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Autore: Ser Cipollotto    02/07/2019    0 recensioni
Il giusto Maestro per il giusto discepolo. E il giusto discepolo per il giusto Maestro.
Queste sono le parole che Soleyl, appena diventato a sua volta Maestro, si era sempre sentito ripetere durante il suo apprendistato. Aveva imparato a conoscere quelle parole, a crederci e darle per scontate, fino a farle diventare il suo motto personale. Ma allora perché la Cerimonia si era conclusa in modo tanto peculiare? Come mai quelle parole lo avevano tradito proprio nel momento in cui dovevano dimostrare la loro efficacia? Cosa aveva fatto lui di male per diventare il giusto Maestro di... di che cosa?
Sullo sfondo di un mondo frammentato in diverse nazioni e culture, Soleyl si ritroverà al centro di segreti e giochi di potere. E solo perché il suo unico desiderio era stato quello di essere un bravo Maestro...
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#Nota bene - i discorsi diretti hanno dei colori diversi a seconda della lingua che viene usata: a colori uguali corrisponde la stessa lingua. Sul fondo di ogni capitolo è aggiunto l'elenco di quelle già comparse#

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Anno 317 del Secondo Ordinamento, Mese Quinto, Giorno 7
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Nazione Senza Nome, Confine

Fino a che non l'aveva avuta davanti agli occhi, Soleyl non era riuscito a crederci: erano passati appena tre giorni da quando aveva incontrato la sua discepola, ma dopo due anni e mezzo passati a cercarla, gli era quasi impossibile voltarsi verso di lei senza sorridere come un ebete. Né lei né la Guida potevano capire la sua gioia e ricambiavano il suo sguardo con delle occhiate incuriosite o delle semplici scrollate di spalle. Non gli interessava se in questo modo rischiava di passare per pazzo, in fondo, come poteva spiegare il suo comportamento? Loro, che avevano da sempre vissuto in quella piccola e chiusa Nazione, non si erano mai dovuti confrontare con le fatiche di un lungo viaggio e di una ricerca altrettanto estenuante: dal sud del Rheb'id al nord del Jeggard; dall'est di Thavan alle isole di Xydru. Aveva viaggiato in lungo e in largo, inoltrandosi in terre a cui mai si era interessato prima e visitando luoghi di cui mai aveva sentito parlare, solo ed esclusivamente per cercarla. Certo, non si avvicinava neanche lontanamente alla sfortuna di Maestro Tabbik, che ci aveva impiegato un decennio a trovare il suo primo discepolo ed era morto nel quarto anno di ricerche per il secondo, ma non si sentiva nemmeno tanto più fortunato. Il Disegno aveva fornito un nome vero e proprio perfino a Maestro Tabbik. Non c'erano precedenti come il suo. Lui era il primo a doversi accontentare solamente di un immagine come unica guida.
Nel tempo aveva avuto l'occasione di maledire se stesso e quella situazione per così tante volte, che ormai aveva perso il conto. Per farsi coraggio ripeteva le parole della sua Maestra come un mantra - «Il giusto Maestro per il giusto discepolo, il giusto discepolo per il giusto Maestro.» - ma a volte non era abbastanza. In troppe occasioni si era sentito beffato dal Disegno: non solo aveva aspettato un nome per cinque lunghi anni quando i più lo ottenevano in pochi mesi, ma gli era toccato pure l'imbarazzo di non sapere dove cercare. Perché proprio lui? Perché era il giusto Maestro di... di cosa?
Di tanto in tanto aveva mandato lettere a Nuova Rudril, nella speranza che il consiglio di Maestra Adem potesse aiutarlo. Non sempre lo raggiungeva una risposta prima che ripartisse, ma non poteva permettersi di rimanere fermo in un posto più del tempo necessario. Per quanto scoraggiato, Soleyl si era sempre rialzato in piedi e per quanto risentisse il Disegno per la sua situazione, non aveva mai perso davvero la fiducia in esso: era stato scelto lui e non altri, perché lui aveva il potere di farcela. Non altri.
A posteriori, si diede dell'imbecille per non aver pensato subito alla Nazione Senza Nome: il Disegno non aveva mai proposto un'immagine al posto di un nome e mai erano stati candidati dei discepoli provenienti da lì. Invece che seguire la logica di questo lineare ragionamento, aveva preferito escludere ogni altra possibilità. Forse per la sua cattiva fama, forse per l'alone di mistero che circondava l'intera Nazione o forse perché era noto quanto poco apprezzassero gli stranieri... in ogni caso, l'aveva volutamente ignorata.
