Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    05/07/2019    2 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Torneo

-parte prima-

 

La piccola Carmilla si stava sistemando davanti ad uno specchio. Poco più in là, le sue sorelle gemelle litigavano per una motivazione futile. Nasfer attendeva l’arrivo di loro padre Keros. Il bambino era elettrizzato per il torneo e tutti si erano abbigliati al meglio, sapendo che molti spettatori li avrebbero ammirati sul palco reale. Demoni da ogni parte del regno iniziavano a varcare le mura della città, raggiungendo la grande piazza principale. Con stendardi e maestosi destrieri, formavano un corteo che gli abitanti della capitale ammiravano affascinati. Tutti bardati ed in armatura, i partecipanti al torneo seguivano un percorso preciso che li avrebbe condotti fino all’arena, con un’entrata trionfale ed una sfilata per il pubblico.

“È ora!” si udì per i corridoi del palazzo.

Quello era il segnale e l’intera famiglia reale si radunò per raggiungere gli spalti. Era un avvenimento vedere tutti i principi e le principesse tutti insieme e fuori da palazzo. Gli ultimi nati erano lasciati alle cure ed alla sorveglianza dei più qualificati, mentre l’edificio lentamente si svuotava per assistere allo spettacolo. Non appena Lucifero assieme a Leonore ed a tutti i principi si fu seduto, nella piazza iniziarono a sfilare i demoni e le vare casate. Ogni famiglia poteva presentare uno o più campioni, uomini o donne, che ordinatamente si presentavano al cospetto del palco reale. Con un inchino, veniva pronunciavano il loro nome e la dinastia a cui appartenevano. Lucifero, in piedi sul palco rialzato, rispondeva con un cenno del capo. Alla sua sinistra sedeva Leonore, che osservava ogni cosa con ammirazione. Alla destra aveva Keros, silenzioso ed a disagio. Il principe indossava l’armatura che aveva utilizzato in guerra e questo gli riportava in mente eventi e ricordi poco piacevoli. Quando intravide l’ingresso in arena di Arikien, con addosso l’armatura appartenuta a Nasfer, ebbe un tuffo al cuore. A colui che la indossava, lui aveva tagliato la testa. Colui che un tempo marciava con quell’armatura ora era morto, per mano della spada che portava alla cinta.

“Scusate” mormorò Keros, alzandosi ed allontanandosi senza dare troppo nell’occhio.

Prima che l’erede di Alukah giungesse dinnanzi al palco, il sanguemisto aveva lasciato la postazione ed era rientrato a palazzo. La distanza era poca, la piazza sorgeva davanti alle mura della casa reale, e lo raggiunse senza farsi notare. Nel silenzio, respirò profondamente. L’edificio era buio, silenzioso, e praticamente deserto. Camminò ancora lungo il corridoio, con la mente confusa. Nelle narici percepiva odore di morte, odore di guerra. Le mani sporche di sangue, i cadaveri lungo le strade, i gemiti dei feriti e le urla degli sconfitti. E lui era lì in mezzo, efferato assassino e crudele boia, circondato da nemici da uccidere. Chiuse gli occhi, tentando di scacciare quell’immagine, ma era sopraffatto dalla confusione e dal panico.

“Altezza!” lo notò una delle guardie rimaste a palazzo “State bene? Devo chiamare qualcuno?”.

Keros non rispose, continuò a camminare.

“Altezza?” insistette la guardia ed il principe si voltò di scatto, ringhiando.

“Ma… che…?” borbottò il giovane soldato, mentre si udirono passi svelti precipitarsi dai piani delle stanze private.

Prima che Keros reagisse in modo peggiore, aggredendo chi aveva di fronte senza alcun motivo, Simadé raggiunse il suo signore e lo chiamò per nome, congedando la guardia.

“Va tutto bene” mormorò il servo “Siete nel palazzo del re. Nessuno vuole farvi del male. Che vi succede? Respirate…”.

Keros si scosse, riprendendo lucidità e guardandosi attorno. Poi chiuse gli occhi, sedendosi a terra e reggendosi il viso con una mano.

