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Autore: LondonRiver16    01/07/2019    5 recensioni
Quando aprì nuovamente l’Impala, si concesse un momento per osservare come si era ridotto Sam e sospirò abbattuto: suo fratello era zuppo dalla testa ai piedi. Sotto la spessa coperta di lana che un vigile del fuoco gli aveva messo addosso, i suoi vestiti estivi gocciolavano quanto le ciocche di capelli e l’adolescente tremava violentemente per il gelo che doveva esserglisi infiltrato nelle ossa. Le mani, paonazze, stringevano i lembi della coltre; i piedi, coperti solo da calzini che ormai sembravano alghe masticate, non avevano mai smesso di strofinarsi uno contro l’altro nel vano tentativo di recuperare almeno una scintilla di calore.
"Sedici anni di pane perso", aveva pensato Dean con fare implacabile quando, nemmeno un’ora prima, aveva capito in che razza di guaio si fosse ficcato Sam.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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4. Non finché ci sarò io

 

 

There's something about the way that you

Always see the pretty view
Overlook the mud and mess

Always lookin' effortless

(Next to me, Imagine Dragons)

 

 

Bobby Singer non era abituato alle improvvisate. Da cacciatore esperto qual era, aveva imparato a sospettare di ogni visita a sorpresa e aveva reso ben chiaro a ogni amico e conoscente che, prima di presentarsi a casa sua, una telefonata non era solo gradita, ma indispensabile. Così, quando all'alba dell'8 giugno 1999 uno scricchiolio distinto interruppe la quiete assoluta del primo mattino, l'uomo mollò la caffettiera che stava caricando e imbracciò la prima arma utile prima di incamminarsi furtivo in direzione della veranda.

Senza attendere ulteriori rivelazioni, quindi, spalancò la porta d'ingresso con una manata e spianò il fucile, caricandolo rapido. Tutto si sarebbe aspettato di trovare là fuori - davvero tutto -, meno gli occhi spalancati di uno dei figli di John Winchester.

- Sam? - borbottò, abbassando il fucile con fare confuso di fronte alle sue mani alzate in segno di resa. - Che diavolo ci fai qui?

Lui esitò sull'orlo di un sorriso sghembo.

- Ciao, zio Bobby.

- È successo qualcosa? Ci sono anche tuo padre e Dean? - continuò l'uomo, dando un'occhiata alle spalle del ragazzo.

- No - lo sorprese però il sedicenne. - Ci sono solo io.

Bobby stava per vomitargli addosso qualche altra domanda, ma si bloccò non appena ebbe l'occasione di studiare un po' meglio le condizioni del giovane. Malgrado fossero appena le sei del mattino, Sam sembrava reduce da una lunga camminata nel bosco, con le scarpe impolverate, i jeans costellati di aghi di pino e i capelli appiccicati alla fronte sudata. Al suo fianco ondeggiava un borsone sul punto di scoppiare, da quanto era stato riempito, e lo zaino dell'adolescente non versava in condizioni migliori. Ma soprattutto, i suoi occhi erano di un verde slavato che Bobby aveva visto solo nelle poche occasioni in cui uno dei giovani Winchester si era lasciato andare a un solenne pianto di sfogo.

- Cos'è successo, Sam? - tornò a chiedere Bobby, con un tono più guardingo.

Il sedicenne si strofinò gli occhi con la mano libera.

- N-niente, io...

- Tutto bene a casa?

Questa volta Sam lo guardò negli occhi prima di scuotere la testa.

- No. No, non va... non va per niente bene a casa.

A quel punto il vecchio depositò il fucile sulla parete appena dentro la soglia e si scostò dall'entrata per fare spazio al ragazzo.

- Entra, giovanotto - sospirò. - Se come credo te la sei fatta a piedi da Alder Road, come prima cosa ti servono uova, bacon, toast e succo d'arancia. E poi parleremo un po’, d’accordo?

 

Giovedì pomeriggio fu un deciso bussare alla porta a costringere Bobby ad alzarsi dalla scrivania e a raggiungere l’ingresso. Si preparò un sorriso strafottente in volto, perché aveva riconosciuto l’assenza di delicatezza che aveva colpito il suo battente, quindi aprì e lasciò che il suo sarcasmo si scontrasse con il piglio granitico del maggiore dei Winchester.

- Dean - lo accolse con voce forzatamente neutra. - A cosa devo il piacere?

- Non fare finta di niente - rispose il ragazzo, sul punto di aggredirlo. - So che è qui.

Bobby fece spallucce, continuando a contrapporre la sua calma all’atteggiamento sprezzante del ventenne.

- Se parli di Sam, certo, è qui. Non ho cercato di nascondertelo.

- Lui sì, però. Né io né papà avevamo idea di dove fosse - commentò Dean tra i denti.

Bobby conosceva la predisposizione bellicosa del ragazzo, ma la tenne a bada con un’occhiata gelida.

 - Sì, mi ha accennato di aver dovuto fare una partenza frettolosa.