Anche solo decidere di provare laggiù fu una scelta particolarmente sofferta. Ogni giorno di viaggio era stato tentato di voltare le spalle e rimandare la ricerca. La gente non gli aveva reso, di certo, il lavoro più semplice: quando gli veniva chiesto dove fosse diretto, c'era chi lo guardava esterrefatto, qualcuno lo prendeva come uno scherzo e scoppiava a ridere, mentre altri si allontanavano per poi fissarlo in lontananza, silenziosi e guardinghi, come se in realtà avesse rivelato di essere lui stesso un cittadino di quelle terre. Infine, aveva smesso di rispondere a quel genere di domande.
Erano passati più di 300 anni dall'ultima volta in cui la Nazione si era mobilitata e, a quanto pareva, il tempo non solo non ne aveva sbiadito il ricordo, ma ne aveva perfino ampliato l'immaginario. Era stata proprio una delle leggende scaturite da ciò che lo avevano convinto a dirigersi verso la Nazione. Era nel Jeggard in quel periodo e, anche se la sua Maestra proveniva da lì, Soleyl non aveva mai imparato a parlare la lingua di quella regione. Fortunatamente, durante il viaggio aveva incontrato un giovanotto che parlava anche thavaniano ed lo aveva convinto a guidarlo nel paese e a fargli da interprete. Un giorno aveva assistito ad una donna che sgridava un ragazzino.
«Cosa si stanno dicendo?» aveva chiesto alla sua guida, incuriosito dalla scena.
«Oh, è solo una storia che le mamme raccontano ai propri figli perché si comportino bene: "Fai il bravo, altrimenti il soldato senza nome ti rapisce e ti arruola nel suo esercito!" - gli spiegò ridacchiando - Me lo hanno ripetuto anche a me un miliardo di volte quando ero piccolo.»
L'espressione della guida si era fatta improvvisamente seria. Solo per un istante, ma un istante significativo.
«Per fortuna non è mai successo.» finì in un sussurro.
Nelle sue ultime parole, Soleyl aveva letto qualcosa di più radicato che dei semplici avvertimenti inventati. Era probabile che il suo interprete non si fosse nemmeno accorto di aver espresso ad alta voce il suo ultimo pensiero o di averlo fatto in una lingua che anche lui potesse capire.
«Perché?» tentò Soleyl.
Lo vide rabbrividire.
«Perché si dice che quando saranno abbastanza e ci attaccheranno di nuovo, nessuno sopravviverà. Non questa volta.»
Inutile dire che, non appena gli aveva comunicato il suo desiderio di andare verso la Nazione, la sua guida si era dileguata in un batter d'occhio. Non poteva di certo biasimarlo: il Jeggard aveva sofferto più di altri delle invasioni della Nazione e Soleyl, che aveva avuto la possibilità di studiare gli eventi del passato, sapeva che non tutto ciò che riguardava la Nazione Senza Nome era una fandonia inventata. Il suo esercito era stato effettivamente il più temibile e crudele durante il Primo Ordinamento e barricarsi dentro i suoi attuali confini non bastò per appianare la sua nomea. Nessuno seppe mai il perché la Nazione non proseguì, quando avrebbe potuto conquistare terreni molto più ricchi. Il mondo intero ringraziò i Cinque Dei per questo e si limitò a sperare che quell'epoca di terrore non ricominciasse di nuovo.
Soleyl sospirò, scacciando via tali pensieri. Meglio lasciar perdere... altrimenti avrebbe cominciato a chiedersi il perché stesse facendo di tutto pur di inimicarsi la Nazione Senza Nome, nonostante tutto ciò che sapesse a riguardo.
«Quanto manca ancora per il confine?» chiese, più per distrarsi che per reale curiosità.
La sera precedente, la Guida aveva annunciato che sarebbero arrivati in mattinata. La notizia aveva sorpreso non poco Soleyl: all'andata ci avevano messo ben cinque giorni per arrivare fino al punto dove avevano incontrato la sua discepola. Era incredibile come delle semplici scorciatoie avessero fatto guadagnare loro tutto quel tempo!
«Pochissimo, Maestro, ci siamo quasi.» confermò la Guida.
