delle implicazioni avrebbero rivelato molto dei suoi rapporti famigliari e delle conseguenze che questi avevano avuto sulla sua vita privata.
-Mi sembra che, per quanto riguarda la tua carriera, ci avessi messo del tuo, derubando il Ministero e usando quello stesso denaro per corrompere maghi influenti nell’area mediorientale- interloquì Olimpia, fortemente polemica. Marcus strinse i denti, senza commentare oltre, anche perché era tutto vero. Ma nessuno avrebbe mai scoperto i suoi loschi maneggi, se Ellaria non l’avesse derubato e ricattato. Non avrebbe mai ammesso la sua colpa: aver sottovalutato la serità della situazione. Non aveva mai veramente creduto, non fino in fondo, che Ellaria se ne fosse andata davvero e avesse fatto quello che aveva fatto. Anche per questo, aveva denunciato la scomparsa della moglie e, pochi giorni dopo, era stato convocato al Ministero. Tecnicamente, stava scontando una pena piuttosto esigua, se comparata all’entità del suo crimine: revoca della bacchetta, divieto assoluto di uscire dal paese e arresti domiciliari. Pena che non aveva alcuna intenzione di scontare, almeno finché non avesse trovato Ellaria.

 

La preparazione a quel colpo era stata più lunga e impegnativa di quanto pensasse. Non bastava un’identità fittizia credibile, doveva essere anche accreditata, proprio perché l’uomo che avrebbero truffato era un politico in ascesa e c’era il rischio, certo calcolato, che il suo staff facesse un controllo approfondito su chiunque gli si avvicinasse. Anche per questo, nonostante Adrienne rappresentasse la scelta più ovvia per età, capacità ed istruzione Archer era stato costretto ad optare per Danae. Ellaria Segel esisteva davvero, era una ventiquattrenne timida, che viveva una vita tranquilla e, casualmente, apparteneva ad un ramo abbastanza defilato di una famiglia purosangue piuttosto influente nel suo paese. La nuova identità di Danae avrebbe sicuramente retto ad un esame preliminare e questo avrebbe garantito alla squadra un certo margine di tempo per organizzarsi, nel tentativo di prevenire qualsiasi imprevisto.
Al momento, l’unica cosa che stava rallentando l’operazione era la scarsa collaborazione di Danae stessa che sembrava trovare troppo noioso studiare la sua parte.
-Ecco qui, chérie, altri due nuovi libri per te: “Storia e cultura della magia mediorientale-l’influenza della diaspora degli ebrei nella cultura magica mondiale” e “Usi e costumi delle nazioni nuove: Israele, Australia, Nuova Zelanda e altre”. Non ti sembrano interessanti?- cinguettò Adrienne, nel tentativo di invogliare Danae almeno a sfogliare uno dei tomi rilegati in pelle.
-Pff, ancora? Non sono bastate tutte quelle poesie e le lezioni di etichetta dell’altro lavoro?-
-No, perché non stiamo parlando di interpretare una sciocca capricciosa con più soldi che cervello, ma di una giovane donna che sta cercando di scalare il successo in una società oppressiva e in una cultura diversa dalla nostra. Rosier non dovrà neanche minimamente sospettare di stare per sposare una metamorfa Nata babbana di Glasgow- la pazienza di Adrienne stava per esaurirsi: d’altra parte erano quasi due mesi che si stava impegnando per addestrare Danae per quel particolare lavoro. Archer non poteva escludere che Addie fosse un po’ gelosa della più giovane, ma non erano pensieri che si poteva permettere, non con l’arrivo imminente della delegazione da Tel Aviv.
-Quanto odio questa parte del lavoro-borbottò la più giovane, attirando a sé “Storia e cultura della magia mediorientale”. Archer non ricordava di aver mai incontrato un Corvonero meno propenso allo studio di Danae. In sua difesa, aveva un’intelligenza vivace, ma sembrava odiare la sola idea di aprire un libro, preferiva di gran lunga attività più creative e stimolanti.
-Ah, chérie, almeno tu non devi provvedere a procurarti rare e pericolose pozioni Invecchianti, eseguire complicati Incantesimi estetici e usare quelle odiosissime lenti babbane per alterare il colore degli occhi- in effetti, Adrienne avrebbe dovuto impersonare la madre di Danae/Ellaria e la parte le avrebbe richiesto un certo trasformismo ed impegno magico.
-Ma Addie non hai bisogno di usare pozioni Invecchianti per sembrare mia madre!- la canzonò Danae. Adrienne inorridì come se le avesse rivelato un segreto osceno.
-Che scherzo di cattivo gusto, chérie. O almeno spero sia uno scherzo, perché vedere rughe dove non ci sono è un sintomo preoccupante- borbottò Adrienne, riacquistando il proprio consueto aplomb.
-Signore non è il caso di perdere tempo. Abbiamo un lavoro complicato da fare-

