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Autore: Utrem    13/07/2019    1 recensioni
Merope decide di partorire all'Ospedale di San Mungo.
Cosa cambierà? O meglio, cosa non cambierà?
Scopriamolo attraverso un romanzo di formazione con protagonista Laurie Langton, Prefetto di Corvonero nel 1944, quando di Prefetti ne nominavano ancora tre per Casa e non sei. Grindelwald ha appena finito di attraversare l'Europa e la Gran Bretagna sente l'eco dei suoi discorsi: così riferisce il suo amico Cecil. A questi complotti però Laurie preferisce di gran lunga trascorrere tempo spensierato insieme a Lucille Dean, ovvero Lucy, la sua ragazza e, perché no? Studiare. Tom Riddle è diventato Caposcuola, ovviamente; insieme ad Allie, pedante e perfezionista oltre ogni dire, strappando il posto, secondo molti, proprio a Lucy.
Intanto, Merope, che è stata licenziata dall'Ospedale quello stesso maggio, ha fatto domanda per lavorare come Custode della Scuola, approfittando del posto vacante. Vivrà l'anno intero a Hogwarts, la scuola che non ha mai frequentato, molto vicina al figlio, che non è mai riuscita ad educare. Forse?
DISCLAIMER: nel corso della storia sceglierò a mia discrezione di adottare o non adottare dettagli, sottotrame o dati contenuti nei film della saga di "Animali Fantastici".
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'La sua scelta '
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Poco tempo era rimasto in mezzo ai cespugli, quando sentì di nuovo l'urlo dello zio Morfin.
Tom balzò via e iniziò a correre ancora. L'aria gli mancava, però non riusciva a trovare la strada per tornare indietro: invertì la direzione, credendo di star andando in quella sbagliata, evitando per poco tutti i rami, i fili d'erba che si infiltravano ovunque. Saltellò su un sasso, perché la vista stava peggiorando: non smise di correre, sapeva che era vicino.
In fondo, vicino all'orizzonte, vide un cavallo che si muoveva lentamente. Sembrava forte e veloce. Pensò che poteva provare a domarlo e salirci: dunque corse più in fretta per raggiungerlo.
Sul cavallo però montò qualcuno. Tom voleva quel cavallo, e mentre il mondo gli saltava davanti agli occhi, pensava a come rubarlo: arrivò abbastanza vicino da vedere chi lo cavalcasse.
Si piantò davanti per bloccargli la strada e lo guardò dritto in faccia.
Guardò gli occhi, il naso, la bocca, i capelli.
Tom sentì la testa diventare più pesante e le ginocchia deboli. Si disse che era perché aveva corso.
L'uomo tirò con impeto le redini al cavallo, e lo guardò in faccia anche lui.
Tom andò a guardarlo più da vicino ancora. La foto e le parole di sua madre avevano preso vita.
Lo aveva davanti.
Era proprio lui.
Ed era anche da solo.
Tom studiò le varie espressioni che suo padre stava facendo.
Da stupito, era diventato furioso.
Non disse niente, ma si capiva che non avrebbe voluto mai vederlo.
Improvvisamente, sentì il bisogno irrefrenabile di farlo infuriare ancora di più.
"Se non andiamo via, arriverà mio zio e ci romperà le ossa" disse allora, con grande sicurezza. Poi aggiunse, con soddisfazione: "Prima te, però."
Lo vide vacillare sul cavallo con un'espressione molto preoccupata. Allora si guardò attorno: davanti, dietro e ai lati. Poi scese da cavallo e gli fece cenno di venire con una mano: Tom si avvicinò, confuso perché non sapeva che volesse fare. Allora si sentì prendere in braccio e adagiare sul cavallo. Lui salì subito dopo, dietro di lui: fece girare il cavallo e corse al galoppo, nella direzione che stava seguendo lui prima.
"Dove mi porti?" Tom gli chiese allora, irritato.
Non rispose: il cavallo era incauto e sbandava, perché lui teneva le redini in modo nervoso. Sentiva le sue braccia che si scuotevano.
"Dove mi porti?" Tom insistette. Voleva urlare, ma non ci riuscì perché aveva poco fiato.
Ancora, non rispose.
Tom allora vide in lontananza una villa.
Allora arrivò la risposta affannosa:
"A casa..."
"Tu non sai dov'è la mia casa!" obiettò Tom con più forza che poté.
Non era quanta ne avrebbe voluta, perché continuava a guardare suoi occhi, il suo naso, la sua bocca quando parlava, e pensare che era uguale alle descrizioni di sua madre, uguale alla foto. 
"... quella casa..." rettificò lui allora, con tono impaziente.
"Non è vero! Dove mi porti?" insistette allora. Aveva provato a urlare, ma non si era sentito quasi niente.
Cominciò a non rispondere di nuovo, e rallentò il cavallo.
Notò che la voce di Morfin era abbastanza vicina: allora ricominciò a galoppare ancora un po' più velocemente, ma per poco tempo.
"E' troppo stanco..." commentò fra sé e sé ad un certo punto.
Il cavallo era sempre più lento, e non riusciva a farlo continuare.
Gli venne allora una domanda  terribile in testa. Non la voleva proprio fare, però non capiva più niente, e non poteva non capire.  Alla fine, gliela fece:
"Padre... ma tu non mi odi?"
Girò la testa verso di lui: allora poté guardarlo benissimo. Era un'immagine, perfetta: ogni dettaglio era visibile. Poteva memorizzare tutto e vederla per sempre, tutte le volte che voleva.
La soddisfazione di un attimo, però, lasciò il posto a un sentimento strano: credeva avrebbe risposto a una domanda così importante. Credeva avrebbe risposto di sì.
Invece no.
Apriva la bocca ogni tanto, ma restando serio; non stupito o furioso come prima.
Era serio.
La voce di Morfin tuonò contro di loro. Tom sentì che gli aveva afferrato la vita e saltò con lui giù dal cavallo. Si sentì colpire, e non vide più niente.


Le nuvole cupe lasciavano scoperto qualche spiraglio di cielo, attraverso cui penetrava la pallida luce autunnale. 
Lucy trascinava i piedi, tenendosi al braccio di Laurie.
"Dobbiamo portarla al San Mungo" disse; al che Tom strabuzzò gli occhi, come se avesse subito un grave oltraggio.
"Ma certo! Così mi fate arrestare!" sbottò con furioso sarcasmo "Ora, Smaterializziamoci! Silente avrà già mobilitato tutti i suoi sottoposti migliori in giro per il mondo per cercarvi!"
"Hai detto che sto morendo!" lamentò Lucy.
"Sì, l'ho detto. E' sorprendente quanto in fretta siano cambiate le vostre aspettative su di me: fino a pochi momenti fa eravate sbalorditi all'idea che non vi abbia lasciato morire schiacciati. Oltretutto, anche se fossi disposto a tendere al tuo morso adesso e lasciare che mia madre mi saboti nel frattempo, non saprei comunque da dove cominciare. In ogni caso, credo che ci vorranno diverse ore prima che si diffonda in tutto il corpo."
"Quante?"
"Non lo so e  non mi interessa. Ora, venite al mio fianco subito!"



 
   
 
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