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Autore: paige95    02/07/2019    4 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Aria di cambiamenti

 



[ 6 settembre 2017 ore 10:00 p.m. – Casa Granger/Weasley ]

 

Ron si sedette sul letto della cameretta del suo bambino, impugnando il libro di Beda il Bardo, una delle tante copie tradotte dalle rune antiche proprio da sua moglie. Si accomodò contro la spalliera e lo stesso fece Hugo, impaziente di ascoltare la fiaba della buonanotte. Cercò la Fonte della Buona Sorte, proprio come Hermione gli aveva suggerito, ed iniziò a leggere quella storia per l’ennesima volta in compagnia del figlio, il quale si era accomodato con la guancia contro il suo braccio. Conoscevano entrambi quella fiaba a memoria, Ron la narrava a Hugo dall’età di quattro anni e con il tempo aveva imparato persino a recitarla, motivo per il quale il piccolo non si era mai stancato di sentirla.

 

«Allora, pronto?»

 

La risposta era per lui scontata, così iniziò il racconto alla luce soffusa della stanza. Erano soli nel piccolo appartamento a Grimmauld Place 11. Sarebbe stato sicuramente il momento della giornata preferito da entrambi, se tra quelle mura non ci fosse stato tanto silenzio. Non molti metri li separavano dal numero 12, dove sicuramente Harry e Lily stavano riposando, anche loro rimasti soli dopo la partenza di Ginny con le Holyhead Harpies, eppure la lontananza che divideva Ron ed Hugo da Hermione era ben maggiore e soprattutto costante. Padre e figlio cercavano di riscoprire un po’ di serenità, benché ad entrambi mancasse a livelli diversi la presenza di quella donna che evidentemente, sommersa com’era sempre dal lavoro, non era ancora riuscita a rincasare.

 

«In un giardino incantato chiuso da alte mura e protetto da potenti magie, in cima a un colle scorreva la Fonte della Buona Sorte. Una volta all’anno, tra l’alba e il tramonto del giorno più lungo, un solo infelice aveva il privilegio di intraprendere il viaggio alla Fonte, bagnarvisi e ricevere Buona Sorte per il resto della vita. In quel giorno …»*

 

«Papà?»

 

Bloccò all’istante la lettura e ascoltò il figlio. La spensieratezza di Hugo era evidentemente solo apparente, era chiaro fosse distratto da qualche intuibile pensiero. Era un problema che lui però non sapeva risolvere, aveva le mani legate, non avrebbe potuto fare nulla più che far presente la situazione a sua moglie. Ora però era Ron in compagnia di quel bambino e delle mille domande che suo figlio gli avrebbe fatto, al quale non sarebbe riuscito a trovare risposta. Chissà se la mente eccelsa di Hermione era giunta anche a quella conclusione … ma ne dubitava, erano anni infondo che si destreggiava in simili circostanze, esattamente da quando Hermione diventò Ministro e come sempre la distrazione e l’evitamento erano le soluzioni più efficaci che conoscesse. Si preparò quindi, sulla base di anni d’esperienza, a qualsiasi richiesta provenisse dalla vocina triste del bambino.

 

«Dimmi, tesoro»

 

«A che ora torna la mamma? Mi aveva promesso che avremmo parlato del libro sul Quidditch che mi ha regalato»

 

 - Ecco, fantastico. Hai una domanda di riserva? Purtroppo non sono ancora un Legilimens e la mente di tua madre mi è totalmente oscura -

 

Pronto o meno, quella domanda lo rabbuiò e non vagava solo nella mente di Hugo. Diede una rapida occhiata all’orologio da polso e fece una certa fatica ad ignorare che fossero già le dieci di sera, un orario totalmente anomalo per saperla fuori casa. Si trattenne, come d’altronde faceva sempre, a spedirle qualche gufo per ricordarle che aveva una famiglia che l’attendeva a casa, esattamente al numero 11 di Grimmauld Place, nel caso si fosse persino dimenticata la strada per tornare, dal momento che la percorreva sempre più di rado. In quel momento però, all’udire contro il suo braccio il tono sconsolato del figlio e a percepire a contatto con la sua pelle le espressioni tristi del viso di Hugo, le avrebbe volentieri spedito una Strillettera con poche semplice ma molto suggestive parole: Che diavolo stai combinato?! Molla tutto e vieni a casa, tuo figlio ha bisogno di te, se non te ne fossi accorta.

 

«Ne vuoi parlare con me? Sai, sono molto più preparato della mamma su questo tema»

 

Il bambino indugiò, non voleva offenderlo rifiutando la proposta del padre. Sapeva bene che Ron fosse l’esperto della famiglia per tutto ciò che riguardava Boccini, Pluffe e Bolidi, ma lui voleva trascorrere del tempo con Hermione, quel tempo che da anni ormai era contato al secondo e non eccedeva mai. Era sempre lui a dover rispettare gli impegni della madre, mai una volta che il Ministero potesse attenderla qualche minuto in più. La proposta di Ron non lo entusiasmava troppo, benché trascorrere del tempo con lui gli fosse di immenso conforto.

 

«No, papà, leggiamo la fiaba»

 

Si accoccolò meglio contro la spalla del padre per cercare una posizione più comoda e puntò gli occhi sul libro, in attesa che lui riprendesse la lettura. Ron spese qualche secondo per pensare a come far tornare il sorriso al figlio, avrebbe affrontato qualsiasi impresa pur di renderlo felice, eppure in quel momento l’unica arma a cui potesse ambire era fatta di carta e scritte. Sfogliò all’improvviso le pagine e ne saltò almeno un paio, alzando leggermente la voce, incurante del fatto che quella storia avrebbe dovuto favorire il sonno di Hugo e non certo esaltarlo.

 

«Ora, Messer Senzafortuna, come il cavaliere era conosciuto nelle terre fuori dalle mura, si avvide che quelle erano streghe, e poiché egli non possedeva alcun potere magico, né particolare abilità a giostrare o a tirar di scherma, né alcunché che lo distinguesse, era certo di non aver speranza di battere le tre donne nella corsa alla Fontana. Dichiarò pertanto la propria intenzione di tornare fuori dalle mura. Questa volta fu Amata ad arrabbiarsi. “Cuore pavido!” lo rimbeccò “Sfodera la tua spada, Cavaliere, e aiutaci a raggiungere la meta!”»*

 

Ron lesse con sentimento e sfoderò, incitato dalla lettura, la bacchetta per interpretare le parole che pronunciava. Si voltò verso il bambino con un sorriso, sperando di averlo fatto riacquistare anche a lui, invece Hugo ricambiò con una smorfia triste. Apprezzava i tentativi del padre, ma non era sufficiente il suo spirito burlesco per risollevare il morale del figlio. Ron non si arrese però e proseguì come meglio poté nei suoi tentativi di dare una svolta più gioia a quella serata.

 

«Secondo te, Messer Senzafortuna, se fosse stato un mago, sarebbe stato un Grifondoro?»

 
«Credo di no, papà»

 
«Lo penso anche io. E secondo te, figliolo, quando tu inizierai a frequentare Hogwarts, diventerai un Grifondoro?»

 
«Non lo so, papà»


«Non lo sai??» Ron gli rivolse un gigantesco sorriso orgoglioso «Bhe, so io che diventerai un valoroso Grifondoro. E come potrebbe non esserlo il nipote di Harry Potter?!»


Non riusciva in alcun modo a fargli riscoprire il sorriso e la malinconia che cercava in tutti i modi di scacciare si stava impossessando anche di lui. Iniziava quasi ad essere invidioso di sua moglie, a lei sarebbero bastati cinque minuti del suo tempo per rasserenarlo, mentre lui con tutto lo sforzo possibile non riusciva. Era assurdo poi che fosse proprio lei al contempo la causa e la soluzione di tanta tristezza. Chiuse con rassegnazione il libro nonostante la disapprovazione di Hugo, ma non aveva alcun senso provare a vincere una guerra persa in partenza, oltretutto con strumenti inappropriati e deboli. Forse non eccelleva in sensibilità, ma sapeva riconoscere che la sua presenza non era affatto sufficiente a compensare l’importante assenza di Hermione, ciò che, forse con modi poco aggraziati, aveva fatto notare a lei.


«No, papà, perché hai chiuso?»

 
«Senti, tesoro, la mamma manca anche a me, però dobbiamo cercare di capire che sta lavorando e lei ha un ruolo molto rilevante, ha responsabilità e impegni che noi possiamo soltanto immaginare. Senza di lei niente andrebbe avanti al Ministero»

 
«Ma lei è la mia mamma ed io ho bisogno di lei!»

 
Aveva alzato frustrato la voce e i suoi occhi celesti avevano iniziato a brillare alla luce della lampada. Gli porse una carezza sulla mano, come poteva non comprenderlo se Ron per primo necessitava della presenza di sua moglie. La giustificava agli occhi dei loro figli, aveva ancora piena fiducia dell’amore che lei provasse per la sua famiglia, ma non era facile percepire un peso così grande e cercare di alleviare quello di Hugo.