 

 

Montague aveva davvero fatto una scoperta interessante, soprattutto se messa in relazione con quella che aveva fatto lui ancora agli inizi della sua parte d’indagine: Rosier sembrava svanito nel nulla, i due Auror addetti alla sua sorveglianza sembravano Confusi durante l’interrogatorio a cui li aveva sottoposti. Con ogni probabilità, Rosier e la Nesbø erano insieme e, forse, stavano complottando qualcosa, forse una vendetta. E non poteva certo biasimarli. Anche per Bas la giustizia aveva una sua soggettività, che non poteva essere compresa fino in fondo dalla gabbia convenzionale delle leggi magiche. Trovarli sembrava essere la priorità e la scelta più logica era cercare di comprendere a fondo Rosier, cioè quello che tra i due aveva una certa conoscenza del territorio. Perciò, era giunto alla conclusione che doveva scavare nel passato di Marcus Rosier, marito fregato e politico fallito accusato di frode e corruzione. Secondo tutti gli articoli che aveva visionato e i dossier censurati che gli erano stati forniti, entrambi i genitori di Rosier erano morti almeno un decennio prima. Conduceva una vita particolarmente ritirata, composta più di conoscenti che di amici. Marcus Rosier era un solitario, probabilmente paranoico, come tutti gli uomini influenti che aveva avuto modo di conoscere ed estremamente schivo. Bas sospettava che tutta quella riservatezza nella documentazione derivasse anche da un accordo precedente e vincolante, oltre che dal comprensibile imbarazzo del Ministero. Però c’era un barlume di speranza, in quella marea di carte che sembravano dire tutto, ma in realtà non dicevano nulla: nessuno si era preso la briga di controllare l’adolescenza di Marcus. Probabilmente non avrebbe portato a niente, ma sembrava un vuoto piuttosto intenzionale, come se volontariamente giornalisti e burocrati avessero omesso quelle informazioni.
“L’omertà delle famiglie Purosangue inglesi”, pensò sprezzante.


