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Autore: Vavi_14    05/07/2019    3 recensioni
Piccole scene rubate dalla vita di sette giovani trainee che aspirano a diventare idol.
◊È un torneo di sopravvivenza dove solo i vincitori vanno avanti◊
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Dal cap VIII. #pizza
[…]Oltre gli schiamazzi degli attori, si sente solo il respiro pesante di Taehyung e quello di Yoongi, assieme agli sbuffi intermittenti di Jungkook, che ogni tanto lascia ciondolare la testa per poi risvegliarsi all’improvviso, guadagnandosi un’occhiata divertita e intenerita da parte di Jimin.
«Ragazzi, io ho fame».
In quel momento, le teste di tutti – tranne quella di Yoongi – si voltano contemporaneamente verso il criminale che ha osato pronunciare una frase tanto sconsiderata. Sono le undici e mezza di notte, hanno già consumato i loro panini qualche ora prima, perché mai uscirsene con un’affermazione che ha dell’utopico?
A parlare è stato Taehyung e Jimin ancora non si capacita di come abbia fatto a svegliarsi, mettere in moto i neuroni, captare gli stimoli del proprio stomaco e convertirli in parole nel giro di un secondo.
[…]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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XXXII.Persona










Sarebbe stata questione di settimane, forse giorni: ormai il debutto era alle porte. Senza una data certa da poter segnare sul calendario, però, l’attesa sembrava ancora più straziante, le ore trascorse in sala prove ormai non più calcolabili con l’uso delle sole dita, i pasti un miraggio concesso loro solo tra una coreografia e un’altra - le ore di sonno, anche se obbligate, erano spesso tormentate dall’ansia e dalla preoccupazione costante.

Namjoon non lo dà a vedere, ma è atterrito dalla responsabilità che grava sulle sue spalle, e ce la sta mettendo davvero tutta per sembrare posato agli occhi degli altri, ma ha paura, ha paura e non riesce in alcun modo a negarlo. Sta cercando di mettere insieme i pezzi, coordinare il lavoro quando può, attraverso una rigorosa organizzazione mentale che spera possa aiutarlo a far ordine tra i pensieri martellanti e distruttivi che gli stanno bombardando il cervello negli ultimi giorni. Persino il manager, vedendolo così su di giri, ha pensato di parlargli lontano dagli altri, per infondergli un po' di fiducia e positività: Namjoon è ormai una guida per i suoi compagni, forse l’unico al quale sentono di poter affidare completamente il loro destino come gruppo. I ragazzi contano su di lui e Namjoon non può – non vuole – in alcun modo deluderli.

Nei lunghi mesi che hanno segnato il training prima del debutto, Namjoon si è messo in discussione molte volte; i membri lo hanno visto accettare il ruolo di leader umilmente e a testa alta, deciso più che mai ad onorare ciò che gli era stato concesso, ma in realtà Namjoon ricorda in modo nitido la lunga chiacchierata che ha avuto con il loro manager e il crollo psicologico che ne è seguito – perché forse, quando ha acconsentito, ha peccato di presunzione, credendo che l’impegno e la buona volontà sarebbero bastati, ignaro che, invece, avrebbe dovuto fronteggiare anche tutti i suoi difetti – i suoi limiti –, e quell’egoismo che non credeva di avere o che forse aveva sempre finto di non vedere. Lavorare su sé stesso era stato un ostacolo di gran lunga più arduo della fatica sperimentata in sala prove e dello stomaco che brontolava ogni due ore, così come dei dolori lancinanti ai muscoli o delle notti insonni trascorse a ripassare mentalmente i passi di una coreografia impossibile – di qualsiasi altra cosa Namjoon avrebbe mai potuto immaginare.

Arrivati a quel punto, lungi dall’aver ottenuto un risultato soddisfacente, Namjoon era giunto ad un bivio: forse, se non era riuscito a plasmare sé stesso come avrebbe voluto, avrebbe potuto provare ad essere migliore come leader, come Rap Monster dei BTS. E con il passare degli anni, con la crescita, magari anche Kim Namjoon sarebbe potuto diventare una persona migliore. Ma era davvero questo il traguardo a cui bramava arrivare? Scindere completamente due personalità, essere, di fatto, due identità diverse? Non riusciva a fare a meno di pensarci e di temere, al contempo, la risposta. Cosa avrebbero detto i suoi genitori, i suoi amici, vedendolo sfoggiare una maschera che si era costruito solo per paura di mostrare il suo vero io? Prima o poi quel lato di sé che temeva non essere ancora all’altezza di guidare un gruppo di artisti kpop, sarebbe sicuramente saltato fuori – e poi, che figura ci avrebbe fatto con quei sei ragazzi che avevano sempre contato su di lui e che lo avevano conosciuto, prima di tutto, come Kim Namjoon? Troppe domande che continuavano a tenerlo sveglio la notte e a distogliere la sua attenzione da mete ed impegni ben più importanti delle crisi esistenziali di un semplice ventenne.