 
«Lo so, Hugo, ma c'è il tuo papà che resta qui e non se ne va da nessuna parte»

 
Ron fece passare il braccio intorno alle spalle del figlio e il piccolo si strinse a lui senza indugiare. Lo cullò un po', fino a che Hugo non chiuse gli occhi, godendosi quella dolce sensazione di protezione. Sentì il peso del bambino farsi più grave addosso a lui e proseguì la lettura, accostando la sua guancia alla testa di Hugo, ma non prima di aver lasciato un bacio tra i suoi capelli fulvi e ricci. Si stava palesemente addormentando, così riaprì il libro sull’ultima pagina per accompagnare dolcemente il suo ingresso nel mondo dei sogni.

 
«Quando il sole scese oltre l’orizzonte, Messer Senzafortuna uscì dall’acqua della Fonte rivestito della gloria del suo trionfo e, con la sua armatura arrugginita, si gettò ai piedi di Amata, che era la donna più gentile e più bella su cui avesse mai posato gli occhi. Fulgido di successo, le chiese la mano e il cuore e amata, non meno felice di lui, capì di aver trovato l’uomo che li meritava»*

 
Si bloccò a poche righe dalla fine del racconto. Suo figlio ormai, oltre che da lui, si stava già facendo coccolare serenamente dalle braccia di Morfeo. Ciò che desiderava più di tutto era quello, di cosa si stava lamentando Ron? I loro figli riuscivano in parte a compensare la mancanza di sua moglie. O si stava forse solo consolando? Chiuse il libro e stavolta si ripromise di non aprirlo fino all’indomani. Abbassò le palpebre con le ultime parole della fiaba nella mente, un pensiero volò direttamente alla sua amata, si chiese cosa stesse facendo proprio in quell’istante. Strinse più forte a sé Hugo e si abbandonò alla stanchezza della giornata appena trascorsa.

 

 

[ 6 settembre 2017 ore 11:30 p.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts/Sala Comune dei Grifondoro/Dormitorio femminile ]

 

Era tardi, quando un gufo bussò inaspettatamente alla finestra della Torre di Grifondoro. Rose si era già infilata sotto le coperte, ma il battito delle ali contro il vetro la ridestò infastidita. Si voltò assonnata verso quel rumore e quando vide di quale gufo si trattava, capì il motivo per il quale aveva preferito evitare la strada per la Torre Est, dove si trovava la Guferia.

 

 - Papà! Ho lezione domani, perché hai sempre questo pessimo tempismo?-

 

Si alzò controvoglia, strusciando le calze contro il pavimento. Ridestandosi lentamente dal sonno, iniziò ad insinuarsi nella sua mente il dubbio che potesse trattarsi di un’emergenza, così velocizzò il passo e aprì la finestra, ignorando persino la brezza fresca che sferzava l’aria.

 
«Leotordo, calmati, altrimenti sveglierai tutto il dormitorio»

 
Gli prese la lettera dal becco e con urgenza la dispiegò.

 

Ciao tesoro,

p
robabilmente il gufo arriverà molto più tardi rispetto ad ora e starai dormendo, scusami, non sono riuscito a risponderti prima, la mamma è dovuta tornare al Ministero ed io mi sono dovuto occupare di tutto, come sempre.
Ci tenevo però a rispondere alla tua meravigliosa notizia! Ho letto bene, la mia bambina è una Cacciatrice? Sono molto fiero di te, piccola, ed anche la mamma la è. Se fossi qui con me ti abbraccerei, ma fai conto che lo abbia fatto.
Mi manchi tanto, non vedo l’ora che arrivi il giorno della tua prima partita, mi troverai sugli spalti a fare il tifo per te e sono certo che nemmeno la mamma si perderebbe mai il tuo debutto nella squadra.
Ci hai scritto di Neville, non preoccuparti, appena abbiamo l’occasione proviamo a parlargli, sono sicuro sia solo un momento, è comprensibile dopo quello che lui ed Hannah hanno vissuto.
Buonanotte tesoro e a presto
Papà

 

Alla ragazza sfuggì un commosso sorriso dopo quelle parole. Non poteva essere arrabbiata con lui per averla svegliata, anzi, era reciproco, mancava anche a lei la costante presenza di Ron nella sua vita. Quella notte però si era guadagnata in via eccezionale la buonanotte da parte del padre, dopo quasi una settimana in cui non la riceveva.

 

 

[ 7 settembre 2017 ore 2:00 a.m. – Casa Weasley/Potter ]

 

Harry posò gli occhiali sul comodino e si infilò finalmente sotto le coperte, calde al punto giusto per quella mezza stagione che ormai era alle porte e iniziava già ad annunciare il suo imminente arrivo. La pioggia e l’umidità a Londra non si facevano mai desiderare più del dovuto. Il sonno non voleva ancora catturarlo e portarlo lontano dal pensiero che accanto a lui non ci fosse nessuno e che così sarebbe stato per almeno una settimana. Iniziava a comprendere sua moglie quando lui si assentava per notti intere, per lavorare, nella maggior parte dei casi, fino all’alba. La stessa sensazione di vuoto e di silenzio che ora provava probabilmente era la stessa che attanagliava Ginny in quelle occasioni. Provò a chiudere gli occhi, sperando che ciò bastasse, infondo la notte scorsa aveva lavorato prima di quel piccolo stacco e non aveva ancora avuto un istante di riposo. Gli dispiacque per Hermione che avrebbe dovuto lavorare al suo posto. Non riusciva a togliersi dalla mente le parole di Albus ed ora con quella scelta stava rovinando la vita anche a sua cognata. Era al corrente dei problemi che anche Hermione avesse con la sua famiglia e lui gliene stava causando altri con Ron e i suoi figli.

 
«Papà?»

 
Si levò spaventato all’udire la voce della figlia. La vide un po’ sfocata senza occhiali, mentre era ancora in piedi sulla porta della camera, con un piede dentro e uno fuori in attesa del permesso per entrare. Harry aveva lasciato la porta aperta nel caso la bambina avesse avuto bisogno di lui nel corso della notte e sembrava essere proprio quello il caso. Ricordava ore prima di essere stato accanto a lei, almeno fino a che non avesse percepito il suo respiro farsi pesante, segno che era scivolata ormai nel mondo dei sogni. Cosa faceva ora davanti a lui con quell’espressione frustrata? Gli era parsa spensierata quella sera.

 
«Tesoro, perché non sei a letto, non stai bene?»

 
«Non riesco a dormire, posso stare qui con te?»

 
«Vieni»

 
Non le rifiutò quella richiesta, infondo accanto a lui c’era un posto libero. La bambina non se lo fece ripetere, corse incontro al padre e, benché dalla parte opposta del letto non ci fosse alcun ostacolo, decise di salire scavalcandolo, anche se con qualche difficoltà. Harry la aiutò e subito dopo si coricò nuovamente, alla disperata ricerca del sonno di cui aveva bisogno, ma che sembrava ignorarlo. Lily non collaborò affatto alla difficoltosa impresa di Harry.

 
«La casa è troppo vuota senza la mamma, mi manca»

 
«Ti mancano anche tutte le volte che ti sgrida?»

 
Le rispose tenendo le palpebre ben serrate, ma udì perfettamente il sorriso che strappò a Lily e che contagiò anche lui. Qualche ora prima avevano salutato Ginny in procinto di partire, ma non ricordava grande malinconia da parte della bambina, solo tanto entusiasmo per tutto il tempo che avrebbe potuto godere in compagnia di Harry. Ora, nel silenzio della notte però, iniziava chiaramente a percepire la rara assenza della madre.

 
«No»

 
«Sogni d’oro, tesoro»

 
Lily non aveva alcuna intenzione di dormire e non soddisfatta per come si stava concludendo quella giornata, si sporse oltre il padre per prendere gli occhiali di Harry dal comodino. Fu inevitabile per lui accorgersene, visto che gli era salita sullo stomaco senza alcun ritegno. Intravide i gesti della bambina e capì subito quale fosse il suo obiettivo.

 
«Ahia, Lily! Cosa stai facendo? Lascia stare i miei occhiali»

 
«Mettili, papà, così parliamo un po’ prima di dormire. Tu sei praticamente cieco, non mi vedi altrimenti»

 
Scorse la figlia, mentre con determinazione gli allungava gli occhiali, ma lui non si decise ad afferrarli, era totalmente fuori discussione che lui avrebbe accettato la proposta di un dialogo a quell’ora della notte. L'entusiasmo della bambina però non avrebbe concesso qualche ora di riposo a nessuno dei due, prestarle attenzione per convincerla ad addormentarsi era l'unica soluzione che avesse.

 
«Ma so come sei fatta, non ho bisogno di vederti bene per saperlo»

 
«Davvero?»