New York, Stati Uniti
L’esca per il loro bersaglio erano i biglietti di una mostra di giovani talenti dell’arte contemporanea con annessi corsi e seminari per gli interessati. Casualmente, Lancelot Selwyn e chi gli gravitava attorno, aveva ricevuto dei biglietti omaggio, il resto invece era stato venduto o offerto come moneta di scambio tra i piccoli criminali e truffatori del loro mondo; infatti, gli altri due artisti che esponevano con Adrienne erano un falsario del luogo ed un ricettatore con la passione per l’arte e avevano accettato di partecipare come contorno solo se avessero potuto condurre anche i loro traffici. Praticamente, metà dei presenti era composta da truffatori che si conoscevano e tacitamente rispettavano il proprio ruolo e l’altra dalle loro prede ignare. Adrienne, annoiata e nervosa, dopo ore spossanti in cui era stata costretta a sorridere ed inventare delle castronerie che avessero un che d’intellettuale, non vedeva l’ora di andarsene. E poteva farlo solo se avesse abbordato il loro uomo. Si guardò attorno, individuando subito il ragazzino di un’età imprecisata, probabilmente tra gli otto e i dieci anni che Archer le aveva preannunciato sarebbe stato il cardine del loro piano. Infatti, sembrava che Lancelot provasse un affetto incondizionato per quel bambino. Affetto che poteva essere usato come metodo di approccio. Il ragazzino fissava un quadro all’apparenza concentrato. Tutto quel circo era stato organizzato perché Anther, le sembrava si chiamasse così, aveva espresso il desiderio di visitare New York, la città dove il suo meraviglioso padrino abitava, e tutte le sue attrattive, soprattutto artistiche. Attraverso quei biglietti omaggio e una convenientissima offerta che combinava diverse Passaporte e un viaggio via camino, avevano attirato in città Giae, la migliore amica di Lancelot ed il figlio.
Adrienne si affiancò al bimbo, guardando critica uno dei suoi quadri peggiori: una chiazza di colore verde che cercava di sopraffarne un’altra, di un rosso vermiglio, senza riuscirci.
-Troppo rosso- sentenziò il ragazzino, compito.
-Forse hai ragione, piccolo- rispose lei, condiscendente. Anther, da parte sua, continuò supponente:-L’autore non è molto bravo, mi sembra. Le tracce di magia si vedono tanto, avrei potuto farlo anch’io- Adrienne si trattenne dal dargli una rispostaccia: che ne poteva sapere un bambino di arte?
“Calma, è solo un énfant.”
-Ah, sì? E come avresti fatto?- chiese, tentando di modulare la voce, per non sembrare troppo polemica. Non le piacevano i bambini e neppure gli adolescenti, tra l’altro; si sentiva a disagio in loro presenza. Anzi, non era nemmeno sicura di essere in grado di approcciarsi a loro nella maniera corretta. Il bambino cominciò a raccontarle, con un entusiasmo stancante, come avrebbe dipinto un quadro come quello. Era appena arrivato all’uso del rosso, che avrebbe smorzato con delle linee nere irregolari, quando Giae, imbarazzata accorse in suo aiuto, seguita dal suo uomo.
-Oh, mi dispiace signorina! Spero che non la stia disturbando, a volte Anther sa essere molto pressante- si scusò.
-Ma si figuri. Anzi, la sua visione è interessante. Ne prenderò nota in futuro- le sorrise.
-Aspetti... lei è Mona Reddick?- chiese Lacelot, interessato. I quadri di quella donna erano gli unici che gli avessero risvegliato un certo interesse, anche se non erano esattamente di suo gusto. Anther sgranò gli occhi e si illuminò, tutto in una volta.
-Sì. Lloyd è stato così gentile da esporre i miei lavori. È stato un sogno meraviglioso, per un’anonima insegnante d’arte come me-
-È un’insegnante? Davvero? Che combinazione, speravo di trovare qualcuno che potesse guidare Anth, mentre siamo qui. Sa, è molto interessato all’arte magica- Adrienne le fornì tutte le indicazioni necessarie per avvelersi delle sue competenze in forma privata.
-Sono veramente contento- pigolò il ragazzino -voglio tanto diventare un’artista bravissimo come quelli che hanno fatto i dipinti dei musei-  
-Sono certa che lo diventerai- disse mielosa Adrienne, salutandoli con un sorriso luminoso.
“Oui, soprattutto nei tuoi sogni piccolo mostro”

 