- Chiamala pure fuga - ringhiò Dean, furente. - Dov’è? Sam! - chiamò a gran voce, cercando di vedere oltre la figura dell’uomo stagliato sulla soglia. Quando non ottenne risposta, però, si rivolse nuovamente a Bobby con la stessa inflessione arrogante: - Lo riporto a casa con me.

Ancora una volta, l’uomo non si squassò. Dopo una vita di lotte, non sarebbe certo stato un ragazzino a metterlo in agitazione.

- È venuto a chiedermi ospitalità. Tornare a casa non è quello che desidera.

- Me ne frego di quello che vuole lui, è mio fratello e deve stare con la sua famiglia!

Di fronte a quell’impeccabile imitazione di John Winchester, Bobby si trattenne a stento dal zittirlo in malo modo. Dean era evidentemente turbato, anche se non per le stesse ragioni di Sam, e colui che si considerava suo padre adottivo avrebbe preferito non redarguirlo in un frangente così delicato.

- La sua famiglia, sicuro - assentì allora con fare pensoso, anche se un’amara ironia gli solleticava già la lingua. - Tanto affetto e un ambiente comprensivo in cui crescere.

A quelle parole, qualcosa si ghiacciò nell’espressione del giovane Winchester.

- Che cosa ti ha raccontato?

- Diverse cose. Qualcuna regolare e qualcun'altra che ho faticato a mandare giù - rispose Bobby, per poi lasciare che il suo sguardo si inasprisse sull’onda dei suoi pensieri. - Avrei informato tuo padre che era qui da me, se avessi capito che si trattava solo di un’arrabbiatura che andava sbollita. Ma quando ho visto la schiena di Sam, ho quasi cancellato il numero di John dal telefono.

- Sam esagera - deglutì Dean. - Come quando eravamo piccoli. Gli facevo uno scherzo travestito da clown e poi non la piantava di frignare per tutto il pomeriggio.

- Quei lividi non possono esagerare - gli fece notare Bobby, raddrizzando le spalle e scuotendo la testa. - Non esiste nulla di più oggettivo al mondo. Restituiscono allo sguardo esattamente ciò che è stato dato loro, Dean. E se tu ora insisterai per portarti via tuo fratello, io me ne fotterò il cazzo dei tuoi vent’anni. Osa ancora difendere tuo padre e il suo comportamento, cerca di portarti via Sam con la forza e ti ci rimando col naso rotto, a casa.

Seguì un silenzio di pietra, ma il discorsetto servì a smontare almeno un poco il ragazzo, che sospirò e si guardò alle spalle prima di tornare da Bobby con occhi nuovi, dispiaciuti e preoccupati.

- Posso almeno parlargli? - chiese, allargando le braccia con fare impotente. - Non so come sta. Non lo vedo da giorni.

Bobby gli lanciò uno sguardo di avvertimento prima di scansarsi per lasciarlo entrare.

- Ma bada di lasciare quell’atteggiamento da bulletto sulla soglia, ragazzo. Non ci metto niente a rispedirti da John a pedate nel sedere.

Ottenne l’effetto voluto: Dean scivolò in casa a capo chino, mansueto come un cucciolo, e Bobby sorrise nel vederlo esitare a inoltrarsi nell’abitazione senza che ci fosse il proprietario ad accompagnarlo. L’uomo lo superò e lo condusse dalla parte opposta della costruzione, appena fuori da una stanza dalla quale proveniva un ronzio come di musica lontana.

- Sam - chiamò Bobby, colpendo con le nocche la porta spalancata, ma dovette ripetersi a voce più alta: - Sam! - Finalmente il ragazzo, seduto alla scrivania con le spalle alla porta, si accorse di lui e si tolse le cuffie del walkman dalle orecchie. - Una visita per te.

Bobby lo annunciò e si fece da parte, ma per ogni evenienza rimase nella stanza a osservare con le braccia incrociate lo scambio di sguardi tra i due fratelli. Non appena Dean riconobbe l’allarme negli occhi di suo fratello minore, si affrettò ad assicurargli che era venuto da solo.

- Volevo vedere come stavi - annunciò semplicemente, al che Sam si rilassò sulla sedia.

Per un momento sembrò voler dare una risposta acida, ma poi sospirò: - Meglio, qui da Bobby.

Dean si guardò in giro: ai piedi del letto che suo fratello doveva aver occupato nelle ultime due notti c’era il suo borsone da viaggio, pieno solo per metà. Alcuni suoi vestiti giacevano sulla testata, altri sbucavano da un armadio mezzo aperto, come se Sam fosse stato preda di una voglia frettolosa di disfare i bagagli ma poi si fosse interrotto altrettanto in fretta. Forse lo aveva colto una crisi simile a quella che lo aveva portato a scappare di casa. Forse Bobby lo aveva ascoltato e gli aveva fatto forza, poggiandogli una mano sulla spalla e lasciando che piangesse finché ne aveva bisogno. Quello che avrebbe dovuto fare Dean, insomma, invece di chiudersi nel silenzio ottuso che lo aveva inglobato dal momento in cui Sam aveva nominato il college.