 
«Conosco bene il tuo nasino e i tuoi occhi … hai gli occhi della mamma»

 
Le sfiorò dolcemente il viso con l’indice per avvalorare le parole, sperando che qualche carezza calmasse la sua irrequietezza. La toccò con tale delicatezza da farle il solletico. Lily però non si lasciò convincere da quei gesti d’affetto, così tentò di infilargli gli occhiali con la forza. Harry provò a difendersi come meglio poté, ma la bambina non sembrava voler demordere, nemmeno quando nella concitazione rischiò di ficcargli un'asta direttamente nell'occhio.

 
«Lily, sono stanco, dai, la scorsa notte ho lavorato e da allora non sono riuscito a dormire nemmeno un’ora. Se vuoi che passiamo una settimana piacevole insieme io e te dovrai lasciarmi dormire almeno qualche ora stanotte»

 
«Ma io non riesco a dormire»

 
«Allora coricati qui vicino a me e proviamo ad addormentarci insieme. Se non tenti, non lo saprai mai»

 
Harry chiuse gli occhi, fiducioso che finalmente la figlia lo ascoltasse, ma era evidentemente troppo emozionata per la sua rara presenza. Si tolse gli occhiali, tenendo le palpebre ben serrate, e se li accostò al petto stringendoli nel palmo della mano, prima che a lei venisse nuovamente l’idea di impossessarsene. La vocina della bambina era purtroppo per lui ancora molto vispa, nonostante l’ora tarda, e non accennava a mostrarsi assonnata.

 
«Come vi siete conosciuti tu e mamma?»

 
Sbuffò esasperato e le voltò le spalle, sperando che ciò bastasse per zittirla. Si limitò ad allungare una mano verso il comodino, auspicando di riuscire a memoria a riporre gli occhiali sul ripiano senza romperli. Cercò di liquidarla velocemente, non aveva alcuna intenzione di affrontare discorsi complessi in quel momento.

 
«Non me lo ricordo, Lily. Dormi»

 
«Come fai a non ricordarlo? Mamma mi ha raccontato tutto»

 
Le ultime parole della figlia lo incuriosirono, tanto che dimenticò i suoi propositi. Si girò con uno scatto verso la figlia in cerca di risposte e la trovò seduta in evidente posizione di ascolto.

 
«Mi ha raccontato quando l’hai salvata ed anche quando vi siete lasciati»

 
«E-e cosa ti ha detto di quel periodo?»

 
«Nulla, mi ha detto solo che poi vi siete ritrovati, perché il vostro amore era più forte, ma non mi ha raccontato quando sono nata io, tu lo ricordi?»

 
Ebbe una strana sensazione di sollievo nel sapere che Ginny non aveva approfondito quella questione, Lily era troppo giovane, non avevano alcuna fretta di traumatizzarla con il racconto del passato. Gradì inaspettatamente la domanda della bambina, purché fosse un ottimo pretesto per non doverle parlare di morte e distruzione.

 
«La tua mamma è bellissima, come avrei potuto non innamorarmene? Anche lei ricorda molto bene il giorno in cui sei nata, tesoro, anzi forse più di me. Era notte, circa quest’ora. Ero appena tornato a casa dal Ministero, ero sfinito, ma non ho fatto nemmeno in tempo a togliermi la divisa che tua madre iniziò a chiamarmi non appena sentì la porta aprirsi. Tu nascesti alle prime luci dell’alba. Quel giorno tua madre riuscì a strapparmi una promessa, sai?»

 
Incuriosì Lily a tal punto da non favorire il suo sonno, eppure era così contento - nonostante la stanchezza - di vivere quei momenti con la sua bambina. Si accorse veramente di quanto le fosse mancata e quante occasioni, anche piccole, avesse sottovalutato … come quella che stavano vivendo in quel momento, non serviva nulla di particolare per trascorrere con spensieratezza del tempo insieme e lui non aveva molti ricordi di quel tipo con nessuno dei suoi figli. Era davvero sufficiente scambiare qualche parola per rinsaldare il loro rapporto ed essere più presente per la sua famiglia, ma non aveva evidentemente sfruttato nel migliore dei modi la poca libertà che il lavoro gli concedeva. Sperò che quella settimana gli servisse da lezione e che quello fosse solo l’inizio di una nuova sfida per lui che sperò con tutto il cuore di vincere, ma non sarebbe stato facile impegnarsi di più a conciliare lavoro e famiglia, senza far pesare più del necessario ai suoi cari le numerose assenze.

 
«Quale?»

 
«Che non vi avremmo mai dato un altro fratellino o una sorellina. La mamma soffrì tanto per farti nascere, è comprensibile che non volesse vivere una quarta volta una simile esperienza. E poi che me ne faccio di un’altra principessa, quando io ho te?»

 
Vedeva che la bambina si stava rabbuiando, il pensiero della decisione dei suoi genitori la rattristò, si sentì in parte responsabile per quella scelta, così Harry iniziò a farle solletico sul collo per strapparle un sorriso. Ci riuscì, tornò la spensieratezza di Lily, ma ciò non era un presupposto valido per passare quella notte in bianco.

 
«Ed ora la mia bambina dorme, vero?»

 
Ancora una volta Harry sperò che lei lo ascoltasse, invece la sua assenza aveva accumulato troppa voglia di conversare con lui e lei non desiderava perdere nemmeno una singola occasione.

 
«Papà? Non mi hai mai parlato dei nonni»

 
«Cosa dovrei dirti su nonna Molly e nonno Arthur, sai tutto di loro, non fanno altro che raccontarti aneddoti sulla loro vita»

 
«Intendo nonna Lily e nonno James»

 
Rimase per un istante spiazzato a quella richiesta, non se la sarebbe mai immaginata. La notte sortiva proprio un brutto effetto su sua figlia ed era quasi certo che con sua madre fosse molto più quieta in quelle ore della giornata.

 
«Tesoro, avevo solo un anno quando sono morti, ne so tanto quanto te e ho già mostrato a te e ai tuoi fratelli tutti i pochi ricordi che ho di loro. Tu porti il nome della nonna, lo sai»

 
Notò la tristezza del padre. Le avevano raccontato a grandi linee come erano morti, non era nelle intenzioni della piccola ferire Harry, desiderava solo conversare un po’ con lui, sfruttando quei pochi giorni insieme. Presa dai sensi di colpa, tentò di rimediare.

 
«… e di Luna. Il mio nome è Lily Luna Potter»

 
«Sì, tesoro mio, dovresti proprio riposare ora»

 
Le alzò leggermente le coperte per invitarla a sdraiarsi e la incitò con un mezzo sorriso a seguire l’amorevole consiglio di suo padre.

 
«Su, forza, coraggio»

 
La piccola notò l’espressione stanca di Harry, così decise di assecondarlo senza ribattere ulteriormente. Le sistemò attentamente le lenzuola e le lasciò un piccolo bacio sulla fronte, anche se le aveva già dato il bacio della buonanotte quando credeva che si sarebbe facilmente addormentata nella sua cameretta. Era quasi scontato per Harry il paragone con suo padre, dopo che Lily lo aveva richiamato alla loro memoria. Magari James, se avesse avuto la possibilità, si sarebbe comportato meglio con la sua famiglia, sarebbe stato più presente. Gli mancava non aver potuto vivere quei momenti della sua infanzia con i suoi genitori, come sentiva forte l’impossibilità di chiedere loro consigli per evitare che anche i suoi figli avvertissero quella mancanza in futuro. C’erano in compenso però i suoi suoceri che non lo lasciavano mai solo, Harry aveva iniziato a far parte della famiglia Weasley molto prima che diventasse il marito di Ginny e da allora era solo diventato un membro ufficiale.

 

 

[ 7 settembre 2017 ore 2:00 a.m. – Casa Granger/Weasley ]

 

Hermione passò nel corridoio e intravide la luce ancora accesa nella camera di Hugo. Con una mano sullo stipite si bloccò e ritornò sui suoi passi, pensando che Ron l’avesse dimenticata e fosse andato a dormire. Si affacciò e sorrise davanti alla scena inaspettata che le si parò davanti. I due uomini più importanti della sua vita erano crollati in un sonno profondo l’uno tra le braccia dell’altro, probabilmente, da quello che poté appurare, mentre leggevano insieme le Fiabe di Beda il Bardo. Non le fu difficile comprendere la stanchezza del marito, l’aveva chiaramente espressa a lei qualche ora prima. Non si prese nemmeno il disturbo di posare la borsa o di sfilarsi la giacca, si avvicinò a loro lentamente e tolse delicatamente il libro dalle mani di Ron per riporlo sul comodino. Nonostante la prudenza impiegata, non riuscì a non svegliare il marito di soprassalto, gli aveva probabilmente involontariamente sfiorato le mani, spaventandolo.

 
«Hermione!»