«Namjoon, hai una brutta cera».

L’osservazione schietta di Seokjin, mentre gli passa accanto per raggiungere il bagno in vista di una lunga doccia ristoratrice, riflette alla perfezione i turbamenti del leader a livello fisico e psicologico.
Namjoon alza la testa con espressione confusa, come risvegliatosi da una breve trance.
«Che… che ore sono?» domanda allarmato, puntando un piede per alzarsi dal tavolo del soggiorno e prepararsi anche lui in vista delle prove del pomeriggio. Seokjin, però, lo ferma con una mano, come a volergli intimare che non c’è fretta, e prima che Namjoon possa portare a termine il movimento, il maggiore poggia l’asciugamano sul tavolo e si siede di fronte a lui.
«Abbiamo due ore ancora» gli intima, sentendo un lieve sospiro in risposta. Namjoon sa che il compagno sta attendendo una qualche conferma – o smentita – da parte sua, perciò si massaggia le tempie e decide di ricambiare il suo sguardo. «Credo di aver mangiato troppo poco ieri sera» commenta, poggiando gli avambracci sul tavolo e fissando, con poca convinzione, le proprie dita giocherellare le une con le altre. «Forse ho la pressione bassa».
«Fai sul serio?»
La sottile retorica della domanda di Jin lo convince che è inutile continuare a giustificarsi con scuse poco credibili.«Se c’è qualcosa che ti preoccupa, sarebbe meglio che tu la condividessi» continua tranquillo, cercando di usare un tono conciliante e offrendosi, in tal modo, completamente aperto all’ascolto. Lo sguardo afflitto che gli rivolge Namjoon poco dopo, provoca inevitabilmente un sussulto, anche se impercettibile, nell’animo di Jin.
«Tutto mi preoccupa, hyung».
«Beh – si affretta ad aggiungere l’altro, piegandosi col busto verso Namjoon, come se dovesse confessargli chissà quale segreto – sappi che le tue preoccupazioni sono condivise» sussurra, con tanto di mano a conca a coprirgli un lato della bocca, per impedire che altri possano ascoltare la loro conversazione. Il minore inarca le sopracciglia e gli rivolge un sorriso affranto, scuotendo la testa, ma è un secondo affinché Jin torni ad essere serio.
«Questo dovrebbe farmi sentire meglio?» chiede allora Namjoon, con un pizzico di amara ironia.
Seokjin accoglie la rassegnazione del leader mantenendo il contatto visivo.
«Dovrebbe farti sentire meno solo».
Era chiaro che il maggiore non alludeva esclusivamente a sé stesso: tutti, nel dormitorio – ognuno a modo proprio – avevano dovuto fare i conti con una realtà completamente nuova, forse inaspettata e più crudele di quanto avessero erroneamente creduto prima di esser ingaggiati dall’agenzia.