Lo sguardo di Dean indugiò sulla scrivania colma di libri e quaderni. Possibile che Sam stesse davvero già pensando all’università? Era così urgente la sua necessità di andarsene?

- Manchi anche a papà, sai - gli scappò di dire.

A quel punto il volto di Sam si irrigidì e il ragazzo recuperò un libro dalla scrivania, se lo mise sulle ginocchia e lo aprì con furia. Dean riconobbe un chiaro segno del suo rancore ancora prima che suo fratello sibilasse il suo odio.

- Puoi dire a papà di andare a fare in culo.

Dopo aver compreso che Bobby non sarebbe venuto in suo aiuto, Dean si passò una mano fra i capelli con fare esasperato.

- La stai facendo lunga, Sam, come al solito. Qualche giorno e la tua schiena sarà come nuova.

Pur sapendo da dove arrivava tutta quella competenza in materia, Sam non riuscì a concedergli alcuna pietà.

- E potrò dimenticare, giusto? Come un bravo bambino. Così, la prossima volta che a papà verranno i cinque minuti non si sentirà in colpa, no? Guarda che pelle bella guarita da imbrattare.

Percependo un innalzamento dei toni, Bobby mollò lì un avvertimento: - Ragazzi…

Ma era già troppo tardi: Dean aveva immagazzinato abbastanza aria da rispondere per le rime.

- Sei un piccolo ingrato impertinente, lo sai? Papà darebbe la vita per te e tu tiri su il naso e scappi di casa solo perché per la prima volta in vita tua hai dovuto piegare la testa e prenderti quello che ti meritavi!

- Oh, ma certo! - esclamò a sua volta Sam, scattando in piedi per fronteggiare il fratello maggiore e facendo così crollare il libro a terra. - Io sono un figlio degenere, perché voglio avere degli amici e andare all’università! Tu invece sei perfetto, non è vero? “Hai ragione, papà, sissignore, staccagli pure la pelle a forza di cinghiate, se l’è meritato”… ti è piaciuto, non è così?

A quel punto Bobby fu certo che, se solo il centro della conversazione non fossero state le percosse che si era preso Sam, suo fratello maggiore lo avrebbe colpito in pieno viso per aver insinuato una cosa del genere. Invece Dean, grazie al cielo, si limitò a incassare la dura accusa e a incendiare il più piccolo con uno sguardo di fuoco.

- Non osare nemmeno suggerire che non abbia provato con tutte le mie forze a impedirlo.

Ma il più giovane rimase saldo sui suoi argomenti, limpidi nella sua mente come il dolore che provava a ogni passo: - Impedirlo? “Sam, ti conviene smettere di ribellarti. Sam, non puoi evitare di prenderti le tue responsabilità. Se lo costringi a venire a prenderti sarà peggio, Sam”!

- Io stavo solo cercando di aiutarti! - esplose il ventenne, agitandogli le mani davanti alla faccia.

- Bel tentativo! Non riesco ad appoggiarmi a niente da domenica, perché tu mi sei corso dietro e mi hai riportato da lui! - deflagrò Sam.

Soffocando un’imprecazione a fior di labbra, Bobby si frappose tra loro.

- Ragazzi, abbassiamo i toni…

Ma né l’uno né l’altro avevano nulla da invidiare alla testardaggine del loro padre.

- Cos’altro avrei potuto fare? - proruppe Dean, come se non lo avesse neppure sentito.

- Portarmi via! - gridò allora Sam, con le guance rosse e gli occhi umidi. - Portarmi via da lui, Dean! Non permettergli di colpirmi! Tu più di tutti… tu che sai cosa si prova, avresti dovuto mandarlo a fanculo e portarmi via da lì!

E all’improvviso non ci furono più urla e tutto divenne inerte, ma in modo strano e inquietante, come il silenzio di una città immobile sotto una nevicata. Il respiro affannato di Dean e i singulti strozzati di Sam erano tutto ciò che rimaneva della loro lite, le cui scintille si andava esaurendo nel loro scambio di sguardi.

- Ora vediamo di darci una calmata, tutti quanti - mormorò Bobby come un mantra, ma non ce n’era alcun bisogno.

Dean aveva l’espressione devastata di chi ha appena capito di essere stato complice di qualcosa di orribile. Ogni fibra di Sam, dall’altra parte, gridava al tradimento, dalle rigidità delle braccia al tremore della mandibola, dagli occhi rossi alle guance rigate dalle lacrime. Bobby non aveva mai avuto alcun dubbio su quale dei due ragazzi Winchester avesse maggiori tendenze drammatiche - gli bastava ricordare di che capricci era stato capace Sam da bambino per un biscotto in più -, ma non lo aveva mai visto in quelle condizioni prima di quella settimana.

Quell’equilibrio precario si spezzò nel momento in cui il sedicenne decise di voltare le spalle a entrambi, tornando alla scrivania e ai suoi libri. Dean, ferito, gli si avvicinò e cerco di posargli una mano sulla spalla.

- Sam…

- Non mi toccare! - lo respinse però il più giovane, scostandosi come se il tocco delle sue dita lo avesse scottato. - Non mi devi toccare.