-Cosa vuoi sapere in particolare? Quanto tempo passavamo a letto? Molto, te l’assicuro-Marcus aveva ritrovato la sua consueta fredda e crudele compostezza. Proprio quell’atteggiamento e quelle provocazioni che avevano il potere di far infuriare Olimpia, al pari di un drappo rosso sventolato davanti ad un toro. La ragazza si alzò con uno scatto, pronta a saltargli addosso, cosa che avrebbe sicuramente fatto, se Kai non fosse intervenuto e l’avesse sbalzata fuori dalla sala, seguendola a ruota.
-Quindi? Qual è lo scopo di questa recita? Farti ammazzare?- gli domandò Esu, impassibile. Non che lo credesse realmente: nonostante l’apparenza era quasi certa che Olimpia non si sarebbe azzardata ad un’azione così estrema. Almeno non davanti a testimoni. Marcus non le rispose, preferendo tornare alla compagnia dell’alcool, che era diventato, nel giro di poche ore, il suo migliore amico.
-Senti- ritentò Esu, decisa ad ottenere almeno qualcosa, dal compagno -siamo tutti sulla stessa barca, ma soprattutto tu e Olimpia avete qualcosa in comune: siete stati fregati due volte. Dovreste collaborare, non azzuffarvi. E tu non dovresti provocarla. Non troppo.-
L’uomo sembrò riflettere a lungo sulla questione. Probabilmente, l’ansiosa biondina aveva ragione.
-Mi sono fidato completamente di lei. Le ho raccontato cose che non avevo mai detto a nessuno- cominciò, lentamente -cose anche peggiori di... quello che ho fatto-
-Non hai niente da rimproverarti, anzi. Se ami una persona ti affidi completamente- commentò l’altra, acciambellandosi sul tappeto, a pochi passi dalla poltrona su cui giaceva prostrato Rosier. “O è quello che si dovrebbe fare” aggiunse mentalmente. No, non era affatto la persona adatta per consolare Marcus. Sicuramente non lei, che aveva passato tutta la sua vita nascondendosi dalla persona che amava, nel terrore costante di essere respinta e che, proprio per quella sua mancanza di coraggio, l’aveva persa. Se fosse stata la persona adatta, forse, gli avrebbe detto che lo ammirava per essersi messo in gioco, anche se la conclusione era stata così tragica. Ma non lo era.

 

-Non capisco. Proprio non ci riesco- Danae camminava in tondo, nella stanza della loro base operativa. Teoricamente, non si sarebbero dovuti incontrare se non durante la truffa, ma il piano sembrava non procedere. E quello stallo imposto era dovuto alla ritrosia di Rosier.
-Non sono abbastanza... insomma... attraente?-
-Qual è il problema, Dany?- Archer non aveva alcun bisogno di chiederlo, Danae era talmente agitata e confusa che leggere la sua mente era facile come guardare uno di quei film babbani, una volta capito il meccanismo.
-Lui non... maledizione... non ci prova neanche!- sbottò, arrossendo. Nella sua esperienza, erano pochi gli uomini che non avevano mai tentato di approcciarsi a lei in quel modo. Era più facile quando poteva vedere i loro bersagli come degli esseri disgustosi e squallidi, come si rivelavano quasi sempre.
-Dagli tempo, chérie. Non tutti gli uomini sono così... disinvolti? Si può dire così?- intervenne Adrienne.
-Addie ha ragione. Ma non metterci troppo, però- borbottò Archer, uscendo dalla stanza, a disagio. Nonostante il suo rapporto con Danae, almeno da parte sua, non era poi così stretto, provava un certo imbarazzo nel venire a conoscenza di certi dettagli. Meglio lasciare che se ne occupasse Adrienne.

 

-Così non va Marcus. E lo sai- Stava rischiando e lo sapeva. Se Rosier l’avesse respinta, tutto sarebbe finito in fumo. Però il suo istinto, quella comprensione naturale di ciò che gli altri avevano bisogno le diceva che Rosier avrebbe fatto di tutto per tenerla al suo fianco.
-È colpa mia?- gli chiese allora. Marcus la guardò terrorizzato. Forse, finalmente, sarebbero arrivati al punto. Durante la prima lezione di Archer aveva appreso che le persone, una volta raggiunto un certo livello di intimità, erano estremamente vulnerabili. La cecità che derivava da un rapporto di questo tipo era l’essenza stessa del loro lavoro. Stava al truffatore, come il più sensibile degli artisti, trovare la giusta via. Finora, il sesso aveva sempre rappresentato il punto di arrivo. Di solito, dopo due o tre appuntamenti in cui la sensazione d’imbarazzo decresceva esponenzialmente, la preda veniva raggirata e confusa al punto da credere di essere onnipotente ed irresistibile. La sua finta vulnerabilità li spingeva ad aprirsi e a rilassarsi, facilitando l’inganno.

È tutta una questione di caccia, sempre.