Jungkook, appena tredicenne, si era trovato a crescere da solo, lontano dagli agi e dalle abitudini tipiche dei suoi coetanei adolescenti; quella sottile freddezza che lo portava spesso ad isolarsi e a difendersi dagli altri come se dovesse in tutti i modi preservare sé stesso e quella forte timidezza che lo rendeva sempre nervoso, quasi intrattabile e schivo, erano state mitigate dalla vita in gruppo, dai sacrifici e dalle tante responsabilità di cui un ragazzino come lui si era dovuto far carico. Taehyung, pur essendo abituato ad una vita lontana anni luce dalla realtà del training, cresciuto in un ambiente protetto dalle cure amorevoli della nonna, aveva dimostrato di conoscere bene il significato delle parole rinuncia e fatica, perché, anche prima di far parte dei BTS, non aveva mai dato nulla per scontato. Aveva lavorato duramente pur sapendo di non potersi mostrare al pubblico fino all’ultimo, si era impegnato al pari degli altri senza poter avere alcun tipo di riscontro da parte dei fan, senza sapere se la sua presenza sarebbe stata accolta positivamente o meno. Aveva, per così dire, proseguito ad occhi chiusi lasciandosi guidare solo dalla fiducia nelle proprie capacità e dai suoi compagni di viaggio.
Non si poteva dire che il training fosse stato più facile per un ragazzo talentuoso e determinato come Park Jimin; tante le volte in cui aveva temuto di dover abbandonare il gruppo, tante quelle in cui i risultati dei suoi sforzi tardavano ad arrivare, la gola infiammata gli impediva di cantare, la dieta ferrea di avere le energie per ballare, tante le occasioni in cui pensava che avrebbe dovuto ascoltare la sua insegnante all’Accademia, perché il mondo degli idol non era fatto per un ragazzo sensibile come lui. Ma Jimin aveva stretto i denti, incassato le critiche e le sconfitte, ingoiato lacrime e sudore, pur di convincere sé stesso che, se si desiderava ardentemente qualcosa, ci si doveva impegnare al massimo per poterla ottenere. Jung Hoseok, intrepido ballerino completamente devoto alla danza, aveva dovuto studiare sodo per imparare a rappare e fino all’ultimo si era chiesto se quella fosse stata effettivamente la strada per lui; aveva lasciato il gruppo temendo che i suoi dubbi intaccassero il percorso degli altri membri, credendo di aver fatto una scelta sbagliata, di aver, in un certo senso, sopravvalutato sé stesso. Ma poi era tornato ed era stato per tutti un insostituibile punto di riferimento e forse, proprio in quel momento, i ragazzi avevano compreso di essere diventati già un gruppo - una famiglia - indispensabili l’uno per l’altro e per questo indivisibili.
Yoongi sembrava nato con la penna e il block notes in mano, la musica al posto del sangue: ma quell’incredibile talento si scontrava puntualmente con una realtà che, di fatto, Yoongi non aveva mai sopportato. Quella di idol era un’etichetta che a Yoongi stava stretta, un compromesso che ogni giorno chiedeva a sé stesso se sarebbe stato davvero in grado di accettare per inseguire i suoi obiettivi e per il quale era andato contro la sua stessa famiglia. Seokjin, studioso di cinema e recitazione, proprio non sapeva nulla di danza e di canto: un mondo completamente nuovo in cui si era gettato a capofitto, in cui aveva investito ogni cellula del suo corpo per poter gridare a tutti che sì, Kim Seokjin poteva diventare qualcuno di cui i suoi genitori sarebbero stati fieri, e poteva farlo con le sue sole forze.


«Tu non sei solo, Namjoon». Un’osservazione all’apparenza scontata, ma che spesso tendevano tutti a sottovalutare. «Nessuno di noi lo è».
Ma prima che il leader possa rispondere alle confortanti parole del maggiore, Jimin si unisce a loro, chinandosi sulle ginocchia accanto a Namjoon, come voglia segretamente accertarsi che vada tutto bene.