Quello dovette fare talmente male che Bobby credette di sentire il cuore di Dean cedere. Lo vide bloccarsi, interdetto, e inghiottire il dolore di quel rifiuto. Prima che la situazione arrivasse a un nuovo stallo inconcludente, Bobby si allungò fino a toccare il gomito del maggiore.

- Dean - mormorò, benevolo. - Vieni ad aiutarmi con la cena, forza.

Non aggiunse che Sam aveva bisogno di un po’ di tempo da solo, non aggiunse nient’altro che potesse suonare come un’accusa all’uno e una difesa dell’altro. Semplicemente uscì dalla stanza, fiducioso di essere stato ascoltato, e dopo qualche secondo il ventenne lo raggiunse mogio al bancone della cucina.

Fu solo dopo avergli chiesto di apparecchiare la tavola per tre, quando il contorno stava già cuocendo in padella e le bistecche erano pronte per essere messe sul fuoco, che Bobby tornò sull’argomento.

- Da quanto va avanti questa storia?

Mentre lui controllava i progressi delle patate, Dean, accanto a lui, tagliava grosse fette di pane per poi tostarle e metterle nel paniere.

- Quale storia? - brontolò il ragazzo, senza alzare lo sguardo dal compito che stava svolgendo. - Quella di un padre che cerca di insegnare qualcosa ai suoi figli?

- No - replicò Bobby, alzando un sopracciglio. Tutto d’un tratto non era più tanto sicuro di chi fosse il più grande estimatore del dramma, in quella famiglia di disgraziati che si era ritrovato ad adottare. - Quella della cintura. Solo ed esclusivamente quella - specificò. E visto che il ragazzo non si scuciva la bocca, mollò il mestolo nella padella e si voltò completamente verso di lui per poterlo guardare dritto negli occhi. - Senti, Dean, non sono uno stinco di santo né un genitore ingenuo dell’ultima ora. Dio sa che ho un’idea abbastanza precisa di quanto voi ragazzi possiate essere difficili da gestire. Ho visto John alzare la voce con voi un milione di volte e se mi metto a pensarci riesco anche a ricordarmi qualche sberla che tu e Sam vi siete presi. Cristo santo, penso di avervi mollato io stesso una sculacciata, quando non sapevo più cosa inventarmi per farvi stare buoni. E non ho mai contestato niente a vostro padre, perché di nuovo, so che sapete essere una rottura di coglioni e fare il genitore nelle condizioni in cui si è ritrovato a farlo John non è esattamente un idillio. Ci sta che vi abbia mollato qualche schiaffo per rimettervi in riga, ogni tanto.

Sentendo suo malgrado le guance andare a fuoco nel farsi ricordare la propria fragilità infantile, Dean gli concesse finalmente la sua piena attenzione.

- E allora?

- Allora questo è diverso - proseguì l’uomo senza esitare. - La cinghia, Dean? Sul serio? Hai visto la schiena di tuo fratello?

Dean spezzò l’ultimo pezzo della pagnotta con le mani e lo mise con gli altri con fare sin troppo risoluto.

- Sì che l’ho vista.

- E ti va bene così.

- È mio padre, Bobby.

- Ed è mio amico. Ma può andare a vendersi il culo se pensa che gli riconsegnerò Sam come un pacco regalo dopo un comportamento del genere.

Dean lo studiò a lungo dopo quella frase, ma quando Bobby rimase imperturbabile si fece scappare un sospiro.

- Lui… lui non ha avuto altra scelta. Sam l’ha fatta troppo grossa, stavolta.

Bobby alzò entrambe le sopracciglia, incredulo. - Non mi pare abbia ucciso nessuno, pertanto…

- Ci sono altre cose che non possiamo permetterci di fare - sbottò allora Dean, frustrato da quella che gli sembrava cecità auto-imposta. - E per le quali papà è costretto a intervenire.

Fu il turno di Bobby di scrutare a fondo la sua espressione prima di ribattere.

- Se hai dei lividi anche tu, dimmelo subito, ho una pomata che fa miracoli.

- Non lo fa a giorni alterni! - sbuffò il ventenne, irritato.- Solo quando è necessario. Fa male anche a lui.

Si accorse di aver dato voce a un luogo comune ancora prima che Bobby lo rimproverasse.

- Stronzate - dichiarò infatti il cacciatore. - È successo quando eri bambino?

- No - rispose controvoglia Dean, alzando gli occhi al cielo. Avrebbe davvero preferito che qualcuno dei suoi parenti, biologici o acquisiti che fossero, si facesse gli affari propri, almeno per ciò che riguardava i castighi somministratigli da suo padre. - Da adolescente in su. Poche volte, Bobby. E ho fatto tesoro di tutte.

In quell’istante Sam, che aveva evidentemente origliato l’intera conversazione, emerse dal corridoio solo per rubare un pezzo di pane da sotto il naso di suo fratello e fare un cenno d’intesa al padrone di casa.

- Te l’avevo detto che gli ha fatto il lavaggio del cervello.

Dean cercò di mollargli una scoppola mentre passava, ma Sam si defilò per andare a riempire la brocca d’acqua. Ebbene, perlomeno aveva smesso di piangere ed era tornato a rivolgergli la parola.