 
«Sshh, Ron, calmati, hai Hugo addosso, così lo svegli»

 
Era un fascio di nervi, si era addormentato con un martellante peso sul cuore che lo aveva accompagnato lungo quell’apparente riposo. Impiegò qualche istante prima di capire a cosa sua moglie si stesse riferendo e soprattutto a placare l’ansia che gli aveva provocato l’assenza di quella donna. Si voltò con uno scatto verso il figlio, ricordandosi in quale attività fosse impegnato prima di addormentarsi. La sua mano era scivolata dal braccio del figlio, ma il bambino continuava serenamente a stringersi a lui. Non credeva di addormentarsi durante la lettura, contava di favorire il sonno di Hugo, dopodiché adagiarlo sotto le coperte, invece lo aveva lasciato scoperto dalla vita in su e probabilmente aveva freddo. Si concentrò nuovamente su Hermione, che aveva atteso con pazienza che lui si riprendesse dal torpore del sonno e chiese qualche chiarimento.

 
«Ma che ore sono?»

 
Hermione si rabbuiò, quando Ron cercò di capire l’ora dal suo orologio da polso, nonostante il sonno gli impedisse di compiere rapidamente quell’azione. Lei era conscia del fatto che fosse tornata a casa davvero troppo tardi, ma si era persa nelle mille questioni del Ministero e le era sfuggito di mano il tempo. Era però una giustificazione alquanto debole che non osò rivolgere a lui. Cercò di anticiparlo, affinché si spaventasse meno una volta intercettate le lancette.

 
«È molto tardi, Ron»

 
«Cos’hai fatto fino ad ora al Ministero?»

 
«Harry è in ferie dalla partenza di Ginny e mi devo occupare anche dei suoi compiti, gli Auror hanno bisogno di una guida»

 
«Praticamente dormi al Ministero fino al ritorno di mia sorella»

 
Incassò quella provocazione in silenzio, non aveva alcuna voglia di litigare nuovamente a quell’ora. Ron comprese di aver superato nuovamente il limite con quelle parole, così si concentrò su altro per evitare di dire qualcosa di sconveniente e cercò di alzarsi senza svegliare il figlio.

 
«Aspetta, ti aiuto»

 
Hermione, avvicinandosi, evitò prontamente al bambino, che aveva quasi subito sciolto la presa su Ron, di ricadere di peso sul letto senza più il sostegno del padre. Coricò Hugo sul letto in modo che fosse comodo e proprio mentre compiva quei gesti, il piccolo aprì leggermente gli occhi assonnati. Hugo riconobbe le mani della madre, non poteva che appartenere a lei la dolcezza con cui lo sfiorava.

 
«Mamma»

 
«Ciao, amore. Dormi tranquillo»

 
Gli porse con un sorriso una carezza sulla fronte e gli rimboccò le coperte sotto lo sguardo di Ron che attendeva che la moglie terminasse di occuparsi del figlio. Si sentiva quasi fuori luogo, come se quel raro momento tra madre e figlio necessitasse di riservatezza.

 
«Ho letto il libro, mamma»

 
«Domani me lo racconti»

 
Gli diede un bacio sulla tempia e affievolì la luce per favorire il suo riposo. Ron, per quanto gli fossero gradite le attenzioni di Hermione e sperasse che potessero bastare a riscoprire la serenità del bambino, non riuscì proprio a trattenersi. Non era propenso alla delicatezza, per quanto potesse credere che in quei casi ce ne fosse bisogno.

 
«Domani? Ne sei sicura?»

 
Fu estremamente sarcastico e scettico. Proprio per il tono inopportuno in quel luogo, Hermione lo spinse fuori dalla porta e la richiuse alle spalle, prima che gli venisse la malsana idea di alzare troppo la voce nella camera dove stava dormendo il figlio.

 
«Ronald, sono stanca e non ho alcuna voglia di litigare ancora con te. Se mi devi dire qualcosa, ti sarei grata se aspettassi almeno l’alba»

 
Si avviò verso la camera, ma quando non sentì i passi del marito seguirla, si voltò confusa.

 
«Che fai? Non vieni? Non mi sembra di aver detto che non avrei gradito la tua presenza, anzi, mi sei mancato. Tranquillo, troverò il tempo di ascoltarti»

 
«Ora vengo, comincia ad andare»


Le rivolse sovrappensiero un mezzo sorriso, appoggiandosi con la schiena alla parete accanto alla porta della cameretta di Hugo. Hermione si sentì in colpa, credeva di aver causato lei quello stato nel marito, così non accolse la sua richiesta e lo aspettò.

 
«Ron»

 
«Aspetta, Hermione, sto cercando di trovare una soluzione»

 
«Ti do io la soluzione. Non avrei mai dovuto accettare la proposta di diventare Ministro con due figli così piccoli, non pensando inoltre che avrei gravato su di te. Sto pensando di dimettermi, è tutta notte che ci penso e …»

 
«Che cosa??»

 
Non aveva parole per commentare la decisione della moglie e lei non riusciva a capire la sua sorpresa. Dopo quella notizia era finalmente riuscita ad attirare la sua completa attenzione e persino la stanchezza sul volto di Ron sembrava essere svanita all’improvviso.

 
«Che c’è, Ron? Non sei felice? Mi hai chiesto tu di scegliere ed io l’ho fatto. Avevi così poca fiducia in me da credere che vi avrei abbandonato? Di nuovo? Non risolveremo nulla se io continuo a stare dietro a quella scrivania, anzi peggiorerà sempre tutto tra noi ed io non voglio. Tu hai fatto dei sacrifici per la nostra famiglia, non vedo perché io non debba farne. Insomma, abbiamo deciso insieme di costruirne una»

 
«Tecnicamente ...»

 
«Sì, so che non abbiamo programmato Rose e Hugo, ma eravamo consapevoli che potessero arrivare»

 
«Sono la mia più grande gioia, Hermione. Se ti ho dato l'impressione di pentirmi di qualcosa in questi giorni, scusami, non è così. Anzi, ho trascorso anni meravigliosi al loro fianco. Non so se diventando Auror avrei vissuto le stesse emozioni di vederli crescere, sapendo di aver contribuito»

 
Sul volto della moglie si dipinse un grande sorriso soddisfatto e non era affatto solo dovuto all’importante impegno che Ron aveva portato avanti. Era estremamente orgogliosa di lui, dell’uomo e del padre che era diventato in quegli anni, ma non lo avrebbe ammesso tanto facilmente.

 
«Mi hai appena chiesto scusa, Ronald?»

 
«Potrei averlo accidentalmente fatto, sì, ma non farci l'abitudine»

 
«Assolutamente no, anche perché dovrei essere io a doverti delle scuse»

 
Si guardarono pensierosi per un istante nel silenzio della casa, avvolta nella penombra con l’unico sottofondo del respiro pesante del loro secondogenito. A Ron parve di cogliere dispiacere negli occhi di sua moglie, gli comunicò quanto fosse mortificata o almeno a lui sembrò così, non era mai stato bravo a cogliere le emozioni, specie quelle implicite. Eppure con Hermione era diverso, se non proprio un libro aperto, quantomeno l’amore che provava per lei lo rendeva più suscettibile ai particolari che la riguardavano e con gli anni questa dote si era affinata.

 
«Hermione, non esiste nessuno che sappia ricoprire quella carica meglio di te, non è un caso che tu sia amata da tutti per il modo in cui svolgi il tuo lavoro»

 
«C'è un'infinità di gente che saprebbe ricoprire quella carica meglio di me e non mi importa degli altri o di quel ruolo, se perdo la mia famiglia. Amore, grazie per la fiducia, ma vorrei anche sentirmi dire da te che sono una buona mamma e non solo un buon Ministro. Vorrei poter dire di aver contribuito alla crescita dei nostri figli, invece il merito è tutto tuo, io ho fatto ben poco in questi anni»

 
«La sei! Non ho mai detto il contrario. Hermione, per quanto potessi, ci sei stata, non quanto me, ma è stata solo un'assurdità da parte mia credere che un Ministro potesse essere più presente. Infondo chi mi ha dato delle dritte, quando ero in crisi?»

 
«Tua madre, forse? Come posso esserlo, se sono assente? Ron, non insistere, tranquillo non me ne pentirò e nemmeno ho intenzione di accusare te per avermi spinta a farlo. Ho perso fin troppo dell’infanzia dei miei bambini, tu hai di loro mille ricordi più di me … e sì, un po’ sono invidiosa, ma non per colpa tua»

 
Glielo disse con il sorriso, eppure lui non riusciva a riscoprire serenità, non dopo che sua moglie aveva preso una decisione sicuramente influenzata da lui. Ron cercò di accantonare la sua impulsività e di guadagnare un po’ di tempo per riflettere meglio su quella scelta così importante nella vita di entrambi.