La Guida tornò a guardare davanti a sé, dopo che Soleyl gli rispose con un cenno del capo. Reggeva le redini del cavallo e, di tanto in tanto, si girava verso l'animale accarezzandolo dolcemente e spezzando il silenzio con qualche raro borbottio. Sul suo viso, però, era disegnata un'espressione che era diventata sempre più cupa mano a mano che si erano avvicinati alla meta. Soleyl dovette trattenersi per non imitare il suo comportamento con il cavallo e dargli qualche pacca amichevole sulla spalla. Vero che sembrava averne bisogno, ma non era certo di essere la persona più indicata per rassicurarlo: era probabile che il suo volto lasciasse trasparire la stessa stanchezza di quello della Guida. E non era il tempo di perdersi in quelle cose. Il motivo della loro fretta era piuttosto semplice: stavano scappando.
Secondo la Guida, infatti, anche se i Contadini erano considerati la Casta più bassa della società, non avevano il permesso di lasciare i confini dalla Nazione. Anzi, era probabile che gli Strateghi avrebbero mosso mari e monti pur di impedire ad uno straniero di portarne via uno.
«Perché no? Chi mai noterebbe la sua mancanza?» gli aveva domandato Soleyl, una delle sere precedenti.
«I Contadini sono pericolosi, Maestro, e sono costantemente controllati. Per quanto ne sappiamo questa ragazzina potrebbe essere un'Invisibile!»
Chiedere ulteriori spiegazioni non era servito, la Guida si era limitato a distogliere lo sguardo piuttosto perplesso, sospirare e chiedere scusa per il suo comportamento ribelle.
«Non succederà di nuovo.» aveva concluso.
E, difatti, non aveva più parlato di "Indisibili". Non aveva nemmeno spiegato cosa significasse o perché dovesse temerli: era tornato al solito atteggiamento pacato e remissivo. Solo dopo qualche istante di silenzio, aveva ripreso a parlare. Gli aveva consigliato di uscire dalla Nazione di nascosto, senza arrivare fino agli Strateghi per chiedere il permesso.
«Il vostro compito non è quello di portarmi da loro? - gli aveva chiesto, pensando che scherzasse - Quindi, perché mi suggerite di andare contro i loro ordini?»
«Io sono la vostra Guida: fintanto che sarò affidato a voi, il mio compito è di agire nei vostri interessi, non nei loro.»
E così avevano fatto. Avevano viaggiato nella calura di quelle terre e si erano diretti verso il confine invece che il Palazzo dello Stratega, intimoriti dalla costante minaccia di poter essere scoperti da un momento all'altro. Erano diventati dei fuggitivi, clandestini. Nemici della Nazione Senza Nome.
Per quanto i suoi suggerimenti fossero apprezzati, era abbastanza palese che la Guida non fosse particolarmente entusiasta di ciò che stava accadendo. Non si sarebbe mai permesso di dirlo ad alta voce, ma anche lui disapprovava il progetto di prendere una Condadina come discepola. Continuava a fare strada come sempre, a volte si allontanava per chiedere a dei Contadini di condividere con loro un po' di cibo ed era sempre più che cortese nei confronti del Maestro. Era chiaro, però, che la Guida volesse trovarsi dovunque meno che lì.
La sera precedente, Soleyl lo aveva ringraziato per il suo lavoro.
«Guida, la strada da qui in poi è tutta dritta: se voi non volete avere problemi con i vostri superiori e preferite non continuare questo viaggio, io vi libero dal vostro impegno nei miei confronti.»
Inizialmente lo aveva osservato di sbieco, chiedendogli se stesse scherzando. Quando poi si era reso conto che il Maestro non intendeva prenderlo in giro, Soleyl lo vide inorridire di colpo, come se quell'idea fosse addirittura peggiore che abbandonare la Nazione senza il consenso degli Strateghi. Pazientemente, la Guida gli aveva spiegato che solo uno Stratega aveva il potere di cancellare l'ordine di un altro e il suo compito era quello di guidarlo fino al Palazzo al centro della Nazione. Non gli era mai capitato che la persona a cui era affidata cambiasse idea a metà del percorso, ma non poteva di certo costringerlo se lui non voleva andarci. O almeno, non gli era stato ordinato di farlo.