- Hai vent’anni, Dean. Non posso costringerti ad accettare il mio aiuto - ammise Bobby, tastando il grado di cottura delle bistecche con i denti della forchetta. - Ma ho un letto che mi avanza, oltre a quello che sta occupando Sam, e qui si rimediano tre pasti al giorno. Sai che sei sempre il benvenuto.

Lasciando che un sorrisetto scaltro gli affiorasse alle labbra, Dean andò a sedersi a tavola accanto al fratello minore.

- Ora mi dirai anche che non porti cinture di pelle - scherzò, allungando una gomitata a Sam.

- Fesso - reagì il più giovane dei Winchester, indispettito.

- Stronzetto - replicò l’altro, accentuando il sorriso accorto.

Bobby li mise a tacere entrambi con uno scappellotto a testa, prima di mettergli davanti i piatti colmi.

- Silenzio e mangiate. Se avanzate qualcosa, ve lo ritrovate a colazione.

Dopo cena e dopo aver lavato i piatti sotto la supervisione di Bobby, Sam seguì suo fratello oltre la porta a zanzariera dell’ingresso. Guardò Dean sedersi sui gradini della veranda con un sospiro e non resistette più di qualche secondo prima di imitarlo. Solo allora, quando furono entrambi avvolti dal tepore estivo e dal frinire dei grilli tutt’attorno, il minore fu in grado di abbassare le difese per rivolgersi all’altro con un sussurro preoccupato.

- Tu come stai?

La risposta fu immediata e suo fratello gliela buttò addosso assieme a uno degli sbuffi spavaldi che in realtà nascondevano l’angoscia delle sue notti insonni: - Benissimo.

- Dean - fece Sam, insistendo perché lo guardasse negli occhi. - Non volevo lasciare anche te. Ma se tu intendi stare con papà, non c’è altra soluzione che separarci.

Ecco, l’aveva pronunciata. Una delle parole tabù che sapevano tradursi immediatamente in un’occhiataccia da parte di suo fratello. Accadde anche quella volta e Sam sperò che non volesse dire che avrebbero ripreso a litigare. Ma Dean tenne un tono basso, si limitò ad alzare le sopracciglia per sottolineare ogni parola.

- Devi concedere a papà un’altra occasione. Glielo devi.

Affidando la propria pazienza a un respiro profondo, Sam raccolse le ginocchia al petto e le circondò con le braccia, lo sguardo che vagava nel prato alla ricerca di lucciole.

- Prima mi dovrebbe promettere una o due cose e non penso che ciò rientri nella sua idea di rispetto della gerarchia - bofonchiò prima di tornare al volto serio del maggiore. - Perché non me ne sono mai accorto?

- Di che?

- Che te le dava con quell’affare.

Dean dovette trattenersi dall’alzare di nuovo gli occhi al cielo. Per lui l’ostinazione con cui Sam continuava a tornare su quell’argomento era vuota e sterile, proprio come sarebbe stato un castigo privato del suo contesto. Dean sapeva che cosa aveva combinato ogni singola volta ed era soltanto grazie alle punizioni di suo padre se era consapevole di aver sbagliato. Se ne era consapevole al punto che mai più avrebbe commesso gli stessi errori. Sam, invece, sembrava fin troppo ansioso di giudicare i metodi educativi di John Winchester e fin troppo poco disponibile a riconoscere le sue mancanze.

- Ci metteva poco - decise di dire alla fine. - Lo faceva quando non eri in casa.

- Sì, ma dopo… avrei dovuto accorgermi di come stavi dopo.

- Eri piccolo - tagliò corto Dean.

Ma mai che la lingua affilata di Sam gliene lasciasse passare una.

- L’ultima volta è stato un anno fa!

Dean strinse i denti, e le dita attorno alle ginocchia. Avrebbe voluto urlargli in faccia.

Te lo tenevo nascosto, d’accordo? Facevo di tutto per non dare a vedere che avevo dei lividi. Non avevi bisogno di sapere che mi ero comportato da idiota durante un allenamento, che ti avevo messo in pericolo, che avevo mandato a puttane una missione o che mi ero rifiutato di capire che portare ragazze in casa nostra avrebbe potuto farle finire ammazzate! Avevi bisogno di un modello da imitare, non di un fratello maggiore incasinato. Se non fossi stato una perfetta figura di riferimento per te, avresti cominciato a infrangere le regole e papà ti avrebbe fatto capire l’antifona a suon di botte!

Era talmente abituato agli intenti razionalizzanti di Sam che nella sua testa udì anche la possibile risposta del fratello minore.

Ma alla fine è successo lo stesso, non è vero?

- Sapessi di quante cose ancora non ti accorgi, Sammy - rispose invece, rimettendosi in piedi e sostenendo il suo sguardo da cane bastonato. - Devo andare o si metterà a cercare anche me.

Sam si morse il labbro inferiore.

- Finirai nei guai per essere restato fino a tardi?