 


-Non abbiamo mai... io ed Ellaria... noi...non...prima del matrimonio...- Marcus non riusciva a proseguire, paralizzato dall’imbarazzo. Esu si immobilizzò, quasi trattenendo il respiro. Non era certa di capire perché Rosier volesse condividere quell’informazione con lei.
-Io... non ci sono riuscito. Non... è difficile- si interruppe, espirando rumorosamente. -Mio padre è sempre stato il mio eroe. Tutte le mie scelte, dalla politica a ciò che mangio di solito, tutto, l’ho sempre fatto pensando “a papà questo farebbe piacere? Lo troverebbe appropriato?”-
Nonostante la confusione, Esu lo stava ascoltando con attenzione. Poteva capirlo, era un discorso che aveva già sentito prima, da tutti i suoi amici purosangue. Ciò che non le era chiaro, però, era cosa c’entrasse con il suo rapporto con Ellaria.
-Aveva una sua visione di uomo, sai. Forte, virile. Capace di far capitolare le donne ai piedi. E voleva che fossi così. E ci ho provato, fin da quando mi portò da una donna che mi avrebbe insegnato come fare. Ma io non ero capace. Lei non voleva deludere mio padre. Nessuno voleva delude mio padre. Così... anche se non riuscivo... volevo...-
“No” pensò Esu “non lo sto sentendo davvero. Non... non è giusto”
-Da allora non... con nessuna. L’ho raccontato ad Ellaria. E lei... beh, lei ha detto che andava tutto bene. Che non era colpa mia. Per la prima volta, non mi sono sentito sbagliato. Che c’era tempo. Lei è stata così... gentile, paziente. Ero davvero convinto che...-
Esu si alzò, esitante. Marcus aveva il volto girato, nel tentativo di non guardarla. Poteva capire perché fosse così restio a raccontare loro cos’era successo. Il tradimento di Ellaria era molto più profondo di quanto avessero anche solo potuto immaginare.
-Non è colpa tua- gli sussurrò, posandogli esitante una mano su una spalla.


Manchester, Inghilterra
Scoprire dell’esistenza di Atia è stato uno choc per Bas. Niente di quello che aveva saputo fino a quel momento faceva sospettare l’esistenza di un’altra Rosier. Non gli piaceva dove quell’indagine lo stava portando, sia a livello metaforico che a livello letterale: Manchester, soprattutto la parte babbana, era troppo caotica e fumosa per i suoi gusti. Le invenzioni babbane lo facevano diventare matto, era costretto a concentrarsi al massimo, per evitare di mettersi nei guai. Conosceva la sua natura, anche se Rachel, almeno finché aveva ritenuto necessario mantenere i contatti con lui, gli ripeteva costantemente che solo le persone che si mettevano costantemente in discussione sapevano conoscersi a fondo. Gli era sembrata un’emerita cazzata.

 Il cadavere di Keller appariva stranamente vivo, come se ci fosse più umanità in quel corpo senza vita che in tutta l’anima dell’estinto. Rachel non poteva credere che il figlio avesse fatto una cosa del genere. Certo, aveva sempre saputo del suo lato violento, che, combinato con la sua presunzione e intransigenza, soprattutto in ambito morale, avrebbero potuto causare dei guai.
“Ma anche lui è un assassino. Anche lui è cattivo, oscuro. Perché quei parametri non valgono allo stesso modo?” si era ritrovata a pensare. “È colpa mia? Sono stata io, con le mie pretese di giustizia e di bene superiore a renderlo così?”, si macerava. Rachel si era sentita in colpa per tutta la vita, senza ammetterlo però con sé stessa. Ora qualcosa doveva cambiare.
Nonostante sapesse che Keller era un poco di buono, con il solo obbiettivo di racimolare più soldi, possibilmente umiliando la sua famiglia, Rachel fece di tutto affinché Bas scontasse la sua pena, per quanto ridotta. Forse, un soggiorno ad Azkaban gli avrebbe giovato.