Risultato: si sarebbe dovuto abituare alla sua presenza, soprattutto se non era loro intenzione avvicinarsi ad uno Stratega prima di fuggire da quelle terre. Non che fosse un problema, anzi, avere intorno una persona che potesse comunicare con la sua discepola, era un enorme vantaggio. Se era vero che quei Contradini non sapevano nemmeno parlare, allora avrebbe avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile per assolvere il compito che il Disegno gli aveva affidato. Con un po' di fortuna, gli Strateghi si sarebbero presto dimenticati della loro presenza. Soleyl ci sperava vivamente.
Mentre avanzavano sul lato di un piccolo rilievo, Soleyl lanciò una rapida occhiata verso di lei, verso quella silenziosa figura che camminava al suo fianco. La ragazza ricambiò il suo sguardo senza un sorriso, con la sua solita espressione piatta. Solo l'angolo della sua bocca si storse in una piccola smorfia quando si soffermò per qualche secondo di troppo. Non si era lamentata neanche una volta di quel viaggio e non aveva mai chiesto spiegazioni su dove fossero diretti. Aveva semplicemente seguito quei due sconosciuti, limitandosi a dei brevi commenti di tanto in tanto che la Guida gli aveva prontamente tradotto. Soleyl sospirò di nuovo. La sua prima discepola: una completa incognita.
Prima che potesse uscire dall'ombra gettata dal rilievo, la Guida si fermò.
«Cosa c'è, Tress?»
Aveva imposto come unica condizione quella di dirgli quale fosse il suo nome e permettergli di usare dei toni più colloquiali. Non poteva continuare a chiamarlo "Guida" e dargli del voi se avessero dovuto viaggiare insieme per chissà quanto tempo. Aveva chiesto a lui di fare lo stesso, ma Tress non aveva accettato. A quanto pareva, chiamarlo Soleyl era poco professionale.
«Oltre quella collina c'è il confine. - rispose la Guida - Se procediamo oltre verremo visti dalle guardie.»
«Sei proprio certo che non le permetterebbero mai di uscire?» chiese con un cenno del capo nella direzione della ragazza.
La Guida distolse lo sguardo e sospirò a sua volta, era evidente che si fosse stufato di rispondere a quella domanda. Durante i tre giorni di viaggio, Soleyl aveva pensato a diversi metodi per uscire in maniera diplomatica, ma Tress li aveva bocciati tutti. Solo uno Stratega aveva il permesso di far entrare o uscire qualcuno ed era raro che una Guida non fosse accompagnata da uno Scriba per notificare l'ordine. Lui era troppo scuro di pelle per fingersi un funzionario del governo e l'atteggiamento timido e freddo della ragazzina, rendevano fin troppo chiaro a chiunque la sua Casta di appartenenza: secondo Tress, nessuno sano di mente li avrebbe mai permesso di passare. Anzi, era più probabile che venissero tutti e tre arrestati sul posto.
«Maestro, da questo punto in poi non credo di potervi essere più utile. Mi dispiace.» si rammaricò la Guida.
Per quanto odiasse quella situazione, Tress sembrava sinceramente dispiaciuto di non poter aiutare ulteriormente, anche se era proprio grazie a lui se erano riusciti ad arrivare al confine così rapidamente. Fin da subito era stato chiaro sul poco tempo che avessero a disposizione: le tappe del loro viaggio erano state stabilite in precedenza e, non vedendoli arrivare al successivo castello, era più che logico che gli Strateghi avrebbero mandato una squadra di Soldati e Guide per capire i motivi di quel ritardo. Arrivare fin lì nel minor tempo possibile era stato uno sforzo incredibile, soprattutto sotto il bollore tipico di quelle regioni. L'unico che forse non sembrava risentirne era il suo cavallo, ma solo perché Soleyl si assicurava che mangiasse e bevesse sempre a sufficienza prima di riprendere il cammino.
«Non hai nulla di cui rimproverarti, Tress. Lascia che sia io ad occuparmi di questo... contrattempo.»
Se non c'era alcuna via diplomatica, allora avrebbe dovuto perseguire un'altra strada. Tress ricambiò il suo sguardo stancamente e Soleyl si chiese se quelle scure occhiaie sotto gli occhi fossero da imputare alla sola fatica del viaggio. Dal suo tono sempre più mogio era chiaro che ormai si fosse rassegnato all'idea di essere scoperto da un momento all'altro.
«E come pensate di farlo, Maestro?»
Soleyl non rispose subito. Spostò lo sguardo verso il cielo, inspirò a fondo.