- No - fece Dean, laconico. - Trovarti era anche la sua priorità. Sai com’è fatto. Non lo dà a vedere, ma non dorme da martedì all’idea che tu sia da qualche parte là fuori, vivo o morto. Buonanotte, fratellino.

Mentre raggiungeva la strada con le mani in tasca, Sam avrebbe voluto chiedergli quando si sarebbero rivisti. Ma un groppo in gola lo trattenne, perché temeva la risposta quasi più di quanto temesse suo padre. Così si limitò a fare un cenno di saluto.

- Ciao, Dean.

 

Quando Dean arrivò finalmente a casa, era notte fonda. Ma non fu sorpreso di trovare suo padre al tavolo della cucina, circondato da mappe e dall’incarto di un paio di hamburger.

- È da Bobby - lo informò il ventenne.

John Winchester non alzò nemmeno la testa, ma allungò una mano verso una bottiglia di birra ancora intatta mascherando un sospiro di sollievo.

- Ha intenzione di tornare?

Dean crollò sulla sedia accanto alla sua. - Tutt’altro.

John annuì lentamente. - Diamogli tempo.

Il tempo che gli concesse fu una settimana. Poi Dean si ritrovò caricato sull’Impala con le mani strette al sedile, mentre suo padre guidava come un diavolo infuriato. A quanto pareva si era sforzato di mantenere una maschera di tranquillità fino a quando, una mattina, si era svegliato con la pazienza sotto i piedi. Forse Dean avrebbe fatto meglio a non nominare la brochure dell’università di Stanford che aveva trovato nel cassetto del comodino di Sam, ma ormai era troppo tardi per recriminare.

Una volta giunto davanti alla casa di Bobby Singer, John Winchester arrestò l’auto bruscamente, uscì e si mise a marciare verso la porta d’entrata ancora prima che Dean avesse il tempo utile a slacciarsi la cintura di sicurezza.

Una gragnola di colpi percosse la porta e il padrone di casa comparve immediatamente sulla soglia per sorbirsi il ringhio che uscì dalla gola dell’uomo di fronte a lui.

- Ridammi mio figlio.

Abituato ai suoi convenevoli, Bobby reagì alzando il mento.

- Tuo figlio ha le sue ragioni per non volerti vedere, John.

In piedi in fondo al salotto, nascosto appena da un’ansa della parete, Sam pensò di aver udito le dita di suo padre scricchiolare. Un momento dopo, l’uomo aveva scansato Bobby con una spinta e stava entrando in casa a grandi passi.

- Sam! - chiamò a voce alta, e quando lo individuò, in piedi a pochi metri da lui, gli puntò contro l’indice con fare intimidatorio. - Prendi le tue cose e sali in macchina, ce ne andiamo.

Sam deglutì. Alle spalle di suo padre, in sequenza, poteva vedere Bobby che ritrovava l’equilibrio e Dean, in cortile, il viso devastato da un’espressione palesemente angosciata che su di lui era una vera e propria rarità. Ebbe bisogno di una manciata di secondi, ma alla fine riuscì a guardare suo padre negli occhi e ad articolare l’unico suono che gli serviva.

- No.

John Winchester mosse un passo di lato, come se gli avessero tirato un pugno in testa per disorientarlo.

- Hai sentito quello che ti ho detto? Sali immediatamente in macchina!

- Ho sentito - vibrò Sam per tutta risposta. - E ho detto di no.

Poteva già sentirle, le mani di suo padre su di lui. Suo padre che lo afferrava per il davanti della maglietta, per un braccio, e senza tante cerimonie lo trascinava fino al sedile posteriore dell’Impala, promettendogli a ogni passo che cosa sarebbe successo una volta che fossero tornati a casa. Sam era già pronto, con gli occhi serrati e i denti stretti per non permettersi di urlare. Quando invece a scuoterlo fu un’esclamazione stupita, riaprì gli occhi per vedere che Bobby era intervenuto: ora se ne stava con i piedi ben piantati a terra tra Sam e suo padre e con il fucile spianato lo stava costringendo a indietreggiare di nuovo verso la porta. Una volta in veranda, la rabbia di John tracimò e il suo urlo fece trasalire i ragazzi.

- Mi stai impedendo di proteggerlo!

Ma non Bobby. Lui rimase saldo e caricò il fucile.

- Hai smesso di proteggerlo nel momento in cui ti sei sfilato quella cinghia del cazzo, Winchester - stabilì freddo, aggiustando la mira. - E ora scompari dalla mia proprietà. Hai cinque secondi prima che vada di pallettoni.

Uno sguardo pregno di parole rimase sospeso tra John e Sam per un lungo momento. Poi l’uomo scosse la testa con fare minaccioso in direzione di Bobby.

- Se gli succede qualcosa, sei morto.

Poi, senza attendere una replica, si voltò e tornò all’Impala con lo stesso passo furioso con cui era arrivato. Suo figlio maggiore, però, era ancora nel bel mezzo del piazzale, e fissava il sedicenne dentro casa.

- Vieni, Dean - abbaiò suo padre. - Dean! Non farmelo ripetere!