 
«Hermione, sono le due di notte, non potremmo prendere questa decisione quando siamo entrambi meno stanchi e più lucidi. Non me la sento di decidere del tuo futuro con tanta leggerezza»

 
«Ho già preso la mia decisone e non voglio tornare indietro, ci ho riflettuto abbastanza e voglio tornare al mio vecchio Dipartimento, gli orari sono decisamente più appropriati per una donna sposata. Ron, avevi ogni singola ragione su tutto e mi dispiace, davvero, sono mortificata. Mi sto rendendo conto solo ora che ti ho lasciato affrontare una grande sfida e non so per quale motivo tu non ti sia ribellato prima, forse incoscienza? Ma in realtà l'incoscienza è stata solo mia, ti ho affidato un compito che non spettava solo a te, ognuno avrebbe dovuto fare la sua parte e non sostituire l’altro. Non è giusto che tu abbia dovuto chiedere aiuto a tua madre e a tua sorella perché tua moglie, la madre dei tuoi figli, era sporadicamente presente. Però voglio anche che tu sappia che mi siete mancati tanto, che solo la vostra compagnia mi faceva e mi fa sentire bene, purtroppo quando non posso goderne sto male senza di voi»

 
«Non sempre mi piace avere ragione, lo sai? Questo è uno di quei casi»

 
Gli diede con un sorriso un bacio sulla guancia, sperando con quella soluzione di aver portato un po’ di pace tra loro, nonostante suo marito ne fosse ancora poco convinto. Hermione gli sfiorò una mano invitandolo a seguirla e a smetterla di pensare, infondo gli si addiceva poco riflettere così intensamente.

 
«Vieni a dormire, Ron, sono stanca e penso anche tu»

 

 

[ 7 settembre 2017 ore 9:00 a.m. – Villa Malfoy ]

 

Astoria non riusciva ad ignorare suo marito che con tutta l’arroganza e la violenza possibile sfogliava le pagine della Gazzetta del Profeta. Lo fissava ormai da qualche minuto, mentre lei tentava invano di leggere un libro. Era impossibile per la padrona di casa sorvolare sul rumore della carta che ogni volta sembrava strapparsi per colpa della poca grazia di Draco.

 
«Ehi, piano, si può sapere cos’hai? È più di mezz’ora che te la prendi con quel giornale»

 
«Nulla … sto cercando una notizia e non la trovo»

 
Non accolse quell’ammonimento e riprese con stizza a leggere il giornale, o almeno era quello che sembrava fare. Era chiaramente arrabbiato e la sua irascibilità non avrebbe aiutato a placare il fastidio per i recenti avvenimenti che avevano visto coinvolto il figlio. Era certa non fosse scostante per una notizia non trovata o per una sgradevole già letta. Astoria sapeva di non avere alcuna possibilità di farsi ascoltare da lui, così cercò di calmarlo con una notizia che sapeva per certo sarebbe stata lieta per entrambi.

 
«Se lo strappi prima, non la troverai mai. Comunque, hai letto il gufo di Scorpius? Tra quelle righe trovi di sicuro una bella notizia»

 
«Sì … è incantevole»

 
«Non sembri così entusiasta. È un Cercatore, proprio come lo eri tu. Prima di Natale si terrà la sua prima partita, non sei emozionato?»

 
Per tutta risposta, chiuse sovrappensiero la Gazzetta, stavolta con più tranquillità, e passò accanto alla poltrona dove Astoria era seduta. Quella reazione la spiazzò, non le dava la possibilità di un dialogo, anche il più lieto, lo stesso che stava cercando da diversi giorni. Desiderava solo condividere con lui l’orgoglio e la gioia per i successi del figlio, ma lui non le offriva nemmeno quella opportunità. Astoria stavolta però non si fece sfuggire un’ennesima occasione e lo bloccò afferrando la sua mano libera dal giornale. Lei cercò persino i suoi occhi, ma erano perennemente sfuggenti.

 
«Cos’hai? E non ripetermi che è per una notizia inesistente, è solo una scusa e lo sappiamo entrambi»

 
«Niente, Astoria. Non ho niente, lasciami stare»

 
Si sciolse con poca delicatezza dalla presa della moglie per proseguire la sua strada, lasciandola più perplessa che offesa. Astoria non aveva alcuna intenzione di perdere quel confronto, così si alzò con determinazione, abbandonando la sua lettura senza preoccuparsi troppo di perdere il segno.

 
«Draco! È per qualcosa che ti ha riferito la McGranitt qualche giorno fa? È dovuto a questo il tuo malumore?»

 
«No … la Preside è una donna di poche parole»

 
Nonostante l’ansia di Astoria, lui continuava imperterrito a muovere i suoi passi verso la porta della Villa, ignorandola del tutto e accampando scuse per non affrontarla. Desiderava solo riscoprire un po’ di silenzio e di solitudine, non gli sembrava di chiedere l’impossibile, non aveva voglia di affrontare alcun tipo di argomento.

 
«Draco, aspetta»

 
«Astoria, dai, lasciami andare, faccio solo un giro»

 
«Sei strano, cos’hai? Mi preoccupo solo per te, nulla di più»


Non si voltava neanche per risponderle, si tratteneva per non darsi il pretesto di sfogarsi e non gli sembrava opportuno inveire contro le premure di Astoria, ma quell’ultima domanda fece involontariamente esplodere la rabbia che serbava nel cuore. Si girò con uno scatto verso di lei con una foga tale da farla trasalire.

 
«Sai che c’è? Avrei dovuto insegnare a Scorpius a difendersi, io invece non l’ho fatto ed ora guarda com’è finita, è stato umiliato da un insulso mezzosangue! Ma ovviamente come faccio ad insegnare a nostro figlio a difendersi, se tu continui a farmi i tuoi soliti discorsi di pace e a dirmi quanto sia inopportuno per un bambino imparare simili incantesimi di attacco e di difesa. Mi sono affidato agli insegnamenti di Hogwarts come volevi tu, mi dicevi che ci sarebbe stato tempo per imparare tutto, peccato che a Scorpius non sia stato dato il tempo di impararli nel tempo opportuno, lui avrebbe dovuto conoscerli prima di entrare in quella Scuola! Come vedi Potter non si è fatto alcuno scrupolo a preparare suo figlio ad un eventuale scontro»

 
«Tesoro, non è grave quello che è successo, calmati, sono certa sia stato solo un incidente, nessuno ha addestrato Albus ad attaccare nostro figlio, perché mai avrebbe dovuto farlo?!»

 
«Non è grave?! Quel Potter lo ha Schiantato! E sono stato io a consentire che lui si permettesse! Mai mostrarsi deboli e accondiscendenti, Astoria, ho commesso un grave errore. Per cosa poi, solo per il fatto che mi ha risparmiato Azkaban, sai che grande fatica ha fatto il signor Potter, all’eroe è bastato uno schiocco di dita per convincerli che ero innocente»

 
Era arrabbiato, anzi infuriato, gesticolava persino sbattendo con violenza il quotidiano, ma non riusciva a comprendere nemmeno lui con esattezza a chi fosse rivolta tanta ira. Gli era evidente il tentativo della moglie di calmarlo, quella donna comprendeva il suo malessere, perché in caso contrario avrebbe già messo a tacere con polso quegli spropositi.

 
«Draco»

 
Provò ad avvicinarsi a lui per consolarlo, aveva abilmente intuito che quella furia fosse dovuta a frustrazione e alimentare un’ulteriore lite sarebbe stata una pessima idea per entrambi. Tentò di abbracciarlo, ma lui allontanò con freddezza le mani di sua moglie, afferrandola per i polsi, non era chiaramente del suo stesso avviso.

 
«Lascia stare, non ho bisogno di compassione»

 
Astoria non gradì affatto quel gesto, anzi, se prima era ben disposta a comprenderlo con pazienza, ora si stava spazientendo davanti a tanta sfacciataggine.

 
«Passi giorni a non parlarmi ed ora mi urli contro. Ti vuoi calmare? Se hai qualche problema, possiamo risolverlo insieme come sempre. Draco, mi stai attribuendo colpe che non ho e non le hai nemmeno tu»

 
Non ascoltò nemmeno quel rimprovero e riprese la sua strada, per lui non c’era più nulla dire, un atteggiamento che peggiorò il fastidio di sua moglie. I propositi di Astoria erano quelli di essere paziente, ma suo marito stava esagerando a tal punto che chiunque non sarebbe riuscito a stare calmo, specie dopo diversi giorni in cui l’umore di Draco continuava a peggiore invece che migliorare. Non le offrì la più piccola opportunità di parlarne con lui, insieme forse sarebbero riusciti ad affrontare nel migliore dei modi quella situazione, invece suo marito chiudeva inesorabilmente tutte le porte, lanciando accuse insensate.

 
«Draco, dove stai andando?»

 
«A sistemare quel Potter»

 
«È solo un ragazzo. Draco!»

 
Era esattamente ciò che temeva, aveva davvero paura che suo marito potesse avere la malsana idea di affrontare direttamente quella famiglia, infondo quella rabbia, se non a parole, in qualche altro modo sarebbe dovuta esplosa prima o poi. Gli si parò davanti spaventata per ciò che avrebbe potuto causare la sua impulsività.