«Tress, come si fa a chiedere di allontanarsi nella lingua dei Contadini?» chiese invece.
Preso alla sprovvista, la Guida inclinò la testa di lato.
«Perché volete saperlo?»
«Assecondami, ti prego.»
Tress scrollò le spalle borbottando il suo assenso. Si raddrizzò e cercò di eliminare dal viso ogni espressione. Alzò quindi una mano aperta e la portò lentamente in avanti. Soleyl annuì e cercò di imitarlo. Con la coda dell'occhio notò la ragazzina sedersi a terra, osservandoli incuriosita. Si domandò cosa stesse pensando della Guida che cercava di cacciarlo via nel suo strano linguaggio.
«No, Maestro, non così. - lo rimproverò Tress - Con la mano destra!»
«C'è differenza?»
La Guida corrugò la fronte e alzò lo sguardo al cielo con un'espressione perplessa stampata in viso. Si rivolse poi alla ragazza e ripeté con la sinistra il gesto appena mostrato.
«Cosa significa?» le chiese nella strana lingua che parlavano in quelle terre.
La discepola portò una mano verso il naso, mentre con l'altra fece un gesto rapido con il polso.
«Naso cattivo? Oh! - esclamò Tress - Maestro, quello significa "puzzare"...»
Soleyl abbassò lo sguardo verso le sue mani, sorpreso che dei movimenti così simili nascondessero due significati tanto diversi. Aveva sottovalutato quel sistema di comunicazione: era molto più complesso di quello che inizialmente aveva immaginato. Se fossero riusciti ad uscire da lì avrebbe chiesto a Tress di insegnargli le basi, così da venire incontro alla sua discepola e aiutarla ad adattarsi meglio alla sua nuova condizione.
«Tress, voglio che tu mi aspetti qui insieme a lei. Cercate di nascondervi e riposare, va bene? Io tornerò presto.»
«Cosa? Io vengo con voi, sono la vostra Guida.»
Soleyl fece cenno di no con il capo.
«Non questa volta, Tress, il tuo compito è di badare a lei. Se vi avessi attorno non potrei trovare un modo per farci uscire da qui.»
La Guida gli lanciò una rapida occhiata, come per valutare se fidarsi di quelle parole. Seppur non sapesse quali fossero le sue intenzioni, era palese che non avrebbe scommesso neanche un mezzo Ramino sulla riuscita del suo piano. Nonostante ciò, Tress annuì. Legò le redini del cavallo al ramo di un olivo lì vicino e si lasciò cadere a terra accanto alla ragazzina.
«Va bene, Maestro, io e la Contadina vi aspetteremo qui.»
Dopo un profondo respiro, Soleyl accennò ad allontanarsi da loro, solo per ritornare sui suoi passi poco dopo.
«Mentre mi aspettate, potresti cominciare ad insegnarle la mia lingua?»
Tress rifletté per qualche istante.
«Non posso. - disse infine - Io sono la vostra Guida, non la sua.»
«Ma lei è diventata la mia discepola: se come dici tu sei la mia Guida, allora per estensione sei anche la sua.»
Tress distolse lo sguardo per qualche istante.
«Ci devo pensare, Maestro.» disse con un sospiro.
«E' quanto mi basta.»
Con un cenno di assenso, Soleyl riprese ad allontanarsi. Alle sue spalle sentì i due parlare tra loro.
«Perché?» chiese la solita voce piatta della ragazzina.
«Perché cosa?»
«Tu allontanato lui.»
Sentì la Guida ridacchiare.
«Non essere sciocca, ragazzina, non sono stato io. E' Maestro Soleyl che ha chiesto di non essere seguito.»
Ci fu giusto un attimo di pausa.
«Lui detto solo che tu cattivo di naso. Tu offeso?»
In lontananza riconobbe appena il suo nome, poi fu troppo lontano per poter distinguere altre parole. Sperò solo che non avessero cominciato a litigare.

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Soleyl camminò per una ventina di minuti prima di trovare un luogo che fosse adatto a ciò che aveva in mente. Si fermò ai piedi di una delle tante colline che costellavano la regione e alzò lo sguardo verso la cima, come a valutarne l'altezza. Rimase qualche secondo immobile e si domandò se quel posto fosse abbastanza distante dal confine o se fosse il caso di proseguire oltre: anche se quel rilievo era perfetto per il suo scopo, Soleyl non sapeva quanto fosse esposta la sua attuale posizione. Era sicuro uscire allo scoperto o le torri di guardia erano un pericolo ancora troppo vicino? Fino a quel momento si era affidato a Tress per orientarsi, ma prima di allontanarsi non aveva pensato di chiedergli indicazioni. Non voleva coinvolgerlo più di quanto fosse necessario.