Sembrò trascorrere solo un battito di ciglia perché l’Impala scomparisse di nuovo in una nuvola di sabbia.

 

Trascorse un’altra settimana, durante la quale Bobby assistette con una certa gratitudine ai progressi di Sam. Grazie alle cure sapienti del cacciatore, le contusioni sulla schiena del sedicenne miglioravano vistosamente di giorno in giorno; Bobby era un mago del trattamento freddo-caldo e non permetteva mai che Sam andasse a dormire prima di aver ricevuto una dose generosa di pomata all’arnica e all’iperico.

Inoltre, il ragazzo si apriva con lui, era a suo agio. Questo era un fattore che aveva preoccupato molto il padrone di casa, al suo arrivo: che, in assenza di suo fratello maggiore, la sua figura di riferimento da quando Bobby li aveva conosciuti, Sam finisse per chiudersi in se stesso e farsi inglobare da una solitudine cui non era abituato. Ma il sedicenne aveva qualche buon amico e obiettivi chiari che lo tenevano occupato, attivo quel che bastava da non fargli perdere il sonno. Certo suo fratello gli mancava, era chiaro, e il peso della sua fuga lo impensieriva ancora. Ma Bobby sapeva riconoscere una personalità forte quando ne vedeva una, e non per niente quel ragazzino mirava alla facoltà di legge di Stanford.

Quel brutto idiota di John dovrebbe essere solo orgoglioso, si ritrovava a riflettere spesso Bobby, scuotendo la testa.

La settimana di riadattamento si concluse con un evento insperato. Bobby stava per andarsene a dormire, quella notte, quando dei pugni tempestarono la porta d’ingresso.

Sto diventando peggio di un bordello, a quanto pare, pensò indispettito, calcandosi il cappellino da baseball in testa prima di andare a spalancare il battente. Qualcosa gli saltò in petto alla vista di Dean Winchester con tanto di bagaglio da gita scolastica.

- Papà starà via per un po’ - si presentò il ragazzo, alzando le spalle con finta costernazione.

Bobby emise uno sbuffo distaccato.

- Entra - Solo una volta che furono chiusi dentro osò indagare un po’ di più. - Va tutto bene, ragazzo?

- Se vuoi sapere se mi ha picchiato, non è successo. Non è l’uomo che credi - rispose Dean, continuando a procedere senza guardarlo in faccia.

- Non è nemmeno quello che credi tu - sottolineò Bobby, mettendogli una mano sulla spalla per poi arrendersi al suo sguardo arrogante e decidere che per quell’ora della notte ne aveva abbastanza. Con un cenno della testa, gli indicò la stanza dove aveva sistemato suo fratello minore. - Forza, a cuccia. Avremo modo di parlarne domani.

- Evviva, non vedo l’ora - sbuffò il ventenne, e dovette mettersi a correre con un tempismo da rodato per schivare la sberla che stava per atterrargli sulla nuca.

Entrando in camera, il ventenne non fece attenzione a fare silenzio, anzi. Gettò lo zaino in un angolo, colpendo il cestino dei rifiuti con un gran tonfo, e si tuffò sul letto libero come se non aspettasse altro da giorni. Le fece tutte per svegliare suo fratello, che dormiva sul materasso accanto.

- Dean?

Nel buio, Sam non era altro che una zazzera abbondante di capelli e due occhi semichiusi, ma Dean gli rivolse ugualmente un ghigno soddisfatto.

- Ti piaceva avere una camera tutta per te, non è vero, fratellino? Be’, la pacchia è finita.

Fu quasi sicuro di vederlo sorridere, prima che lo mandasse a quel paese e si girasse dall’altra parte per rimettersi a dormire.

 

Il giorno dopo, Bobby lo lasciò in pace fino al pomeriggio. Dean ebbe il tempo di sistemare le proprie cose, di aggiornarsi sulle condizioni di suo fratello e di tormentarlo fino all’esasperazione dall’istante in cui venne a sapere che dopo pranzo una certa Miriam sarebbe venuta da loro perché lei e Sam potessero studiare insieme. Era l’unica altra ragazza della scuola che avrebbe provato a diplomarsi in anticipo di un anno e lei e Sam avevano legato in fretta. Dean era andato a nozze con la notizia e aveva uggiolato prese in giro finché Bobby non lo aveva esiliato a spolverare volumi massonici.

Verso le cinque del pomeriggio Dean poté finalmente unirsi ai giochi. Coperto di ragnatele dal collo della maglietta all’orlo dei pantaloni, si accomodò in veranda a una poltrona di distanza da Bobby e si mise a scrutare il prato con una smorfia sogghignante in faccia. Sam e Miriam erano seduti entrambi sotto l’unica quercia e avevano abbandonato i libri a un metro di distanza. La ragazza aveva portato con sé una chitarra e stava insegnando a Sam a strimpellare le sue prime note.

- Mi sa che stavolta finisce bene - commentò con il tono dell’uomo vissuto. - E bravo Sammy.

Bobby, accanto a lui, gli lanciò un’occhiata tra l’infastidito e il preoccupato. Forse si stava domandando se fosse il caso di mandarlo a pulire anche il bagno.