 
«Sei forse impazzito??»

 
«Ha Schiantato mio figlio e il pazzo sarei io!»

 
«E quindi? Scorpius sta bene, non è successo nulla di grave, nessuno si è fatto male … a parte il tuo orgoglio, vero?»

 
«Ti levi, per favore?»

 
Non avrebbe staccato la schiena da quella porta fino a che a lui non sarebbe tornato un briciolo di cognizione e sperava che a Draco, nonostante la rabbia, non venisse anche la malsana idea di forzare quel blocco. Non avrebbe mai ammesso di essere stato ferito nell’orgoglio, si limitò solo a fissarla negli occhi sovrappensiero, senza sapeva cosa risponderle.

 
«Certo che no, non ti farò commettere alcuna sciocchezza. Non ho voglia di dichiarare alcuna guerra ai Potter e così metti in mezzo anche me, senza neppure avermi chiesto se fossi d’accordo»

 
Si appoggiò sconsolato alla parete accanto alla porta, sfiorando appena la stoffa del vestito di sua moglie. Rivolse lo sguardo al pavimento, abbassò la guardia ed anche il tono della voce andò scemando.

 
«La McGranitt mi ha detto che è stata colpa anche di Scorpius, ha provocato quel ragazzo»

 
«La storia si ripete?»

 
«Io spero tanto di no. Ma probabilmente, come sostieni tu, è solo colpa mia, gli sto dando un pessimo insegnamento»

 
Si sentiva colpevole, Astoria ora poteva avvertirlo chiaramente, e finalmente dopo giorni da quell’episodio era riuscito ad esternare le sue emozioni a riguardo.

 

 

[ 7 settembre 2017 ore 8:45 a.m. – Diagon Alley ]

 

Lily era riuscita a convincere il padre ad uscire velocemente di casa ed ora si ritrovavano a percorrere insieme le vie di Diagon Alley addobbate dalle decine di vetrine luminose e ricche di oggetti vari messi in vendita. Harry era particolarmente assonnato e non aveva la forza di ribellarsi all’impazienza della figlia che lo tirava entusiasta per quel primo giorno vissuto in compagnia del suo papà. La bambina non era riuscita a chiudere occhio nemmeno dopo che Harry l’aveva esplicitamente invitata a provarci, l'emozione per quella settimana appena all'inizio era troppo grande per lei e non faceva altro che immaginare quante cose belle avrebbero potuto fare insieme. L'assenza di Ginny passò presto in secondo piano, la rara presenza di Harry riuscì a compensare efficacemente la lontananza della madre. Solo quando Lily si bloccò di soprassalto, Harry si levò dal suo torpore e spalancò gli occhi socchiusi - fino a poco prima si era totalmente affidato alla guida della figlia -, non capendo cosa la potesse aver spaventata. La sentì scivolare dalle sue mani e l’istinto gli dettò di bloccarla, ma i suoi riflessi non furono abbastanza pronti per proteggerla. Si tranquillizzò non appena vide a chi la bambina era corsa incontro. Anche Ron sembrava particolarmente assonnato e pensieroso, solo le braccia della nipote che lo avvolgevano all'altezza della vita sembravano averlo riportato con i piedi per terra. Era distratto, non era concentrato sulla strada che stava percorrendo, ma la prudenza gli consigliò ugualmente di riporre i biglietti che aveva appena acquistato in tasca, prima che la nipote, curiosa almeno tanto quanto sua moglie, li vedesse.

 
«Ehi. Ciao, tesoro, che bella sorpresa. Sei sola?»

 
«Ciao, zio. Ma secondo te?! Sono qui con papà. Dov’è Hugo?»

 
«L’ho accompagnato dai nonni un’oretta fa, io tra non molto devo essere al lavoro»

 
Lily ci rimase un po’ male, avrebbe gradito la compagnia del cugino. Harry li raggiunse poco dopo, era quasi imbarazzando per i compiti a cui aveva obbligato Hermione in quei giorni e temeva di leggere delusione sul volto del cognato. La bambina però distrasse entrambi, prima ancora che quelle questioni potessero emergere.

 
«Zio, vai a vedere la partita di Quidditch della mamma?»

 
«N-no, perché? Ora devo pensare al lavoro, non ho tempo per alcuna partita»

 
«Hai messo i biglietti in tasca non appena mi hai vista … ma non intendevo ora»

 
Se lo era immaginato, peccato che la sua prudenza fosse stata del tutto inutile contro gli occhi da falco di Lily.

 
«G-già … la partita della mamma … v-vado a vedere quella tra qualche giorno … sì. Ma non dirlo alla zia! Sai, lei non capirebbe, Hermione direbbe che ...»

 
«… che è una perdita di tempo, lo so. Papà, possiamo andare anche noi, prima che i biglietti finiscano? Dai, ti prego!»

 
La bambina si voltò verso il padre con aria supplichevole in attesa di una sua risposta, ma incontrò solo la sua espressione diffidente rivolta a Ron.

 
«Lei non lo sa? Ma ne sei sicuro? È difficile che ad Hermione sfugga qualcosa»

 
«Tranquillo, Harry, nulla di strano, a lei ultimamente sfugge tutto»

 
Nonostante la conversazione che Ron aveva avuto con sua moglie quella notte non riusciva a riscoprire serenità, anzi era del parere che la situazione in qualche modo sarebbe peggiorata. Lily fu presto distratta dalla vetrina del Ghirigoro, ricca di tanti nuovi volumi che non avrebbero potuto non attirare la sua attenzione. Mentre la piccola si avviava entusiasta verso il negozio, Harry non smise di fissare perplesso l’evidente demoralizzazione di Ron.

 
«Amico, va tutto bene? Sicuro che quei biglietti siano per la partita di tua sorella, perché mi viene difficile credere che tu abbia necessità di nasconderlo ad Hermione, anzi, sono certo che se avesse qualche ora libera farebbe piacere anche a lei essere presente e tifare per Ginny»

 
«A proposito di tifare, tu e Lily non eravate intenzionati ad assistere a quella partita? Sono sicuro che a Ginny farebbe molto piacere vedere la sua famiglia sugli spalti. Ginny potrebbe procurarvi i biglietti»

 
Ron cercò abilmente di spostare l’attenzione su altro, ma dall’espressione del cognato capì di non essere così efficace, ma forse anche i suoi occhi lo stavano tradendo davanti ad Harry che infondo lo conosceva da più di vent'anni.

 
«Quindi quei biglietti li ha procurati mia moglie per te, Hugo ed Hermione? Ron, parli di Hermione come se fosse assente e sono quasi sicuro che quei biglietti riguardino altre partite, non quella di Ginny»

 
Harry sapeva benissimo che era molto impegnata ed ora poté appurare quanto ciò facesse soffrire il cognato. Non aveva avuto il sospetto che Hermione però non fosse al corrente degli spostamenti di Ron, ciò implicava che tra loro andasse peggio di quanto pensasse, che tra loro ci fossero segreti e lei non fosse particolarmente attenta come era sempre stata a ciò che le succedeva intorno. Era inutile negare per Ron quelle accuse e non aveva nemmeno alcuna giustificazione per le bugie che aveva raccontato a lui e ad Hermione.

 
«Sì, ma me la cavo comunque, come sempre. Cosa vuoi che importi ad Hermione di dove vado? L’importante è che non trascuro i miei doveri, no? O devo anche chiederle il permesso per qualche partita di Quidditch? Mi aiuta solo a distrarmi e lei non approverebbe queste mie distrazioni, mi direbbe solo che sono infantile a rifugiarmi tra gli spalti. Harry, saranno una o due ore a settimana, non trascuro Hugo, in quei giorni lo vado a prendere dai miei qualche minuto più tardi. Non dirlo ad Hermione, ci fai solo litigare inutilmente e in questi giorni discutiamo già abbastanza»

 
«Non dubito del fatto che tu abbia bisogno di qualche ora di svago, ma nascondere la verità non è mai un bene ed ora spiegami per quale ragione litigate di continuo»

 
«Harry, guarda tua figlia, è entrata al Ghirigoro da sola»

 
Per quanto Harry temesse di essere in parte causa di quei litigi, si sentì in dovere di non ignorare la tensione che si era creata tra i suoi migliori amici. Ron però colse l’occasione per distrarre l’attenzione del cognato, visto che non era facile per lui affrontare la sua frustrazione e gli era parso di averla espressa a sufficienza.

 
«Lily!»

 
Harry la raggiunse di corsa senza pensarci a lungo, seguito da Ron che, a differenza sua, aveva un passo più tranquillo. La intravide intenta a recuperare un libro dallo scaffale che era un po' troppo in alto per lei. Lily stava con uno sforzo allungando il braccio e ci era quasi riuscita, se Harry non avesse afferrato severo il libro e lo avesse rimesso al suo posto con uno scatto stizzito.