Sospirò sonoramente. Quella non era la prima collina che superava ed era probabile che ne avrebbe incontrate altre più avanti. D'altro canto, non voleva allontanarsi troppo dalla sua discepola. Dopo tutta la fatica che aveva fatto per trovarla, l'ultimo dei suoi desideri era rischiare di perderla.
Decise, infine, di tentare la sorte: uscì dalla strada in terra battuta, percorsa fino a quel momento, e si apprestò a salire lungo il crinale del rilievo. Non riuscì, tuttavia, a compiere più di tre passi: un fruscio alle sue spalle attirò la sua attenzione, costringendolo a bloccarsi. Come era possibile che lo avessero già scoperto? Non era nemmeno riuscito ad attuare il suo piano! Si voltò lentamente e...
Tirò un sospiro di sollievo. Davanti a lui non c'erano né Soldati né Guide pronte a fermarlo: solo un paio di Contadini ricambiavano il suo sguardo, seduti all'ombra di un olivo dal tronco ampio e nodoso, e interdetti dalla sua presenza almeno quanto lui della loro. Certo che erano solo dei Contadini, cosa si era aspettato? Tress lo aveva rassicurato più di una volta: era passato troppo poco tempo da quando avevano deviato dal percorso per loro previsto e nessuno Stratega poteva ancora immaginare dove fossero o quali fossero le loro intenzioni. Ma allora perché si sentiva addosso tutto quel nervosismo? Credeva di essersi lasciato alle spalle tutte sue insicurezze, ormai, ma allora perché riaffioravano proprio nel momento in cui doveva fare un ultimo, piccolo sforzo?
Stava per mostrare ai due Contadini entrambe le mani, come a volersi dimostrare il più inoffensivo possibile, quando si ricordò all'ultimo che ogni suo gesto poteva essere letto dai due in un modo completamente diverso da quello che lui intendeva. Fortunatamente, riuscì a trattenersi in tempo; fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e cercò di imitare Tress, ricomponendosi e appiattendo il più possibile ogni sua espressione del viso. Riaprì gli occhi solo quando si sentì pronto: portò la mano destra vicina al petto, poi la allontanò. Andare via, comunicò loro.
Non aveva idea se avesse esposto il suo messaggio in modo chiaro o se quei Contadini lo avessero inteso. Uno dei due inclinò la testa di lato, silenziosamente; il secondo, invece, si alzò in piedi e prese ad agitarsi in una serie di movimenti nervosi. Soleyl ripeté l'unico gesto di cui era a conoscenza, sperando che in quella strana lingua non fosse ritenuto troppo scortese. Andare via. Andare via. Andare via.
I due Contadini si guardarono tra loro, poi tornarono a rivolgersi verso il Maestro in un susseguirsi incomprensibile di cenni ed espressioni corrucciate, il cui significato gli era del tutto oscuro. Soleyl non poté che ignorarli e proseguì verso la cima della collina. I due non lo seguirono, ma sentì i loro sguardi curiosi appiccicati alla sua schiena, lungo tutto il tragitto. Anche se non avevano seguito alla lettera il suo ordine, non c'era alcun problema: dal poco che aveva capito sul loro conto, sapeva che i Confadini erano troppo timidi per avvicinarsi. Una volta arrivato in cima, lanciò loro un'ultima occhiata e li vide nascondersi frettolosamente sotto le fronde dell'albero lì vicino, come a fingere che se fossero già andati. Soleyl ridacchiò, scrollando le spalle. Fintantoché non lo disturbavano, non aveva importanza dove fossero. Lui li aveva avvertiti.
Si guardò attorno e scelse un posto comodo dove sedersi. Ne avrebbe avuto per almeno un'oretta... o forse due, a giudicare dall'aria secca che caratterizzava quella regione. Si sedette, chiuse gli occhi e cominciò a concentrarsi.

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Legenda delle lingue:
- Nuova Rudril;
- Thavan;
- Nazione Senza Nome, Lingua Comune;
- Gesti.

   
 
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