“Decapitato” biascicò, sempre con Simadé al proprio fianco “Il sangue. Gli occhi spalancati e ormai spenti che mi fissano…”.

“Siete a casa” ripeté lentamente Simadé “Scacciate dalla mente i ricordi di guerra. Nessuno morirà oggi. Il torneo viene indetto proprio per evitare altre guerre e scontri inutili, per permettere ai demoni di sfogarsi in modo appropriato”.

Keros non rispose. Fissava il pavimento, che gli sembrava ricoperto di sangue lucido. Il servo si allontanò e tornò in pochi minuti, porgendo una tazza di tè al proprio signore. Qualche sorso lo fece calmare.

“Così state meglio?”.

Keros annuì.

“Non dovete vergognarvi, altezza. Siete stato in guerra ed eravate molto giovane. Avete assistito a scene raccapriccianti ed avete ucciso molte persone”.

“Sono passati trecento anni…”.

“Sì, ma forse l’indossare questa armatura e vedere altri demoni in abiti simili…”.

“Arikien indossa l’armatura di Nasfer. Quella che lui indossava… quando l’ho decapitato”.

“Oh. Allora è normale una reazione così”.

“No che non lo è! Io sono un demone!”.

“E… con ciò? Provate a parlarne con Amodeo. Lui le guerre le ha vissute tutte e vedrete che vi confermerà che in molti provano, a volte, sensazioni come le vostre. Paure, incubi, visioni… Non avete motivo di vergognarvene. Vedrete che con il mio tè starete subito meglio”.

Il principe sospirò. Dopo un altro sorso, si lasciò sfuggire una lacrima e la lasciò cadere in terra senza dire nulla.

“La guerra è orribile” riprese Simadé “La mia famiglia è decaduta a causa di una guerra. La gente muore, demoni vengono sfigurati e sconfitti. Morte. Ma questo torneo celebra la vita. È in onore del principino Espero e della regina Leonore. Qui i demoni sono amici, alleati, e nessuno verrà ucciso. L’armatura che indossava Nasfer ora la indossa Arikien, fieramente, e combatterà con essa. È la vita che continua, la celebrazione della forza del regno”.

Keros riuscì ad aprirsi in un piccolo sorriso.

“Coraggio!” sorrise a sua volta Simadé “Andate là fuori e mostrate a tutti la bellezza di un principe che combatte!”.

 

“Compagni demoni!” esordì Lucifero, a sfilata terminata “Benvenuti! Le più nobili e le più forti famiglie del regno sono qui, pronte a sfidarsi per decretare il vincitore! Tutto questo in onore della mia ormai prossima sposa, la regina Leonore. Ed ovviamente per il principe Espero”.

Fra il pubblico si alzarono ovazioni per i sovrani.

“Ma parliamo di premi. Per cominciare, il mio fedele capitano delle guardie vi osserverà attentamente e sceglierà fra voi qualcuno degno di entrare nell’élite dell’esercito imperiale. Inoltre, se attirerete determinate attenzioni, potreste entrare a far parte dei preferiti reali. Al vincitore assoluto, un dono”.

Leonore si alzò, mostrando una splendida spada che un paio di servi le avevano porto.

“Questa spada è il mio personale dono al vincitore. Su di essa è impressa il sigillo reale e rimarrà in possesso della famiglia vincitrice, nei millenni a venire. È di perfetta fattura, impreziosita da pietre preziose e metalli pregiati. Chiunque di voi la vincerà, la potrà sfoggiare con orgoglio. E ora ripassiamo le regole. Tutti i candidati si sfideranno in uno scontro iniziale, utilizzando tutti la stessa arma, che verrà scelta dalla regina. Non verranno ammesse altre armi, pena la squalifica. Saranno ammessi cambi di forma, utilizzo di poteri magici ed elementali, veleno ed ipnosi. Sarete tutti insieme, e gli sconfitti verranno eliminati dal torneo. Quando avrete raggiunto un numero prestabilito, il demone che vedete appostato su quella torre suonerà la tromba. I nomi dei rimanenti verranno scritti e riposti in un’urna e saranno le piccole mani della principessa Carmilla a scegliere e sorteggiare gli abbinamenti per gli scontri successivi, uno contro uno. Per motivi pratici, gli scontri si svolgeranno in diverse giornate, permettendo a tutti di recuperare le forze e dare il massimo. Ospiti miei e degli edifici più lussuosi della città, spero che questo torneo vi permetta di rimanere impressi nella memoria degli abitanti di Dite. Buona fortuna”.