- Hai intenzione di dire la verità, prima o poi, o dobbiamo continuare a fingere?

Dean gli restituì lo sguardo, sinceramente confuso.

- Non so cosa intendi.

Bobby unì le mani in grembo con infinita pazienza.

- Sappiamo entrambi che John non rinuncerebbe mai a portarti con sé, non a questa età. Se può, si fa aiutare con quelle bestie. Quindi dimmelo se devo aspettarmi che arrivi qui, mi punti un cannone alla testa e mi costringa a restituirgli i suoi ragazzi. Perché se le cose sono andate come credo, è quello che succederà.

Dean tirò un sospiro di ammissione.

- D’accordo. Sono stato io a voler rimanere, okay? - confessò. - Ho dovuto. Il mio compito è proteggere Sam, non mio padre. Se viene qui, puoi dirgli questo - Dinnanzi all’espressione dubbiosa dell’uomo, rimarcò la sua posizione. Cristo, avrebbe voluto avere una birra prima di affrontare quella conversazione. - Starà via qualche mese, davvero! Nel frattempo, io avrò il tempo utile a far ragionare Sam.

Bobby alzò un sopracciglio con fare indagatorio.

- E riguardo al tipo di punizione che sappiamo? Hai cambiato idea?

- Bobby, quante volte mi devo ripetere? Non penso che mio padre faccia schifo perché vuole correggerci. Quella cintura fa un male bastardo, sicuro come l’inferno, ma funziona. Almeno su di me. Per quanto riguarda Sammy…

- Hm? - insistette Bobby, che non era disposto a far arenare il discorso.

Dean lo guardò dritto negli occhi, grave come un colpo di pistola in fronte.

- Non permetterò alla mia famiglia di disgregarsi, ma non voglio nemmeno più vedere mio fratello in quelle condizioni. Non finché ci sarò io. Per quanto dimostri solo che Sam è una ragazzina, è stato tremendo sentirlo urlare in quel modo. Perciò non succederà più.

Bobby attese che l’intensità di quelle parole si depositasse al suolo prima di riprendere.

- E come intendi fermare tuo padre se vorrà rifarlo?

Dean non esitò neanche mezzo secondo.

- Mi prenderò la colpa. Fino alla fine, questa volta. Non mi piegherò, dovrà per forza prendersela con me se proprio gli prudono le mani, perché non lo lascerò arrivare a Sam - giurò, gli occhi fissi oltre il bosco. - E poi me la vedrò io con l’educazione di mio fratello. Lo ammazzerò di allenamenti, ecco cosa farò se sarò costretto a rimetterlo in riga. Niente di meglio di una maratona notturna o di una combinazione massacrante di flessioni e addominali per insegnargli a obbedire.

Bobby fu sul punto di dirgli che anche lui avrebbe dovuto pretendere un trattamento più rispettoso da parte di suo padre, da allora in avanti. Ma le parole di Dean erano progressi, proprio come quelli di Sam, e l’uomo non trovò saggio forzargli la mano in quello stesso giorno. Quindi si limitò a scuotere la testa, a bere un lungo sorso della sua birra e a lanciargli un’occhiata sdegnata.

- Sei proprio il figlio di un fottutissimo marine.

Dean rise, rubandogli la bottiglia ancora mezza piena di birra.

- Ehi, non può lamentarsi. Un fisico scolpito come il mio gli tornerà utile con le ragazze - si compiacque. Quindi si scolò l’intero contenuto del fiasco prima di abbandonarlo a terra e rimettersi in piedi. - Bene, ho fatto il bravo anche troppo a lungo, è ora che vada a dargli fastidio. Sono sempre il maggiore, dopotutto - E prima che Bobby potesse obiettare alcunché, il ventenne stava già spiccando una corsetta da spaccone verso Sam, Miriam e le loro melodie incerte. - Ehi! Le ragazze di mio fratello devono prima passare da me!

Per quanto esasperato, Bobby non poté trattenersi dallo sghignazzare quando vide il volto di Sam, in lontananza, farsi rosso di imbarazzo per l’intervento del fratello maggiore. Malgrado nell’aria si sentisse già odore di battibecco, Bobby si levò dalla sedia, raccolse la bottiglia vuota di birra e tornò in casa a badare ai fatti propri. Quella ragazza, Miriam, poteva gestire la situazione da sola.

E con Dean di guardia, niente di male sarebbe potuto accadere al più piccolo dei Winchester.










Angolino dell'autrice

Ed eccoci giunti al finale.

Ringrazio ancora una volta chi mi ha seguito fin qui e Vally1979 per le recensioni agli ultimi due capitoli. Se qualcun altro di voi dovesse trovare un minuto per recensire, mi assicurerò di ringraziarlo nella risposta e mi farebbe tanto piacere *-*

Mi sono divertita molto a scrivere questa breve storia e spero che a voi sia piaciuto leggerla. Penso che prima o poi tornerò a scrivere in questo fandom, perché la serie mi sta piacendo da morire!

Per il momento, vi mando tanti cheeseburger.

Continuate a splendere,


a.


   
 
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