 
«Lily, no. Abbiamo la casa infestata di libri, ormai non sappiamo più dove metterli. Se ora porti a casa altri libri, sai come finisce, vero?»

 
«Mamma fa uscire di casa me?»

 
«No, semmai sbatte fuori di casa me per non averti fermata, quindi, ti prego, se mi vuoi bene, dammi retta e lascia perdere i libri oggi»

 
Ron, assistendo a quella scena, scoppiò a ridere appena dietro di loro.

 
«Sei tale e quale ad Hermione, piccola»

 
«Sì e questo non è un bene. Vieni, Lily, fermiamoci qualche minuto al Paiolo Magico, così parlo un po’ con lo zio»

 
«Non abbiamo nulla di più da dirci, Harry»

 
Ron si fece serio all’improvviso, quando l'attenzione dell’amico tornò a posarsi su di lui.

 
«Io invece credo proprio di sì»

 
A nulla valsero le proteste di Ron e persino la scusa che George lo stesse attendendo ai Tiri Vispi sortì l'effetto sperato. Venne ugualmente spinto oltre la porta del Paiolo, le sue repliche non vennero accolte dal cognato e nemmeno la nipote corse in suo soccorso. Harry era intenzionato a spendere due parole in privato con lui, così trovò una scusa fondata per allontanare la figlia qualche minuto da loro.

 
«Lily, tesoro, vai a scegliere qualcosa che ti piace dalla lista vicino al bancone»

 
L’attenzione della bambina, mentre il padre le rivolgeva quel suggerimento, fu spostata su altro. Una giovane signora bionda stava lavorando proprio dietro il bancone che Harry le aveva indicato e Lily entusiasta gli fece notare la sua inaspettata presenza.

 
«Guarda, papà, c’è Hannah!»

 
«Vai a salutarla, poi veniamo anche noi»

 
Harry approfittò dell’entusiasmo della figlia e Lily lo ascoltò senza troppe difficoltà, avviandosi verso quell'amica sempre dolce e cordiale con lei. Quando finalmente i due uomini furono rimasti soli, Ron, seguendo i passi della nipote, ricordò i timori che Rose aveva esplicitato verso il suo professore di Erbologia nell’ultimo gufo che aveva spedito a casa.

 
«Povero, Neville, non se la sta passando molto bene, chissà se Hannah lo sa oppure se è proprio lei la causa di tanto malessere»

 
«Sempre per …»

 
Ron affermò con un lieve cenno del capo, ma era scontato che la frustrazione del loro amico comune fosse dovuta a quel tragico e drastico episodio.

 
«Ora però parliamo di te, a Neville pensiamo dopo»

 
Harry afferrò la manica della giacca del cognato con impazienza, obbligandolo a seguirlo e a sedersi con lui ad un tavolo poco distante. Diede a Ron solo il tempo di togliersi la giacca, ma quest'ultimo non aveva altrettanta fretta di parlare dei problemi che aveva con sua moglie.

 
«Allora, mi dici cosa non va con Hermione? A parte le bugie sulle partite e mi auguro davvero non lo venga mai a scoprire»

 
«Quello è il meno, Harry, perché ultimamente non va bene nulla con lei»

 
Harry lo fissò incredulo, si sarebbe aspettato qualcosa di più circoscritto, non un problema così generalizzato e quindi che aveva l’aria di essere grave. Non riusciva proprio a non pensare di essere in parte colpevole.

 
«Harry, non guardarmi come se ti avessi detto che io ed Hermione stiamo divorziando»

 
A quella notizia il cognato prese un sospiro di sollievo.

 
«Mi era parso così»

 
«Per fartela breve: lei non è mai a casa a causa del lavoro, gliel’ho fatto notare ed ora vuole dare le sue dimissioni»

 
«Stai scherzando, vero?»

 
Fu breve per Harry il sollievo, anzi quella notizia lo sconvolse.

 
«Se hai una soluzione migliore, l’accettiamo volentieri»

 
«Ron, questa settimana è colpa mia se Hermione è più assente. Se la sua decisione è stata presa proprio in questo momento, probabilmente sta influendo la mia assenza al Ministero»

 
«Harry, sono anni, non sarà questa settimana a destabilizzarmi più del solito»

 
«Mi dispiace, Ron, non sai quanto. Non esiste qualcuno che possa svolgere quel lavoro meglio di lei, lo ricopre con grande attenzione e dedizione»

 
«Ne sono consapevole e temo che dimettersi possa comportare la sua infelicità, ma non mi vuole ascoltare. Stamattina ho provato a parlarle, nonostante io sia pessimo con le parole, mi sono impegnato per quanto mi fosse possibile, ma ha cominciato a ricordarmi quanto fosse tardi per raggiungere il Ministero. A differenza di tutti gli altri giorni però era solare, come se fosse impaziente di vivere le conseguenze della sua scelta. Per quanto stanca fosse, visto che è tornata a casa tardissimo stanotte, mi ha dato un bacio ed è uscita di casa»

 
Harry non fece in tempo a confermare o a disconfermare le ipotesi del cognato, perché Hannah li interruppe per prendere le ordinazioni insieme a Lily. La bambina si accomodò accanto al padre, mentre la padrona del locale si rivolse gioiosa ai suoi clienti.

 
«Ciao, ragazzi»

 
«Ciao, Hannah. Come mai sei qui?»

 
«Oggi è il mio giorno di riposo in Infermeria ed ho pensato di cambiare un po’ aria»

 
Tentò di camuffare con un sorriso, ma fu inutile, ad Harry non sfuggì la sua velata malinconia. Ron però lo anticipò, spiazzando entrambi con una spontanea indelicatezza.

 
«Problemi con Neville?»

 
«N-no … ma mio marito sta preparando gli studenti ai M.A.G.O ed è molto impegnato. Allora, cosa vi porto?»

 
Dopo l'occhiataccia che il cognato gli aveva lanciato, non osò chiedere ulteriori chiarimenti e preferì limitarsi a rispondere a quella domanda.

 
«Per me una Burrobirra … anche se ripensandoci mi ci vorrebbe del Whisky Incendiario»

 
«Io mi limito alla Burrobirra»

 
«Arrivano subito. E per te, Lily? Sei ancora indecisa? Credo di avere qualcosa che ti potrebbe piacere»

 
Si allontanò dai suoi amici con il sorriso e Ron poté finalmente esternare i propri dubbi senza il timore di risultare inappropriato.

 
«Ha chiaramente problemi con Neville, hai visto come mi ha risposto? È stata molto evasiva»

 
«E chi non ha problemi in questo periodo. Ron, potevi anche essere più delicato però»

 
«Che problemi hai tu? Ancora Albus?»

 
«Circa gli stessi di Hermione»

 
Hannah portò loro in breve tempo ciò che avevano ordinato e nuovamente interruppe la conversazione di Harry e Ron.

 
«Ecco a voi. Per te, piccola, ho una buonissima torta al cioccolato appena sfornata»

 
«Grazie, Hannah»

 
Lily aveva già l'acquolina in bocca al solo pensiero di quel dolce squisito, sapeva bene quanto Hannah fosse brava a cucinare prelibatezze. Harry fece per pagare, ma lei gli sfiorò il braccio con un sorriso per fermarlo.

 
«Lascia stare, oggi offro io»

 
«D'accordo, grazie allora»

 
«Grazie, Hannah»

 
«Buona giornata, ragazzi»

 
La guardano allontanarsi perplessi e soprattutto Ron, dopo averla ringraziata per quel gesto così gentile, venne sommerso da mille dubbi.

 
«Io non capisco, è sufficiente non nominarle Neville ed è felice»

 
«Oppure la sua felicità è falsa, lei è cordiale per natura»

 
«Hannah ha ragione, questa torta è buonissima!»

 
Si voltarono entrambi ridendo verso Lily, quando videro che la sua bocca era per buona parte sporca di cioccolato. Harry prese divertito un tovagliolino e glielo passò delicatamente sulle labbra.

 
«Sei una pasticciona, proprio come lo zio»

 
«Io??»

 
«Vedi altri zii qui?»

 
«Ma se non ho alcun dolce davanti»

 
«... che sarebbe stato molto meglio del Whisky»

 
«Necessito di dimenticare e di non pensare al futuro che mi aspetta»

 
Bastò un secondo per far ripiombare quel tavolo nello sconforto ed Harry iniziava a comprenderlo. Il futuro non era il terreno preferito da Ron, lui prediligeva sempre il presente, ma se proprio lui iniziava ad averne paura poteva solo significare quanto fosse scomoda quella situazione.

 
«Temi che Hermione ti rinfacci le sue dimissioni?»

 
«È la stessa cosa che mi ha detto lei ... Sono così prevedibile?»

 
«Per me e lei sicuramente sì»

 
«E poi mi chiedi anche il motivo per il quale ordino il Whisky Incendiario»

 
Ne trangugiò un grande sorso per sottolineare il suo disappunto sul rimprovero di Harry. Sperò davvero funzionasse, invece gli provocò solo fastidio.