Si alzò un grido d’entusiasmo, mentre i contendenti prendevano posto per il primo scontro.

“Dove sei stato?” mormorò il re, rivolto a Keros che era tornato al seggio accanto al sovrano.

“A fare un giro…” gli rispose il principe, vago.

“Stai bene? Ti vedo palliduccio…”.

“Sto benissimo. Non vedo l’ora di iniziare. Anche se non mi aspettavo di vedere Arikien fra i partecipanti”.

“E perché no? Basta che questo non ti distragga. Sei il rappresentante della famiglia reale, vedi di fare bella figura”.

“Cercherò di non farti annoiare…”.

Il principe si alzò, per dirigersi all’arena. A Leonore fu affidato il compito di scegliere quale arma far utilizzare a tutti i guerrieri e lei, dopo alcuni minuti di riflessione, aveva optato per un bastone lungo. Le sembrava l’arma più adatta a non provocare ferite gravi o morti. Una volta che tutti i guerrieri ebbero tra le mani il bastone, con il divieto di usare altre armi, gli scontri iniziarono.

 

Le famiglie rivali erano facilmente individuabili: si massacravano di botte in modo efferato, ben più feroci rispetto agli altri partecipanti. Arikien, in principio un pochino spaesato, non si lasciò spaventare dai demoni che lo circondavano ed iniziò a combattere. Lucifero osservava tutti con attenzione, trovando alquanto divertente lo spettacolo. Alcuni demoni non avevano nemmeno idea di come usare l’arma assegnata ed erano quasi ridicoli, mentre inciampavano e si infuriavano con loro stessi ed il bastone. Keros si guardava attorno, notando come in molti tentassero di evitare lo scontro con lui. Ridacchiò, divertito. Dovevano essere impauriti all’idea di ferire il rappresentante della famiglia reale, indispettendo Lucifero. Fu allora il principe a cercare la lotta, non volendosi annoiare troppo. Si muoveva con agilità, guadagnandosi gli applausi del pubblico e sconfiggendo avversari. I presenti stavano realizzando che sconfiggere, o comunque far bella figura, combattendo contro il principe, non poteva che arrecare prestigio e lustro al proprio casato. Lucifero ghignò soddisfatto, mentre il mezzodemone roteava il bastone e respingeva gli attacchi.

“Ma non temi che possano ferirlo?” domandò Leonore “Sembrano così feroci…”.

“Non corre alcun pericolo, tranquilla. È in grado di difendersi più che egregiamente”.

“Anche noi parteciperemo al torneo, un giorno?” chiese invece la piccola Carmilla.

“Certo, perché no?”.

“Però potevi organizzare una gare anche per i bambini, nonno!” sbottò Nasfer.

“La prossima volta. È un’ottima idea. Ora guarda il tuo papà che rompe qualche culo in quattro”.

Il Diavolo osservava deliziato, ed il pubblico gradiva ed applaudiva. Poi, nel guardare il principe, il re non poté fare a meno di notare una somiglianza che lo fece rabbrividire per qualche istante. Con il bastone, Keros aveva atterrato l’avversario e lo costringeva a terra. Sul viso, un’espressione seria e risoluta, nessun ringhio o smorfia di rabbia. Spalancando le ali argento, assomigliava davvero molto a Mihael. Poi lanciò un grido, espandendo il proprio potere ed evocando il fuoco angelico pronunciando una sola parola. Scese il silenzio, mentre molti si inchinavano in segno di resa. Passarono alcuni secondi e suonò la tromba, mentre Keros storceva il naso. Il sovrano si congratulò con i vincitori, mentre terminava la prima giornata del torneo.