Belvedere House
Il giorno successivo, nel salotto di Belvedere House, le tensioni sembravano essere state temporaneamente accantonate. Olimpia si sforzava di ignorare Marcus, il quale rimaneva in disparte, silenzioso. Kai cercava di riportarli al loro obiettivo comune, ma sembrava che per i suoi compagni non rappresentasse più una priorità. Neppure Esu gli era d’aiuto: anche se fissava con intensità la “bacheca” di indizi, si notava chiaramente che aveva lo sguardo perso. Perciò, quando lo interruppe, la fissò stranito.
-Cos’è quello?-
-Cosa, tesoro?- le domandò Kai, seccato.
-Guardate, c’è una differenza enorme tra i due fogli e l’inchiostro. Come abbiamo fatto a non notarlo prima?- disse, come se ciò che aveva visto fosse ovvio. Esu teneva in mano due pergamene e le sventolava come se tutto il succo della loro indagine risiedesse lì.
-Pff, come se io avessi una vita così triste da notare carta e inchiostro- ironizzò Olimpia.
-Questo- disse sventolando uno dei biglietti di M arrivati a Kai -è più leggero e il tratto è meno marcato rispetto agli altri. Sembra quasi... ma non è possibile- borbottò, alla fine.
-Sembra quasi cosa?- la incalzò Olimpia, impaziente.
-Sembra scritto con marteriale babbano-

E si scatenò il putiferio.

 

Manchester, Inghilterra
Aveva passato parte della giornata pedinando Atia Williams: una noia mortale. La mattina, la donna aveva accompagnato la figlia all’asilo ed era andata presumibilmente al lavoro. Non era uscita dalla “Public Library” fino all’ora di pranzo, dove si era comprata uno di quei disgustosi panini in un chiosco poco lontano. Era rientrata nell’edificio per altre due ore, infine era andata a riprendere la bambina. Bas si stava talmente annoiando che, per ingannare il tempo, aveva deciso di mettersi alla prova con dei ritratti a memoria: prima disegnò Atia, traendone un ritratto piuttosto somigliante: aveva gli stessi colori di Marcus, ma tratti molto più lunghi e delicati. Poi passò a soggetti più remoti, prima Cornelia, poi Keller o almeno quello che ricordava dei due. Non vedeva Cornelia da anni, mentre l’ultima volta che aveva sfogliato il suo archivio era stato subito dopo la scarcerazione. Si era trattato di un periodo di stallo terribile, tanto che aveva quasi temuto di finire sotto un ponte. Magicamente, però, gli era stato assegnato un incarico, ovviamente supervisionato. A poco a poco, aveva riguadagnato la fiducia dei superiori, tanto che poteva tornare ad esercitare i suoi metodi meno ortodossi, che usava sempre prima di Keller.


-Sei un Auror ora, eh. Bene- borbottò Prometheus, palesemente stanco di ospitare quel nipote così strano.
-Oh, Bas! Sono così contenta per te!- esclamò Cornelia. La sua felicità, così genuina e sincera lo commossero per un istante, prima di smorzarlo con un’osservazione tagliente, che Cornelia incassò con garbo ed un sorriso triste. Il campanello della tenuta degli Zabini suonò, stemperando gli animi.
-Sarà Kevin. Aveva accennato che sarebbe passato per salutare Cornelia-

Il mago che l’elfo domestico introdusse, con sommo orrore di Bas, era il ragazzo con cui si era intrattenuto per tutta la settimana. Lo aveva conosciuto in una discoteca magica, durante una delle sue spedizioni alla ricerca di sesso facile e veloce. E Kevin Teller era stato quello, per i primi due giorni. Ma c’era qualcosa, in lui, che aveva spinto Bas ad approfondire la conoscenza. Scoprire che Teller avrebbe sposato Cornelia, rappresentava uno sgarbo ed un’ingiustizia nei suoi confronti, che doveva assolutamente correggere: Cornelia non poteva avere l’unico ragazzo che aveva attirato la sua curiosità, così come Teller non poteva avere l’unica ragazza che era stata in grado di rischiarare la sua anima oscura.                     