«Hyung, ti fa ancora male la schiena?» domanda poi, affrontando l’argomento in modo indiretto. Poggia una mano sulle spalle del leader, facendola poi scivolare più in basso e massaggiando lievemente la zona su cui, qualche giorno prima, ha esercitato lui stesso troppa pressione con il piede.
«Adesso va molto meglio Jimin, grazie» lo rassicura l’altro, con espressione gioviale. Jimin è più serio del solito e nei suoi occhi si scorge una forte determinazione.
«Io e Jungkookie ci siamo allenati tutta la notte» confessa, riportando alla mente i mille tentativi che avevano fatto avvalendosi del muro come appoggio, per provare quel passo di No more Dream che, per una sola, minima, disattenzione, avrebbe potuto far molto male agli altri cinque membri del gruppo. «Vedrai che uscirà perfetto» continua con convinzione, sventolando un pugno in aria in segno di vittoria.
«Ne sono certo» è la risposta convinta del leader, che accoglie la sicurezza dell’altro con un lieve sorriso.
In realtà, Jimin si sente tremendamente in colpa perché, oltre ad aver creato problemi a Namjoon, la maggior parte della fatica, quella sera, l’aveva fatta Jungkook. Ancora ricorda il modo incontrollato in cui gli tremavano le braccia per il troppo sforzo e la tranquillità, così spontanea e matura, con cui lo aveva rassicurato quando, nel prendere la bottiglietta d’acqua che Jimin gli aveva porto, questa gli era semplicemente scivolata dalle mani.
«Poi mi passa, hyung» gli aveva risposto, e il maggiore era stato solo in grado di annuire, ricacciando indietro le lacrime, per poi scompigliargli i capelli come faceva sempre.
«Hyung, fermo!»
Ad interrompere quell’accenno di conversazione, giunge alle orecchie dei tre ragazzi riuniti al tavolo il grido del maknae del gruppo, che in un battibaleno raggiunge anche le orecchie di Yoongi, intenzionato a riscaldarsi parte della cena lasciata il giorno prima.
«Jungkook, se non mangio qualcosa non avrò nemmeno la forza per ballare».
«Non è questo!» si sbriga a rispondere il più piccolo, scuotendo il capo sotto gli sguardi divertiti degli altri. «È che…» Lo sguardo di Jungkook si posa sull‘oggetto diabolico posizionato proprio sul ripiano della cucina che Yoongi ha appena raggiunto col suo piatto ben stretto tra le mani: il microonde.
«Ah no, non ricominciare con questa storia» lo riprende il maggiore, esasperato.
«Ma hyung!» esclama Jungkook, deciso ad avere ragione. «E se poi esplode e ti fa saltare la testa?! Non possiamo debuttare senza di te!»
«Jungkook!» lo rimbecca Jimin, mentre Namjoon si schiaffa una mano in faccia, indeciso se ridere o piangere. «Smettila di guardare quegli horror americani!».
«Per favore» implora il più piccolo, ignorando completamente le parole di Jimin e rivolgendo a Yoongi uno sguardo che avrebbe fatto crollare anche il muro di certezze più solido del mondo. «Te lo scaldo io in padella, vuoi?» Ed è proprio quella richiesta così innocente e apparentemente sincera che decreta la fine di ogni più concreta intenzione da parte di Yoongi.
«Aish» si lamenta, porgendo il piatto al maknae, sconfitto. «Fai un pò come ti pare» concede, guadagnandosi un’occhiata colma di gratitudine da parte di Jungkook.
«Sarà meglio sbrigarsi» interviene allora Namjoon, alzandosi a fatica e inducendo anche Jimin e Seokjin a fare lo stesso. «Ci aspetta un pomeriggio piuttosto lungo».
«Una nottata, vorrai dire» lo corregge Hoseok, già pronto per andare in sala prove.
In quel momento li raggiunge anche Taehyung, sventolando una bustina trasparente.
«Va bene se porto qualche snack, hyung?» domanda, rivolgendosi a Namjoon. «Per la cena».
L’altro annuisce indicando il frigo.
«Prendete le bottiglie d’acqua e le bibite energizzanti».
«Lo faccio io» si offre Jimin, scavalcando un Jungkook intento ai fornelli. «Stai cantando la tua parte?» gli chiede divertito prima di raggiungere il frigo, quando lo sente bisbigliare qualcosa di familiare.
«No, stavo parlando col cibo».
Il maknae schiva un calcio di Jimin diretto ai suoi stinchi per poi ridacchiare in risposta e trasferire lo spuntino di Yoongi su un piatto, porgendolo un istante dopo al diretto interessato, che lo ringrazia con una pacca sulle spalle senza aggiungere altro.
Seokjin incrocia lo sguardo di Namjoon prima di lasciare la cucina e tornare alla sua agognata doccia, e tanto basta per ricordare al leader che sì, le difficoltà non mancheranno, ma se vorrà chiedere aiuto i suoi compagni saranno sempre lì per lui - per tutti quanti.
Il caso vuole che anche in mezzo a quel frenetico via vai, Namjoon riesca a percepire la vibrazione del suo telefono, sempre acceso in caso di qualsiasi necessità – lavorativa perlopiù. E nonostante il frastuono di elettrodomestici, stoviglie e passi concitati, la domanda pronunciata da Namjoon arriva cristallina alle orecchie di tutti, congelandoli letteralmente sul posto.


«Co… come sarebbe a dire che tra tre giorni debuttiamo?!»
 
 
 
 
 
 








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Lo so, è passato quasi un anno.
Sono successe un sacco di cose e, beh, so di non avere molte scuse plausibili, però sappiate che ho tutta l’intenzione di completare questa raccolta. Come penso avete immaginato, questo dovrebbe essere il penultimo capitolo prima del debutto! (e dunque, anche il penultimo della raccolta ^^)
Colgo l’occasione per ringraziare già i lettori che mi hanno seguito fin qui, che sono rimasti nonostante le mie pubblicazioni discontinue e anche chi, naturalmente, deciderà di unirsi a raccolta conclusa.
Un abbraccio a tutti voi e, spero, a presto!

Vavi
  
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