 

“Ma che cosa ti è saltato in mente?!” sbraitava Lucifero quella sera.

I vari contendenti riposavano e Keros sospirava, innervosito. Il sovrano si stava dilungando in una predica fin troppo lunga.

“Ti sei bevuto il cervello?! Rispondimi!”.

“Ma che vuoi?!” sbottò il principe.

“Usare una parola angelica all’Inferno? Lanciare fuoco celeste durante un torneo nella capitale degli Inferi?! Ma che cazzo avevi in mente?!”.

“Io faccio quello che mi pare. Volevi che combattessi e l’ho fatto”.

“Sì, ma…”.

“Il mio lato angelico è più forte di quello demoniaco. Per quanto mi sforzi di migliorarlo, il sangue di demone non è in grado di lanciare attacchi di pari forza. Perciò il modo più rapido di vincere per me è far così…”.

“Tu sai combattere benissimo anche come demone, non era necessario questo teatrino piumato”.

“Hai ragione. È per questo che non intendo continuare il torneo”.

“Che…?!”.

“Ho capito che voi demoni avete paura. Ed io non voglio incutere timore inutilmente”.

“VOI demoni?!”.

Il Diavolo spalancò le braccia, sconcertato. Keros tentò di svicolare, incamminandosi lungo il corridoio e rendendosi conto che il nervosismo lo faceva sparlare.

“Somiglio troppo a mio padre. Per questo mi guardano con terrore. E non mi piace”.

“Sono IO tuo padre!” ringhiò Lucifero “IO ti ho cresciuto, IO ti ho allevato e ti ho permesso di essere quello che sei. Loro hanno paura perché sei MIO figlio, il figlio del sovrano supremo dell’Inferno e suo degno erede. Incuti timore perché sei potente, non perché assomigli a quello stronzo di Mihael!”.

“Ah, sì? Non perché quel bastone ricordi tanto quella lancia che ti trafisse e ti spedì negli Inferi?”.

Muovendo l’arma, fece scattare i riflessi del re. Keros ghignò, certo di aver ragione.

“E tu non è che non vuoi combattere per paura di dover lottare contro il tuo fidanzatino?!”.

“Almeno il mio fidanzatino sa combattere, non è solo seduto e fermo a fare da bella statuina da ammirare”.

“Ma come ti permetti?! Tu mi fai impazzire” sbottò il demone “Chi ti capisce è bravo! Che devo fare con te?”.

“Niente. Solo tapparmi la bocca. Perché?”.

Lucifero sospirò.

“Perché sei tornato all’Inferno, quando avevi l’occasione di fuggirne per sempre?” domandò poi, calmandosi.

“Perché sono un demone”.

“Sicuro?”.

Keros girò le orecchie a punta, ammutolendo. Decise che era meglio non dire altro e si allontanò, rinchiudendosi nella sua stanza. Non voleva combattere ancora. Gli piaceva, lo ammetteva, ma non voleva che i presenti provassero terrore. Non voleva risvegliare ricordi passati ed orribili, così come in lui si erano risvegliate nella mente scene di guerra. Si dovevano divertire, e meritavano di farlo, senza pensare al Paradiso. Lui sognava rispetto, ammirazione, ma non timore. E poi… certo che era un demone! Era assolutamente certo di esserlo! Sbatté la porta dietro di sé e sobbalzò nel vedere Arikien ad aspettarlo.

“Levati immediatamente quell’armatura” sibilò il principe, notando che ancora vestiva l’armatura in cui aveva decapitato Nasfer.

“Ed io che volevo farmi ammirare” scherzò Arikien “Come ho combattuto, secondo te? Non vedo l’ora di sapere chi sarà il mio avversario!”.

“Sei stato molto bravo. Però ora togli l’armatura, ti prego. O te la incenerisco”.

“Oh… Ok…”.

   
 
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