 

Avevano passato il resto della giornata e le due successive a cercare di accordarsi sulla mossa successiva: le implicazioni della scoperta di Esu erano troppe per prendere una decisione con leggerezza. Si erano creati due schieramenti contrapposti e una sorta di “sottoschieramento”. Esu e Marcus premevano per seguire solo quella pista, mentre Kai e Olimpia erano convinti che ci fosse uno schema ulteriore, che avrebbe permesso loro di individuare la prossima vittima e con essa le loro prede. Dopo estenuanti ore di discussioni, dove ciclicamente venivano riproposte le stesse cose; erano giunti ad un compromesso: ognuno dei due schieramenti avrebbe portato avanti la propria indagine, mantenendo i contatti con l’altra parte per far sì che le decisioni importanti potessero essere discusse da tutti. A questo punto, erano già sorte delle divergenze all’interno delle due coppie: Marcus, che non aveva alcuna intenzione di perdere più tempo del necessario nel mondo babbano, con l’appoggio di Kai, aveva proposto un’indagine veloce con l’utilizzo della magia; piano a cui Esu si era opposta con fermezza, non volendo attirare né l’attenzione del Ministero nè quella dei babbani. Olimpia si era dichiarata favorevole all’approccio di Esu, probabilmente più per dispetto che per vera convinzione. Dal lato opposto, Olimpia aveva proposto di avvalersi di un aiuto esterno o di utilizzare tutti i loro contatti e conoscenze per stilare una sorta di elenco di potenziali polli da spennare. Kai si era subito detto contrario più o meno per la stessa motivazione di Esu: non aveva alcuna intenzione di attirare l’attenzione del Ministero. Marcus, che inaspettatamente aveva preso le parti di Olimpia, credeva che fosse possibile sfruttare gli Auror per i loro scopi.

Ad interrompere la discussione, ci pensò la comparsa improvvisa di una bocca nel camino, che Marcus aveva assicurato inattivo da anni. Una voce femminile aveva lasciato un breve messaggio, prima di sparire. “Auror in arrivo, non so in che guaio ti sia cacciato, Marcus, ma sai che ci sono. Scappa.” Più o meno nello stesso momento, un trillo lacerò l’aria; Esu estrasse un apparecchio, forse metallico, quadrato e grigio, pigiò su dei tasti invisibili, dato che l’oggetto sembrava liscio quanto uno specchio ed esclamò: -Gli Auror mi stanno cercando e sanno anche dove sono. Merda!-





Angolo dell’Autrice: eccomi riemersa con un nuovo capitolo, che spero vi piaccia. Non ho sfruttato proprio tutte tutte le informazioni che avrei potuto dare, ma mi riservo di inserirle più avanti, eh eh. Inoltre, spero davvero di aver reso giustizia a tutti gli OC e alle tematiche a loro vicine (leggerissime eh, quasi impalpabili oserei dire)
Grazie ancora per l’interesse che (ancora) dimostrate, non immaginavo davvero una cosa del genere, oltre a non aver ben capito appieno quanto un’interattiva sia impegnativa, oltre che stimolante. Non so come ringraziarvi, a parte garantirvi che la storia avrà una conclusione (e si spera, riuscire a rispondere alle vostre recensioni in tempi umani. O rispondere e basta, a questo punto).

Ora, più che chiedervi una scelta fra OC, che non ci sarà: essendo la creatrice di Kai scomparsa, questo non sarà approfondito più del necessario. Questo vorrà dire che i personaggi principali del prossimo capitolo saranno Olimpia e Jessie? Sì e no. Quello che vi chiedo è un feedback riguardo alla storia e su come vorreste che proseguisse. Nello specifico, vi chiedo di rispondere a poche domande: quale delle linee narrative preferite (Auror, truffatori o truffati)? Vi interesserebbe un approfondimento sul passato di Archer, Danae ed Adrienne? Nel prossimo capitolo, preferireste un capitolo “canonico”, in cui si alterna trama e background degli OC o in questo caso vorreste un capitolo che si concentra più sulla truffa attuale (Adrienne/Lancelot)? Insomma, fatemi sapere. Preferibilmente tramite mp, ma non disprezzo una risposta “pubblica”, per così dire.

 Alla prossima!
 

   
 
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