 
«Fidati di Hermione, Ron, lei sa quello che fa e se ritiene che sia più opportuno dimettersi, sarà sicuramente così. Anche se mi mancherà non poter ricevere i suoi consigli»

 
«Mi fido di lei, ma ho l'impressione che stavolta stia commettendo un grave errore»

 
«Bhe potreste fare cambio, lei si dimette e tu prendi il suo posto, così Hermione potrebbe comunque avere influenza sul Ministero»

 
Ron lo guardò scettico, non riuscì a capire se ciò che aveva appena sentito fosse reale oppure se il whisky avesse già iniziato a fare effetto, compromettendogli l’udito.

 
«Harry, non sei simpatico. Stai scherzando, vero?»

 
«Ovvio che sì, ma vedere te alle prese con gli affari del Ministero sarebbe stato molto divertente»

 
Bevve la sua Burrobirra per trattenere un sorriso.

 
«Mia moglie è talmente folle in questo periodo che potrebbe anche arrivare a propormelo. Pensa che mi ha proposto di reclutarmi come Auror»

 
«Forte, zio! Lavorerai con papà?»

 
«Lily ha ragione, è una bella idea. Hai accettato?»

 
«Ma certo che no! Mi ci vedi a correre dietro ai Maghi Oscuri?»

 
«Perché no? Io lo faccio tutti i giorni»

 
Non aveva alcuna voglia di rimanere lì ad ascoltare nuove assurdità, sembrava proprio che suo cognato e sua nipote non fossero intenzionati a mettersi nei suoi panni e dalla sua parte, infondo era meglio non finire quel Whisky Incendiario prima di raggiungere il negozio.

 
«Sarà meglio che io vada al lavoro, prima che senta qualche altra castroneria»

 
«Abbiamo davvero bisogno di Auror al Ministero. Se ci dovessi ripensare, saresti il benvenuto» abbassò prudentemente la voce per non farsi sentire dalla figlia «Magari con te riuscirei ad essere un po' più a casa, ci divideremmo il lavoro. Con Hermione poi che vuole dimettersi, mi troverei spaesato»

 
Si era alzato velocemente e mentre ascoltava scettico l’invito di Harry, aveva già iniziato ad infilarsi la giacca.

 
«Mi stai proponendo di diventare il tuo vice? Hermione non sparisce, torna solo al suo vecchio Dipartimento, l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, potrai chiederle consiglio ogni volta che vorrai. Se diventassi Auror però sparirei anche io da casa e chi si occuperebbe dei ragazzi?»

 
«Ron, non spariresti. Pensaci, per me saresti già assunto»

 
«E il diploma? Il corso? Non ho alcuna qualifica»

 
«Neppure io ho il diploma e il corso per te è inutile, lo sappiamo entrambi»

 
«No, non lo so, tu sei Harry Potter e sono anni che la mia bacchetta non vede altri incantesimi se non quelli per spolverare»

 
«Ciò non mette in dubbio le tue capacità, ti chiedo solo di pensarci, nessuno ti obbliga. Ti lasciamo andare al lavoro, più tardi passiamo in negozio»

 
Non sapeva come esprimere ad Harry le sue innumerevoli insicurezze, ma il tempo non gli lasciava molto spazio per parlarne, così salutò Lily e preferì distrarsi dai problemi grazie al suo lavoro.

 
«Ciao, zio»

 
«Ciao, tesoro»

 

 

[ 7 settembre 2017 ore 4:00 p.m. – Tana ]

 

Harry aveva preferito occuparsi personalmente della sua bambina, anche per non gravare continuamente sulle spalle dei suoi suoceri, ma si accorse ben presto, in quella giornata così pensierosa, di necessitare di una loro confortante parola. Si ritrovava ora a sorridere appoggiato allo stipite della porta che volgeva sul salone, mentre Molly e Lily giocavano e si divertivano insieme. Colse quei momenti di distrazione di sua figlia per raggiungere il suocero, che si trovava come sempre impegnato nel suo hobby principale dopo i nipoti, quello di occuparsi di qualsivoglia affascinante oggetto babbano. Harry provò a distrarlo dal suo lavoro senza spaventarlo.

 
«Ehi»

 
«Harry, ragazzo mio»

 
«La disturbo?»

 
«Non è nella tua natura disturbare, entra»

 
Harry si avvicinò osservando il grande orologio babbano che Arthur aveva smontato per esaminarne i pezzi.

 
«Affascinante»

 
Il suocero gli sorrise e si concentrò poco dopo serio e curioso su di lui.

 
«Come mai da queste parti? Avevo capito da mia figlia che avresti avuto una settimana libera da dedicare alla piccola Lily»

 
«È così, sto trascorrendo dei bei momenti con Lily grazie a queste ferie concesse da Hermione, ma …»

 
Arthur colse l’espressione affranta del genero, si tolse gli occhiali e temette fosse successo qualcosa.

 
«Cosa ti turba, Harry?»

 
«L’infelicità della mia famiglia»

 
Harry non riuscì a tenersi tutto dentro e con la sua naturale sincerità lo esplicitò.

 
«Infelicità?? Di che infelicità stai parlando? Non credo di aver mai visto Ginny più felice»

 
Harry sorrise sarcastico, era consapevole del fatto che Arthur e Molly fossero dalla sua parte e che forse non avrebbero nemmeno notato quanto il suo comportamento verso la famiglia fosse inopportuno. Si fidavano di lui, lo trattavano come un ennesimo figlio e vedevano sempre del buono nelle sue azioni.

 
«Ne è proprio sicuro? Ginny non vuole essere sincera nemmeno quando le mostro io per primo le mie rimostranze sul lavoro che svolgo, probabilmente non vuole lasciarmi sensi di colpa, ma io li sento comunque, soprattutto da quando devo sopportare le accuse di Albus»

 
Capì tardi di essere stato un po’ duro, forse esagerato davanti al suocero, ma le preoccupazioni che sentiva vive nel suo cuore lo stavano tormentando giorno e notte. Non sapeva neppure se Arthur fosse a conoscenza del malessere del nipote e quello era decisamente il modo più inopportuno per informarlo.

 
«Mi scusi, davvero»

 
Si stropicciò gli occhi nel tentativo di calmarsi e proprio in quel momento sentì il tocco rincuorante di Arthur sulla spalla. Non seppe mai spiegarsi come il destino avesse concesso al suo fianco quella figura paterna, ma l’unica cosa che seppe era quanto ne avesse un estremo bisogno in quei momenti.

 
«Non hai bisogno di scusarti. Sai, Harry, ogni giorno che passa io mi dico che non avrei potuto desiderare compagno migliore per mia figlia. Ginny è molto fortunata»

 
«Ma io … la trascuro, anzi trascuro lei e i nostri figli»

 
«Non stai trascurando nessuno, sei impegnato come lo è qualunque padre di famiglia, nulla di più»

 
«Ma, ecco, forse dovrei cercare anche di ritagliarmi più spazio, mio figlio ha ragione, ho perso così tanto della loro infanzia»

 
Arthur non fece in tempo a rispondergli, Lily aveva colto Harry di sorpresa alle spalle con un abbraccio inaspettato.

 
«Scusa, nonno, ma questa è la nostra settimana e non me lo puoi rubare così»

 
Harry abbassò lo sguardo su di lei e le porse una carezza sulla testa, tra quei fulvi capelli. Dopodiché alzò lo sguardo sul sorriso intenerito del suocero. Gli parve che Arthur volesse sfruttare l’evidente dimostrazione di affetto di Lily per avvalorare l’opinione che aveva su di lui.

 
«Nessuno ruba il tuo papà, tesoro. Allora, cosa avete in programma ancora oggi?»

 
Harry attese una risposta da parte della figlia, sperando dicesse che era finalmente ora di tornare a casa.

 
«Il parco divertimenti!»

 
Harry non sorrise affatto all’entusiasmo di Lily e si voltò di nuovo perplesso verso Arthur, forse in cerca del suo sempre disponibile aiuto.

 
«La sto viziando troppo, vero? Lei cosa dice? È sicuramente più esperto di me»

 
«Il giusto, Harry … solo il giusto»

 

 

 

*Le Fiabe di Beda il Bardo, La Fonte della Buona Sorte
 

 



Ciao ragazzi!

 
Sono in procinto di prendere la mia laurea magistrale e come potete ben immaginare sono incasinatissima con tutto … è il motivo del mio mega ritardo, perdonatemi tanto ☹

 
Nonostante ciò però, non avrei potuto esimermi dallo scrivere un capitolo infinito ricco di notizie e cambiamenti (?) … chi lo sa se ci saranno e quando 😉

 
Non posso fare altro che ringraziarvi di cuore per la vostra pazienza, siete fantastici! <3

 

Alla prossima!

Baci

-Vale

   
 
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